11/07/2016
Paolo Beni
Quartapelle Procopio
3-02380

Per sapere – premesso che: 
il visto per il ricongiungimento familiare di cittadini stranieri viene concesso dall'autorità consolare o diplomatica italiana previo nulla osta rilasciato dallo sportello unico per l'immigrazione presso la prefettura competente per il luogo di dimora del richiedente, e dopo aver accertato l'autenticità della documentazione comprovante i presupposti richiesti per l'accoglimento dell'istanza; 
la procedura per i titolari di protezione internazionale è di maggior favore e non prevede alcun requisito, se non il vincolo di parentela, per esercitare il diritto all'unità familiare e ricongiungere quindi i propri familiari (figli minori, coniugi, genitori ultra sessantacinquenni); 
per i titolari di protezione internazionale (status di rifugiato e protezione sussidiaria), consuetudine vuole che la maggior parte delle rappresentanze diplomatiche italiane all'estero chiedano, anche in presenza di documenti originali, il test del DNA da effettuare tramite l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, con un costo pari a 300 euro, che diventa particolarmente gravoso da sostenere laddove i familiari da ricongiungere siano numerosi; 
l'ambasciata italiana ha tempo sei mesi per esaminare la documentazione richiesta per il rilascio del visto di ricongiungimento familiare, tempistica che coincide con la validità dei nulla osta emesso dalle prefetture; 
decorso il periodo di durata del nulla osta senza alcun pronunciamento da parte dell'autorità diplomatica, la procedura per la richiesta di ricongiungimento decade e i familiari devono presentare nuova richiesta alla prefettura competente per il rilascio di un nuovo nulla osta; 
le lungaggini delle procedure mettono in serio rischio l'incolumità delle persone da ricongiungere in quanto familiari di un titolare di protezione internazionale, per la quale lo Stato italiano ha riconosciuto il bisogno e quindi il diritto alla protezione; 
a quanto consta agli interroganti al numero verde per rifugiati e richiedenti asilo, gestito dall'associazione ARCI nazionale, sono arrivate numerose segnalazioni di enormi ritardi nelle pratiche di ricongiungimento familiare di cittadini somali presso l'ambasciata italiana a Nairobi; 
le richieste di ricongiungimento familiare, segnalate dall'Associazione, che risultano in sospeso presso tale ambasciata hanno tutte ottenuto il nulla osta necessario per il rilascio del visto, ma ad oggi l'autorità diplomatica non si è ancora pronunciata in merito all'accoglimento o meno dell'istanza; 
nonostante le richieste siano corredate da tutta la documentazione richiesta, ivi compreso il risultato positivo del test del DNA ove richiesto, non si comprendono i motivi del ritardo nel pronunciamento dell'autorità diplomatica italiana, che nella maggior parte dei casi supera di gran lunga un anno di attesa; 
inoltre, le segnalazioni ricevute dall'Associazione denunciano le numerose difficoltà riscontrate nell'ottenere un appuntamento per l'espletamento dell'istanza presso l'ambasciata, la quale si avvale di un'agenzia di intermediazione (VSF Global), e le ingenti somme che dovrebbero essere corrisposte spendere per i servizi che tale agenzia fornisce; 
l'immobilismo burocratico che blocca le pratiche di rilascio del visto di ricongiungimento e le notevoli risorse economiche necessarie per far fronte alle procedure richieste, senza che vi sia stato un pronunciamento da parte dell'autorità diplomatica competente, stanno di fatto costringendo i familiari dei richiedenti a rinunciare alle cosiddette «vie legali» per affidarsi ai trafficanti e raggiungere i propri cari mettendo a rischio la propria vita; 
l'ambasciata italiana a Nairobi, più volte contattata dall'Associazione a seguito delle numerose sollecitazioni, avrebbe motivato i ritardi relativi all'espletamento delle procedure di rilascio dei visti, attribuendoli ad un «sotto organico» che non permetterebbe di ottemperare alle richieste in tempi certi; 
alla luce degli impegni assunti dall'Italia e dalla stessa Unione europea nella lotta contro i trafficanti di esseri umani, l'operato dell'ambasciata italiana a Nairobi e le motivazioni che avrebbe fornito per giustificare i gravi ritardi burocratici che stanno bloccando numerose pratiche di rilascio dei visti per il ricongiungimento familiare, di fatto li disattendono, rischiando di favorire, seppur indirettamente, il ricorso alle vie illegali fortemente condannate dal nostro Paese –: 
se siano a conoscenza dei fatti espressi in premessa, e quante siano ad oggi le richieste di ricongiungimento familiare ancora in sospeso presso l'ambasciata italiana a Nairobi; 
quali siano le cause ostative che hanno generato i gravi ritardi nel rilascio dei visti per il ricongiungimento familiare da parte dell'ambasciata italiana a Nairobi, e in che modo intendano ovviare a questo ingiustificato immobilismo burocratico; 
in che modo intendano attivarsi al fine di far luce sulle difficoltà riscontrate nell'ottenere un appuntamento presso l'ambasciata italiana tramite la sopracitata agenzia di intermediazione e sulle tariffe da essa richieste per l'erogazione di tale servizio.

Seduta del 12 luglio 2016

Risponde Giuseppe Castiglione, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, replica Paolo Beni

Risposta del governo

Presidente, onorevoli colleghi, permettetemi di iniziare segnalando come la trattazione delle domande di visto per i cittadini somali sia generalmente molto complessa. Da una parte, infatti, il rischio di immigrazione irregolare e di infiltrazione terroristica nel nostro Paese impone di condurre controlli particolarmente approfonditi e scrupolosi sull'identità e sull'effettiva motivazione del viaggio da parte del richiedente di visto di nazionalità somala. Dall'altra, si registrano frequentemente casi di falso documentale e matrimoni fittizi contratti al solo fine di ottenere il ricongiungimento familiare. In particolare, la documentazione presentata dal richiedente risulta molto spesso incompleta, contraffatta e proveniente da autorità non riconosciute dall'Italia quali le autorità somale sub-nazionali.

I certificati di matrimonio funzionale ai ricongiungimenti familiari, per esempio, sono trascritti ex post sulla base di semplici dichiarazioni degli interessati e con l'apposizione di firme spesso falsificate che le autorità keniote procedono d'ufficio a legalizzare senza svolgere alcuna verifica formale. Per ovviare al fenomeno del falso documentale, l'ambasciata a Nairobi procede, in conformità con le regole europee e nazionali, a richieste di test del DNA, unico strumento in grado di stabilire con certezza il legame familiare tra i richiedenti. Per far luce su eventuali matrimoni fittizi, la sede procede d'ufficio ad una verifica della certificazione del matrimonio contratto presso le autorità islamiche keniote che la rilasciano. I tempi di riscontro in questo caso sono estremamente lunghi e richiedono la sospensione dei termini della trattazione delle pratiche così come previsto dalla normativa vigente. Alle suddette verifiche formali si accompagnano poi quelle effettuate in sede di colloquio condotto con l'ambasciata al fine di verificare l'effettivo motivo del viaggio in Italia. 
Le criticità sopra esposte, assieme alla lentezza con cui le autorità locali riscontrano l'eventuale richiesta di documentazione integrativa, hanno determinato un accumulo del numero di pratiche in trattazione. Nonostante le difficoltà, l'ambasciata è riuscita negli ultimi mesi a ridurre considerevolmente il numero delle pratiche in giacenza e i tempi di attesa grazie all'invio da parte della Farnesina di missioni temporanee di personale specializzato nella trattazione dei visti. Per farvi rendere l'idea con qualche dato, nel 2015 sono stati emessi 1.280 visti di ricongiungimento familiare in favore di cittadini somali, facendo registrare un incremento di ben il 14,8 per cento rispetto al numero dei visti emessi nel 2014. Molte pratiche rimangono tuttavia inevase per cause non imputabili al lavoro della sede, ad esempio per ritardi nella consegna di documentazione aggiuntiva da parte dei diretti interessati oppure per difficoltà nel rintracciare i richiedenti stessi. In tale difficile contesto non vanno sottovalutate le problematiche relative all'interprete, una figura essenziale considerando che i richiedenti visto parlano esclusivamente somalo, ma che è difficilissimo reperire in Kenya, soprattutto se si richiedono particolari garanzie di affidabilità.

Per quanto riguarda l'attività di raccolta delle domande di visto, l'ambasciata a Nairobi si avvale, come previsto dalla normativa Schengen, dei servizi dell'impresa esterna VFS, compiendo uno scrupoloso e costante controllo delle sue attività e richiedendo l'adozione di misure volte ad evitare eventuali abusi. Tra le misure recentemente adottate dalla VFS, su indicazione dell'ambasciata, si segnalano la rotazione del personale incaricato di fissare gli appuntamenti, il controllo periodico dei conti bancari degli impiegati per individuare eventuali flussi anomali di denaro, l'aumento del personale di sicurezza e l'affissione di cartelli informativi in lingua somala. La VFS, sempre su indicazione dell'ambasciata, utilizza inoltre uno speciale sistema di rilascio delle ricevute per gli appuntamenti con foto degli interessati, teso ad evitare qualsiasi scambio di persona o l'eventuale compravendita delle ricevute stesse. Quanto alle tariffe richieste, si precisa che l'intera procedura di domanda di un visto per motivi familiari ha un costo individuale di 142 euro che include la percezione consolare (116 euro) e il costo del servizio prestato all'agenzia che è di 26 euro. Non si esclude che, proprio per screditare la suddetta capillare attività di controllo, il nome dell'ambasciata, oltre che quello della società, è non di rado soggetto ad affermazioni infamanti e viene associato in maniera strumentale, direttamente o indirettamente, ad attività illecite. Inoltre, l'ambasciata è impegnata a denunciare tutte le fondate segnalazioni di episodi corruttivi alle competenti autorità italiane e alle autorità keniote. Le attività di falsificazione documentale e l'incertezza del quadro normativo locale hanno, infatti, determinato l'insorgere di interessi criminali intorno ai visti rilasciati per i casi di ricongiungimento familiare. Pure in questo quadro particolarmente critico, grazie alle misure adottate dall'ambasciata e al potenziamento del personale dedicato ai visti, è stato possibile migliorare i controlli e le tempistiche di lavoro per ogni singola pratica, incrementando sensibilmente il numero di pratiche di visto che vengono trattate mensilmente. Si assicura, pertanto, il massimo impegno dall'ambasciata a Nairobi, in stretto coordinamento con la Farnesina, al fine di assicurare il rapido smaltimento dell'ingente mole di lavoro in trattazione, nel pieno rispetto della pertinente normativa nazionale ed europea.

Replica

Presidente, ringrazio molto il sottosegretario di questa risposta molto dettagliata e delle informazioni che ci fornisce; sicuramente mi dichiaro soddisfatto. Vede, il problema è che evidentemente l'interrogazione era stata avanzata alcuni mesi fa, già lei ci parlava, nella risposta della missione inviata dalla Farnesina, di una indubbia accelerazione della produttività delle pratiche smistate nell'ultimo periodo: a conferma del fatto che in quell'ambasciata alcuni problemi, anche legati ad alcune specifiche situazioni del contesto locale, c'erano; tant’è vero che apprezzo molto anche l'attenzione a procedure più attente sulle fissazioni degli appuntamenti, sull'attività del personale dell'ambasciata, sulla movimentazione economica relativa al rilascio dei visti, sui costi, eccetera. Bene, quindi, che ci sia da parte del nostro Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale un interessamento attento ed un controllo del funzionamento di queste pratiche, perché in quel contesto, con le difficoltà del caso, la particolarità delle pratiche dei cittadini somali, il contesto di Nairobi, possono sicuramente crearsi dei problemi. 
Io vorrei semplicemente ricordarle, sottosegretario, questo aspetto: è vero che è bene che la documentazione venga verificata fino in fondo, è vero che laddove vi sia il sospetto di matrimoni fittizi, di documenti falsi eccetera, è bene procedere anche al test del DNA. Questo andrebbe fatto quando è necessario, anche perché attraverso l'Organizzazione internazionale per le migrazioni ha un costo comunque – mi sembra – di circa 300 euro a persona; per i titolari di protezione internazionale il ricongiungimento familiare dovrebbe essere garantito senza bisogno di ulteriori documentazioni. Le verifiche dell'ambasciata sono sacrosante e giuste; il problema è riuscire... Lei sa che i nullaosta che vengono rilasciati dalle nostre prefetture normalmente in tempi adeguati hanno validità sei mesi: dovrebbero essere sufficienti quei sei mesi per le verifiche che la nostra ambasciata deve fare sul posto prima di rilasciare il visto; se in quei sei mesi le verifiche non vengono svolte e c’è un ulteriore ritardo, il nullaosta non vale più e quindi il migrante deve riprendere la procedura, ricominciare da zero.

Ecco, serve un'attenzione rispetto a questo aspetto, perché qui stiamo parlando di persone che ovviamente hanno diritto al ricongiungimento familiare, nella gran parte dei casi devono raggiungere qui i loro cari: disincentivare con ritardi burocratici il ricorso alle vie legali, alle procedure legali significa purtroppo molto spesso costringere queste persone magari ad abbandonare le procedure legali, a mettersi nelle mani dei trafficanti e ad affrontare quei viaggi per raggiungere l'Europa. Questo assolutamente va evitato: il nostro Paese è fortemente impegnato nel contrasto del traffico di esseri umani, nel contrasto dei trafficanti del Mediterraneo; almeno sulle procedure in cui possiamo intervenire direttamente attraverso le nostre sedi diplomatiche, evitiamo di alimentare ulteriormente quel triste mercato di esseri umani. Per il resto la ringrazio molto delle informazioni, e mi auguro che il lavoro delle nostre sedi diplomatiche su questo punto sia sempre più efficiente.