08/04/2020
Elena Carnevali
Bazoli, Berlinghieri, Braga, Fiano, Fragomeli, Martina, Pollastrini, Quartapelle Procopio
2-00734

 I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   nelle residenze sanitarie assistite (Rsa), dove persone con disabilità, con gravi patologie neurologiche e/o anziane vivono a stretto contatto tra loro e con il personale, gli effetti dell'emergenza sanitaria da Covid-19 possono essere particolarmente gravi;

   per monitorare la situazione, dal 24 marzo 2020, l'Istituto superiore di sanità ha avviato un'indagine specifica (Survey nazionale sul contagio Covid-19 nelle strutture residenziali e sociosanitarie);

   secondo il Gnpl National Register (banca dati del Garante nazionale per la geolocalizzazione delle strutture socio-sanitarie assistenziali sul territorio italiano) le Rsa nel nostro Paese sono 4.629, ospitano 300 mila persone che hanno in media 85 anni e il 60 per cento soffre di una demenza;

   fra le strutture censite, solo circa 250 in tutta Italia, si sono verificati dal 1° febbraio 2020 ad oggi in totale 1.845 decessi di cui il 39,2 per cento con riscontro di infezione da Sars-CoV-2 o con manifestazioni simil-influenzali. Il tasso di mortalità fra i residenti (residenti al 1° febbraio e nuovi ingressi dal 1° marzo), considerando i decessi di persone risultate positive o con sintomi simil-influenzali, è del 3,7 per cento, ma sale fino al 9,6 per cento in Lombardia;

   esaminando più nel dettaglio i drammatici numeri lombardi, si apprende che su 1.130 decessi il 49,8 per cento era Covid-19 positivo o con sintomi simil-influenzali. Inoltre, tutti gli ospedalizzati (85 persone ospedalizzate su 70 strutture che hanno risposto al quesito, per un rapporto di 1,2) presentavano sintomi o positività al Covid-19;

   la proiezione dei dati sul totale delle Rsa (ha risposto all'indagine solo il 14 per cento delle strutture contattate) potrebbe portare a un riscontro di migliaia di morti;

   in merito alle difficoltà riscontrate nella gestione dell'epidemia, delle 235 strutture che hanno risposto alla domanda, l'86,8 per cento ha riportato la mancanza di dispositivi di protezione individuale, mentre il 22,5 per cento ha riportato una scarsità di informazioni ricevute circa le procedure per contenere l'infezione. Inoltre, il 36,2 per cento segnala l'assenza di personale sanitario;

   nonostante le reiterate richieste di chiusura ai visitatori da parte di molte Rsa e di sospensione dei servizi semiresidenziali già ai primi esordi di casi anomali di infezione, in alcune province, le autorità competenti comunicavano il diniego e l'avvertimento di eventuali accertamenti da parte dei servizi di vigilanza, oltre «alla messa in discussione» degli accreditamenti, diversamente da quanto operato nelle regioni più coinvolte dall'epidemia;

   a dispetto del crescente numero delle infezioni dei ricoverati nelle Rsa e i numerosi casi di malattia degli operatori, non veniva predisposto alcun accertamento tramite tampone al personale sanitario o socio-sanitario, spesso privo di dispositivi di protezione per difficoltà a reperirli sul mercato, difficoltà registrate da tutte le istituzioni competenti, con il rischio di diventare «vettori» del virus;

   la deliberazione della regione Lombardia n. XI/2906 dell'8 marzo 2020 con la quale si è chiesto alle Rsa, di ampliare «la ricettività dei pazienti» per ospitare i casi meno gravi di persone infettate e liberare così alcuni posti letto negli ospedali è apparsa quanto mai inadeguata e imprudente, nonostante le rassicurazioni dell'assessore al welfare della Lombardia, Giulio Gallera;

   parallelamente all'emergenza ospedaliera bisognava infatti sostenere e controllare le strutture, senza rimandare a circolari burocratiche che si limitavano a dire che bisogna seguire i protocolli: si ritiene infatti che se le Rsa devono accogliere i pazienti Covid-19 o devono curare i propri pazienti Covid-19 già presenti senza poterli ospedalizzare; allora, devono essere dotate di personale medico e assistenziale, dispositivi di protezione individuale e attrezzature terapeutiche, farmaci adeguati a pazienti fragili e con grave comorbilità;

   anche le procure hanno aperto fascicoli contro ignoti sulla base di denunce dei lavoratori. Per quanto riguarda Milano, le denunce per mancata prevenzione del contagio si stanno ampliando e probabilmente non saranno limitate ai casi più noti come quelli della Fondazione Don Gnocchi e del Pio Albergo Trivulzio;

   il 30 marzo 2020 il Forum del terzo settore in Lombardia, con Ledha, Uneba Lombardia e Alleanza Cooperative italiane-welfare Lombardia, ha definito «strage degli innocenti» la mancanza di presa in carico, da parte della sanità lombarda, dei pazienti più fragili che vengono contagiati dal Covid-19;

   il presidente dell'Uneba in Lombardia, ha lanciato un durissimo «J'accuse», dichiarando che «Si è deciso, senza dirlo, che non tutti hanno diritto alle cure», e parla di «scelte politiche molto forti», che sono state prese «senza dirlo e senza rappresentarlo fino in fondo». Una scelta che, a giudizio degli interpellanti, deliberatamente precluda, seppur non in modo espresso, l'accesso alle cure per persone particolarmente vulnerabili, è inaccettabile;

   il quadro che si registra è desolante, con la contabilità dei decessi che aumenta di giorno in giorno e con il rischio che tali strutture si trasformino (e in alcune è già successo) in focolai dell'epidemia, mettendo a rischio, non solo chi vi risiede e chi vi lavora, ma la salute pubblica in generale –:

   quali siano i dati in possesso del Ministro interpellato circa il numero di contagiati da Covid-19, dei decessi per Covid-19 e patologie simil-influenzali tra gli ospiti e il personale delle strutture Rsa della regione Lombardia e quali siano le proiezioni numeriche di tali dati, se disponibili, sul totale della popolazione residente presso le medesime strutture;

   se vi siano state verifiche in ordine alla congruità delle indicazioni fornite alle Rsa da parte della regione Lombardia o dalle rispettive Ats rispetto alle gravi condizioni epidemiche nelle Rsa e nei servizi semiresidenziali e quali verifiche intenda attuare, per quanto di competenza, nei confronti dell'attività di prevenzione, vigilanza e di indirizzo effettuata;

   se vi siano state verifiche dal punto di vista della tutela della salute pubblica, circa la decisione adottata dalla regione Lombardia di chiedere alle Rsa di ampliare la loro ricettività in modo da ospitare, in funzione deflattiva sugli ospedali, i casi meno gravi di pazienti contagiati da coronavirus;

   quali iniziative urgenti intenda intraprendere, nel rispetto delle competenze territoriali in materia, per verificare se siano state fornite tempestive indicazioni e adottate adeguate misure precauzionali per evitare il contagio all'interno delle Rsa e per garantire l'universalità della tutela del diritto alla salute, facendo sì che anche i soggetti più vulnerabili vengano adeguatamente assistiti.

Seduta del 16 aprile 2020

Illustrazione di Elena Carnevali, risposta del governo di Sandra Zampa Sottosegretaria di Stato per la Salute, replica di Lia Quartapelle

Illustrazione

Grazie, signora Presidente. Colleghi, sottosegretaria Zampa, l'interpellanza urgente presentata dai deputati lombardi del Partito Democratico vuole porre attenzione sulle residenze sanitarie assistenziali per anziani, persone particolarmente fragili, esposte a rischio di infezione SARS-COV2, che, in alcune realtà, sono state segnate da un altissimo numero di decessi, diversamente da quanto è accaduto in altre regioni.

Vorrei, innanzitutto, fare alcune premesse. A noi del PD è molto chiara la divisione dei poteri e non abbiamo qui nessuna volontà di sostituirci ai compiti della magistratura, al dovere di indagare, di verificare e di accertare cosa è realmente accaduto in alcune RSA lombarde, anche in riferimento ad alcune denunce fatte da operatori o da familiari. Non spetta a noi questo compito e rispettiamo gli esiti. Questa è una sede politica e non giudiziaria. Noi sappiamo che il Ministero ha inviato gli ispettori dei NAS per l'accertamento di alcune modalità operative in alcune RSA e la verifica anche delle indicazioni che sono state ricevute dagli enti competenti. Noi possiamo agire con gli strumenti politici che abbiamo e gli strumenti ispettivi che il Parlamento ci consente ed è quello che stiamo facendo.

Sappiamo molto bene che cosa si è abbattuto sulla nostra regione, dove l'epidemia, la pandemia ha mostrato tutta la sua crudeltà e severità: ad oggi, siamo a 62 mila pazienti positivi e a oltre 11 mila morti accertati.

Ci sono molti studi e anche molte ipotesi e studi comparati sulle motivazioni per cui regione Lombardia ha pagato e sta pagando un prezzo maggiore di contagi, di numero di decessi diversamente da altre regioni. Anche su questo dovremo ritornare. Conosciamo bene anche l'abnegazione di tanti operatori sanitari e sociosanitari e le decisioni spesso precauzionali, soprattutto nelle RSA, a volte prese anche anticipatamente, nell'attesa considerata per noi tardiva e anche contraddittoria di decisioni assunte dalle istituzioni preposte al controllo e alla vigilanza delle RSA, con cui le stesse sono legate dall'esecuzione di contratti e di convenzioni. Sappiamo bene che la scarsità, a volte l'assenza dei dispositivi - sono stati difficili da reperire, questo vale sia per lo Stato sia per la regione - sono dovuti, come il Ministro Speranza ci ha già ricordato qui, alle ragioni della concorrenza, del protezionismo e del disinvestimento per decenni di assist importanti nel settore sanitario.

Conosciamo anche le modalità con le quali la Protezione civile nazionale ha concordato con le regioni appunto la modalità di distribuzione dei materiali e dei presidi forniti dalla Protezione civile nazionale che vengono dall'inizio dell'epidemia inviati alle regioni, a cui spetta il compito di distribuirli sulla base delle indicazioni che regione Lombardia decide.

La Protezione civile ha adottato un metodo, a nostro giudizio, di trasparenza e anche di pubblicità di tutte le forniture, divise per tipologie, che vengono caricate dalla Protezione civile solo dopo l'accertamento del ricevimento da parte delle regioni. Sarebbe, a nostro giudizio, non solo auspicabile ma anche dovuto che, altrettanto, le regioni agiscano con le stesse modalità di trasparenza, considerando che peraltro le centrali di acquisto regionali non sono mai state inibite dalla possibilità e dalla necessità di acquisti di dispositivi di protezione, di mascherine, di attrezzature che sono necessarie e sono state necessarie per far fronte alle esigenze sanitarie e socio-sanitarie.

La popolazione ospite delle RSA è costituita da persone fragili con patologie neurologiche, compromissioni cardiologiche e con molta comorbosità, che vivono in condizioni di stretto contatto tra di loro, con il personale e gli effetti dell'epidemia, e questi effetti si sono dimostrati particolarmente gravi.

Secondo il GNPL national register (la banca dati del Garante nazionale per la geolocalizzazione delle strutture socio-sanitarie assistenziali sul territorio nazionale), le RSA nel nostro Paese sono 4.629, ospitano circa 300 mila persone che hanno una media di 85 anni e il 60 per cento di queste persone, purtroppo, soffre di sindrome di demenza.

Fra le strutture censite, solo 250 in Italia, si sono verificati, dal 1° febbraio 2020 ad oggi, in totale 1.800 decessi, di cui il 39 per cento con un riscontro di infezione da SARS-COV-2 o con manifestazioni simil-influenzali; il tasso di mortalità fra i residenti (residenti al 1° febbraio 2020 e nuovi ingressi dal 1° marzo 2020), considerando i decessi di persone risultate positive o con sintomi simil-influenzali, è del 3,7 per cento, ma sale davvero di molto nella nostra regione. Qui mi permetto anche di considerare una cosa: i tamponi effettuati alle persone che sono decedute nelle case di riposo penso che si possano contare davvero non dico sulle mani, ma, forse, moltiplicandolo, davvero di molto poco; quindi, è anche molto difficile poter sapere, oggi, le ragioni per cui per molti decessi si tratta, come noi pensiamo e come sembra anche ipotizzato dal mondo scientifico, di fatto, di infezioni da COVID. La proiezione dei dati sul totale delle RSA potrebbe portare ad un riscontro di migliaia di morti.

In merito alle difficoltà che sono state riscontrate nella gestione dell'epidemia, di queste 235 strutture che hanno risposto alla domanda, l'86,8 per cento ha riportato la mancanza dei dispositivi, il 22 per cento la scarsità di informazioni ricevute e il 36 per cento segnalano anche l'assenza di personale.

Nonostante, però, le reiterate richieste di chiusura che sono avvenute già ai primi esordi di infezione da parte dei gestori delle RSA, delle direzioni delle RSA, nei confronti degli enti deputati, e anche la richiesta di sospensione dei servizi semiresidenziali, sempre già ai primi esordi non solo di infezioni, ma anche di dicessi, purtroppo, le informazioni sono state confuse, tardive e, spesso, non coerenti.

Le autorità, nei primi giorni, hanno innanzitutto comunicato il diniego, hanno addirittura avvertito di eventuali accertamenti da parte dei servizi di vigilanza - cosa che, peraltro, è avvenuta in molti casi - e hanno anche, in qualche modo, avvertito della possibile messa in discussione degli accreditamenti. Questo devo dire è avvenuto, in particolare, nella nostra regione, non è avvenuto così nelle altre regioni che hanno affrontato questa epidemia.

Il risultato è che abbiamo dovuto attendere la delibera del 4 di marzo, con la chiusura dei visitatori delle RSA, tranne per quelle che hanno operato in disaccordo con le indicazioni (avevano proceduto da parte loro autonomamente a chiuderle). Abbiamo dovuto aspettare il decreto del Governo del 17 di marzo per la sospensione dei servizi semiresidenziali per persone anziane e per persone disabili, perché è dovuto intervenire il Governo - permettetemi di dirlo - per la latitanza di regione Lombardia, diversamente da quanto hanno compiuto altre regioni: penso al Veneto e penso all'Emilia-Romagna. Questo è avvenuto nelle altre regioni nel pieno rispetto della Costituzione, delle materie concorrenti e delle responsabilità che gli sono affidate.

Vedete, cari colleghi, io penso che non si possa pensare di pretendere un federalismo e di agire un federalismo “à la carte”, perché una delega è una delega che a loro era affidata, una delega che lo Stato ha scelto di assumersi per corrispondere ad una necessità che era dovuta. In molte conferenze stampa pomeridiane di regione Lombardia, in cui, spesso, devo dire, non c'è la possibilità di interloquire e in cui, devo dire, noi abbiamo registrato un doppio registro: spesso in quelle circostanze si chiede di non essere polemici e, poi, invece, la polemica arriva altre ore della giornata, noi abbiamo anche - e su questo non sono per nulla d'accordo - dovuto sentire che le RSA, come è vero, sono strutture che hanno una forma giuridica da ente privato e sono fondazioni e che, quindi, la responsabilità dell'acquisizione dei presidi, degli strumenti e delle attrezzature era in capo a loro e che alla regione aspettava esclusivamente il compito della vigilanza e della sorveglianza.

Però, vedete, le RSA, come gli ospedali privati convenzionati e contrattualizzati, agiscono come offerta di servizio delle regioni e, come tali, sono soggette a delle regole di standard gestionali, di standard strutturali, per le modalità di natura organizzativa, per gli accessi, per le liste d'attesa, operano per conto di regione e per questo credo che un'operazione di totale scaricabarile non sia stata un'operazione egregia.

A dispetto del crescente numero delle infezioni dei ricoverati nelle RSA, dei numerosi casi, anche tra gli operatori, non è avvenuto nessun accertamento tramite tampone sanitario. Li abbiamo finalmente avuti, pochissimi giorni fa, solo dopo cinquanta giorni dall'epidemia, con il rischio che queste persone sono diventate vettori non solo per gli ospiti, ma anche per le infezioni intrafamiliari e per le comunità. A fronte di questa scelta politica, quella del 4 di marzo di chiudere le RSA alle visite dei parenti, a fronte del numero dei contagi, una scelta che è stata una scelta politica, non di certo una scelta tecnica, altrettanta scelta politica è stata quella della deliberazione della regione dell'8 marzo, con cui si è chiesto le RSA di ampliare la ricettività dei pazienti per ospitare i casi meno gravi di persone infettate e liberare così alcuni posti letto negli ospedali.

Questa richiesta a nostro giudizio è tuttora, noi pensiamo, inadeguata ed è stata una scelta imprudente, anche per il tempismo con cui è stata chiesta - parliamo dell'8 di marzo -, soprattutto per la necessità e per le condizioni in cui le RSA in quel momento operavano e per la difficoltà anche di garantire gli standard di sicurezza che devono essere garantiti. Parallelamente all'emergenza ospedaliera bisognava, infatti, sostenere e controllare le strutture, senza rimandare a circolari burocratiche che si limitavano a dire che bisognava seguire i protocolli.

Se ritiene che le RSA devono accogliere i pazienti COVID, che devono curare i propri pazienti COVID già presenti senza poterli ospedalizzare, allora devono essere dotate del personale medico, assistenziale, di dispositivi di protezione, attrezzature terapeutiche, farmaci adeguati ai pazienti fragili e con comorbilità, oltre alla certezza di poter operare nella rigorosa separatezza fisica, strutturale e tra gli operatori, tra quelli dedicati esclusivamente ai pazienti con COVID e ai pazienti, invece, senza COVID.

Io riporto qui alcune osservazioni e dichiarazioni: il 30 marzo del 2020, il Forum del terzo settore in Lombardia, con Ledha, Uneba Lombardia e Alleanza cooperative italiane-welfare Lombardia ha affermato che si è trattato di una «strage degli innocenti» la mancanza di presa in carico, da parte della sanità lombarda, dei pazienti più fragili che vengono contagiati dal COVID-19.

Il presidente di Uneba in Lombardia ha lanciato davvero durissimo «J'accuse» che a noi ha molto colpito, dichiarando che «si è deciso, senza dirlo, che non tutti hanno il diritto alle cure» e che parla di «scelte politiche molto forti». Riporto semplicemente quello che hanno detto coloro che operano all'interno delle RSA: una scelta che, a giudizio degli interpellanti, ovunque precluda la possibilità e l'accesso alle cure di persone particolarmente vulnerabili, a nostro giudizio, è stata grave.

Il quadro che si registra, comunque, è ancora desolante. Non parlo mai di contabilità dei decessi, perché credo che mai si possano meritare una simile declinazione, però aumenta di giorno in giorno: sono ancora moltissime le persone, adesso, poi, che vengono effettuati i tamponi, che sono nelle RSA e non è giusto che queste strutture si trasformino in focolai di epidemia, mettendo a rischio non solo chi vi risiede, ma chi lavora e la salute pubblica in generale.

Per queste ragioni, sottosegretaria Zampa, noi con questa interpellanza chiediamo alcune cose. La prima: quali siano i dati in possesso al Ministero interpellato circa il numero di contagi da COVID-19, dei decessi per COVID-19, per le patologie simil-influenzali tra gli ospiti e il personale delle strutture RSA di regione Lombardia; quali siano state le proiezioni o quali siano le proiezioni numeriche di tali dati, se disponibili, sul totale della popolazione residente presso le medesime strutture; se vi siano state verifiche in ordine alla congruità delle indicazioni fornite alle RSA da parte di regione Lombardia e delle rispettive ATS rispetto alle gravi condizioni epidemiche nelle RSA nei servizi semiresidenziali e quali verifiche intenda attuare, per quanto di competenza, nei confronti dell'attività di prevenzione, di vigilanza e di indirizzo effettuata; se vi siano state verifiche - e chiudo - dal punto di vista della tutela della salute pubblica circa la decisione adottata da regione Lombardia di chiedere alle RSA di ampliare la loro ricettività.

Quali iniziative, inoltre, intenda intraprendere nel rispetto delle competenze territoriali in materia per verificare se siano state fornite tempestive indicazioni e adeguate misure precauzionali per evitare il contagio all'interno delle RSA e per garantire quell'universalità delle cure di assistenza.

Vorremmo, ma lo vorremmo per tutti, lo vorremmo soprattutto per loro, per chi vi opera, per chi vive nelle case di riposo, uscire dalla condizione di incertezza e dalla condizione di confusione. È un dovere che riguarda tutti in particolare, nessuno escluso.

Risposta del governo

Signora Presidente, onorevole interpellante, carissime colleghe, onorevole Carnevali, onorevole Quartapelle, in merito alle criticità che voi avete segnalato nel testo che ci è appena stato illustrato molto dettagliatamente, e segnatamente riguardo ai decessi di numerosi anziani presso la residenza sanitaria Pio Albergo Trivulzio di Milano, d'ordine del signor Ministro, in data 9 aprile 2020, è stata attivata la task force prevista dal regolamento di funzionamento dell'unità di crisi di cui al decreto ministeriale 7 agosto 2019. Questa iniziativa ha avuto lo scopo di effettuare un audit presso questa struttura. In considerazione delle misure di contenimento della mobilità, ovviamente connesse alla situazione contingente, questa verifica ispettiva si è svolta in modalità di videoconferenza, con la contestuale presenza, però, del comandante dei NAS di Milano presso la struttura Pio Albergo Trivulzio. Sono stati auditi il direttore generale e il direttore del dipartimento socio-sanitario del Pio Albergo Trivulzio, il direttore generale dell'azienda territoriale sanitaria Milano Città metropolitana, che d'ora in poi citerò come ATS Città metropolitana. La commissione task force ha richiesto ai vertici dell'azienda e ai vertici regionali una serie di atti, tra cui la documentazione clinica degli anziani ricoverati presso la struttura e ivi deceduti, nonché la documentazione che attesta l'attivazione delle misure di sicurezze necessarie poste in essere a tutela dei pazienti e degli operatori, con la relativa cronologia. Inoltre è stata richiesta al direttore generale dell'ATS una descrizione temporale delle attività svolte nel rispetto delle disposizioni emanate dal Ministero della Salute e dalla regione Lombardia in merito all'emergenza COVID-19. Allo stato, la Commissione ispettiva, sulla base dell'analisi della documentazione già acquisita, sta predisponendo una relazione sui fatti. È in attesa infatti di acquisire ulteriore documentazione aggiuntiva, che, insieme all'analisi delle cartelle cliniche e dei certificati di morte dei pazienti, costituirà oggetto di valutazione con resoconto nella relazione finale. L'attenzione è focalizzata sulla presenza di criticità organizzative ,che possono avere avuto potenziali ricadute sulla corretta presa in carico e sulla gestione degli anziani presso la struttura, relativamente appunto all'emergenza COVID. A ciò seguirà la formalizzazione alla regione Lombardia di specifiche azioni di miglioramento, rispetto all'emergenza COVID, da implementare presso il Pio Albergo Trivulzio.

Da quanto precede, e venendo al merito delle specifiche domande poste dalle onorevoli interroganti, emerge che il Ministero della Salute ha immediatamente avviato un'attività di verifica ispettiva, tuttora in corso, in ordine alla congruità delle indicazioni fornite alla RSA da parte della regione Lombardia e dalla rispettive ATS, e all'adeguatezza delle attività di prevenzione, vigilanza e indirizzo poste in essere nell'esercizio dei poteri di programmazione, indirizzo e coordinamento di competenza regionale rispetto alle indicazioni fornite dal Ministero della Salute con apposite circolari.

È anche oggetto di verifica, allo stesso modo, verifica ispettiva, se la regione Lombardia abbia, nell'esercizio della propria autonomia organizzativa, chiesto effettivamente alle RSA di ampliare la loro ricettività in modo da ospitare, in funzione deflattiva sugli ospedali, i casi meno gravi di pazienti contagiati da Coronavirus, ferma restando la totale estraneità del Ministero della Salute rispetto alla eventuale adozione di iniziative in tal senso da parte della regione medesima. La task force ha già chiesto la documentazione attestante l'attivazione delle misure di sicurezza poste in essere a tutela dei pazienti e anche degli operatori, con la relativa cronologia; inoltre è stata richiesta al direttore generale dell'ATS una descrizione temporale delle attività svolte nel rispetto delle disposizioni emanate dal Ministero della Salute e dalla regione Lombardia. Quanto al numero dei contagiati, dei decessi per COVID-19 e delle patologie simil-influenzali tra gli ospiti e il personale delle strutture RSA della regione Lombardia e alle proiezioni numeriche di tali dati rispetto al totale della popolazione residente presso le medesime strutture, un campione di dati è contenuto nella survey nazionale sul contagio COVID-19 nelle strutture residenziali e sociosanitarie curata dall'Istituto superiore di sanità, che lascerò e sarà consegnata, perché venga messa agli atti, a disposizione delle onorevoli interroganti. Su 677 RSA pubbliche e convenzionate presenti nella regione Lombardia e contattate dal gruppo di lavoro dell'Istituto superiore di sanità, al 6 aprile hanno risposto all'indagine 164 strutture, pari al 24,2 per cento del totale.

Dall'indagine tuttora in corso emerge che il numero totale dei decessi nelle RSA lombarde, dal 1° febbraio 2020 alla data di stesura del questionario (26 marzo-6 aprile, questo è l'arco temporale durante il quale è stato steso il questionario), è pari a 1.822 su un totale di 13.287 residenti al 1° febbraio 2020 nelle predette strutture. Il totale dei decessi accertati con tampone e risultati positivi al tampone è pari a 60. Il totale dei decessi con sintomi simil-influenzali o simili a COVID-19 è pari a 874. I deceduti accertati positivi al COVID-19 con ferma da tampone più i deceduti con sintomi appunto simil-influenzali sono pari a 934, cioè il 51,3 per cento del totale dei decessi nelle RSA lombarde, ovviamente di quelle che hanno risposto al questionario.

Più in generale, nell'ambito delle strategie di prevenzione e di controllo dell'epidemia da virus, fin da subito è emersa la necessità di prestare massima attenzione nei confronti della popolazione anziana.

Già a gennaio, il 22 gennaio, con una circolare della direzione della prevenzione, si allertava, si segnalava, la particolare predisposizione della classe di età “anziani”, della popolazione anziana, a questo virus, e sin dall'adozione del DPCM del 1° marzo 2020, anche per la regione Lombardia, è stata prescritta la rigorosa limitazione all'accesso dei visitatori agli ospiti nelle residenze sanitarie assistenziali quale fondamentale misura di prevenzione del contagio.

Le persone anziane rappresentano la popolazione fragile per eccellenza, da proteggere con le più idonee cautele, anche e soprattutto nel corso dell'epidemia di COVID-19. Si è constatato, infatti, che la maggior parte dei casi di COVID-19 si manifesta con gravi risultati, con gravi conclusioni, in persone anziane: circa il 60 per cento dei malati ha un'età superiore a sessant'anni. Inoltre, l'infezione colpisce con esiti più gravi gli anziani con pregresse patologie, nell'ordine: cardiovascolari, respiratorie croniche e diabete, e la mortalità aumenta con il progressivo aumentare dell'età.

Tenuto conto di tali dati di contesto, sono state successivamente avviate le iniziative che di seguito sintetizzo. Per proteggere la popolazione anziana, l'Istituto superiore di sanità ha predisposto un documento, Indicazioni ad interim per la prevenzione e il controllo dell'infezione da SARS-COV-2 in strutture residenziali sociosanitarie, che tra l'altro verrà esaminato nell'odierna riunione del comitato tecnico-scientifico. Inoltre, lo stesso Istituto ha avviato iniziative volte a monitorare le attività svolte nelle menzionate strutture e a fornire raccomandazioni per azioni di formazione e di prevenzione finalizzate al controllo delle infezioni da SARS-COV-2, come la predisposizione e la diffusione di materiale comunicativo, la formazione a distanza per gli operatori di RSA e il survey nazionale sul contagio COVID-19. Inoltre, sempre con riferimento alle RSA, la direzione della programmazione del Ministero della salute, conformandosi alle indicazioni contenute nella raccomandazione dell'OMS del 21 marzo ultimo scorso, con la circolare del 25 marzo 2020, recante l'aggiornamento delle linee di indirizzo organizzative dei servizi ospedalieri e territoriali in corso di emergenza COVID-19, nell'ambito delle strategie di prevenzione, assistenza e controllo del contagio, ha segnalato che l'emergenza connessa agli ospiti pazienti ivi ricoverati rende necessario attivare una stretta sorveglianza e monitoraggio, nonché il rafforzamento dei setting assistenziali.

Sono state altresì fornite specifiche indicazioni a tutela degli ospiti delle residenze sanitarie assistenziali, proprio in quanto considerati la popolazione più fragile ed esposta al maggior rischio di complicanze fatali associate all'infezione da COVID-19. Richiamata l'esperienza delle regioni precocemente colpite dalla pandemia, si è ritenuto necessario segnalare la necessità di individuare prioritariamente strutture residenziali assistenziali dedicate, dove trasferire i pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero, proprio per evitare il diffondersi del contagio e potenziare il relativo setting assistenziale. Inoltre, è stata ancora una volta ribadita l'importanza di predisporre percorsi formativi e di prevenzione specifica per tutto il personale ivi operante, segnalando, inoltre, la necessità di potenziare il personale in servizio presso queste strutture, anche attraverso i meccanismi di reclutamento straordinario già attivato per le strutture di ricovero ospedaliero, nonché la possibilità di ricorrere a personale già impiegato nei servizi semiresidenziali e domiciliari.

È stato raccomandato di effettuare in maniera sistematica tamponi per la diagnosi precoce dell'infezione a carico degli operatori sanitari e socio-sanitari, e di dotarli dei dispositivi di protezione individuale, nonché di garantire la continuità dei servizi di mensa, lavanderia, pulizia e servizi connessi, estendendo anche a questi operatori le misure mirate a definire una eventuale infezione da SARS-COV-2.

Sul versante dell'effettuazione dei test, la circolare n. 11715 del 3 aprile 2020, recante Pandemia di COVID-19. Aggiornamento delle indicazioni sui test diagnostici e sui criteri da adottare nella determinazione delle priorità, ha raccomandato che l'esecuzione dei test venga assicurata agli operatori sanitari e assimilati a maggior rischio, sulla base di una definizione operata dalle aziende sanitarie quali datori di lavoro. Inoltre, tra gli operatori esposti a maggior rischio su cui effettuare il test per tutelare prima di tutto loro stessi e per ridurre il rischio di trasmissione nosocomiale, sono stati individuati anche quelli delle RSA e delle altre strutture residenziali per anziani, ancorché asintomatici.

Replica

Presidente, sottosegretaria, è successo solo in Lombardia e oggi i numeri che ci dà la sottosegretaria provano finalmente una questione incontrovertibile. I numeri che ci ha dato la sottosegretaria sono numeri parziali e sono i primi numeri che abbiamo da una fonte ufficiale su quello che è successo nelle case di riposo della Lombardia. Sono i primi numeri perché, come opposizione, in regione Lombardia più volte il Partito Democratico e gli altri partiti di opposizione hanno chiesto all'assessore Gallera, al presidente Fontana, di capire qual era la reale situazione nelle case di riposo. Abbiamo ricevuto come risposta, in una delle tante conferenze stampa senza contraddittorio da parte dell'assessore Gallera, che quella delle RSA era semplicemente una montatura giornalistica.

I numeri che ci ha dato la sottosegretaria fanno parte di un campione e sono quindi un sottoinsieme di quello che è successo in Lombardia; non corrispondono - ce lo ha spiegato molto bene la sottosegretaria Zampa, ai pochissimi tamponi fatti, ai 60 tamponi fatti - ma sono numeri agghiaccianti. Nel periodo dell'emergenza COVID-19, il 15 per cento dei pazienti delle case di riposo sono morti e almeno la metà di loro è morto a causa di sintomi riconducibili all'influenza, quindi al COVID-19. Ciò è successo solo in Lombardia. Il livello di mortalità nelle case di riposo della nostra regione non è comparabile con nessun'altra regione italiana e questo, purtroppo, è successo nonostante il lavoro, la cura, la dedizione dei tanti operatori, dei medici, degli infermieri, degli operatori sanitari, molti dei quali - come ricordava la collega Carnevali - si sono ammalati; alcuni sono addirittura morti.

Non è solo, dati questi numeri, una questione di quello che è avvenuto al PAT e fa bene il Ministero a continuare nell'ispezione, ma non è solo una questione di quello che è avvenuto al Pio Albergo Trivulzio a Milano. Ci sono state tantissime morti, in tante case di riposo che sono diventate purtroppo tristemente famose: Mediglia, Quinzano d'Olgio, Santa Chiara di Lodi, Lambrate, la provincia di Bergamo. Quello che è successo in Lombardia è così diffuso, in molte case di riposo della regione, perché è chiaramente il frutto di scelte politiche fatte dalla regione.

Che cosa ha fatto, anzi, che cosa non ha fatto la regione per iniziare? Prima di tutto, ci ha messo molto tempo a chiudere alle visite dall'esterno le residenze sanitarie per anziani. Nonostante che lo avesse iniziato già a fare il Veneto, il 24 febbraio, nonostante che l'Emilia-Romagna lo avesse fatto il 1° marzo, la Lombardia, la regione con il focolaio più esteso, ha aspettato il 4 marzo per iniziare a limitare le visite dall'esterno nelle residenze per anziani.

E poi ha concluso la questione l'8 di marzo insieme al decreto del Governo. Lo stesso giorno, però, l'assessore Gallera proponeva ai colleghi della giunta una cosa inspiegabile, che ha avuto purtroppo gli esiti criminali di cui sopra. L'8 marzo la giunta Fontana, su proposta dell'assessore Gallera, decideva di chiedere alle residenze sanitarie per anziani di ampliare la ricettività dei pazienti per ospitare i casi meno gravi di persone infettate con il COVID e liberare così alcuni posti letto negli ospedali. Lo diceva prima la collega Carnevali: le RSA fanno parte del sistema sanitario nazionale: non possono rifiutare, se la regione chiede. Per rendere più persuasiva la proposta della regione, il 30 di marzo si è aggiunta una retta giornaliera di 150 euro a ogni RSA che accettava i pazienti COVID, pagata dalla regione. Di fatto quello che è successo è che la regione pagava le RSA per favorire il contagio, compiendo quello che è stato un atto gravissimo e irresponsabile.

Non basta dire, come prova a raccontare l'assessore Gallera, che la regione ha dato indicazioni di come trattare i malati COVID. La responsabilità della regione non è solo quella di dare indicazioni; la regione ha una responsabilità di sorveglianza, controllo e sanzione, che troppe volte nella storia della sanità lombarda è venuta meno. Soprattutto in questo caso regione Lombardia è venuta meno a quella responsabilità e non ha esercitato la propria funzione di sorveglianza, controllo e sanzione. E non basta, no, non basta, che ora, con le morti sospette, la regione disponga una commissione d'inchiesta, provando a scaricare i problemi sulla gestione delle RSA.

Il problema è a monte, è in quelle due delibere dell'8 di marzo e del 30 di marzo in cui Fontana, Gallera e tutti gli altri assessori della giunta predisponevano il trasferimento dei malati COVID nelle residenze per anziani. L'emergenza - è stato detto da tutti gli infettivologi in modo molto chiaro - doveva essere trattata come una crisi sanitaria, cioè doveva essere fatto tutto il possibile per evitare i contagi. E, mentre tutta Italia si fermava per attuare il distanziamento sociale, che cosa decidevano l'assessore Gallera e il presidente Fontana? Loro decidevano di portare i malati contagiosi nei luoghi dove più si sarebbe dovuto evitare il contagio, proprio dove ci sono i pazienti più fragili e più esposti. Il problema è tutto qui. Chi doveva gestire l'emergenza in realtà non ha fatto altro che rinfocolare il contagio, e questa è una precisa responsabilità della politica.

Questa è una sede politica, non è una sede giudiziaria. Ci sono già le inchieste, la Guardia di Finanza ieri è già stata al palazzo della regione per acquisire tutti i documenti; c'è l'ispezione del Ministero. Su tutto questo parlerà la magistratura e chi dovrà pagare pagherà, ma noi siamo qui per parlare delle responsabilità politiche; e noi, come Partito Democratico, come opposizione in regione, andremo fino in fondo. Non accettiamo le spiegazioni della regione, non accettiamo i tentativi di nascondere i dati che ci vengono finalmente forniti oggi, per la prima volta, in un'altra sede e non accettiamo di ascoltare parlare di montatura giornalistica. Troviamo scandalosa l'affermazione dell'assessore Foroni che ha detto: “in Lombardia, modestamente, noi le abbiamo azzeccate tutte”.

È un insulto alle famiglie di tutti coloro che hanno perso delle persone, in particolare alle famiglie di coloro che hanno perso delle persone nelle residenze per anziani. Noi abbiamo chiesto una commissione d'inchiesta regionale sulle RSA e lì, in sede politica, andremo fino in fondo; lo dobbiamo ai familiari, ai lavoratori, a tutti coloro che sono morti. E lo dobbiamo in particolare ai lombardi, che ogni giorno dalle loro case guardano con sgomento quegli amministratori regionali della Lega e di Forza Italia che sono incapaci di gestire l'emergenza, che sono incapaci di riconoscere i propri errori. Sono amministratori drogati della loro stessa propaganda e incapaci di mettersi a lavorare in silenzio per il bene di tutti.