17/01/2017
Simonetta Rubinato
Casellato
2-01586

  I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che: 
«in Italia, l'iscrizione nelle liste anagrafiche, della popolazione residente di un comune afferisce al diritto costituzionale di circolare e soggiornare liberamente sul territorio nazionale (articolo 16 della Costituzione), e nel contempo è requisito essenziale per poter effettivamente esercitare altri diritti fondamentali», secondo le «linee guida sul diritto alla residenza dei richiedenti e beneficiari di protezione internazionale», redatte e stampate nel dicembre 2014 dal dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, insieme al servizio centrale – Sprar, Associazione per gli studi giuridici all'immigrazione (Asgi), Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati e Associazione Nazionale ufficiali di stato civile e d'anagrafe (Anusca) –; 
l'iscrizione anagrafica nelle liste della popolazione residente in un determinato comune è dunque un diritto fondamentale ai fini di un percorso di integrazione e di inserimento socio-lavorativo per i titolari di protezione internazionale, dello status di rifugiato, dello status di protezione sussidiaria o del permesso di soggiorno per motivi umanitari; 
hanno diritto all'iscrizione alle liste anagrafiche anche i richiedenti asilo, siano essi in attesa di audizione presso la commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, o siano essi in fase di eventuale ricorso giurisdizionale, in quanto titolari di un permesso di soggiorno;
i presupposti per l'iscrizione anagrafica sono la dimora abituale (o in mancanza, nell'ordine, il domicilio, o il luogo di nascita) e, nel caso dei cittadini provenienti da Paesi terzi, la regolarità del soggiorno; 
nei casi particolari di richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale e umanitaria ospiti di strutture d'accoglienza, l'articolo 6, comma 7 del Testo unico sull'immigrazione stabilisce che la permanenza superiore a 3 mesi in un centro d'accoglienza costituisce dimora abituale e pertanto si può considerare legittima la richiesta di iscrizione anagrafica; 
in Veneto, ed in particolare nella provincia di Treviso, ma anche in Trentino Alto Adige e in Umbria (come segnalato dall'Asgi), alcuni amministratori locali e responsabili di uffici dell'anagrafe si stanno interrogando sulla sussistenza o meno dei presupposti per il rilascio della carta d'identità ai richiedenti asilo, ponendo in essere prassi amministrative differenti e a volte di dubbia legittimità; 
secondo la normativa in vigore infatti, il permesso di soggiorno costituisce prerequisito sufficiente all'iscrizione nelle liste anagrafiche, ma non si può ignorare che, in mancanza di un passaporto o di un documento d'identità, è difficile attestare la reale identità dei soggetti, tanto che le stesse questure appongono in alcuni documenti, ad uso interno, la dicitura testuale: «esatte generalità sconosciute», essendo il riconoscimento dei richiedenti asilo solo convenzionale; 
l'incertezza aumenta a fronte delle dimensioni dell'ondata migratoria in atto che pone alle amministrazioni locali, specialmente quelle venete, che soffrono la carenza di personale e di risorse finanziarie, timori circa chi debba farsi carico degli obblighi derivanti dall'iscrizione alle liste anagrafiche: servizi sociali, servizi sanitari, diritto all'alloggio e altro; 
gli interrogativi maggiori stanno sorgendo altresì in merito all'adeguatezza del rilascio della carta d'identità ai richiedenti asilo in una fase in cui non è stato ancora riconosciuto loro lo status di protezione internazionale; essendo infatti negato il riconoscimento della protezione a due richiedenti su tre e venendo meno il requisito della residenza, diviene pressoché impossibile controllare gli spostamenti dei richiedenti asilo e l'effettivo utilizzo del documento d'identità che può continuare ad essere esibito per le più varie esigenze in uffici pubblici e privati per una durata pari a 10 anni dal suo rilascio; 
inoltre, durante il procedimento di cancellazione dalle liste anagrafiche, che può durare anche più di un anno, si ha diritto ad avere certificati anagrafici e documenti di identità (che non possono essere negati), rendendo di fatto difficile la cancellazione effettiva in quanto bisogna chiudere senza esito il procedimento in atto per poi riavviarlo nuovamente in tempi non definiti –: 
se il Governo, essendo diversa la situazione del richiedente asilo da quella del titolare della protezione internazionale, non ritenga opportuno assumere iniziative normative per introdurre un documento «ponte» valido nella fase in cui si svolge la procedura di riconoscimento della protezione, mantenendo così salvi i diritti dei richiedenti asilo ma fornendo loro un documento più adeguato alla situazione in cui si trovano; 
se il Governo non intenda comunque assumere iniziative per prevedere procedure semplificate per la cancellazione dalle liste anagrafiche dei soggetti non più reperibili e ai quali non è stata riconosciuta, nemmeno dopo il ricorso, la protezione internazionale, escludendo in questi casi la presa in carico e relative conseguenze economiche da parte dei comuni.