02/12/2014
Gianmario Fragomeli
Ermini, Carnevali, Grassi, Fanucci, Crimì, Boccadutri, Giuseppe Guerini, Miccoli, Patriarca, Lodolini,Zampa, Arlotti, Luciano Agostini, Lattuca, Chaouki, Carra, Colaninno, Galperti, Tentori, Francesco Sanna, Preziosi, Marantelli,Sanga, Dallai, Marchi, Guerra, Manfredi, Andrea Romano, Albini, Giovanna Sanna
2-00768

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che: 
il decreto ministeriale 30 luglio 1999, n. 311, «Regolamento recante norme per l'individuazione delle modalità e delle condizioni cui è subordinata la detrazione degli interessi passivi in dipendenza di mutui contratti per la costruzione dell'abitazione principale» prevede agli articoli 1-2 e 3: 
1. Gli interessi passivi e relativi oneri accessori, nonché le quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione, pagati a soggetti residenti nel territorio dello Stato o di uno Stato membro della Comunità europea, ovvero a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, in dipendenza di mutui garantiti da ipoteca e contratti per la costruzione dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale si detraggono, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e fino alla concorrenza del suo ammontare, per un importo pari al 19 per cento dell'ammontare complessivo non superiore a 5 milioni di lire. Per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente dimora abitualmente. 
2. La detrazione di cui al comma 1 si applica relativamente ai contratti di mutuo stipulati, a partire dal 1o gennaio 1998, ai sensi dell'articolo 1813 del codice civile, ed assistiti da ipoteca, e compete limitatamente agli interessi e relativi oneri accessori, nonché alle quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione riferibili all'importo del mutuo effettivamente destinato alla costruzione dell'immobile. 
3. La detrazione è ammessa a condizione che i lavori di costruzione abbiano inizio nei sei mesi antecedenti o successivi alla data di stipula del contratto di mutuo da parte del soggetto che sarà il possessore a titolo di proprietà o altro diritto reale dell'unità immobiliare da costruire e che quest'ultima sia adibita ad abitazione principale entro sei mesi dal termine dei predetti lavori. 
2. 1. Il diritto alla detrazione viene meno a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in cui l'immobile non è più utilizzato per abitazione principale; non si tiene conto delle variazioni dipendenti da trasferimenti per motivi di lavoro. 
2. La mancata destinazione ad abitazione principale dell'unità immobiliare entro sei mesi dalla data di conclusione dei lavori di costruzione della stessa comporta la perdita del diritto alla detrazione e da tale data decorre il termine per la rettifica della dichiarazione dei redditi da parte dell'amministrazione finanziaria. 
3. La detrazione non spetta se i lavori di costruzione dell'unità immobiliare non sono iniziati nei sei mesi antecedenti o successivi alla data di stipula del contratto di mutuo; la detrazione non spetta, altresì, se i detti lavori non sono ultimati entro il termine stabilito dalla concessione edilizia per la costruzione dell'immobile o in quello successivamente prorogato e da tale data inizia a decorrere il termine per la rettifica della dichiarazione dei redditi da parte dell'amministrazione finanziaria. Il diritto alla detrazione non viene meno se i termini previsti nel precedente periodo non sono rispettati per ritardi imputabili esclusivamente all'amministrazione comunale nel rilascio delle abilitazioni amministrative richieste dalla vigente legislazione edilizia. 
3. 1. Per fruire della detrazione di cui all'articolo 1 è necessario conservare ed esibire o trasmettere anche in copia, a richiesta degli uffici finanziari, le quietanze di pagamento degli interessi passivi relativi al mutuo, il contratto di mutuo ipotecario dal quale risulti che lo stesso è assistito da ipoteca e che è stato stipulato per la costruzione dell'immobile da destinare ad abitazione principale, le abilitazioni amministrative richieste dalla vigente legislazione edilizia, nonché copia delle fatture o ricevute fiscali comprovanti le spese effettivamente sostenute per la costruzione dell'immobile stesso.»; 
la circolare n. 38/E del 28 settembre 2012 dell'Agenzia delle entrate avente per oggetto chiarimenti relative all'articolo 2, comma 1, 2, 3 e 3-bis, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (cosiddetto «Decreto semplificazioni fiscali e Decreto semplificazioni tributarie»), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, introduce una particolare forma di ravvedimento operoso (cosiddetto remissione in bonis) volto ad evitare che, mere dimenticanze relative a comunicazioni ovvero, in 
generale, ad adempimenti formali non eseguiti tempestivamente precludano al contribuente, in possesso dei requisiti sostanziali richiesti dalla norma, la possibilità di fruire di benefici fiscali o di regimi opzionali; 
secondo l'interpretazione dell'Agenzia delle entrate, la previsione in esame, in presenza di alcuni presupposti di natura sostanziale, intende «salvaguardare il contribuente in buona fede e la sua scelta di assolvere l'adempimento richiesto tardivamente»; 
alcuni cittadini interessati dall'accensione di un mutuo di lungo periodo per la ristrutturazione della propria abitazione si sono visti negare il diritto alla detrazione degli interessi passivi sul suddetto mutuo poiché non avevano completato nei sei mesi dalla data di conclusione dei lavori, il passaggio di residenza nell'abitazione suddetta –: 
se il ravvedimento operoso (cosiddetto remissione in bonis) come citato dalla circolare suddetta dell'Agenzia delle entrate possa applicarsi anche nel caso specifico suesposto e, diversamente, cosa intenda fare per scongiurare che quei cittadini titolari di mutuo perdano il diritto di detrarre gli interessi passivi per meri ritardi procedurali. 
 

Seduta del 19 dicembre 2014

Illustrazione e replica di Gian Mario Fragomeli, risposta di Zanetti Enrico (SCpI), Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze

Illustrazione

 

Grazie, Presidente. Sottosegretario, ho posto questa questione perché sembrerebbe una questione meramente tributaria, ma non lo è. Sappiamo tutti benissimo la finalità sociale che ha la prima casa, la costruzione della prima casa, in particolare la detraibilità dei mutui, che oggi sono sempre più difficili da aprire, e quindi le difficoltà del momento, in particolare anche per le giovani coppie, che sempre più faticano ad avere un reddito che gli consenta di poter aprire mutui, e quindi di risolvere questo problema. 
Quindi, una tematica che ha un alto valore sociale. Con questa interpellanza chiediamo che, in qualche modo, il Governo, il Ministero, possa rivedere, in parte, come ha fatto in altre fattispecie, una problematica come questa, cioè che il mancato rispetto di un termine normativo, perentorio, di 60 giorni, faccia decadere un'agevolazione che può avere una durata alquanto elevata. 
Pensiamo, appunto, all'apertura di un mutuo ventennale o trentennale: il fatto che non venga rispettato il termine di 60 giorni dal trasferimento della residenza all'ultimazione dei lavori comporterebbe il decadimento di tutta l'agevolazione. Quindi, ci sembra che, in qualche modo, i vincoli rispetto a questa agevolazione siano forse anche troppo elevati. Vorremmo, quindi, in qualche modo, porre riparo a questi vincoli, attraverso una procedura già introdotta con la legge n. 44 del 26 aprile 2012, cioè la forma del ravvedimento operoso, volto ad evitare che mere dimenticanze relative a comunicazioni ovvero, in generale, ad adempimenti formali non eseguiti tempestivamente, precludano in generale al contribuente, in possesso dei requisiti sostanziali, la possibilità di fruire di benefici fiscali o di regimi opzionali. 
Ci sembra proprio questo il caso lampante di un adempimento sostanziale che è stato fatto, del rispetto di tutte le tempistiche, però vorremmo, in qualche modo, capire se il Governo possa rivedere, alla stregua di questa normativa, anche la fattispecie della detraibilità degli interessi passivi sui mutui contratti per la costruzione di nuove abitazioni.

 

Risposta del Governo

Con il documento in esame, gli onorevoli interpellanti chiedono al Governo se la remissione in bonis di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, possa trovare applicazione in una fattispecie riguardante la detrazione degli interessi passivi su mutui contratti per la ristrutturazione dell'abitazione principale di cui all'articolo 15, comma 1-ter, del decreto del Presidente della Repubblica n. 917, del 1986. 

In particolare, nell'interpellanza è chiesto se la remissione in bonis sia applicabile nell'ipotesi di mancata destinazione ad abitazione principale dell'unità immobiliare entro sei mesi dalla data di conclusione dei lavori di ristrutturazione, condizione richiesta dall'articolo 2, comma 2, del regolamento di attuazione adottato con decreto ministeriale 30 luglio 1999, n. 311, a pena di decadenza dal diritto alla detrazione. Diversamente, l'onorevole interpellante chiede al Governo che cosa intende fare per scongiurare che quei cittadini titolari di mutuo perdano il diritto di detrarre gli interessi passivi per meri ritardi procedurali. 
Al riguardo, sentiti anche gli uffici dell'amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue: l'istituto della remissione in bonis è volto a consentire la fruizione dei benefici fiscali nel caso in cui il contribuente, per mera dimenticanza, non adempia, nei termini previsti, agli obblighi di preventiva comunicazione o a qualunque altro adempimento di natura formale in presenza dei requisiti sostanziali richiesti dal legislatore. In altri termini la norma sulla remissione in bonis presuppone che il contribuente, pur avendo omesso la preventiva comunicazione, o altro adempimento di natura formale, abbia tuttavia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento. Nel caso prospettato, invece, la destinazione ad abitazione principale dell'unità immobiliare entro sei mesi dalla conclusione dei lavori di costruzione non è assimilabile né ad una comunicazione, né ad un adempimento di natura formale, costituendo essa stessa requisito sostanziale e condizione per accedere al beneficio della detrazione degli interessi passivi. L'inosservanza del termine dei sei mesi dalla data di conclusione dei lavori di costruzione, per destinare l'unità immobiliare ad abitazione principale determina, quindi, la mancanza di uno dei requisiti essenziali richiesti dalla norma per essere ammessi al beneficio della detrazione, precludendo al contribuente la possibilità di avvalersi dell'istituto della remissione in bonis. Ciò premesso, si ritiene che la detrazione in esame spetti nei particolari casi in cui il contribuente sia in grado di provare in modo inoppugnabile che, entro il termine di sei mesi, risiedeva in concreto nell'abitazione e che, sempre entro il predetto termine, abbia rivolto formale richiesta al comune di trasferimento di residenza, non rilevando, in senso contrario, la circostanza che il procedimento si completi positivamente in data successiva allo spirare del termine dei sei mesi per causa non imputabile al contribuente medesimo. 

 

Replica

Signora Presidente, no, non sono soddisfatto, perché diverge la mia interpretazione rispetto ai requisiti sostanziali che, invece, sono presenti nella risposta, nel senso che io credo che l'ultimazione dei lavori molto spesso avviene, però l'abitazione non è magari pronta per essere subito utilizzata e impiegata come prima casa. Succede che c’è appunto «la fine lavori» della costruzione di un'abitazione, ma non si è completato l'arredo, comunque non vi è la possibilità di potersi insediare in questa abitazione e, conseguentemente, trasferire la residenza. Siccome, sostanzialmente, stiamo parlando di un trasferimento di residenza che avviene successivamente ai sei mesi prescritti, mi sembrava logico, invece, assimilare questa fattispecie, perché se anche per quattro, cinque giorni, una settimana successiva, ai centottanta giorni previsti, un contribuente per varie motivazioni dimenticasse di trasferire la residenza, e magari era già presente in questa abitazione, oppure stava completando gli ultimi trasferimenti per potere trasferirsi in questa abitazione, considerare come un requisito sostanziale questo, mi sembra eccessivo. Stiamo parlando di un termine non legato all'attivazione del mutuo e dell'inizio lavori entro tre mesi, sei mesi, dall'apertura del mutuo. Stiamo parlando del trasferimento fisico in un'abitazione entro sei mesi dalla «fine lavori» certificata, e sappiamo tutti che molto spesso la «fine lavori» viene fatta anche se magari qualcosa non è completato per l'effettivo trasferimento in questo abitazione. Il fatto di una pratica di residenza che sia ostativa, da questo punto di vista, mi sembra eccessiva. Io speravo, invece, che oggi questa cosa si sarebbe potuta superare, prevedendo magari delle penalità in un arco temporale ridotto di 15, 20 giorni, ma effettivamente pensare che con un giorno solo di ritardo di trasferimento di una residenza, quindi di una pratica meramente amministrativa per qualsivoglia motivo (un ufficio chiuso, uno che arriva in ritardo allo sportello chiuso e presenta il trasferimento di residenza il giorno dopo), possano decadere delle agevolazioni ventennali o trentennali, mi sembra un'impostazione dell'amministrazione dello Stato fortemente penalizzante per il cittadino.

Quindi, io veramente cercherò di capire con altri strumenti come fare, perché stiamo parlando di un trasferimento di residenza che avviene 24 ore dopo i sei mesi dalla formalizzazione della fine lavori, che – ribadisco – molto spesso non è l'elemento conclusivo per rendere perfettamente utilizzabile – non agibile, perché agibile lo è – un appartamento o una nuova costruzione. 
Quindi, per le motivazioni che adducevo anche in premessa, cioè per il fatto che stiamo parlando di prima casa, che stiamo parlando di persone che costruiscono una prima casa con molta fatica, con difficoltà di contrarre un mutuo com’è quello di oggi – stiamo parlando di giovani coppie che magari fanno fatica ad avere un reddito e un contratto a tempo indeterminato per poter aprire un mutuo –, non si può dire a queste persone che perdono la possibilità di detrarre 2.500 euro all'anno. Di questo stiamo parlando, non stiamo parlando di fattispecie di detrazioni di alti importi e, quindi, legate ad abitazioni di altissimo valore, stiamo parlando di prima casa. 
Quindi, io non capisco perché da questo punto di vista il Governo non voglia rivedere questa posizione, introducendo una possibilità di ravvedimento con delle penalizzazioni, che non precludano la detraibilità addirittura per periodi ventennali o trentennali.