07/08/2014
Luisa Bossa
Di Lello, Sgambato, Roberta Agostini, Manfredi, Valeria Valente, Carloni, Salvatore Piccolo, Giorgio Piccolo, Tartaglione, Valiante
2-00657

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che: 
l'ultimo report Istat sull'offerta comunale di asili nido e altri servizi socio-educativi per la prima infanzia dice che la percentuale di comuni che offre il servizio di asilo nido, sia sotto forma di strutture che di trasferimenti alle famiglie per la fruizione di servizi privati, negli ultimi anni, è aumentata, passando dal 32,8 per cento del 2003/2004 al 50,7 per cento del 2012/2013; 
lo stesso report, però, segnala un fortissimo divario territoriale nell'offerta pubblica di asili nido da una regione all'altra: la percentuale, infatti, dei comuni che offrono tale servizio varia dal 22,5 per cento al Sud al 76,3 al Nord-est; 
più precisamente, nell'anno scolastico 2012/2013 sono 152.849 i bambini di età tra zero e due anni iscritti agli asili nido comunali; altri 45.856 usufruiscono di asili nido privati convenzionati o con contributi da parte dei comuni, per un totale di 198.705 utenti dell'offerta pubblica complessiva; 
nel 2012 la spesa impegnata per gli asili nido è stata di circa 1 miliardo e 559 milioni di euro: il 19,2 per cento di tale spesa è rappresentato dalle quote pagate dalle famiglie, che ammontano a circa 300 milioni di euro, la restante a carico dei comuni è stata di circa 1 miliardo e 259 milioni di euro. La percentuale di compartecipazione degli utenti sul totale della spesa è aumentata negli anni, passando dal 18 per cento del 2009 al 19,2 per cento del 2012 e con forti differenze regionali; fra il 2004, anno base di riferimento, e il 2012 la spesa corrente per asili nido, al netto della compartecipazione pagata dagli utenti, ha subito un incremento complessivo del 48 per cento, nello stesso periodo è aumentato del 36 per cento (oltre 52 mila unità) il numero di bambini iscritti agli asili nido comunali o sovvenzionati dai comuni; 
la percentuale di comuni che offrono il servizio di asilo nido, sia sotto forma di strutture che di trasferimenti alle famiglie per la fruizione di servizi privati, è passata dal 32,8 per cento del 2003/2004 al 50,7 per cento del 2012/2013; 
permangono, però, come detto, enormi e insopportabili differenze territoriali: i bambini che vanno in asili nido comunali o finanziati dai comuni variano dal 3,6 per cento dei residenti fra 0 e 2 anni al Sud al 17,5 per cento al Centro; la percentuale dei comuni che garantisce la presenza del servizio varia dal 22,5 per cento al Sud al 76,3 per cento al Nord-est; 
il report Istat conferma, quindi, una enorme carenza di strutture nelle regioni del Mezzogiorno senza apprezzabili segnali di cambiamento, mentre aumenta, al contrario, la distanza fra le regioni in cui il sistema di servizi per la prima infanzia è più consolidato e le regioni in cui l'offerta pubblica è tradizionalmente più carente; 
la gravissima sperequazione tra Nord e Sud non viene aiutata dalle regole del cosiddetto federalismo fiscale, in modo particolare dal criterio della spesa storica adottato per il calcolo del fabbisogno dei comuni per servizi fondamentali come, appunto, gli asili nido e le manutenzioni scolastiche; 
secondo tale criterio, le zone rimaste indietro sono condannate a restarlo sempre di più dal momento che eventuali tagli alla distribuzione delle risorse si faranno non guardando al bisogno effettivo ma alla spesa consolidata per cui laddove si è speso poco, si ritiene si abbia poco bisogno e quindi si faranno tagli maggiori, mentre, in realtà, il bisogno è esattamente contrario; 
con un puntuale lavoro di inchiesta, il quotidiano napoletano Il Mattino ha documentato, a più riprese, tale sperequazione, chiedendo – e ottenendo – pubblicamente dal Presidente del Consiglio Renzi un impegno a cambiare le regole del federalismo fiscale; 
ciò nonostante, alcuni giorni fa il Governo ha approvato in via preliminare le cosiddette note metodologiche e dei fabbisogni standard per ciascun comune delle regioni a statuto ordinario relativi alle funzioni di istruzione pubblica, e altro; il testo ora dovrà passare alla Conferenza Stato-regioni e alle commissioni parlamentari competenti per i pareri; non risulta, però, che sia stato adottato alcun cambiamento rispetto al criterio del fabbisogno storico e della spesa consolidata, rischiando, così, di penalizzare in una fase successiva, ancora una volta, il Sud nella ripartizione dei fondi e nella distribuzione di servizi fondamentali come gli asili nido sul territorio –: 
se sia a conoscenza di quanto sopra esposto, se non ritenga grave la sperequazione tra Nord e Sud nella presenza di asili nido sul territorio e se non ritenga, per quanto di competenza indicando gli strumenti utili in tal senso, di dover intervenire per aumentare l'offerta di asili nido al Sud e ridurre tale divario; 
se non ritenga e se non sia intenzione del Governo di intervenire su criteri come quelli sulla spesa storica e consolidata, per cambiarli al fine di evitare che le zone del Paese svantaggiate lo siano sempre e ancora di più. 

 

Seduta del 8 settembre 2014

Illustrazione di Giovanna Palma, risposta del Bellanova Teresa, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali 

Illustrazione

Signor Presidente, l'ultimo report Istat sull'offerta comunale di asili nido e altri servizi socio-educativi per la prima infanzia dice che la percentuale di comuni che offre il servizio di asilo nido, sia sotto forma di strutture, che di trasferimenti alle famiglie per la fruizione di servizi privati, negli ultimi anni, è aumentata, passando dal 32,8 per cento del 2003/2004 al 50,7 per cento del 2012/2013. 
Lo stesso report, però, segnala un fortissimo divario territoriale nell'offerta pubblica di asili nido da una regione all'altra: la percentuale, infatti, dei comuni che offrono tale servizio varia dal 22,5 per cento al sud al 76,3 per cento al nord-est. 
Più precisamente, nell'anno scolastico 2012/2013, sono circa 152.849 i bambini di età tra zero e due anni iscritti agli asili nido comunali; altri 45.856 usufruiscono di asili nido privati convenzionati o con contributi da parte dei comuni, per un totale di circa 198.705 utenti dell'offerta pubblica complessiva. 
Nel 2012, la spesa impegnata per gli asili nido è stata di circa 1 miliardo e 559 milioni di euro: il 19 per cento di tale spesa è rappresentato dalle quote pagate dalle famiglie, che ammontano a circa 300 milioni di euro; la restante, a carico dei comuni, è stata di circa 1 miliardo e 259 milioni di euro. La percentuale di compartecipazione degli utenti sul totale della spesa è aumentata negli anni, passando quindi dal 18 per cento del 2009 al 19,2 per cento del 2012 e con forti differenze regionali; fra il 2004, anno base di riferimento, e il 2012 la spesa corrente per asili nido, al netto della compartecipazione pagata dagli utenti, ha subito un incremento complessivo del 48 per cento, nello stesso periodo è aumentato del 36 per cento il numero di bambini iscritti. 
La percentuale di comuni che offrono il servizio di asilo nido, sia sotto forma di strutture che di trasferimenti alle famiglie per la fruizione di servizi privati, è passata dal 32,8 per cento del 2003/2004 al 50,7 per cento del 2012/2013. 
Permangono, però, come detto, enormi e insopportabili differenze territoriali: i bambini che vanno in asili nido comunali o finanziati dai comuni variano dal 3,6 per cento dei residenti fra 0 e 2 anni al sud, al 17,5 per cento al centro e la percentuale dei comuni che garantisce la presenza del servizio varia dal 22,5 per cento al sud al 76,3 per cento al nord-est. 
Il report Istat conferma, quindi, un'enorme carenza di strutture nelle regioni del Mezzogiorno senza apprezzabili segnali di cambiamento, mentre aumenta, al contrario, la distanza fra le regioni in cui il sistema di servizi per la prima infanzia è più consolidato e le regioni in cui l'offerta pubblica è tradizionalmente più carente. 
La gravissima sperequazione tra Nord e Sud non viene aiutata dalle regole del cosiddetto federalismo fiscale, in modo particolare dal criterio della spesa storica adottato per il calcolo del fabbisogno dei comuni per servizi fondamentali come, appunto, gli asili nido e le manutenzioni scolastiche. 

Secondo tale criterio, le zone rimaste indietro sono condannate a restarlo sempre di più dal momento che eventuali tagli alla distribuzione delle risorse si faranno non guardando al bisogno effettivo ma alla spesa consolidata, per cui laddove si è speso poco, si ritiene si abbia poco bisogno e quindi si faranno tagli maggiori, mentre, in realtà, il bisogno è esattamente contrario. 
Con un puntuale lavoro di inchiesta, il quotidiano napoletano Il Mattino ha documentato, a più riprese, tale sperequazione, chiedendo – e ottenendo – pubblicamente dal Presidente del Consiglio dei ministri Renzi un impegno a cambiare le regole del federalismo fiscale. 
Ciò nonostante, alcuni giorni fa il Governo ha approvato in via preliminare le cosiddette note metodologiche e dei fabbisogni standard per ciascun comune delle regioni a statuto ordinario relativi alle funzioni di istruzione pubblica e altro; il testo ora dovrà passare alla Conferenza Stato-regioni e alle Commissioni parlamentari competenti per i pareri; non risulta, però, che sia stato adottato alcun cambiamento rispetto al criterio del fabbisogno storico e della spesa consolidata, rischiando, così, di penalizzare in una fase successiva, ancora una volta, il Sud nella ripartizione dei fondi e nella distribuzione di servizi fondamentali come gli asili nido sul territorio. 
Si chiede, pertanto, se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto, se non ritenga grave la sperequazione tra Nord e Sud nella presenza di asili nido sul territorio e se non ritenga, per quanto di competenza, indicando gli strumenti utili in tal senso, di dover intervenire per aumentare l'offerta di asili nido al Sud e ridurre tale divario. Si chiede, inoltre, se non sia intenzione del Governo di intervenire su criteri, come quelli sulla spesa storica e consolidata, per cambiarli al fine di evitare che le zone del Paese svantaggiate lo siano sempre e ancora di più.

Risposta del governo

L'onorevole Bossa con il presente atto parlamentare richiama l'attenzione del Governo sul divario esistente tra Nord e Sud nell'offerta pubblica di asili nido e degli altri servizi socio-educativi per la prima infanzia. 
Al riguardo, è opportuno precisare che il Governo, nell'ambito del Piano azione e coesione, ha provveduto alla predisposizione del programma nazionale «Servizi di cura all'infanzia e agli anziani non autosufficienti» che prevede per il triennio 2013-2015 lo stanziamento di apposite risorse finanziarie in favore delle quattro regioni ricomprese nell'obiettivo europeo «Convergenza» (Calabria, Puglia, Campania e Sicilia). 
La strategia che contraddistingue il programma nazionale «Servizi di cura all'infanzia e agli anziani non autosufficienti» è quella di mettere in campo un intervento aggiuntivo rispetto alle risorse attualmente disponibili al fine di ridurre l'attuale divario esistente nel nostro Paese nell'offerta dei servizi di cura alla persona. In particolare, per quanto concerne l'ambito dei servizi di cura all'infanzia, il piano prevede lo stanziamento di 400 milioni di euro per il perseguimento dei seguenti obiettivi strategici: aumento strutturale dell'offerta dei servizi (asili nido pubblici o convenzionati, servizi integrativi e innovativi) fino alla copertura nel 2015 di almeno il 12% della domanda potenziale; estensione della copertura territoriale nelle aree ad oggi sprovviste di strutture e servizi; sostegno alla domanda, alla sostenibilità degli attuali e dei futuri livelli di servizio anche attraverso l'entrata in funzione di nuove strutture; miglioramento della qualità e della gestione dei servizi socio-educativi. Faccio, inoltre, presente che la Conferenza unificata del 1o agosto 2013 ha sancito, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, lett. c), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, l'Accordo quadro tra Governo, regioni, province autonome di Trento e Bolzano, comuni e province, per la realizzazione di un'offerta di servizi educativi in favore di bambini dai due ai tre anni, volta a migliorare i raccordi tra nido e scuola dell'infanzia e a concorrere allo sviluppo territoriale dei servizi socio-educativi 0-6 anni (cosiddette Sezioni Primavera). 
In base al predetto Accordo, in particolare, il Ministero dell'istruzione, il Dipartimento delle politiche per la famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero che rappresento mettono annualmente a disposizione del servizio specifiche risorse finanziarie, la cui entità complessiva viene resa nota all'inizio dell'esercizio finanziario e comunque entro il mese di marzo. 
Ricordo, ancora, che, in attuazione dei protocolli d'intesa stipulati nel dicembre 2011 e nel maggio 2012, tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento delle politiche per la famiglia, il Ministero che rappresento, l'ISTAT e la regione Emilia Romagna, si è provveduto all'avvio di un progetto sperimentale volto alla creazione ed alla implementazione di un Sistema informativo nazionale sui Servizi socio-educativi per la prima infanzia. 
Il progetto – cui hanno successivamente aderito tutte le regioni ad eccezione del Piemonte e della provincia autonoma di Bolzano – persegue l'obiettivo di disporre di informazioni sulle prestazioni erogate dalle singole unità di offerta pubblica e privata presenti sul territorio in materia di servizi socio – educativi della prima infanzia. 
La creazione del Sinse mira anche allo sviluppo e al potenziamento – a livello regionale – di appropriati sistemi informativi per adempiere al meglio alle esigenze di programmazione degli interventi, al loro monitoraggio e alla loro valutazione. 
Al fine di sostenere il progetto è stato attivato un comitato di coordinamento che prevede la partecipazione dei rappresentanti delle amministrazioni centrali coinvolte, delle regioni e della provincia autonoma partecipante, dell'ANCI, del CISIS e dell'ISTAT. 
Faccio, inoltre, presente che la programmazione dei fondi comunitari per il periodo 2014-2020, allo stato in fase di ultimazione, ha destinato parte delle risorse dei fondi al conseguimento dell'Obiettivo tematico nove, denominato «Inclusione sociale e lotta alla povertà» che – con specifico riferimento all'area dell'infanzia – prevede l'aumento, il consolidamento e la qualificazione dei servizi di cura socio-educativi rivolti ai minori. 
Con riferimento al secondo quesito, occorre considerare che le regioni del Mezzogiorno sono state destinatarie, nel corso degli ultimi anni, di maggiori risorse nazionali, unitamente ad apposite azioni di assistenza tecnica volte a sostenere tali regioni sia nell'utilizzo delle risorse che nella programmazione dei servizi socio – educativi per la prima infanzia. 
Le predette risorse, che si aggiungono a quelle regionali, sono destinate a proseguire, in via prioritaria, l'ampliamento ed il consolidamento della dotazione di nidi e servizi per i minori dai zero ai tre anni, sia sotto il profilo dei costi di gestione che dell'attivazione di nuovi posti, nonché il miglioramento qualitativo dell'offerta in atto e futura. 
Da ultimo, ricordo che il nuovo Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, predisposto dall'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, prevedrà, tra l'altro, il rafforzamento dei servizi socio-educativi proprio al fine di incrementare l'offerta dei servizi all'infanzia sia in termini qualitativi che quantitativi.