08/11/2016
Giuseppe Romanini
Quartapelle Procopio, Zampa, Minnucci, Galperti, Incerti, Patrizia Maestri, Petrini, Ciracì, Taricco, Rocchi, Di Lello, Pagani, Dallai, Pelillo, Iori, Sberna, Blazina, Giacobbe, Baruffi, Prina, Carloni, Schirò, Dambruoso, Albanella, Albini, Lavagno, Andrea Maestri, Civati, Brignone, Matarrelli, Pastorino, Melilla, Sgambato, Paolo Rossi, Malisani, Piazzoni, Gasparini, Cominelli, Gandolfi, Schullian, Beni, Capozzolo, Meta
2-01537

  I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che: 
la notte del 3 novembre 2016, nell'ambito di un'operazione «antiterrorismo» condotta dalla polizia turca nella gran parte delle province del sud est del Paese, 11 deputati del partito filocurdo Hdp, compresi i leader Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag, sono stati arrestati; 
l'arresto fa seguito all'approvazione da parte del Parlamento turco, avvenuta il 20 maggio 2016, di un emendamento costituzionale che ha revocato l'immunità per i deputati. L'emendamento, proposto dal partito di governo del Presidente Erdogan, è stato approvato anche grazie al sostegno dell'opposizione nazionalista dell'Mhp e di una ventina di deputati del Partito repubblicano del popolo kemalista (Chp); i voti a favore, infatti, sono stati 376 su 550 componenti; una maggioranza tale da evitare il possibile ricorso al referendum; 
come denunciato con l'interpellanza n. 2-01391 dell'8 giugno 2016, la revoca dell'immunità ha riguardato in particolare i deputati dell'Hdp, il partito filocurdo che nel giugno 2015 è tornato in Parlamento superando la soglia di sbarramento del 10 per cento, con il rischio – concretizzatosi in queste ore dell'arresto con accuse di terrorismo e sostegno al Pkk. Lo stesso Presidente turco Erdogan aveva più volte auspicato la rimozione dell'immunità per i deputati curdi, accusandoli di essere il braccio politico del Pkk; 
al momento dell'approvazione dell'emendamento costituzionale il segretario dell'Hdp, Selahattin Demirtas, aveva annunciato la presentazione di un ricorso alla Corte costituzionale dichiarando «nessuno dei nostri deputati andrà volontariamente in tribunale. Dovranno venire a prenderci con la forza, perché in Turchia non c’è un potere giudiziario indipendente che possa garantire un giusto processo»; 
l'arresto degli 11 deputati segue il fermo, avvenuto nel mese di ottobre, di Gultan Kisanak e Firat Anli, i due co-sindaci dell'Hdp della città di Dlyarbakir, accusati di legami con il terrorismo e di appartenenza all'organizzazione Pkk; 
il fermo di amministratori locali ha suscitato la netta reazione della popolazione curda, in Turchia e all'estero. In particolare in Germania centinaia di persone hanno manifestato nelle principali città dove più significativa è la presenza di cittadini di origine curda. In queste ore lo stesso partito Hdp, in segno di protesta, ha annunciato il boicottaggio delle sedute della Grande Assemblea di Ankara; 
l'Hdp è un partito democratico e pluralista, con una struttura sociale e una base associativa multiculturale, multietnica e multireligiosa, ed è impegnato per la difesa delle libertà delle donne e l'emancipazione femminile; 
tanto la deliberazione del Parlamento turco quanto gli arresti delle ultime ore, hanno suscitato la ferma reazione politica degli Stati Uniti e del principali rappresentanti delle istituzioni europee. Si sono espressi contro gli arresti e a favore dei pluralismo politico. In particolare, l'Alto rappresentante per la politica estera Federica Mogherini e il presidente del Parlamento europeo Martin Shulz il quale ha dichiarato che le ultime iniziative dei governo di Ankara «mettono in discussione la sostenibilità delle relazioni tra Ue e Turchia» –: 
quali siano gli orientamenti politici del Governo rispetto agli accadimenti di queste ore in Turchia e se il Ministro interrogato non intenda farsi promotore, in sede internazionale e soprattutto europea, di una decisa iniziativa politica finalizzata a favorire la piena affermazione dei diritti costituzionali in Turchia, compresa la scarcerazione dei deputati arrestati e il ripristino della immunità parlamentare a garanzia del libero esercizio del mandato di rappresentanza per i deputati di ogni parte politica. 

Seduta del 13 gennaio 2017

Illustrazione e replica di Giuseppe Romanini, risposta del governo di Benedetto della Vedova, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. 

Illustrazione

Grazie, signora Presidente. L'interpellanza che brevemente illustrerò rischia di apparire un po’ fuori tempo rispetto ai fatti ai quali è riferita, infatti è stata presentata in condizioni di massima urgenza dal sottoscritto e da altri 43 colleghi di diversi schieramenti politici all'inizio del mese di novembre 2016 dopo che, la notte del 3 dello stesso mese, nell'ambito di un'operazione antiterrorismo condotta dalla polizia turca nella gran parte delle province del sud-est del Paese, erano stati arrestati e tradotti in carcere undici deputati del Partito Democratico dei Popoli, il partito filocurdo meglio noto come Hdp, compresi i leader Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag. L'agenda della Camera e l'avvicendamento al Governo del Paese ci hanno portati a discuterne oggi, a più di due mesi di distanza dai fatti, ma purtroppo quel che è accaduto in Turchia in questo lasso di tempo non ne ha fatto venir meno l'attualità, anzi, quella che appare una vera e propria torsione antidemocratica della Turchia si è arricchita di nuovi fatti: arresti di giornalisti, rimozione di sindaci, chiusura di stazione radio, di stazioni televisive, di quotidiani e, infine, una sequela incessante di brutali attentati terroristici. 
Si ha notizia di diversi arresti anche nella giornata di ieri. Ebbene, l'arresto dei deputati curdi ha fatto seguito all'approvazione, da parte del Parlamento turco, avvenuta il 20 maggio 2016, quindi, ben prima del fallito golpe di luglio, di un emendamento costituzionale che ha revocato l'immunità per i deputati sottoposti ad indagine giudiziaria. C'era, quindi, un disegno addirittura precedente al golpe. Noi abbiamo avuto modo di denunciare con l'interpellanza n. 2- 01391, dell'8 giugno 2016, come la revoca dell'immunità avesse proprio l'obiettivo di colpire i deputati del partito filocurdo che nel giugno del 2015 era tornato in Parlamento riuscendo a superare la soglia di sbarramento del 10 per cento, e mettendo oggettivamente in crisi la possibilità, da parte del Presidente Erdogan di far approvare direttamente dal Parlamento turco un progetto di revisione costituzionale in senso presidenziale, senza ricorso al referendum confermativo, come quello che, invece, si dovrebbe tenere probabilmente nel prossimo mese di aprile in Turchia. Il Presidente turco, peraltro, aveva più volte auspicato la rimozione dell'immunità per i parlamentari curdi, accusandoli di essere il braccio politico del PKK, tanto che, al momento dell'approvazione dell'emendamento costituzionale, il segretario dell'HDP, Selahattin Demirtas, aveva annunciato la presentazione di un ricorso alla Corte costituzionale, dichiarando: «nessuno dei nostri deputati andrà volontariamente in tribunale. Dovranno venirci a prendere con la forza, perché in Turchia non c’è un potere giudiziario indipendente che possa garantire un giusto processo». Ebbene, così è stato. Come detto, l'arresto dei dodici deputati non è stato un fatto isolato, ha seguito il fermo di Gultan Kisanak e Firat Anli, i due cosindaci dell'Hdp della città di Diyarbakir, anch'essi accusati di legami con il terrorismo e contiguità con il KK e di centinaia di attivisti del medesimo partito. Tutti questi arresti hanno determinato vaste proteste in Turchia e in Europa, dure prese di posizione dei Governi di diversi Paesi, fino all'approvazione, a larga maggioranza, il 24 novembre, da parte del Parlamento europeo, di una risoluzione che chiede la sospensione dei negoziati per l'adesione della Turchia all'Unione europea. Il Partito Democratico dei Popoli, dal canto suo, in segno di protesta, sta boicottando le sedute della Grande Assemblea di Ankara e ciò aggiunge ai già citati fatti, di per sé estremamente gravi, una conseguenza politica altrettanto grave, perché l'arresto praticamente dell'intero gruppo dirigente del più grande partito di opposizione ha messo fuori gioco il possibile interlocutore del Governo turco nel caso in cui questi avesse voluto mettere su un terreno di dialogo negoziale il tentativo di risolvere la questione curda. L'interlocutore poteva essere esattamente il partito la cui leadership, oggi, è purtroppo agli arresti. Ce lo ha confermato Osman Baydemir, uno dei più qualificati politici del Kurdistan turco, avvocato, deputato dell'HDP, già sindaco di Diyarbakir braccio destro di Demirtas, ospitato a Roma nel passato mese di dicembre nell'ambito delle attività dell'Intergruppo parlamentare di amicizia con il popolo curdo. E lo confermano a maggior ragione le parole che prendo dalla dichiarazione resa congiuntamente in tribunale da Demirtas e dagli altri parlamentari arrestati: «il nostro partito HDP ha adottato politiche adeguate alla struttura sociale multiculturale, multilingue, multireligiosa della Turchia e che comprendono i rappresentanti di tutte le identità e fedi diverse del Paese. Noi, come turchi, curdi, arabi, armeni, turcomanni, assiri yezidi, mihellemi e molti altri gruppi etnici che credono nella democrazia e nella convivenza, crediamo che una vita giusta ed equa sia possibile, e che ciò possa essere raggiunto solo attraverso una democrazia pluralista e robuste autonomie e democrazie locali. Il nostro partito HDP difende la lotta delle donne per la libertà e l'emancipazione. Garantendo pari partecipazione delle donne in politica, il nostro partito ha raggiunto la più alta rappresentanza femminile nella storia della Turchia. La rimozione dell'immunità dei deputati di sesso femminile nel nostro partito è una minaccia contro le donne in Turchia, e un colpo contro la lotta delle donne. Noi ci opponiamo totalmente a tutti i tipi di violenza e crediamo nella forza del dialogo e dei negoziati come soluzione a tutti i problemi». Ecco, queste, tra le altre, le parole di Demirtas e degli altri davanti ai tribunali. 
Questa esautorazione dell'Hdp, anche senza il passaggio formale della sua messa fuori legge, può avere importantissime ricadute sugli sviluppi del conflitto in atto tra il Governo e il Pkk: la delegittimazione dell'Hdp da parte del Governo, le misure della massima gravità, come l'arresto dei suoi vertici, hanno infatti un significato molto chiaro per la popolazione curda, si tratta del tramonto della via politica alla risoluzione della questione curda, che comprende al suo interno non soltanto il conflitto con il Pkk, bensì anche il più generale riconoscimento dei diritti della minoranza curda e la prospettiva di ottenere un riassetto amministrativo per l'intera regione. 
Alla luce di queste ragioni chiediamo, signor sottosegretario, quali siano gli orientamenti politici del Governo rispetto agli accadimenti in Turchia citati nel testo dell'interpellanza e a quelli che, da allora, si sono susseguiti, i quali nel loro insieme delineano chiaramente un processo di involuzione antidemocratica. Chiediamo a lei che cosa il Governo intenda fare, quali iniziative intenda assumere o abbia assunto, dal momento che son passati due mesi, in sede internazionale e soprattutto europea, finalizzate a favorire la piena affermazione dei diritti civili e politici in quel Paese, compresa la scarcerazione dei deputati arrestati e il ripristino dell'immunità parlamentare, a garanzia del libero esercizio del mandato di rappresentanza per i deputati di ogni parte politica. 
Questo chiediamo, consapevoli che sarebbe un errore e un danno per gli stessi oppositori interni – questa è una strada stretta, evidentemente – isolare completamente la Turchia ed interrompere ogni dialogo con un Paese col quale abbiamo rapporti, che è sempre stato nostro alleato e che sempre abbiamo considerato amico. 

Risposta del governo

Grazie, Presidente.I recenti attentati ad Istanbul e Smirne e il barbaro assassinio dall'ambasciatore russo ad Ankara testimoniano come la situazione interna in Turchia continui ad essere particolarmente delicata. Il Ministro Alfano ha espresso al Ministro degli esteri turco, Cavusoglu, la ferma condanna dell'Italia per i recenti attentati e il nostro cordoglio per le vittime e ha inoltre ribadito la strenua determinazione con cui il nostro Paese continuerà a combattere il terrorismo accanto ai Paesi amici e ai partner internazionali. 
Nello stesso tempo, il Governo continua a mantenere la più viva attenzione sull'evolversi della situazione in Turchia, monitorando i riflessi e le conseguenze dei fatti che, nei mesi scorsi, hanno destato preoccupazione in Italia e in Europa. Penso alle misure adottate nell'ambito dello stato d'emergenza, decretato a seguito al fallimento del golpe del 15 luglio, stato d'emergenza che, come è noto, a seguito dell'attentato della notte di Capodanno, è stato ulteriormente rinnovato; penso alla recrudescenza del conflitto con il Pkk, che continua a mietere vittime civili e militari in ogni parte del Paese; e ancora, penso alla particolare esposizione agli attacchi del Daesh, che sembra colpire obiettivi turchi selezionati per il loro carattere filo occidentale o, comunque, libertario. 
In ogni caso, deve essere chiaro che il sostegno che abbiamo dato e diamo alla Turchia nel contrastare il golpe militare e la solidarietà di fronte agli attacchi terroristici – inclusi quelli del Pkk, che con l'Unione europea consideriamo un'organizzazione terroristica – non giustificano in alcun modo arresti come quelli dei leader e parlamentari dall'Hdp, che dovrebbero, anzi, essere un interlocutore e, semmai, una chiave di soluzione dei problemi del Paese. A tal proposito, ricordo che sia a Palazzo Chigi che la Farnesina hanno immediatamente manifestato ad Ankara la più viva preoccupazione, condannando ogni uso politico delle recenti norme sulla revoca dell'immunità parlamentare. Continuiamo, inoltre, a fare appello alle autorità turche, affinché tutelino adeguatamente le libertà civili e democratiche e lo stato di diritto. 
In questo contesto estremamente complesso, a cui non sono estranei gli sviluppi del tragico conflitto siriano, ritengo, insieme alla stragrande maggioranza dei Paesi europei, che sia importante continuare a mantenere un dialogo politico ad alto
livello con Ankara, come in qualche modo evocato anche nell'illustrazione dell'interpellanza, anche per tutelare i valori fondanti dell'Unione Europea e continuare a promuovere l'ancoraggio euroatlantico della Turchia. Analogamente, perseguiamo, insieme ai principali partner europei, un dialogo con le forze politiche e le principali organizzazioni non governative che in Turchia si battono per la difesa dei diritti civili. 
Come ha avuto modo di ricordare recentemente il Ministro Alfano, la Turchia resta un solido alleato NATO e un partner imprescindibile per la nostra sicurezza. Una brusca interruzione del processo di adesione potrebbe ripercuotersi negativamente sulla stabilità del Mediterraneo e dei Balcani, oltre che fornire pretesti per un’escalation della retorica antioccidentale. Siamo, peraltro, convinti che la responsabilità delle scelte sul futuro dei rapporti tra Unione europea e Turchia sia principalmente nelle mani di Ankara.

Replica

 Grazie, signora Presidente. Io ringrazio il sottosegretario Della Vedova per la risposta argomentata, che non mi aspettavo diversa perché, giustamente, come viene ricordato, il ruolo della Turchia in quella regione è un ruolo al quale non possiamo rinunciare, sia perché solido alleato della NATO, sia per ragioni di stabilità complessiva, sia per gli accordi, sui quali pure si potrebbe discutere, sottoscritti tra l'Unione europea e la Turchia per quel che riguarda la partita dei migranti. 
Questo non può e non deve, tuttavia, farci dimenticare che, se ci sono possibilità di una composizione pacifica di un conflitto e di una questione curda, che dura da un secolo e che riguarda la Turchia, la Siria, l'Iraq e l'Iran, questo passa per la valorizzazione e l'emancipazione di quei partiti come l'Hdp – che oggi sono stati ingiustamente castigati da Erdogan sulla base di un progetto che, come ripeto, era precedente al colpo di Stato, perché l'eliminazione dell'immunità parlamentare è assolutamente precedente –, di quei partiti democratici che fondano la loro esistenza sulla ricerca del dialogo anche e soprattutto per la soluzione della questione curda, che dura, come dicevo, da un secolo. Da questo punto di vista, io mi dichiaro soddisfatto della risposta del sottosegretario e chiedo, però, che questa attenzione, anche in termini di diretta presa di rapporti con l'Hdp da parte del nostro Governo, debba essere un sostegno concreto, visibile e fattivo, nel senso di avere rapporti diretti con un partito che, unico, può garantire quella transizione da una gestione con le bombe della questione curda ad una gestione parlamentare e di dialogo. 
Ecco, mi fermo qui. Sono sicuro che sulla sensibilità del sottosegretario su questi temi non vi siano dubbi, auspico che questa sia una sensibilità di tutto il Governo.