05/04/2019
Chiara Gribaudo
Carnevali, Pezzopane, Rotta, Viscomi, Fiano, Morani, De Maria, Quartapelle Procopio
2-00343

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro per la famiglia e le disabilità, per sapere – premesso che:

come riportato da diversi organi di informazione, con una circolare dell'Inps si è dato, per il momento, definitivo termine alla sperimentazione del cosiddetto «bonus baby sitter». Uno strumento che, introdotto, in via sperimentale per il triennio 2013-2015, dall'articolo 4, comma 24, lettera b), della legge 28 giugno 2012, n. 92, e poi prorogato con successivi provvedimenti, ha consentito a migliaia di lavoratrici madri di richiedere, al termine del congedo di maternità ed entro gli 11 mesi successivi, in alternativa al congedo parentale, voucher per l'acquisto di servizi di baby sitting, oppure un contributo per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati, per un massimo di sei mesi;

secondo i dati riportati, per esempio dal Corriere della Sera, nel 2017 oltre 30 mila madri avrebbero lasciato il lavoro per motivi riconducibili alla mancanza di supporti per la genitorialità, un dato che rende ancor più grave il gap di genere nell'occupazione del Paese;

con l'ultima legge di bilancio tale misura non è stata ulteriormente prorogata, rendendo così più difficile per lavoratrici madri il rientro al lavoro dopo la nascita del figlio;

secondo una ricerca di Manageritalia basata su dati Istat e Isfol, il 27 per cento delle donne lascia il lavoro dopo la nascita del primo figlio. Se, infatti, prima della gravidanza lavorano 59 donne su 100, dopo il parto ne continuano a lavorare solo 43 e nel 90 per cento dei casi la motivazione prevalente dell'abbandono è legata alla necessità di potersi dedicare alla cura dei figli;

tra le numerose ragioni che sono alla base della bassa natalità del nostro Paese vi è, indubbiamente, una carenza a livello nazionale e territoriale di efficaci politiche per la famiglia, per la previdenza, per il lavoro e per il welfare in generale. Un dato che rischia di aggravarsi con la decisione di non riproporre anche per gli anni a venire del bonus baby sitter;

l'incongruenza di tali scelte è ancor più eclatante all'indomani di iniziative che, addirittura con il patrocinio del Ministro per la famiglia e le disabilità, avrebbero dovuto avere al centro le politiche per la famiglia e che, invece, a parere degli interpellanti, hanno avuto esclusivamente un approccio ideologico e retrogrado del ruolo della donna e degli affetti familiari –:

quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare per porre rimedio alla mancata proroga del bonus «baby sitter» anche per i prossimi anni;

come si intenda concretamente sostenere il ruolo delle donne lavoratrici anche e, in particolare, dopo la maternità, facilitando la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. 

Seduta del 12 aprile 2019

Illustrazione di Alessia Rotta, risposta del governo di Claudio Durigon, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali, replica di Chaira Gribaudo

Illustrazione di Alessia Rotta

Presidente, la illustro. Sottosegretario, con una circolare l'INPS recentemente ha dato definitivo termine alla sperimentazione del cosiddetto “bonus baby sitter e asilo nido”, uno strumento - ricordiamo - introdotto in via sperimentale tra il 2013 e il 2015 e, poi, successivamente prorogato con altri provvedimenti. Una misura, lo vogliamo ricordare, che ha consentito a migliaia di donne - 8 mila, in particolare, solo nel 2017 - al termine del congedo parentale ed entro gli undici mesi successivi, in alternativa, appunto, al congedo, di avere questo contributo per poter permettere di lavorare, a un tempo, e, dall'altro, affidare, con 600 euro al mese circa, i propri figli a un servizio di baby sitting o ai servizi per l'infanzia.

Ma la ragione - noi ce lo chiediamo - per cui questo tipo di strumento è stato cancellato dal Governo non può essere altro che l'immaginario che questo Governo e, in particolare, Lega e 5 Stelle hanno dell'idea della famiglia, ovvero un'idea della famiglia in cui l'uomo lavori e la donna, invece, debba rimanere a casa, perché altrimenti, sottosegretario, per noi è incomprensibile come uno strumento, che non è certamente sufficiente ma era l'unico che consentiva la conciliazione tra vita e lavoro, sia stato cancellato (altrimenti noi non ce lo spieghiamo).

Sarebbe stato sufficiente per il Governo osservare, appunto, i dati, che qui brevemente vogliamo riepilogare, rispetto a qual era la situazione nel 2017, dati ufficiali dell'ispettorato del lavoro per cui, appunto, il bonus è servito a 8 mila donne solo nel 2017, ma anche gli altri dati, quelli cioè delle donne che hanno rinunciato al lavoro.

Ebbene, i dati sono drammatici: nel 2017, nonostante questo strumento, 30 mila donne hanno dato le proprie dimissioni dal lavoro, un numero in crescita perché erano 29 mila nel 2016; e se noi, invece, guardiamo ancora più sul lungo periodo, cioè dal 2011, sono 140 mila le donne che il Paese perde rispetto al mondo del lavoro. Evidentemente, laddove le donne lavorano non si fanno più figli, ma tutti i dati, sottosegretario, e lo sappiamo bene ormai sono assodati, ci dicono che laddove le donne lavorano, laddove le donne hanno benessere economico, laddove le donne possono scegliere, e noi rivendichiamo questa libertà di scelta, si fanno più figli.

Allora, è del tutto incomprensibile la cancellazione di questa misura, che noi troviamo e consideriamo fondamentale, soprattutto perché ancora una volta con l'occhio ai dati, i dati ancora una volta si leggono in un'unica maniera, perché queste 140 mila donne, che dicevo, perse al mondo del lavoro dal 2011 ad oggi, hanno un'età compresa, per il 75 per cento, tra i 29 e i 44 anni, un altro dato che ci riporta nella stessa dimensione. Il problema per le donne oggi nel nostro Paese è, quindi, conciliare il lavoro e la vita relazionale, affettiva e la cura dei figli, addossata esclusivamente su di loro. Quindi, questa incompatibilità lavorativa tra esigenze di cura della prole e l'occupazione lavorativa.

E, allora, ci chiediamo davvero perché il Governo abbia fatto questa scelta in assenza di altre alternative. Con riferimento alle donne, lo dicono, lo testimoniano i dati, anche i dati rispetto alla natalità. Il dibattito - che abbiamo fatto anche nei giorni scorsi - sulla bassa natalità nel nostro Paese e anche i dati sulla diversa natalità del nostro Paese tra Nord e Sud ci portano a dire che è nel Nord, dove le donne sono maggiormente occupate, che si fanno più figli rispetto al Sud. E, allora, di che cosa ci sarebbe carenza? Naturalmente di strutture, di supporto alle donne, che lamentano la carenza di asili e di strutture che possano aiutare, strutture naturalmente a basso costo o a costo affrontabile, di misure per la previdenza, di misure, però anche di politiche attive per il lavoro, di misure per il welfare. Esattamente il contrario di quello che ha fatto questo Governo con questa cancellazione, che non è solo simbolica, è molto pratica, non solo per le risorse che mancano e che aiuterebbero fondamentalmente le donne, che a quel punto dicono: se io devo pagare integralmente il servizio, è meglio che io non lavori e faccia questa scelta; ed è una perdita - lo ripeto - per tutto il Paese.

L'incongruenza di tali scelte, poi, è chiaramente eclatante e salta agli occhi quando il Governo fa tutt'altra scelta, scelte ideologiche. Io voglio tornare un secondo sul congresso di Verona, non solo perché è la mia città, ma perché, se la risposta ai problemi concreti delle donne italiane - ma non solo delle donne, delle famiglie italiane - e il tema della natalità interessano davvero a qualcuno, non si fa uno strumento (magari si finanzia anche e magari si patrocina anche) come il congresso di Verona, che, al di là dell'approccio ideologico, che naturalmente noi non condividiamo, non mette in campo nulla, anzi cancella quello che servirebbe; non si fa con ricette miracolose dove si dice ‘dimezzeremo il costo dei pannolini', ma si fa, evidentemente, con degli strumenti che oggi non vediamo.

Non sappiamo neanche con quale faccia, oltre che con quali risorse, voi possiate dire che avete intenzione di dare una risposta, che naturalmente aspetteremo, perché sappiamo che i 23 miliardi del costo dell'IVA per impedire che scatti la clausola di salvaguardia dell'IVA sono già sul piatto, quindi anche con quali risorse.

Ciò che sorprende di più, però, sottosegretario, Governo, non è la superficialità, l'abitudine alla menzogna, alla quale ormai siamo abituati con continue smentite, ma la totale assenza di un'idea, di un progetto (io non voglio dire di una riforma), che vada oltre la propaganda o l'annuncio social.

C'è bisogno di misure di welfare, di misure di welfare innovative, che superino l'assistenzialismo.

L'obiettivo, infatti, come sappiamo, è quello di tenere insieme alla dimensione economica e quella relazionale, la corresponsabilità e la dignità sociale, l'occupazione femminile. Per farlo, evidentemente, ci vuole uno sforzo culturale, ma anche uno sforzo politico. E questo Governo - ci chiediamo - è in grado di farlo? Per noi la risposta drammatica è “no”, ma è sotto gli occhi di tutti. Questo Esecutivo non è in grado di progettare nessuna riforma strutturale, a parte il qui e ora, e il prossimo voto. E allora che cosa rischiamo? Rischiamo che l'anno in cui rimboccarsi le maniche e fare sacrifici per risalire la china forse non basterà, eppure sappiamo che questi sacrifici sono già scritti nero su bianco dal vostro Governo, non da noi, basta guardare la nota del DEF. E allora “c'era una volta” la famiglia, e il verbo al passato lo ha declinato questo Governo con la sua insipienza.

Quindi, chiediamo quali urgenti - urgenti, lo sottolineo, sottosegretario - iniziative il Governo intenda mettere in campo per porre rimedio alla mancata proroga del bonus baby sitter anche per i prossimi anni e come si intenda concretamente sostenere il ruolo delle donne lavoratrici, anche e in particolare dopo la maternità, quindi favorendo la conciliazione di tempi di vita e tempi di lavoro.

Risposta del Governo

Grazie, Presidente. La necessità di mettere in atto una riforma strutturale delle politiche a sostegno della famiglia e della natalità è una delle priorità di questo Esecutivo, testimoniato dall'istituzione dell'apposito Ministero per la famiglia e disabilità. L'obiettivo è quello di invertire il trend negativo che caratterizza un inquietante calo demografico, al quale consegue il progressivo invecchiamento della popolazione. La circostanza che tale fenomeno accomuni la maggior parte dei Paesi del vecchio continente è un campanello d'allarme, che deve spingere tutti i Governi nazionali a mettere in atto apposite politiche, capaci di fronteggiare lo stesso.

Per quanto riguarda l'Italia, questo Governo avverte la necessità di intervenire con una riforma organica, capace di armonizzare politiche pubbliche oggi ancora troppo frammentate, per ricondurre ad unitarietà un quadro normativo di cui fanno parte istituti che spesso hanno finalità di sostegno analoghe. Ne è esempio il voucher baby sitting, oggetto della presente interpellanza, che ha le medesime finalità di conciliazione tra i tempi di vita e quelli di lavoro; o il cosiddetto bonus nido: attraverso tale misura, infatti, viene garantita l'erogazione di un assegno pari a 1.000 euro, incrementato a 1.500 euro con la legge di bilancio 2019, per far fronte al pagamento delle rette relative alla frequenza di asili nidi pubblici e privati per i bambini di età inferiore ai tre anni, nonché per l'erogazione di tutte quelle forme di supporto presso la propria abitazione in favore di quei bambini affetti da gravi patologie croniche.

Evidenzio, inoltre, che con la legge di bilancio 2019 sono state rafforzate le misure a sostegno delle donne lavoratrici e dei padri lavoratori. Per questi ultimi, infatti, sono stati portati a cinque i giorni di congedo obbligatorio, con la possibilità di fruire di ulteriore giorno in alternativa alla madre.

Con la stessa legge di bilancio 2019 è stata, poi, riconosciuta alle donne lavoratrici madri la facoltà di usufruire dell'intero periodo di congedo di maternità dopo l'evento del parto, previa certificazione medica, al fine di rendere ulteriormente flessibile il congedo.

Non bisogna, poi, dimenticare che, con lo stesso provvedimento, è stata modificata la disciplina sul lavoro agile, che consente alle madri lavoratrici, che ne facciano richiesta nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo obbligatorio, di essere ammesse con priorità alla modalità di svolgimento del lavoro agile.

Infine, grazie al rifinanziamento del fondo per le politiche per la famiglia con l'importo di 100 milioni di euro, parte di questo stanziamento sarà utilizzato per definire un sistema di sostegno diretto a incentivare la creazione di strutture e servizi di welfare familiare all'interno delle stesse aziende.

Concludo questo mio intervento ribadendo che queste sono solo le prime misure che abbiamo messo in atto e che è nostra intenzione proseguire nell'attività di Governo affinché le stesse possano essere ulteriormente implementate nell'ambito di un più organico e strutturato piano per la famiglia.

Replica 

La ringrazio, Presidente. Come potrà ben immaginare, conoscendo anche la sua sensibilità, non siamo soddisfatte e non siamo soddisfatti di questa risposta, perché ci sono una serie di imprecisazioni, che poi lentamente andrò a riprendere una per una, che naturalmente denotano che ancora una volta questo è un Governo che non solo non dà le risposte quando poniamo delle domande, ma continua a fare propaganda appropriandosi di provvedimenti che sono stati approvati la scorsa legislatura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Signor sottosegretario, lei mi ha citato la legge n. 81, quella del lavoro agile e del lavoro autonomo: quella norma lì l'abbiamo seguita personalmente io e la deputata Rotta e in quella legge voi non avete fatto assolutamente niente, non venite a raccontarci delle storie, perché le norme le conosciamo anche noi, signor sottosegretario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). E non è vero, mi dispiace, mi dispiace davvero tanto, perché, purtroppo, non ci sono motivazioni, non ci sono motivazioni di bilancio, di scelte di efficacia, che possano giustificare questa vostra scelta, la scelta che avete fatto di eliminare un bonus, che era l'unico strumento che consentiva alle donne lavoratrici di avere una possibilità in più per tornare a lavorare dopo una gravidanza.

Io credo che questa sia una scelta di fondo che, in qualche modo, dimostra, come ricordava prima la mia collega, le scelte, di fatto, ideologiche che stanno dietro le scelte di questo Governo. Questa scelta, di fatto, nega l'opportunità alle donne di tornare al lavoro e, purtroppo, devo dirle sinceramente che voi state disegnando un'idea della donna e della famiglia non solo antiquata, ma vorrei dire reazionaria (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), perché in questo Governo c'è chi, come il Ministro Fontana, si schiera sempre con chi ritiene le donne naturalmente predisposte alla cura della casa e ad accudire i figli. E dietro a questa presunta vocazione, che fa leva sul sentimento di maternità, si nascondono, purtroppo, vere e proprie trappole culturali, perché la donna che non lavora non è una donna indipendente, perché una donna che deve pensare solo ai figli non è libera di studiare, ma, soprattutto, perché una donna che non può scegliere di lavorare non è una donna libera (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Voi alla donna date il valore di un bonus, per l'appunto, per cui è uguale: che ci sia o che non ci sia per voi è la stessa cosa, non fa differenza, perché, in fondo, ritenete che il suo tempo e la sua libertà di scelta sia interscambiabile con delle misure di welfare. Ma ve l'ha ricordato ieri Graziano Delrio in quest'Aula: la donna non è uno strumento di welfare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico): la donna ha tutto il diritto e il dovere di costruirsi una sua vita indipendente e di poter avere gli stessi diritti di tutte le altre persone, mentre, invece, voi, ancora una volta, scegliete di destinarle, di costruirle un recinto in cui, secondo voi, deve stare.

Ma, del resto, devo dirle la verità, signor sottosegretario, non mi stupisce perché, sempre in questa legge di bilancio, voi avete pensato bene di inserire una proposta piuttosto curiosa. In un Paese a natalità zero, come lei stesso ci ricordava, voi che cosa fate nella legge di bilancio? Non solo togliete il bonus, ma inserite un premio per le famiglie che avranno il terzo figlio. E qual è il premio che lo Stato italiano dà alle famiglie? Immaginatevi, voi pensate una dote per i figli che inizieranno a studiare o, magari, un sostegno alla genitorialità condivisa? No. Il Governo italiano regala alle famiglie italiane un pezzo di terra (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) - un pezzo di terra! -, perché, evidentemente, quello che voi pensate, signor sottosegretario, è che, banalmente, bisogna costruire i servi della gleba di Stato.

Questo è quello che voi immaginate. Lo dico con rammarico, ma, del resto, io ero già molto preoccupata, perché quando avete fatto il progetto di Governo, di questo Governo giallo-verde, nel programma di Governo, voi avete deciso di premiare le aziende che non licenziavano le donne che affrontavano la maternità. Poi, per ora, almeno su questo avete desistito, ma, in realtà, avete peggiorato le cose con la legge di bilancio precedente che, naturalmente, come è noto, lo ripeto in quest'Aula, noi non abbiamo avuto nemmeno la possibilità di discutere, perché, ovviamente, con la fiducia a cui ci avete sottoposto, il Parlamento non ha potuto nemmeno esaminare il testo di cui stavamo ragionando.

Ma di recente, oltre all'eliminazione dei bonus, esponenti del suo Governo hanno affermato, appunto, che nella legge di bilancio sono stati inseriti oltre 3 miliardi per famiglie e disabilità, e lei stesso oggi ricordava cifre analoghe. Purtroppo, però, sono gli stessi dati forniti dal Governo a smentirvi, perché, solo nel 2019, voi stanziate complessivamente 780 milioni circa a sostegno di famiglia e disabilità, ma, nell'intero triennio, non arrivate nemmeno a 3 miliardi, ma nemmeno a 2 miliardi vorrei dire. Sappiamo che in questi giorni avete qualche piccolo problema, per cui, verosimilmente, anche questo tipo di impostazione cambierà ancora nel prossimo DEF.

Di conseguenza, ancora una volta, avete fatto i forti con le persone che hanno più difficoltà, continuate a fare i forti e gli arroganti con chi davvero avrebbe bisogno di un altro sostegno. Mi dispiace, perché avete appunto rivendicato delle misure, come le ho detto in premessa, che appartengono al nostro operato, seppur marginale, se pur non abbastanza sufficiente.

Però, io lo voglio dire, signor sottosegretario, mi aspettavo francamente che almeno alcune cose le aveste capite dopo questi anni, e le dirò perché: perché il lavoro per le donne è sempre stato il mezzo di emancipazione dalla vita difficile, lo è stato per tutto il Novecento; eppure, guardi, glielo devo dire, anche oggi, che siamo negli anni Duemila: la donna ancora i più grandi ostacoli e le più grandi ingiustizie le affronta, per l'appunto, proprio nel mondo del lavoro. Sono passati pochi anni da quando noi abbiamo scelto di abolire nuovamente le dimissioni in bianco – che il centrodestra aveva reintrodotto nel 2009 – per tutelare le donne dai datori di lavoro che non vogliono avere a che fare con le gravidanze. Questo noi lo sappiamo: sono passati pochi anni, eppure l'idea che lavorare per una donna, anche se madre, sia un diritto e non un premio non vi è ancora entrata nella testa.

Io credo, francamente, signor sottosegretario, che dovreste leggere qualche dato in più quando scrivete le leggi di bilancio o quando vi riempite la bocca di famiglia. Vorrei appunto partire da quei dati, signor sottosegretario, perché la destra è solita giustificare le sue politiche della famiglia proprio da dati demografici, con degli strumenti, però, di risposta che non danno soddisfazione alle nostre donne. Nel 2018, l'Italia vedeva un tasso medio di figli per donna pari all'1,32. In base alle sue idee, avrebbero più figli le donne che non lavorano rispetto alle donne che lavorano. L'Istat, invece, ci dice che è esattamente il contrario e che questo pregiudizio culturale deve essere invertito. Le regioni del Nord, dove il tasso di occupazione della donna si avvicina all'obiettivo di Lisbona, del 60 per cento, hanno un tasso di figli che è sopra la media, mentre quelle del Mezzogiorno, con un tasso di occupazione femminile del 32 per cento, sono sotto la media.

Che voi lo accettiate o no, il ruolo della donna nella società è cambiato, e non permetteremo mai che torni ad essere quello di un secolo fa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Le donne, oggi, sono quelle che studiano di più; le ragazze hanno una maggiore probabilità di completare i propri studi, soprattutto, di arrivare anche alla laurea, e si stima che il 47 per cento delle giovani donne, contro il 32 per cento dei maschi, si laureerà nel corso della vita. In Italia, già oggi, hanno un'istruzione universitaria decisamente maggiore, non c'è, quindi, da stupirsi se uno studio della Banca d'Italia afferma che una partecipazione, anche qui, dello studio e, poi, del lavoro, che vede aumentare la presenza delle donne nel mondo, per l'appunto, del lavoro altamente formate farebbe crescere il PIL di almeno sette punti percentuali, e Dio solo sa quanto questo Governo e il nostro Paese ne avrebbero un gran bisogno.

Ebbene, spesso, per le donne i problemi con il lavoro si presentano proprio con le gravidanze, l'abbiamo già detto e per questo abbiamo fortemente voluto la norma sulle dimissioni in bianco, il che rende, appunto, l'abolizione di questo voucher baby-sitting in sostituzione del congedo parentale, se possibile, ancora più grave. Secondo alcune ricerche, riportate, ad esempio, dal Corriere della Sera nel 2017, oltre 30 mila madri avrebbero lasciato il lavoro per motivi riconducibili alla mancanza di supporti per la genitorialità: un dato che rende ancor più grave il gap di genere nell'occupazione del Paese.

Per questo, come Partito Democratico, abbiamo già presentato, anche in questa legislatura, delle proposte concrete per aiutare le famiglie e le madri lavoratrici. Abbiamo proposto l'introduzione di due nuovi istituti: uno è quello più noto, ed è quello dell'assegno universale per i figli: una misura fiscale unica, in grado di raggiungere anche gli incapienti, che stabilisce, mediante una complessiva razionalizzazione, una parziale eliminazione degli istituti vigenti e il riconoscimento di un assegno unico mensile per i figli a carico, di importo massimo pari a 240 euro per quelli minorenni… …e pari a 80 euro per quelli fino a 26 anni. Il beneficio viene assegnato in base al reddito, prevedendo una progressiva riduzione dell'entità, fino al suo azzeramento per i redditi superiori ai 100 mila euro annui. L'altro istituto è la dote unica per i servizi importanti. Noi su questi temi ci confrontiamo e ci confronteremo volentieri con un Governo. Aggiungo poi ancora una cosa, signor sottosegretario, c' un tema… Presidente, chiedo scusa, come immagina, il tema mi appassiona molto, aggiungo che c'è un tema di salari, nel nostro Paese, che riguarda soprattutto le donne. Io ho depositato una proposta di legge per abbassare il cosiddetto gender pay gap, diamoci da fare. E le aggiungo ancora una cosa… Concludo, l'Unione europea ha inserito i dieci giorni di congedo obbligatorio; datevi da fare, la nostra proposta c'è, il Partito Democratico chiede che venga calendarizzata immediatamente