03/02/2017
Simone Valiante
Fitzgerald Nissoli, Vezzali, Russo, Paola Bragantini, Ciracì, Di Salvo, Grassi, Sgambato, Gianni Farina, Carloni, Ragosta, Cuomo, Ribaudo, Stumpo, Leva, Fedi, Luciano Agostini, Bargero, Epifani, Zoggia, Gullo, La Marca, Verini, Galperti, Minnucci, Paris, Benamati, Zardini, Capozzolo, Di Lello, Rostan
2-01638

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che: 
ai sensi dell'articolo 115, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, lo Stato adotta d'intesa con la Conferenza unificata, il piano sanitario nazionale, i piani di settore aventi rilievo ed applicazione nazionali e stabilisce il riparto delle relative risorse alle regioni, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; 
l'articolo 1, comma 34, delle legge 23 dicembre 1996, n. 662, prevede che – in sede di ripartizione del fondo sanitario nazionale – il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del Ministro della salute, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni stabilisce i pesi da attribuire a ciascuna regione in base ad una serie di criteri e può vincolarne alcune quote alla realizzazione di specifici obiettivi del piano sanitario nazionale; 
secondo l'articolo 34-bis della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per il perseguimento degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale indicati nel piano sanitario nazionale, le regioni elaborano specifici progetti. Al fine di agevolarne l'attuazione, si provvede ad erogare, a titolo di acconto, il 70 per cento dell'importo complessivo annuo spettante a ciascuna regione, mentre l'erogazione del restante 30 per cento è subordinata all'approvazione da parte della Conferenza Stato-regioni su proposta del Ministro della salute, dei progetti presentati dalle regioni, comprensivi di una relazione illustrativa dei risultati raggiunti nell'anno precedente. A decorrere dall'anno 2013, racconto del 70 per cento è erogato a seguito dell'intervenuta intesa, in sede di Conferenza Stato-regioni, sulla ripartizione delle predette quote vincolate; 
inoltre, secondo l'articolo 26, comma 1, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, sempre a decorrere dall'anno 2013 il fabbisogno sanitario nazionale standard è determinato, in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall'Italia in sede comunitaria, tramite intesa, coerentemente con il fabbisogno derivante dalla determinazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) erogati in condizioni di efficienza ed appropriatezza. In sede di determinazione, sono distinte la quota destinata complessivamente alle regioni a statuto ordinario, comprensiva delle risorse per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale, ai sensi dell'articolo 1, commi 34 e 34-bis, della legge n. 662 del 1996, e le quote destinate ad enti diversi dalle regioni; 
in attuazione dei predetti articoli, il Ministero della salute ha trasmesso alla Conferenza Stato-regioni la proposta di riparto delle disponibilità finanziarie per il servizio sanitario nazionale nell'anno 2016 sulla quale, il 14 aprile 2016, si è raggiunta l'intesa; 
nell'anno 2016 le risorse che le regioni dovranno dividersi ammontano a 108,6 miliardi di euro;
di questi 108,192 miliardi sono relativi alla quota indistinta, calcolata sottraendo alla quota di fabbisogno complessivo di 111 miliardi di euro l'importo di 1.878,98 milioni di euro (ossia l'ammontare complessivo degli obiettivi di piano e vincolate), l'importo di 277,51 milioni di euro (per l'accantonamento su meccanismi sanzionatori e premiali) e 652,91 milioni per somme vincolate spettanti ad altri enti del servizio sanitario nazionale. La quota indistinta comprende anche 50 milioni per la lotta alla ludopatia e 800 milioni previsti dalla legge di stabilità 2016 per l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza; 
la quota di riequilibrio è di 6,37 milioni, 6,68 milioni sono le quote vincolate per la medicina penitenziaria. Infine, 427,40 milioni sono i fondi vincolati per altri enti; 
ai fini del riparto tra le regioni, oltre all'impiego del meccanismo dei costi standard, è stato utilizzato il valore legale della popolazione residente nella determinazione del valore della popolazione pesata per classi di età con riferimento alle singole regioni; 
il valore della popolazione legale utilizzato è quello risultante dalle operazioni del censimento dell'anno 2011; 
il criterio utilizzato per il riparto del fondo è quello del valore legale della popolazione residente nella determinazione e del valore della popolazione pesata per classi di età con riferimento alle singole regioni; 
tale criterio di riparto risulta agli interpellanti non appropriato per una corretta ripartizione del fondo sanitario nazionale in quanto la sola età della popolazione non è un parametro oggettivo sufficiente per valutare il fabbisogno sanitario di una regione e determina una ingiusta discriminazione nei confronti di regioni che hanno una popolazione giovane ed un tasso migratorio anche in sanità molto alto favorito da un criterio, quello della popolazione, che da solo non garantisce l'uniformità dei livelli essenziali di assistenza in tutto il Paese e non tiene conto delle difficoltà economiche di una parte rilevante del Paese medesimo, aggravate anche dal pagamento della mobilità passiva nei confronti di regioni che percepiscono centinaia di milioni di euro in più anche avendo un solo anno o pochi anni di età media più giovane; 
parimenti importante risulta l'annoso problema della disciplina dei casi di incompatibilità nello svolgimento della professione di medico convenzionato; 
l'articolo 17, comma 1, dell'accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con medici di medicina generale del 23 marzo 2005, integrato con l'accordo collettivo nazionale del 29 luglio 2009, elenca tassativamente i casi di incompatibilità nello svolgimento della professione di medico convenzionato; 
il successivo comma 2 dell'articolo 17, alla lettera f), prevede che, ai sensi dell'articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, è incompatibile con lo svolgimento delle attività previste dagli Accordi sopra richiamati, il medico che fruisca di trattamento di quiescenza relativo ad attività convenzionate e dipendenti del servizio sanitario nazionale, fatta esclusione per i medici già titolari di convenzione per la medicina generale all'atto del pensionamento; 
la mancata applicazione della disciplina dianzi esposta comporta di fatto il blocco delle assunzioni dei giovani medici e, dall'altra, ingenera nell'utenza un sentimento di fiducia nei confronti della struttura privata a tutto discapito della sanità pubblica, nonché una naturale migrazione di utenza verso le strutture private, seguendo il medico stesso e le sue scelte di vita e professionali; 
inoltre ad oggi differentemente da quanto previsto per altri dipendenti dello Stato, quali ad esempio i magistrati in quiescenza, per il personale dirigente del servizio sanitario nazionale collocato a riposo non è prevista alcuna incompatibilità a prestare attività di consulenza per strutture private all'interno dello stesso distretto socio-sanitario –: 
se si intendano assumere iniziative per rivalutare il citato criterio di reparto prevedendo che l'assegnazione avvenga per il 50 per cento in base alla classe di età della popolazione e il restante 50 per cento in base al reddito medio; 
se intenda, per i profili di competenza, avviare ogni idonea iniziativa finalizzata a garantire sull'intero territorio nazionale la compiuta attuazione delle disposizioni vigenti in materia; 
se non ritenga di assumere le iniziative normative necessarie per l'introduzione di un regime di incompatibilità per il personale dirigente della sanità pubblica in quiescenza al fine di escludere che possa operare come consulente di strutture private all'interno dello stesso distretto socio sanitario nel quale aveva prestato la propria opera professionale. 

 

Seduta del 24 marzo 2017

Illustra e replica Simone Valiante, risponde Davide Faraone, Sottosegretario di Stato per la Salute

Illustrazione

Grazie, Presidente. Grazie, sottosegretario. Sarò breve, Presidente, per venire incontro anche al suo appello.

Innanzitutto salto i dati di premessa che il sottosegretario conosce ovviamente molto bene e molto meglio di me e veniamo invece nel merito della questione che sottoponiamo. Parliamo, innanzitutto, di riparto del Fondo sanitario nazionale, poi anche di incompatibilità delle professioni mediche ma nella prima parte chiediamo che, al fine del riparto tra le regioni, oltre all'impiego del meccanismo dei costi standard, il punto utilizzato, come sappiamo, è il valore legale della popolazione residente nella determinazione del valore della popolazione pesata per classi di età con riferimento alle singole regioni.

Il valore della popolazione legale utilizzato è quello risultante dall'operazione del censimento dell'anno 2011 e il criterio utilizzato per il riparto del Fondo, appunto, è quello del valore legale della popolazione residente nella determinazione del valore della popolazione pesata per classi di età con riferimento alle singole regioni. Tale criterio di riparto risulta agli interpellanti non appropriato per una corretta ripartizione del Fondo sanitario nazionale, in quanto la sola età della popolazione non è un parametro oggettivo sufficiente per valutare il fabbisogno sanitario di una regione e determina una ingiusta discriminazione nei confronti di regioni che hanno una popolazione giovane e un tasso migratorio, anche in sanità, molto alto, favorito da un criterio, appunto, quello della popolazione, che da solo non garantisce l'uniformità dei livelli essenziali di assistenza in tutto il Paese e non tiene conto delle difficoltà economiche di una parte rilevante del Paese medesimo, aggravate anche dal pagamento della mobilità passiva nei confronti di regioni che percepiscono centinaia di milioni di euro in più, avendo anche un solo anno o pochi anni di età media più giovane.

Parimenti importante risulta l'annoso problema della disciplina dei casi di incompatibilità nello svolgimento della professione di medico convenzionato. L'articolo 17, comma 1, dell'accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale del marzo 2005, integrato con l'accordo collettivo nazionale del luglio 2009, elenca tassativamente i casi di incompatibilità nello svolgimento della professione di medico convenzionato. Il successivo comma 2 dell'articolo 17, alla lettera f), prevede che, ai sensi dell'articolo 4, comma 7, della legge n. 412 del 1991, è incompatibile con lo svolgimento delle attività previste dagli accordi sopra richiamati il medico che fruisca di trattamento di quiescenza relativo ad attività convenzionate e dipendenti del Servizio sanitario nazionale, fatta esclusione per i medici già titolari di convenzione per la medicina generale all'atto del pensionamento.

La mancata applicazione della disciplina dinanzi esposta comporta, di fatto, il blocco delle assunzioni dei giovani medici e, dall'altro, ingenera nell'utenza un sentimento di fiducia nei confronti della struttura privata, a tutto discapito della sanità pubblica, nonché una naturale migrazione di utenza verso le strutture private, seguendo il medico stesso e le sue scelte di vita professionali. Inoltre, oggi, differentemente da quanto previsto per altri dipendenti dello Stato, quali, per esempio, i magistrati in quiescenza, per il personale dirigente del Servizio sanitario nazionale collocato a riposo non è prevista alcuna incompatibilità a prestare attività di consulenza per strutture private all'interno dello stesso distretto socio-sanitario. A tal riguardo, le chiediamo se si intendono assumere iniziative per rivalutare, innanzitutto, il criterio di riparto del Fondo, prevedendo che l'assegnazione avvenga per il 50 per cento in base alla classe di età della popolazione e per il restante 50 per cento in base al reddito medio; se intenda, inoltre, per i profili di competenza, avviare ogni idonea iniziativa finalizzata a garantire, sull'intero territorio nazionale, la compiuta attuazione delle disposizioni vigenti in materia; se non ritenga, infine, di assumere le iniziative normative necessarie per l'introduzione di un regime di incompatibilità per il personale dirigente della sanità pubblica in quiescenza al fine di escludere che possa operare come consulente di strutture private all'interno dello stesso distretto socio-sanitario nel quale aveva prestato la propria opera professionale.

Risposta del governo

Grazie; come è noto il livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, a cui concorre ordinariamente lo Stato, è ripartito, fin dal 2013, sulla base di quanto previsto all'articolo 27, del decreto legislativo del 6 maggio 2011, n. 68 che detta disposizioni in materia di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali, prevedendo criteri di pesatura tra le regioni basati unicamente sulla classe di età. Con successivo intervento normativo è stata indicata la possibilità che i pesi regionali siano definiti con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia, previa intesa della Conferenza permanente per i rapporti con le regioni, comunque tenendo conto, nella ripartizione del costo e del fabbisogno sanitario standard regionale, dei livelli di miglioramento per il raggiungimento di standard di qualità. Con tale dispositivo è stato, quindi, inaugurato un percorso finalizzato alla rideterminazione dei criteri adottati per l'individuazione dei costi e dei fabbisogni standard. La necessaria attività di revisione di tali criteri è stata, tuttavia, interrotta in seguito all'intesa sancita in Conferenza Stato-regioni, ove si è convenuto che sia per l'anno 2015 che per il 2016 le risorse disponibili per il Servizio sanitario nazionale devono continuare a essere ripartite in base ai criteri previsti dal citato decreto legislativo n. 68 del 2011.

Tale scelta, peraltro, è stata ribadita da un ulteriore intervento normativo che, di fatto, ha prorogato per l'anno 2016 l'applicazione dei medesimi criteri di ripartizione utilizzati nel 2015. Da quanto sopra esposto si comprende come la pesatura delle regioni basata unicamente sulle classi d'età, operata in sede di riparto del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, a cui concorre lo Stato, sia avvenuta, per l'anno 2015-2016, in accordo con la posizione delle regioni. L'elaborazione di nuovi criteri di pesatura, al fine della determinazione dei fabbisogni standard regionali, si sostanzia, peraltro, in un'attività particolarmente articolata, la cui conclusione, con ogni evidenza, dovrà necessariamente essere subordinata a una piena condivisione di tutte le regioni. In ogni caso, i nuovi criteri di pesatura dovranno risultare sempre compatibili con i vincoli di finanza pubblica e con gli obblighi assunti dall'Italia in sede comunitaria.

Rispetto alla citata normativa, desidero sottolineare come un valido strumento per il conseguimento dei fini sopra delineati potrà essere rappresentato dal sistema di valutazione delle qualità delle cure e dell'uniformità dell'assistenza in tutte le regioni, al momento in corso di implementazione a cura del Ministero della salute, di intesa con la Conferenza Stato-regioni. Questo sistema risponde, peraltro, anche all'indicazione normativa che prevede una revisione biennale dei criteri dettati dal decreto legislativo n. 68 del 2011, all'interno dei quali assumono rilevanza la popolazione residente, la frequenza dei consumi sanitari per età e per sesso, i tassi di mortalità della popolazione, talune particolari situazioni territoriali, gli indicatori epidemiologici territoriali e così via.

Colgo l'occasione per precisare che l'obiettivo della rideterminazione dei criteri di pesatura costituisce per il Ministero della salute anche un impegno a dotarsi dei dati utili per la costituzione degli strumenti di monitoraggio sistematico dei livelli essenziali di assistenza, attraverso una lettura integrata delle prestazioni erogate ai cittadini, a partire dai livelli di assistenza ospedaliera territoriale e con particolare riferimento all'assistenza residenziale, semiresidenziale e domiciliare. Il patrimonio informativo sviluppato dal nuovo sistema informativo sanitario dovrà contribuire a fornire le informazioni necessarie per la realizzazione appropriata di modelli di analisi dei costi e dei fabbisogni standard, nonché per costruire adeguati e dinamici indicatori dell'effettivo bisogno di salute della popolazione.

Passo ad illustrare gli altri aspetti segnalati dagli onorevoli interpellanti, in sintesi. Al riguardo devo ricordare che la materia, innanzitutto, è presidiata dalle disposizioni contrattuali di comparto e, difatti, dall'articolo 17, accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, del 23 marzo 2005. Secondo tale disciplina è incompatibile con lo svolgimento di attività previste dall'accordo sopra richiamato il medico che fruisca di trattamento di quiescenza relativo ad attività convenzionate e dipendenti del Servizio sanitario nazionale, fatta esclusione per i medici già titolari di convenzione per la medicina generale all'atto del pensionamento. Le disposizioni contenute negli accordi collettivi nazionali vincolano, peraltro, le regioni nel conferimento degli incarichi. Sulla questione delle incompatibilità dei medici convenzionati in quiescenza ha inciso, altresì, il divieto di cui all'articolo 5, comma 9, del decreto-legge n. 95 del 2012 che, di fatto, ha generalizzato tale divieto a tutte le pubbliche amministrazioni. Il Ministero dell'economia e delle finanze, nell'ambito del parere del 16 dicembre 2013, che rappresenta la delegazione di parte pubblica nel rinnovo degli accordi riguardanti il personale sanitario e il rapporto convenzionale, ove il soggetto interessato sia cessato da un rapporto di dipendenza con il medesimo Servizio sanitario nazionale, atteso che il rapporto convenzionale viene inquadrato, dalla giurisprudenza consolidata, fra le prestazioni d'opera professionali. Pertanto, tali disposizioni non possono non valere per tutta la medicina convenzionata.

Ciò posto, sul punto, il Ministero ritiene che il quadro normativo di riferimento risulti ormai chiaro, non essendo necessari altri interventi al riguardo. Per quanto concerne la diversa ipotesi della mancata previsione di incompatibilità per il personale dirigente del Servizio sanitario nazionale in quiescenza a prestare attività di consulenza presso strutture private all'interno dello stesso distretto socio-sanitario, si osserva quanto segue. Nell'ambito di applicazione dei divieti contenuti nelle citate disposizioni di legge, non rientrano gli incarichi conferiti a soggetti in quiescenza da parte di organizzazioni diverse dalle pubbliche amministrazioni. Tali recenti disposizioni hanno l'obiettivo di evitare che il conferimento di alcuni tipi di incarico siano utilizzati dalle amministrazione pubbliche per continuare ad avvalersi di dipendenti collocati in quiescenza o, comunque, per attribuire a soggetti in quiescenza rilevanti responsabilità delle amministrazioni stesse. La nuova disciplina costituisce, pertanto, l'espressione di un indirizzo di politica legislativa volta a agevolare il ricambio e il ringiovanimento del personale delle pubbliche amministrazioni da bilanciare con l'esigenza di trasferimento delle conoscenze e delle competenze acquisite nel corso della vita lavorativa.

Concludo rassicurando che ogni nuova e potenziale iniziativa normativa in tal senso che il Parlamento vorrà portare avanti sarà valutata con la dovuta attenzione da parte del Ministero della salute.

Replica

Grazie, Presidente. Io mi ritengo parzialmente soddisfatto dalla risposta del sottosegretario, che coglie alcuni aspetti significativi. Ritengo che questi temi vadano, però, affrontati con maggiore coraggio. I dati del Censis, se li equipariamo, tra l'altro, a quelli dell'Istat, sono piuttosto impietosi e ci dicono che 11 milioni di italiani, ormai, rinunciano alle cure nel nostro Paese e che il 41 per cento delle famiglie italiane rinuncia alle cure per liste d'attesa ed altri anche per motivi economici. Quindi, i dati, da questo punto di vista, vedono crescere la mobilità passiva in alcune regioni del sud ed evidentemente anche i provvedimenti assunti in questi anni non hanno avuto quell'impatto che dovevano avere.

Lo stesso problema si pone sulle incompatibilità. In parte, il sottosegretario ha toccato alcuni dei temi, però io ritengo che su questo vadano fatte scelte di coraggio. Ciò non riguarda soltanto le amministrazioni pubbliche, ma spesso riguarda il rapporto tra sanità pubblica e privata. Chi va in pensione da una struttura pubblica, poi va a ricoprire un'attività all'interno di una struttura privata e, di fatto, questo blocca l'attività e l'ingresso di nuove professionalità, ma soprattutto c'è un problema grosso, che è quello di chi ha svolto funzioni direttive, magari nelle strutture pubbliche, e poi va nelle strutture private a ricoprire la funzione di consulente, in quelle stesse strutture private che, magari, avrebbe dovuto controllare nella precedente attività.

Io credo che queste siano questioni abbastanza serie e non sono questioni che riguardano posizioni ideologiche, ovviamente, ma riguardano, come dicevo, dati chiari e precisi sui quali anche l'Istat ci trasmette notizie che sono molto preoccupanti. La prima è che la maggioranza degli italiani ha la percezione netta del peggioramento del proprio sistema sanitario. La seconda, che mi ha colpito molto leggendo i dati Istat, anche in riferimento proprio a quello che dicevo in questo momento sul problema delle incompatibilità, è che c'è una quota crescente di cittadini, signor sottosegretario, che dichiara anche che è stato il medico a consigliare il ricorso alla sanità a pagamento.

Quindi, queste problematiche, a mio avviso, vanno affrontate in una maniera più coraggiosa. Io, tra l'altro, apprezzo il lavoro del sottosegretario Faraone, che è stato di recente assegnato al Ministero della sanità, ma evidentemente c'è una linea di Governo, che dura da più tempo, rispetto alla quale io credo vada fatta una inversione di tendenza. Da questo punto di vista si può notare anche che ci sono alcune regioni che stanno facendo anche un lavoro più virtuoso e coraggioso, penso ai recenti riconoscimenti avuti a riguardo dalla regione Puglia e ad altre regioni che continuano a rinviare accorpamenti; spesso si concentrano esclusivamente sulla sanità pubblica e trascurano, invece, una riforma seria nella sanità privata, penso ai servizi di diagnostica, all'accorpamento di strutture, insomma sulla diagnostica noi spesso ci troviamo - e chiudo veramente, Presidente - a pagare due volte: paghiamo le strutture pubbliche che non lavorano e poi paghiamo una serie di strutture private, che, ovviamente, si beneficiano del fatto che, tra liste d'attesa e difficoltà implicite alla sanità pubblica, ovviamente, riescono ad avere possibilità che la nostra sanità pubblica non riesce a coprire.

Quindi, da questo punto di vista, io credo vada fatta una riflessione da parte del Ministero e del Governo un po' più coraggiosa. Ringrazio, comunque, il sottosegretario, ovviamente, che da poco tempo si sta occupando, anche con impegno, di questi temi.