16/02/2016
Giovanni Burtone
Casati, Preziosi, Bolognesi, Chaouki, Marazziti, Cardinale, Formisano, Lauricella,Cova, Marco Di Stefano, Marco Meloni, Marco Di Maio, Di Salvo, Fanucci, Dallai, Raciti, De Menech,Attaguile, Cuomo, Fragomeli, Anzaldi, Lacquaniti, Vecchio, Amoddio, Scuvera, Donati, Ascani, Schirò,Galperti, Paola Boldrini, Vargiu, Marrocu, Bruno, Nicoletti, Aiello, Ferro, Galgano, Borghi, Murer,Arlotti, Carrozza
2-01276

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che: 
il provvedimento cardine che regolamenta i trattamenti in materia di ammortizzatori in deroga è il decreto ministeriale n. 83473 del 1o agosto 2014; 
suddetto provvedimento ha separato le platee dei beneficiari tra chi alla data di entrata in vigore del citato decreto ministeriale aveva beneficiato per meno di tre anni delle previste tutele e chi invece aveva superato quella soglia; 
la soglia massima prevista era comunque quella di 3 anni e 4 mesi complessivi al termine del quale termina la possibilità di beneficiare delle suddette tutele; 
i pagamenti come purtroppo è noto sono avvenuti con notevoli ritardi e ancora oggi in diverse regioni, Sicilia, Calabria, Sardegna si registrano difficoltà; 
ad aggravare il quadro per quanto riguarda l'ultimo riparto vi sarebbe anche una interpretazione dell'Inps abbastanza restrittiva in quanto secondo l'istituto il trattamento di mobilità in deroga noti potrebbe essere concesso ai lavoratori che abbiano beneficiato di prestazioni di mobilità in deroga per almeno tre anni anche non continuativi; 
in base a questa determinazione molti lavoratori che ancora non hanno raggiunto il limite dei tre anni e quattro mesi rischiano di essere esclusi dal beneficio degli ultimi riparti; 
questo tipo di interpretazione rischia di creare ulteriori tensioni sui territori in considerazione delle difficoltà che vivono gli appartenenti a questa categoria; 
tra l'altro si parla di una misura comunque a termine considerato che dal 1o gennaio 2017 il trattamento di mobilità in deroga e la stessa cassa integrazione guadagni in deroga non sarà più presente nel nostro ordinamento; 
la fuoriuscita di questi lavoratori dalle platee dei beneficiari della mobilità in deroga comporta conseguenze nefaste dal punto di vista sociale; 
sono del tutto assenti misure di politiche attive e integrazioni al reddito che possano consentire a queste persone e a queste famiglie di guardare al domani con un minimo di garanzia di sopravvivenza; 
molte regioni si sono attivate con misure quali reddito minimo che però faticano a coprire queste platee anche perché se basate esclusivamente sull'Isee basta il decesso di un genitore e un piccolo lascito ad alterare la propria situazione economica senza però che realmente cambi la condizione di inoccupazione dell'ex lavoratore, così come molti ex titolari di mobilità in deroga, costretti a tornare a vivere in famiglia e cumulando il reddito di un pensionato, si vedono esclusi in partenza dal poter partecipare a bandi di accesso per queste misure di sostegno; 
non va inoltre trascurato il fatto che una parte rilevante dei titolari di mobilità in deroga è prossimo alla pensione e magari avrebbe avuto anche accesso al diritto se non fosse intervenuta la «riforma Fornero»; 
si tratta di criticità sociali enormi che si concentrano in particolare nei territori segnati da processi di reindustrializzazione che faticano a decollare; 
se e quali iniziative intenda adottare il Governo per chiarire definitivamente che comunque il tetto di beneficio della indennità di mobilità in deroga è 3 anni e 4 mesi fino al 31 dicembre 2016; 
se non ritenga opportuno assumere iniziative per introdurre misure di flessibilità che consentano a queste persone di poter accedere mediante la combinazione tra età anagrafica e contributi ad un anticipo del trattamento previdenziale come per mesi se ne è parlato sui giornali; 
quali iniziative intenda attivare con la massima urgenza per rafforzare le politiche attive al fine di aiutare queste platee a reinserirsi nel mondo del lavoro; 
ad assumere iniziative per rivedere le norme di natura fiscale che penalizzano fortemente questi lavoratori e queste famiglie anche per l'accesso a misure di sostegno al reddito. 
 

Seduta del 4 marzo 2016

Illustra e replica Giovanni Mario Salvino Burtone, risponde Luigi Bobba, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali 

Illustrazione

Signor Presidente, la nostra interpellanza urgente fa riferimento ad una questione di grande rilievo sociale in questo momento nel nostro Paese. L'interpellanza pone la questione relativa ai lavoratori in Cassa integrazione in deroga: sono lavoratori in maggioranza con un'età avanzata, oltre i cinquant'anni, sono lavoratori espulsi dal sistema produttivo, in grande difficoltà. Lo strumento della Cassa integrazione in deroga è stato uno strumento importante; certo, probabilmente ha avuto dei limiti: la realizzazione del riparto, poi l'erogazione effettiva delle risorse, i ritardi che ci sono stati. Però, signor sottosegretario, noi sappiamo che, grazie alla Cassa integrazione in deroga, si sono affrontate tante crisi anche in settori particolarmente difficili e questi lavoratori hanno avuto qualche risorsa dalle istituzioni. 
Ora, io pongo questioni che sono diventate di grandi attualità, dopo l'emanazione di un decreto, il decreto ministeriale n. 83473 del 1o agosto del 2014. Quello è stato un decreto che ha negativamente determinato una condizione problematica nell'ambito di questi lavoratori. Cos’è accaduto lo sappiamo: si è stabilito un tetto, il tetto delle mensilità erogabili al massimo, si è detto che un lavoratore in Cassa integrazione in deroga può essere assistito non più di tre anni e quattro mesi e, quindi, sono stati messi fuori coloro i quali avevano raggiunto questo stato ed è rimasto il resto della platea. Ora, signor sottosegretario, la cosa un po’ anomala, bizzarra, è che l'INPS ha posto, con le proprie delibere, con le proprie circolari, addirittura un ulteriore tetto, limitando l'intervento a tre anni. Ed è questo il primo tema che noi abbiamo posto all'attenzione del Governo, perché non credo che l'Inps possa avere questa autonomia decisionale e al Governo viene chiesto di chiarire. 
Poi ci sono le altre questioni: la non possibilità, per coloro i quali si trovano in Cassa integrazione ordinaria 2015, di poter ora usufruire della Cassa integrazione in deroga; per non parlare, signor sottosegretario, dei soliti ritardi che, purtroppo, ci sono: addirittura in Basilicata credo aspettino due mensilità del 2014, e non parliamo, purtroppo, della Sicilia e della Calabria. 
Ci sono queste aspettative dei lavoratori, che vanno poste all'attenzione; vanno date risposte. Ecco perché chiediamo che il Governo solleciti anche le procedure burocratiche e si diano queste risorse, anche perché ci sono alcuni episodi che, francamente, suonano da beffa. Infatti, a volte, poi, si danno in maniera cumulativa più annualità a questi lavoratori e finiscono per avere un'applicazione fiscale che li penalizza ulteriormente. 
Allora, signor sottosegretario, io ho chiesto degli interventi specifici, perché, vede, lei è stato esponente delle ACLI, è stato Presidente nazionale delle ACLI, è un esponente del mondo cattolico molto sensibile ai temi del lavoro. Questo strumento è stato importante per il Paese e, mi permetto di dire, innanzitutto, per il Mezzogiorno. Ci sono aree – mi riferisco all'area della provincia di Catania, ma anche di Priolo, di Gela, mi riferisco alla Basentana in Basilicata, mi riferisco alla zona di Crotone, ma anche di Reggio Calabria – in cui questo strumento è stato indispensabile. Ecco perché, ora, francamente, di fronte alla presenza di nuove politiche attive, il rischio è che si rimanga nella terra di nessuno e rimangano queste figure, che potrebbero diventare fantasmi per le nostre istituzioni e non avranno un intervento a supporto delle proprie necessità. E come dicevo, specificatamente, parliamo di lavoratori che hanno ormai un'età per cui è difficile, poi, per loro, poter trovare una ricollocazione dal punto di vista lavorativo. 
Ecco perché pensiamo che il Governo debba rivedere anche le politiche pensionistiche per questi lavoratori, fare un'indagine seria per individuare quali sono le zone in cui maggiormente è stato utilizzato questo strumento, perché quello che fanno le regioni, francamente, signor sottosegretario, non ci soddisfa, perché ognuno si è inventato il reddito di ultima istanza, il reddito di mantenimento, tutti strumenti che poi non sono finalizzati, però, in maniera seria e obiettiva all'uscita dal mondo del lavoro. Ecco perché pensiamo, per esempio, che la delega sulla povertà possa essere un momento in cui riflettere nuovamente su questi temi, perché avvertiamo questa difficoltà. Sono lavoratori veramente in crisi, sono cittadini che non possono scomparire davanti alle istituzioni, c’è bisogno di pensare a politiche attive del lavoro, bisogna dare un aiuto a coloro i quali si trovano in difficoltà, non ultimo quello di pensare ad una rivisitazione delle politiche pensionistiche. 
Ho posto alcuni temi, signor sottosegretario, in modo particolare io spero che il Governo chiarisca questo aspetto del tetto dei tre anni e quattro mesi o dei tre anni. Io credo che la norma sia stata ben chiarita da quel decreto interministeriale che era stato emanato dal Ministero del lavoro e dal Ministero dell'economia e delle finanze, e, quindi, che il tetto è preciso, e quindi anche poche mensilità, però, è il segnale che il Governo, il Paese, è attento anche alle problematiche dei più deboli.

Risposta del governo

Con riferimento all'atto parlamentare dell'onorevole Burtone, che affronta il tema del trattamento di mobilità in deroga, passo ad illustrare la risposta del Governo. Preliminarmente, bisogna precisare che l'istituto della mobilità in deroga costituisce un trattamento eccezionale, che garantisce ai lavoratori licenziati che non possono usufruire degli ordinari strumenti di sostegno al reddito, un reddito sostitutivo della retribuzione. Tale istituto richiede un legame temporale insoluto tra l'evento licenziamento e la fruizione del trattamento stesso. 
Ciò posto, occorre precisare che il 1o agosto del 2014, il Ministro del lavoro, di concerto col Ministro dell'economia e delle finanze, ha emanato il decreto ministeriale n. 83473, al fine di garantire una graduale transizione verso il nuovo regime, delineato dalla legge di riforma degli ammortizzatori sociali. In particolare, gli articoli 2 e 3 del decreto ministeriale n. 83473 hanno introdotto nuovi criteri, che hanno determinato una progressiva riduzione dei periodi di fruizione degli ammortizzatori sociali in deroga, nonché una graduale diminuzione del numero dei beneficiari, in una prospettiva di superamento del previgente sistema. 
Nello specifico, lo stesso articolo ha effettuato una distinzione tra lavoratori che, alla data in decorrenza del trattamento, hanno già beneficiato di prestazioni di mobilità in deroga per almeno tre anni e lavoratori che, alla stessa data, hanno complessivamente beneficiato delle medesime prestazioni per un periodo inferiore a tre anni. Per questi ultimi, e solo per loro, il periodo di fruizione complessiva del trattamento di mobilità in deroga non può eccedere i tre anni e cinque mesi per il 2014 e i tre anni e quattro mesi per il 2015 e il 2016. 
La predetta distinzione è stata anche confermata dall'articolo 1 della legge di stabilità 2016 che, rettificando parzialmente l'articolo 3, comma 5, del decreto ministeriale n. 83473, ha stabilito che, a decorrere dal 1o gennaio 2016 al 31 dicembre 2016 e sino al 31 dicembre 2016, il trattamento di mobilità in deroga alla vigente normativa non può essere concesso ai lavoratori che, alla data di decorrenza del trattamento, hanno già beneficiato di prestazioni di mobilità in deroga per almeno tre anni, anche non continuativi. 
Per i restanti i lavoratori, il trattamento può essere concesso per non più di quattro mesi non ulteriormente prorogabili, più ulteriori due mesi nel caso di lavoratori residenti nelle aree individuate dal testo unico, di cui al decreto del Presidente la Repubblica 6 marzo 1978, n. 218. Per tali lavoratori, il periodo complessivo non può, comunque, eccedere il limite massimo di tre anni e quattro mesi. 
Con riferimento, invece, al secondo quesito formulato dall'interrogante è opportuno precisare, in via preliminare, che, nell'ambito della terza operazione di salvaguardia, disciplinata dai commi 231 e seguenti della legge di stabilità 2013, un contingente numerico di 2.560 beneficiari ha potuto accedere alla pensione con i requisiti previgenti alla riforma introdotta dal cosiddetto decreto salva Italia. Nello specifico, tale contingente risulta essere composto da lavoratori cessati dal lavoro entro il 30 settembre 2012, collocati in mobilità ordinaria o in deroga a seguito di accordi governativi o non governativi stipulati entro il 31 dicembre 2011, che hanno maturato i requisiti entro il periodo di fruizione di indennità e, in ogni caso, entro il 31 dicembre 2014. 
Per quanto concerne, invece, le iniziative volte ad introdurre canali flessibili di accesso alla pensione, faccio presente che presso la Commissione lavoro della Camera dei deputati sono tuttora in corso delle riunioni del Comitato ristretto, costituito ai fini dell'esame della proposta di legge, atto Camera, n. 857, alle quali partecipano anche i rappresentanti del Ministero che rappresento e dell'INPS. Ciò allo scopo di predisporre un testo tecnicamente e giuridicamente coerente rispetto agli obiettivi della Commissione e di valutarne i connessi oneri finanziari. 
Da ultimo, per quanto riguarda le politiche attive messe in campo dal Governo per agevolare il reinserimento nel mondo del lavoro dei lavoratori, ricordo che, con il decreto legislativo n. 150 nel 2015, è stata istituita l'Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro (ANPAL), che nasce, infatti, per migliorare la capacità di organizzazione e coordinamento delle istituzioni del mercato del lavoro e avrà come aspetto fondante quello di predisporre politiche per l'adeguamento del lavoro in grado di agevolare la collocazione o ricollocazione dei disoccupati.

Replica

Signor Presidente, esprimo la mia soddisfazione per la risposta del sottosegretario. C'era un aspetto particolare che io ho voluto sottolineare e che il sottosegretario ha puntualizzato più volte: cioè, che questi lavoratori possono avere questo aiuto, questo sostegno da parte dello Stato per non più di tre anni e quattro mesi. Quindi, il sottosegretario lo ha puntualizzato più volte nel suo intervento – di questo lo ringrazio –, però una sollecitazione all'esponente del mondo cattolico, così vicino ai lavoratori nel passato e nel presente, io la voglio fare. 
Il Ministero chiarisca, però, all'INPS che il tetto è proprio questo, perché l'INPS non può permettersi di ridurre con un proprio atto quello che è stabilito da un decreto interministeriale varato il 1o agosto del 2014, n. 83473, decreto al quale il sottosegretario ha fatto riferimento. 
Lei, signor sottosegretario, ha detto che siamo davanti ad uno strumento eccezionale, che è transitorio, che sarà superato in una fase successiva delle nuove politiche attive del lavoro. Io non voglio enfatizzare lo strumento, mi permetto di dire, però, che è stato utile per fronteggiare condizioni disperate per alcune famiglie. 
Quindi, l'invito che rivolgo al Governo – lo dico da persona che vive nel Mezzogiorno e in Sicilia – è che, nella fase di transizione, non si lascino nella terra di nessuno questi cittadini, perché, altrimenti, vengono fuori fenomeni di ribellione, di rabbia. Il nostro Stato democratico non può permettersi di abbandonare i propri cittadini: ecco perché la sollecitazione che faccio è che il Governo stia attento, metta i riflettori su queste figure. 
Lei, giustamente, ha anche ripreso quella che è stata una mia sollecitazione: c’è bisogno di nuova flessibilità anche in termini pensionistici, perché un lavoratore che arriva a cinquantanove anni e ha una contribuzione consistente non ha, signor sottosegretario, la possibilità di essere reinserito nel mondo del lavoro – con onestà lo dobbiamo dire –, perché viene considerato già non utile per l'apparato produttivo, viene preferito un giovane. Io non metto guerra tra lavoratori, giovani e meno giovani: dico soltanto che questi lavoratori vanno collocati in termini pensionistici e, comunque, ci deve essere lo Stato che deve seguire in maniera attenta quella che è la vicenda umana di questi nostri cittadini. 
Io personalmente so lo sforzo che il Governo sta facendo per dar vita a nuove politiche occupazionali e ci sono risultati confortanti, però noi non dobbiamo dimenticare coloro i quali rimangono indietro, questi lavoratori che hanno perso il lavoro. Lo strumento della cassa integrazione in deroga è stato importante – lo ripeto –, soprattutto, in alcune aree, soprattutto nel Mezzogiorno. Ecco perché l'invito che rivolgo al Governo è di monitorare ciò che è accaduto e ciò che può accadere, di guardare a quei territori che sono in seria difficoltà dal punto di vista produttivo e, quindi, di dar vita, anche in maniera transitoria, a provvedimenti che possano dare, anche a questi cittadini, la certezza che lo Stato è vicino.