07/06/2016
Luigi Dallai
Sani
3–02291

Per sapere – premesso che: 
le rilevanti criticità determinate dai danni causati all'agricoltura ed alla zootecnia dagli animali selvatici hanno assunto negli ultimi anni dimensioni notevoli, con ripercussioni allarmanti che incidono negativamente, oltre che sui bilanci economici delle aziende agricole, anche sull'equilibrata coesistenza tra attività umane e specie animali; 
in particolare, da anni, si registrano ormai in tutta Italia attacchi di lupi e di ibridi ad aziende con particolare frequenza in Toscana, con particolare intensità nella provincia di Grosseto, ma con episodi che caratterizzano quasi tutte le province della regione; 
secondo i dati resi noti dal Corpo forestale dello Stato nel «2015, nella provincia di Grosseto, ci sono state 476 denunce di episodi di predazione, con mille e 210 capi morti (pecore e agnelli)»; «le aziende che hanno subito attacchi nel 2015 sono 193 su un totale di mille e trecento registrate». Nei primi quattro mesi del 2016 le denunce sono però dimezzate: «dalle 202 tra gennaio e aprile 2015 alle 101 dei primi quattro mesi di quest'anno»; 
l'incremento della frequenza di attacchi da parte di lupi agli allevamenti sta causando un inasprimento della tensione sociale, soprattutto tra le imprese e gli addetti interessati. Tale fenomeno assume, quindi, i connotati di una vera e propria emergenza, che sollecita l'avvio urgente di iniziative da parte delle istituzioni pubbliche, volte a prevedere un sistema adeguato di misure preventive e di contrasto; 
la regione Toscana sta mettendo in campo misure per ricercare un equilibrio tra le esigenze delle attività degli allevatori, che sono parte costitutiva dell'economia e dell'identità territoriale, e la tutela della biodiversità; 
a livello europeo, il lupo (definizione ufficiale canis lupus) è una specie identificata e tutelata dalla direttiva 92/43CE (cosiddetta direttiva habitat); 
nonostante l'articolo 12 di tale direttiva vieti «qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata sulle specie», è permesso comunque agli Stati membri di mettere in atto delle azioni di gestione in deroga. Azioni già intraprese, peraltro, negli anni scorsi, da Francia e Spagna; 
non esiste in Italia una legge nazionale che regoli la conservazione o la gestione delle specie protette. La legge n. 157 del 1992, infatti, indica solamente che le specie protette non possano essere sottoposte a prelievo venatorio; 
si apprende, da organi di informazione, che «la Conferenza Stato-regioni» stia «per decidere se autorizzare una quota annuale di abbattimenti di lupi. Nella bozza presentata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del nuovo piano di conservazione e gestione del lupo in Italia, si parla infatti della possibilità di autorizzarne l'eliminazione del 5 per cento del totale: in tutto, circolano circa 1.500 di lupi nella penisola (dopo il ripopolamento degli anni ’70), disseminati nelle aree protette dell'Appennino e delle Alpi. Con il via libera si potrebbe arrivare fino a un massimo di 60 esemplari in meno l'anno»; 
tali abbattimenti, sempre secondo la stampa, sarebbero disposti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per attenuare «il conflitto sociale connesso alla coesistenza uomo-lupo: conflitto che in questi anni si è manifestato in molteplici ambiti geografici e che ha concorso all'aumento di episodi di bracconaggio»; 
la presenza di lupi, legata alla crescita del randagismo dei canidi anche nelle campagne e nelle zone boschive, sta inoltre causando un notevole aumento del fenomeno dell'ibridazione, che rappresenta inevitabilmente una seria minaccia alla sopravvivenza stessa della specie genetica del lupo; 
uno studio effettuato dall'università La Sapienza di Roma ha, infatti, accertato la presenza di molti di questi esemplari nei boschi e nelle campagne del nostro Paese; 
in Toscana, esemplari ibridi sono stati confermati nel Mugello, nel Senese, nell'Amiata e nel Parco della Maremma; 
a causa degli incroci con il cane, il lupo rischia di perdere la sua identità genetica. Questo può comportare la perdita degli adattamenti acquisiti dal lupo nel corso di milioni di anni attraverso la selezione naturale. Il comportamento degli ibridi è del tutto simile a quello dei lupi, ma le caratteristiche degli ibridi, spesso simili a quelle di un cane, consentono a questi animali di avvicinarsi a paesi e animali domestici senza destare allarme. In tal modo, gli ibridi hanno un vantaggio sui lupi nell'attaccare il bestiame, mostrando un comportamento temerario; 
i danni causati dagli ibridi e dai cani vaganti sono del tutto simili a quelli causati dal lupo ed è oggettivamente difficile distinguerli; di conseguenza, la gran parte dei danni viene attribuita al lupo anche quando questo non ne è responsabile; 
gli ibridi non sono chiaramente identificati nell'attuale quadro normativo: non sono protetti dalla legge quadro sulla caccia (legge n. 157 del 1992), non sono contemplati dalla legge sul randagismo canino (legge n. 281 del 1991), né dai regolamenti per l'indennizzo dei danni, e ciò pone quindi seri problemi legali per la gestione sia degli animali ibridi, che dei danni da loro causati; 
è attivo il progetto «Ibriwolf», unico nel continente, le cui attività sono comprese nel piano d'azione per la gestione dei lupi in Europa (pubblicato dal Consiglio d'Europa nel 2000) e sono previste dal piano di gestione del lupo italiano in fase di sviluppo da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; 
il progetto «Ibriwolf» ha i seguenti obiettivi: 
a) identificare e rimuovere tutti gli ibridi da due aree pilota in Toscana, dove ne è stata riscontrata la presenza; 
b) diminuire la presenza di cani vaganti attraverso la loro rimozione ove possibile, sterilizzando e custodendo tutti gli individui catturati; 
c) aumentare nel pubblico la consapevolezza della minaccia rappresentata dagli ibridi – e dai cani vaganti – per i lupi e per la fauna in genere; 
d) creare una rete per contribuire allo sviluppo delle migliori soluzioni per affrontare il problema dell'ibridazione, anche nel lungo periodo; 
e) sviluppare linee guida per la gestione di ibridi lupo-cane; 
f) attrezzare delle aree in cui gli ibridi catturati possano essere tenuti in cattività ed essere visti dal pubblico; 
g) creare una rete di amministrazioni pubbliche, dove la presenza di ibridi è stata riscontrata, al fine di stimolare la replica di esperienze di successo e il miglioramento di queste attività sperimentali –: 
quali iniziative urgenti intenda intraprendere, anche di concerto con gli enti territoriali coinvolti, al fine di introdurre gli strumenti più idonei a garantire un giusto equilibrio tra la presenza del lupo e quella degli allevatori, per salvaguardare al tempo stesso le attività di reddito per le comunità locali e la conservazione e la valorizzazione delle peculiarità faunistiche ed ambientali del territorio; 
se le notizie citate in premessa e relative alle anticipazioni di stampa sul nuovo piano di conservazione e gestione del lupo in Italia corrispondano al vero; 
quali interventi urgenti, sempre in relazione a quanto esposto in premessa, stia promuovendo il Ministro interrogato per prevenire e contrastare il fenomeno dell'ibridazione lupo-cane e quali siano stati, fino ad oggi, i risultati ottenuti. 
 

Seduta del 7 giugno 2016

Risponde Silvia Velo, Sottosegretaria di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare e replica Luigi Dallai

Risposta del governo

Presidente, la conservazione e la gestione del lupo costituiscono un argomento che ovviamente catalizza l'attenzione di portatori di interesse e della società civile, suscitando ampio dibattito in tutte le sedi, inoltre polarizzata le posizioni su opposti schieramenti: da un lato le ragioni di che vede i danni provocati da questo predatore e dall'altro le ragioni di chi chiede la tutela della specie protetta. In questo contesto, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si è attivato per aggiornare il Piano d'azione del lupo risalente al 2002, e ovviamente oramai superato. Questo anche grazie al fatto che, a seguito di anni di impegno e risorse investite da parte delle amministrazioni pubbliche e di privati (non esiste alcuna specie protetta in Italia per cui si siano investite risorse maggiori che sulla protezione del lupo), lo stato di conservazione del lupo è oggi notevolmente – per fortuna, direi – migliorato: si stimano tra i mille e i 2 mila animali, contro i poco più di cento all'inizio degli anni Settanta, trattandosi peraltro di una delle specie selvatiche meglio studiate e conosciute. La più recente valutazione della IUCN, l'Unione internazionale per la conservazione della natura, indica per il lupo in Italia un rischio di estinzione inferiore rispetto al passato, dal momento che la specie non è più inserita nella categoria «pericolo di estinzione», ma nella categoria inferiore di «specie vulnerabile». 
Nell'ambito dell'attuazione della Strategia nazionale per la biodiversità, il Comitato paritetico per la biodiversità istituito con decreto ministeriale nel giugno 2011, al quale partecipano i Ministeri interessati, le regioni e le province autonome, è individuato quale organo atto ad istruire, approfondire e razionalizzare le iniziative, gli atti e i provvedimenti da sottoporre al vaglio della Conferenza Stato-regioni. Il citato Comitato ha predisposto il Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia, con lo scopo di guidare la conservazione e la gestione della specie attraverso il coordinamento delle azioni da intraprendere ai diversi livelli istituzionali, al fine di assicurarne la protezione e garantire al tempo stesso una convivenza sostenibile con le attività antropiche, tra cui appunto l'allevamento. Il principio fondamentale alla base del Piano d'azione è la necessità di un approccio integrato che affronti in modo organico le differenti tematiche della conservazione del lupo. La bozza del documento è stata redatta nell'ambito di un ampio confronto con portatori di interessi e tecnici (una settantina dei migliori esperti in materia hanno fornito dati e informazioni utili per la stesura del Piano), ed è stata sottoposta al vaglio del Comitato paritetico nella seduta del 17 febbraio scorso. Successivamente sono stati acquisiti commenti ed osservazioni da parte di dodici regioni e province autonome, nonché quelli di diversi portatori di interessi tra cui le associazioni di protezione ambientale, le associazioni agricole, i rappresentanti delle aree protette ed esperti. 
Nell'ambito delle misure volte a migliorare lo stato di conservazione del lupo, sono state oggetto di approfondimento le ipotesi di deroga al divieto di prelievo, secondo quanto previsto dalla «direttiva habitat» e dal decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, ponendo tuttavia una serie di prescrizioni più stringenti rispetto alla normativa vigente. Dato l'interesse sollevato dal Piano, il giorno 8 aprile 2016 si è tenuto presso il Parco nazionale della Maiella un'ulteriore occasione di confronto in cui sono state presentate le buone pratiche per il futuro del lupo in Italia: tutte le osservazioni sono state analizzate, e per la maggior parte integrate nella versione rivista e aggiornata del Piano d'azione. All'esito di questi aggiornamenti, il Piano prevede ora 22 azioni, oltre a quelle sulle deroghe che non si configura come un'azione in senso stretto perché costituisce una possibilità già prevista dalla legge; la cui operatività è stata peraltro subordinata alla realizzazione delle azioni relative alla prevenzione e all'indennizzo dei danni, e alla condizione che la limitazione non comporti rischi per lo stato di conservazione della specie. Per ogni azione sono indicati esplicitamente tempi, priorità, responsabili, programma e indicatori di realizzazione. Le principali modifiche rispetto alla versione originale presentata al Comitato paritetico per la biodiversità riguardano le azioni di prevenzione e mitigazione dei danni al bestiame domestico, di controllo del randagismo e degli ibridi, di applicazione delle deroghe, di attività di antibracconaggio, di sensibilizzazione, divulgazione e informazione. 
Con riferimento alle informazioni circolate anche attraverso gli organi di stampa, si specifica che nella bozza del Piano non è prevista alcuna quota di abbattimenti di lupi autorizzati a priori, concetto peraltro contrario alla «direttiva habitat», alla normativa nazionale e totalmente estraneo al Piano; ed in nessun punto del Piano si fa riferimento all'abbattimento di cani né all'interno delle aree protette, né al di fuori.
È fissata invece una precisa autolimitazione alla possibilità di deroga per il controllo del lupo, già consentita dalla normativa vigente. Per contro, il nuovo Piano d'azione stabilisce azioni mirate a migliorare le attività antibracconaggio, gestione delle problematiche legate all'ibridazione fra cani e lupi, di prevenzione dell'indennizzo di danno, di informazione e sensibilizzazione. 
Altri aspetti delicati trattati dal Piano sono il randagismo canino, causa di ingenti danni in termini di predazione di bestiame, da affrontare nell'ambito della legge n. 281 del 1991; così come l'ibridazione con i lupi, da risolvere nel quadro della medesima legge n. 281, e della legge n. 157 del 1992, oltre che attraverso varie esperienze sviluppate a livello locale, come ad esempio il ProgettoLife Ibriwolf. 
In data 6 maggio 2016, il Piano è stato trasmesso ai membri del Comitato paritetico per la biodiversità per un'ulteriore verifica e per l'approvazione con procedura online; è in corso la trasmissione del medesimo Piano d'azione alla Conferenza Stato-regioni, ai fini della relativa approvazione mediante accordo, così come previsto dalla legge n. 281 del 1997. A riguardo, si precisa che il nuovo Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia potrà essere reso effettivo sulla base di tempi tecnici necessari alla relativa approvazione in Conferenza Stato-regioni citata in precedenza. Inoltre, il nuovo Piano stabilisce azioni mirate a migliorare la convivenza tra il lupo e le attività umane, in primis le attività zootecniche: in particolare, vi sono azioni per migliorare le misure di prevenzione e l'indennizzo dei danni, misure che rientrano nella competenza delle regioni e per le quali sono anche attivabili specifiche misure nell'ambito dei programmi di sviluppo rurale. 
Una volta attivate senza successo le misure di prevenzione e indennizzo, vi è la possibilità di ricorrere alla rimozione di singoli lupi, previa autorizzazione ministeriale da rilasciarsi sulla base di un parere di ISPRA. Inoltre, iniziative quali il Progetto Life WolfAlps lavorano sul territorio per sviluppare e diffondere esperienze e modalità di convivenza sostenibile con il lupo. Si ritiene infine che le misure di sensibilizzazione, divulgazione ed informazione previste dal nuovo Piano d'azione e le iniziative in corso di realizzazione e/o progettazione nei territori potranno contribuire ad una più efficace azione di prevenzione e di indennizzo dei danni, riducendo i conflitti e favorendo la convivenza pacifica tra il lupo e popolazioni locali. L'insieme di interventi di informazione, sensibilizzazione, prevenzione e indennizzo, e in ultimo di controllo mirano a ridurre i conflitti nelle aree maggiormente esposte, e a scongiurare il ripetersi di episodi come quelli avvenuti in passato nel territorio di Lessinia (Verona), allorquando l'intervento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare scongiurò peraltro l'esecuzione dell'ordinanza di abbattimento del sindaco di Verona, situazione che ha contribuito ad attivare l'aggiornamento del Piano d'azione.

Replica

Grazie, Presidente. Trovo nelle parole del sottosegretario la consapevolezza dell'importanza dei piani messi in atto per la conservazione e la tutela di questa bellissima specie, e giustamente rimarcava il sottosegretario che molto si è speso e molto si è investito – perché investire, forse, è il termine più corretto – per la tutela e la salvaguardia di questa specie. Al contempo, noi sappiamo che, come è stato ricordato nelle parole del sottosegretario, il problema sta soprattutto nell'ibridizzazione del lupo con cani randagi. Infatti, il problema del randagismo deve essere affrontato in maniera singola. 
Credo che sia giusto pensare di attuare pienamente il Piano di azione e di conservazione, di attuarlo realisticamente e considerare di non mettere in atto a priori le possibili deroghe, ma eventualmente pensare ad applicarle laddove il Piano di azione e conservazione non dovesse mostrare risultati apprezzabili. Credo che nelle parole ci sia anche una consapevolezza che, insieme alla tutela e alla salvaguardia, si deve anche tutelare e salvaguardare le produzioni dei pastori e degli allevamenti, che costituiscono una fonte importante di reddito e anche di caratterizzazione dei prodotti locali, e mi fa piacere sentire parole quale «indennizzo», perché queste sono, probabilmente, un aspetto fondamentale per tenere insieme aspetti che rischiano, invece, una polarizzazione, la polarizzazione tra chi vuole esclusivamente pensare alla tutela di un habitat, anche laddove questo non sia propriamente l’habitat selvatico, e chi, giustamente, pensa alla tutela delle proprie attività, anche di remunerazione. 
Da questo punto di vista, credo che la costituzione del Comitato paritetico per la biodiversità vada nella direzione giusta. Mi auguro che il Ministero controlli adeguatamente e, anzi, solleciti le attività del Comitato stesso alla piena realizzazione del Piano di conservazione e considero che possa essere importante anche monitorare, attraverso interrogazioni e attività parlamentari periodiche, lo stato di attuazione e di conservazione della specie, nel pieno rispetto di quelle che sono anche le attività tipicamente antropiche dei nostri territori.