23/06/2016
Patrizia Maestri
Civati, Brignone, Matarrelli, Pastorino
2-01403

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che: 
Malek Adly, avvocato egiziano attivista per i diritti umani e impegnato anche sul caso di Giulio Regeni, è stato arrestato il 6 maggio 2016 ed è tuttora in stato di detenzione. Le accuse a suo carico sono: incitamento alla protesta, diffusione di false notizie, minaccia alla pace e all'unità nazionale, colpo di Stato. Il suo mandato d'arresto è scattato all'indomani della protesta del 25 aprile convocata contro l'incostituzionale cessione delle due isole egiziane, Tiran e Sanafir all'Arabia Saudita, che ha portato all'arresto di 270 tra attivisti anti-regime, giornalisti e avvocati dei diritti umani; 
nel lungo articolo che gli dedica, il New York Times descrive il suo arresto come segno evidente della «determinazione del regime nel reprimere le critiche». E questa è la verità, dato che Malek Adly si batteva per il rispetto dei diritti umani, per conoscere la verità e, come raccontato alla rivista Left, continuava da anni a monitorare casi di desaparecidos tra attivisti e oppositori del generale Al Sisi, dichiarando: «siamo l'Argentina, il Cile del Medio Oriente, questo è uno Stato criminale»; 
l'avvocato è stato il primo a denunciare la scomparsa del ricercatore italiano Giulio Regeni, che ha dichiarato di aver conosciuto alla fine del 2015. In seguito al ritrovamento del corpo del giovane, ha pubblicato una sua dichiarazione significativa dove, come cittadino egiziano, ha chiesto scusa alla famiglia di Regeni e a tutte le vittime del regime, offrendosi anche come legale per ogni azione giuridica necessaria a raggiungere la verità sul suo assassinio; 
l'Associazione per il rispetto dei diritti umani COSPE onlus, ha lanciato una petizione indirizzata al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Paolo Gentiloni perché intervenga subito per la scarcerazione immediata del giovane che, per la sua attività in difesa di casi legati alle libertà e ai diritti civili di tanti cittadini e per essersi esposto pubblicamente sulla vicenda di Giulio Regeni, è diventato un bersaglio per le politiche repressive del Governo egiziano; 
le condizioni dell'attivista ingiustamente detenuto sono estremamente critiche, tanto da mettere a rischio la sua stessa incolumità, come da lui stesso dichiarato durante l'ultima udienza del suo processo. Sua moglie Asmaa ha denunciato le condizioni critiche a cui è sottoposto in carcere in particolare ha evidenziato che «Malek è in isolamento». Lo stesso Malek ha dichiarato di essere maltrattato in carcere e che le sue condizioni fisiche sono terribili –: 
se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se non ritenga urgente attivarsi tempestivamente, attraverso tutti i canali possibili e con il sostegno internazionale, affinché Malek Adly venga scarcerato e possa riabbracciare la propria famiglia; 
se il Governo, alla luce delle omissioni e della scarsa collaborazione nella vicenda Regeni e dei continui e reiterati casi di violazione dei diritti umani da parte del Governo egiziano e in virtù delle costanti e consolidate relazioni diplomatiche e commerciali, non ritenga opportuno chiedere all'Egitto, come condizione vincolante per ogni tipo di rapporto futuro, il rispetto dei diritti umani come stabilito dagli accordi internazionali.