07/07/2015
Alessio Tacconi
3-01257

Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che: 
la recente decisione della Banca nazionale svizzera di rimuovere il tetto minimo per il cambio fra euro e franco svizzero introdotto oltre 3 anni fa, il 6 settembre 2011, ha prodotto pesanti ripercussioni sulle retribuzioni dei dipendenti del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale in servizio nella Confederazione elvetica; 
tutto il personale di ruolo e quello a contratto assunto dopo il 2003 è pagato in euro: il crollo improvviso del cambio a seguito della decisione della Banca centrale ha provocato una drastica diminuzione del potere d'acquisto che nei primi giorni aveva toccato addirittura il 30 per cento, per assestarsi poi intorno al 20 per cento dopo gli ultimi «rimbalzi» dell'euro; 
analoghe situazioni di precarietà e insicurezza si sono venute a creare anche in altre aree geografiche, in particolare nell'area dollaro, a causa del progressivo indebolimento dell'euro rispetto ad altre monete «forti»; 
l'articolo 2, comma 71, della legge di stabilità per il 2015 stabilisce che, a far data dal 1o luglio 2015, il Ministero procederà ad una revisione globale dei coefficienti di sede sulla base di rilevamenti obiettivi; 
la vigente normativa prevede anche, con decorrenza il 1o gennaio di ogni anno, la rimodulazione dei coefficienti di sede sulla base di parametri obiettivi legati, soprattutto, alle variazioni del costo della vita e delle condizioni di disagio e sicurezza; 
l'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, come novellato dal decreto legislativo 7 aprile 2000, n. 103, stabilisce che «di norma la retribuzione degli impiegati assunti localmente è fissata e corrisposta in valuta locale», a meno che non ricorrano particolari motivi; 
il decreto interministeriale n. 033/5949 del 31 dicembre 2002, in deroga a quanto stabilito in linea generale dalla norma appena richiamata, prevede che, «a decorrere dal 1o gennaio 2003, la retribuzione del personale assunto a contratto dalle rappresentanze diplomatico-consolari e dagli istituti italiani di cultura viene determinata e corrisposta in euro», con ciò, tra l'altro, determinando un'evidente disparità di trattamento rispetto ai loro colleghi assunti prima del 2003; 
nella Confederazione elvetica, in particolare, la retribuzione corrisposta in euro agli impiegati assunti localmente presso le rappresentanze italiane non sembra congrua ed adeguata a garantire l'assunzione degli elementi più qualificati, tanto più a seguito del suddetto crollo dei cambi –: 
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per porre immediato rimedio alla situazione che si è venuta a creare per effetto della svalutazione dell'euro nei confronti di altre monete; 
quali siano i motivi ostativi all'applicazione della norma di cui all'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 sopra richiamata; 
se non intenda infine, a tutela di tutte le parti interessate, assumere iniziative per introdurre una norma una che preveda una rimodulazione dei coefficienti di sede ogni qual volta ci sia uno scostamento del tasso di cambio superiore ad una determinata percentuale.

Seduta del 7 luglio 2015

Risposta del governo di Benedetto Della Vedova, sottosegretario di Stato per gli Affari esteri, replica di Alessio Tacconi

Risposta del governo

Signor Presidente, a seguito degli eccezionali e imprevedibili sviluppi della politica monetaria in Svizzera, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, la Farnesina si è subito attivata per tutelare il personale impiegato nelle sedi ubicate nella Confederazione e ha posto in essere ogni possibile sforzo per riuscire a reperire all'interno del proprio bilancio fondi sufficienti per procedere ad un aumento del 6 per cento delle indennità di servizio del personale di ruolo in Svizzera e del 10 per cento delle retribuzioni del personale a contratto pagato in euro. 
  Tali misure hanno compensato, almeno parzialmente, gli effetti della svalutazione che in ogni caso si è gradualmente ridotta, attestandosi oggi a un valore medio di circa il 13 per cento in meno, a fronte di una svalutazione iniziale media del 20 per cento. 
  In generale, occorre tener presente che interventi di questo tipo sono realizzati con estrema gradualità e prudenza. In molti casi, si preferisce infatti analizzare la situazione, tenendo in conto un arco di tempo di medio periodo prima di adottare i provvedimenti del caso. È noto che molti parametri e indicatori economici si contraddistinguono per la loro volatilità e che decisioni affrettate potrebbero rivelarsi persino controproducenti. D'altra parte, non è possibile introdurre meccanismi automatici di rivalutazione delle indennità rispetto alle fluttuazioni dei tassi di cambio: ciò implicherebbe un altrettanto automatico aggravio di spesa o comunque effetti di imprevedibilità tali da mettere a rischio il principio della certezza e governabilità del bilancio. In questo senso è lo stesso MEF a non ritenere fattibili meccanismi di questo tipo. 
  Ai sensi dello stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, articolo 171, «i coefficienti di sede sono fissati, nei limiti delle disponibilità finanziarie». Ne deriva che i parametri per la determinazione dei coefficienti di sede – tra i quali, anche l'andamento dei cambi tra la valuta di pagamento dell'ISE e le valute locali – sono subordinati al rispetto degli imprescindibili vincoli di bilancio. 
  In riferimento alla valuta di pagamento del personale assunto localmente, l'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, richiamato dall'onorevole interrogante, permette effettivamente il pagamento degli stipendi anche in euro. Il decreto interministeriale n. 5949 del 2002 ha tuttavia stabilito, a decorrere dal 2003, che le retribuzioni siano determinate e corrisposte nella valuta europea. 
  Segnalo peraltro che il MAECI ha avviato una discussione con il MEF volta ad un superamento dell'attuale normativa, anche in considerazione dei possibili rischi che tale politica può comportare per il personale in servizio all'estero, come – appunto – i rischi che derivano dalle fluttuazioni del cambio. Un primo risultato importante è stata l'adozione del recente decreto interministeriale n. 1153 del 2015, che prevede la possibilità di determinare e corrispondere le retribuzioni del personale a contratto in valuta locale in Paesi in cui venga accertata l'esistenza di una norma imperativa che statuisca in tal senso. 
  Ricordo, infine, che, nel dare attuazione alla riforma delle indennità di servizio all'estero prevista dalla legge di stabilità 2015, il MAECI, grazie anche alla collaborazione con una società specializzata, ha potuto aggiornare gli indicatori di costo della vita per ciascun Paese, ponderandoli alla media dei tassi di cambio con l'euro dell'ultimo semestre.

Replica

Grazie, Presidente. Prima di tutto, ringrazio il sottosegretario per la completa ed esaustiva risposta. Per cominciare, vorrei esprimere un completo apprezzamento per i tempi rapidi in cui si sono mossi il MAECI e il MEF per risolvere il problema, che è sorto lo scorso gennaio in Svizzera, in terra elvetica, dopo la decisione della Banca centrale svizzera di sbloccare il cambio tra euro e franco svizzero. 
Naturalmente, questo non è l'unico caso. Ultimamente, anche il dollaro americano ha avuto una rivalutazione rispetto all'euro piuttosto importante. L'euro, si è infatti svalutato, naturalmente a seguito di alcune decisioni a livello finanziario ed economico da parte della Banca centrale europea, anche di un importo compreso tra il 20 e il 25 per cento. Questo aspetto, legato al pagamento degli stipendi all'estero, sia per quanto riguarda il personale di ruolo, sia per quanto riguarda il personale a contratto, merita dunque una particolare attenzione e un attento approfondimento. 
È vero quello che diceva il sottosegretario nella sua risposta, ossia che stiamo parlando di beni che hanno una volatilità molto elevata. In questo momento, abbiamo avuto una svalutazione dell'euro; abbiamo però visto negli ultimi anni che è successo anche il contrario, cioè non possiamo negare che in altri casi sia capitato che, con una rivalutazione dell'euro, il personale abbia avuto alcuni vantaggi dal cambio. 
È per questo che abbiamo citato il decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, che è stato poi ripreso dal decreto legislativo n. 103 del 2000, la secondo il quale la retribuzione degli impiegati era fissata e corrisposta normalmente in valuta locale, che però è stata derogata dal decreto interministeriale n. 5949 del 2002. Gli effetti che questa deroga ha provocato sono stati una disparità di trattamento tra chi era a cavallo di queste decisioni e di queste deroghe e quindi tra il pagamento in valuta locale o in euro e poi ha posto il rischio del cambio solo sui dipendenti. 
Quindi, da un certo punto di vista, capiamo che il rischio di cambio non può essere tutto a carico dello Stato, però non può neanche succedere il contrario, quindi il rischio di cambio non può neanche essere tutto a carico dei dipendenti. Bisogna trovare una soluzione e la risposta alla nostra interrogazione ne ha presentate alcune ben motivate e, ci sembra, anche molto ragionevoli. 
Noi ci siamo permessi di consigliare e di fare riferimento ad un meccanismo automatico, perché è una formula che è regolarmente attuata nel business. Siamo a conoscenza del fatto che non stiamo parlando di una novità e che il Ministero sicuramente l'ha valutato molte volte, però potrebbe essere – mi permetto, ancora una volta, di sottolinearlo – un meccanismo di salvaguardia del potere d'acquisto, che valga in entrambe le direzioni. Quindi, sappiamo che ci sono dei vincoli di bilancio cui il MEF sicuramente non può derogare – e fin qui siamo tutti d'accordo –, però queste regole e questi meccanismi possono andare in entrambe le direzioni. Nel momento in cui si fissa una certa percentuale del 5, 7 o 10 per cento, oltre la quale ci deve essere una salvaguardia del potere d'acquisto, questo deve avvenire in entrambe le direzioni. Quindi, questa sarà a vantaggio del dipendente, che riceve lo stipendio in euro, oppure a vantaggio dello Stato nel momento in cui invece la volatilità porta la valuta nell'altra direzione.  Ci sono – e concludo, Presidente – tre vantaggi che mi permetto di sottolineare e poi naturalmente il MEF prenderà le proprie decisioni: c’è una tranquillità da entrambe le parti, nel senso che tutti sono coperti, tutti sono tranquilli e salvaguardati; si chiude l'annoso problema delle recriminazioni, che a turno vede i dipendenti da una parte o lo Stato dall'altra recriminare...  Concludo. E poi nel lungo periodo, dicevo, si avrà un saldo zero, perché la volatilità – lo sappiamo – può essere sia da una parte sia dall'altra. 
Quindi, sono soddisfatto della risposta, Presidente.