11/07/2016
Mino Taricco
Capozzolo, Terrosi e Antezza
3-02376

Per sapere – premesso che: 
la Popillia japonica è un coleottero parassita, lungo circa 12 millimetri, con torace verde dorato che mangia le radici delle piante; può attaccare 295 specie vegetali, coltivate o spontanee, di cui almeno cento di forte interesse economico, come il mais, la vite, il pomodoro, alberi da frutto come vite, nocciolo, meli, piccoli frutti e ancora tiglio, acero, faggio, betulla, ontano, soia, erba medica, fagioli, asparagi, zucchine, rose, dalie; 
le sue larve bianche mangiano sottoterra le radici delle piante e, quando sono numerose, possono fare sparire un intero prato, tanto che nella normativa fitosanitaria quest'insetto è inserito fra gli organismi di quarantena, di cui deve essere vietata l'introduzione e la diffusione nel territorio dell'Unione europea; 
la Popillia japonica è originaria del Giappone ed è stata scoperta a Turbigo, nel parco del Ticino, non lontano da Malpensa, nel luglio del 2014; era già presente in Europa, ma soltanto nelle isole Azzorre; 
secondo la Banca dati mondiale delle specie invasive sono oltre 200 quelle presenti nel nostro Paese e i commerci spregiudicati o incoscienti, il turismo o più semplicemente incauti spostamenti di persone e materiali possono essere causa di calamità; 
è risaputo che negli Stati Uniti, dove è presente dal 1916, il coleottero giapponese rappresenta la specie di insetto infestante più diffusa e, secondo il dipartimento di agricoltura degli Usa, gli interventi di controllo arrivano a costare più di 460 milioni di dollari all'anno; pertanto, nella graduatoria delle specie infestanti più nocive, la Popillia japonica è sul terzo gradino del podio; 
va considerato che durante quest'inverno non c’è stato un vero gelo, così gli insetti che normalmente non passano la stagione vivi, come i pidocchi delle piante, le farfalle dei gerani, le zanzare, sono sopravvissuti e anche quelli che dovrebbero subire una forte riduzione, non sono affatto indeboliti; 
per debellare l'attacco di questo parassita, sono state usate trappole attrattive, per catturare migliaia di esemplari e distruggerli, ma anche insetticidi, chiaramente nei limiti consentiti per i trattamenti chimici; 
fondamentale è trovare un antagonista naturale, così come si è fatto con l'insetto parassitoide Torymus contro il cinipide galligeno del castagno, per ricostruire un equilibrio ecologico; ma i tempi per questo risultato sono a tre, cinque o dieci anni; 
i coltivatori sono chiaramente molto preoccupati dalla globalizzazione dei parassiti, in quanto ci si trova a fare i conti con specie originarie dell'Asia o delle Americhe, per le quali l'ambiente italiano non è preparato e non ha predatori naturali; 
così come il dipartimento di scienze agrarie, forestali e alimentari dell'università di Torino sta sperimentando un sistemaradar contro la vespa velutina, la cosiddetta vespa «killer» delle api, allo stesso modo è necessario che la ricerca e la sperimentazione di nuove tecniche di monitoraggio e di prevenzione ad ampio raggio, tutelino campi e coltivazioni da queste nuove specie aggressive di parassiti (come la Diabrotica del mais, il tarlo asiatico, la Xylella) in tempi utili a preservare raccolti e frutti; 
le organizzazioni di categoria di alcune province del nord Italia hanno lanciato l'allarme sulla presenza della Popillia japonica, in aree peraltro dove l'agricoltura è già pesantemente penalizzata dalla presenza con danni ingenti di animali selvatici e quindi molto sensibile e preoccupata da ogni nuova potenziale difficoltà che possa pregiudicare le prospettive delle produzioni e del territorio –: 
se il Governo sia in possesso di informazioni circa il problema e la sua pericolosità e i rischi potenziali per i territori; 
se e quali iniziative il Ministro intenda mettere in atto per affrontare i rischi ed i potenziali danni a colture e territori da questo nuovo aggressivo parassita.

Seduta del 12 luglio 2016

Risponde Giuseppe Castiglione, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, replica Mino Taricco
 

Risposta del governo

Signora Presidente, onorevoli deputati, considerata l'analoga questione rappresentata nell'interrogazione, ho ritenuto opportuno rispondere congiuntamente, così come opportunamente ribadito dalla Presidenza. Stiamo affrontando con tutti gli strumenti a disposizione la questione relativa alla diffusione nel nostro territorio dell'organismo nocivo da quarantena Popillia japonica. Nel nostro Paese la presenza di Popillia japonica è stata segnalata nel luglio del 2014 nel Parco del Ticino, in un'area ricadente tra le regioni Lombardia e Piemonte. I competenti servizi fitosanitari regionali si sono prontamente attivati per condurre monitoraggi intensivi nelle aree colpite, sia sulle larve, sia sul terreno che sugli adulti, al fine di definire l'estensione dell'infestazione e definire le misure fitosanitarie prioritarie da attuare. Sulla base dei dati di cattura delle trappole posizionate in tutta l'area, i predetti servizi hanno istituito ufficialmente una zona delimitata, costituita da una zona infestata e una zona cuscinetto circostante e avviata un'attività di divulgazione. Considerato l'elevato rischio fitosanitario, la problematica è stata più volte discussa anche in ambito di Comitato fitosanitario nazionale, dove sono state identificate le misure fitosanitarie da adottare in via prioritaria per contrastare il diffondersi dell'insetto, e rappresentata in ambito europeo in particolare al Comitato fitosanitario permanente del 27 e 28 ottobre del 2014. Pertanto, per rendere uniforme la disciplina su tutto il territorio nazionale e predisporre un monitoraggio capillare in tutte le regioni, abbiamo predisposto uno specifico decreto ministeriale relativo alle misure fitosanitarie d'emergenza, condiviso nel Comitato fitosanitario nazionale, che ha espresso il parere favorevole nella seduta del 24 febbraio del 2016. Il decreto ministeriale è attualmente in corso di registrazione alla Corte dei conti. Nello specifico, per le attività vivaistiche che ricadono nelle aree infestate, sono state previste disposizioni fitosanitarie per lo spostamento dei vegetali e dei tappeti erbosi in modo da evitare il trasporto passivo di larve dell'insetto presenti nel terreno associato alle radici. Peraltro, per definire le modalità di intervento più idonee in relazione alle dimensioni della popolazione dell’ insetto nelle varie aree, è stato concordato con le regioni interessate l'istituzione di uno specifico gruppo di lavoro tecnico-scientifico a cui parteciperanno degli esperti oltre che del Ministero delle politiche agricole anche dei servizi fitosanitari regionali e anche del mondo universitario e quindi del mondo accademico. Con l'occasione faccio presente che allo stato attuale, per le misure di supporto finanziario relative al contenimento dell'organismo nocivo, è possibile intervenire attraverso i piani di sviluppo rurale da parte delle regioni interessate, mediante interventi conformi all'articolo 18 del Regolamento 1305 del 2013 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo agricolo per lo sviluppo rurale. In particolare, tra le tipologie di supporto che la misura può coprire, sono previsti tra l'altro gli investimenti per il ripristino del suolo agricolo e il potenziale produttivo di aree colpite da disastri naturali, condizioni climatiche avverse ed eventi catastrofici. Faccio presente inoltre che il citato Regolamento, all'articolo 21, comma 1, lettera c) e all'articolo 24, introduce anche misure di sostegno in campo forestale. Pertanto, considerando che le aree colpite da parassiti al rientro nell'ambito delle aree naturali protette annoverate nella rete Natura 2000, tali misure potrebbero essere applicate al caso che gli interroganti hanno posto stamattina in Aula.

Replica

Signora Presidente, io ringrazio il sottosegretario per il lavoro che è stato portato avanti che credo vada nella direzione giusta, mi permetto di esprimere due considerazioni. La prima: credo sia fondamentale prestare veramente la massima attenzione a questo parassita per ciò che sta accadendo in altre aree del mondo. Voglio solo ricordare che negli Stati Uniti la presenza di questo parassita è catalogata come il terzo più pericoloso parassita esistente negli Stati Uniti e crea la necessità di investimenti da parte del bilancio federale di 460 milioni di euro all'anno per la cura, il contenimento, la ricerca e la lotta a questo parassita. Quindi, da questo punto di vista credo sia assolutamente necessario, come dire, sicuramente intervenire per tutte le misure di prevenzione. Credo che qui poi serva un grande investimento in ricerca, soprattutto finalizzato a capire se esistano, là dove proviene questo parassita, eventuali antagonisti naturali che possano limitare l'insediamento di questo parassita. La velocità con cui lo abbiamo visto insediarsi nelle aree del Ticino nell'arco di un anno credo debba far suscitare tutte le attenzioni di allarme. 
Mi permetto ancora di ricordare, visto che parliamo di questo, che noi avevamo presentato, nell'agosto 2015, questa interrogazione relativamente alla Popillia Japonica. Nel dicembre del 2015 abbiamo presentato una risoluzione in Commissione che, oltre alla Popillia Japonica, affrontava anche il tema relativo alla cimice asiatica, che è un altro problema di portata altrettanto importante. Credo che su entrambi questi parassiti serva un grande investimento oltre che di coordinamento delle misure di prevenzione anche di ricerca, perché credo che l'esperienza di questi anni ci dice che con la lotta chimica tradizionale probabilmente riusciamo a contenere i danni ma per breve tempo; poi il problema rischia di sfuggirci di mano se non rientrano in pista delle misure che siano capaci di contenere veramente l'espansione di questi parassiti e credo che la strada da verificare, con quel comitato che avete insediato alla luce del decreto di cui il sottosegretario ha parlato, sia assolutamente quella di verificare la possibilità del recupero di antagonisti naturali di questi parassiti. Abbiamo visto con la Dryocosmus, cinipide galligeno, che alla fine, dopo tutta una serie di sperimentazioni, l'unica modalità con cui si è riuscito a bloccare e a ricostruire un equilibrio naturale è stato attraverso l'introduzione del Torymus, il suo antagonista naturale. Credo che per questi parassiti serva un forte investimento, anche a livello economico, in ricerca. Le misure del PSR vanno bene, ma servono, come dire, a mitigare i danni là dove i danni sono avvenuti. Credo che l'investimento forte, di cui anche nell'interrogazione parlavamo, era un investimento soprattutto finalizzato alla ricerca per cercare di prevenire danni ancora più grandi.  Mi considero soddisfatto di ciò che il Ministero ha intrapreso e ringrazio il sottosegretario per questo, ma credo che l'investimento debba essere forte e continuo soprattutto – ripeto – in direzione della ricerca.