16/06/2014
Marina Berlinghieri
Locatelli, Gnecchi, Moscatt, Giuseppe Guerini, Albini, Battaglia, Bonomo, Casellato, Chaouki, Culotta, Gianni Farina, Giachetti, Giulietti, Iacono, Mosca, Pastorino, Picierno, Scuvera, Vaccaro, Ventricelli, Albanella, Baruffi, Boccuzzi, Dell'Aringa, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gregori, Gribaudo, Incerti, Maestri, Martelli, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Rotta, Simoni, Zappulla
1-00500

La Camera, 
   premesso che: 
    la libera circolazione dei lavoratori, una delle libertà fondamentali dei cittadini europei, sancita dall'articolo 45 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, sancisce l'abolizione di qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità tra i lavoratori degli Stati membri per quanto riguarda l'impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro e prevede ulteriori diritti relativi alle famiglie dei lavoratori stessi, al fine di assicurare l'effettivo ed integrale perseguimento del principio; 
    la sicurezza e la protezione sociale dei cittadini, parte della natura stessa del «modello sociale europeo», sono collegate al principio di solidarietà e al valore della coesione sociale, rappresentando un orizzonte ineludibile, insito nei principi fondanti dell'ordinamento dell'Unione europea, anche al di là del legame strettissimo con il diritto alla libera circolazione; 
    per tali ragioni, pur non essendo contemplata dal diritto dell'Unione europea un'uniforme regolazione dei sistemi di welfare – con conseguente facoltà da parte di ogni Stato membro di determinare in modo differenziato misure di protezione sociale e modalità di erogazione dei relativi sussidi – i Trattati vigenti indicano alcuni principi fondamentali, che fungono da parametri invalicabili per la legislazione dei Paesi membri, tra cui rileva il principio di non discriminazione (articolo 18 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ex articolo 12 del Trattato che istituisce la Comunità europea) e di cittadinanza (articolo 20 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ex articolo 17 del Trattato che istituisce la Comunità europea); 
    su queste basi si è, inoltre, sviluppato un rilevante corpus di disposizioni in materia, tra cui rilevano: il regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, quale modificato dal regolamento (CE) n. 988/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009; la direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive precedenti in materia; il regolamento (UE) n. 492/2011, che riconosce i diritti dei lavoratori alla libera circolazione e definisce gli ambiti in cui la discriminazione fondata sulla nazionalità è vietata; la recente direttiva 2014/54/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014, intesa ad agevolare l'esercizio dei diritti conferiti ai lavoratori nel quadro della libera circolazione e il contrasto di forme di discriminazione, promuovendo sensibilizzazione e tutela giurisdizionale a garanzia della parità di trattamento; 
    dal punto di vista economico e dei lavoratori in cerca di occupazione, la cittadinanza europea e la libera circolazione rappresentano indiscutibilmente un vantaggio e un elemento chiave per consentire ai cittadini di accrescere la propria formazione ed esperienza, cogliendo nuove opportunità di lavoro: secondo le stime della Commissione europea (Comunicazione sulla libera circolazione della Commissione europea del 2013) restano vacanti nell'Unione europea circa 2 milioni di posti di lavoro, nonostante la crisi economica; 
    la libera circolazione nello spazio europeo da parte di cittadini comunitari comporta: il diritto di soggiornare nel territorio di un altro Paese dell'Unione europea per un periodo non superiore a tre mesi, senza alcuna condizione o formalità e per un periodo superiore a determinate condizioni; per i lavoratori, dipendenti e autonomi, e i loro familiari diretti, il diritto di soggiornare senza particolari condizioni; per le persone in cerca di lavoro il diritto a rimanere nel Paese ospitante per un periodo di sei mesi e oltre, senza essere soggetti a particolari condizioni, se si è costanti nella ricerca del lavoro con possibilità concrete di essere assunti; è previsto anche il mantenimento, per tre mesi, dell'indennità di disoccupazione percepita nel proprio Stato di origine mentre si cerca lavoro in altro Stato membro; 
    non vi è dubbio che ancora vi sia molta strada da fare per costruire un'Europa dei cittadini, sociale, solidale, giusta e sostenibile e per garantire uno spazio effettivo di circolazione, opportunità e lavoro per i cittadini europei. In tale direzione va la proposta di regolamento COM(2014)6 di riforma della rete europea dei servizi per l'impiego – Eures – all'esame del Parlamento europeo; 
    altrettanto indubbia è la necessità di contrastare alcune visioni miopi e primitive, che, strumentalizzando per fini politici le paure causate dalla grave crisi economica, vorrebbero rialzare gli steccati tra gli Stati, rinazionalizzare il mercato del lavoro e ridurre il diritto dei lavoratori di cercare un lavoro, meglio retribuito nello spazio comune e europeo; tali visioni hanno l'unica conseguenza di impoverire e danneggiare proprio coloro che si sostiene di voler proteggere. Occorre, dunque, impedire che attraverso l'utilizzo dello spettro della crisi vengano alimentate le paure per smantellare il modello sociale europeo; 
    tale impostazione, errata e dannosa, emerge dal dibattito, sviluppatosi soprattutto in taluni Paesi membri, a partire dalreferendum svizzero contro l'immigrazione e la libera circolazione dei lavoratori, che porta a richieste in favore di una rinegoziazione dei trattati europei, la revisione di Schengen (in particolare da parte del Premier inglese Cameron), sulla scorta di una presunta insostenibilità dei sussidi sociali a favore dei cosiddetti «turisti del welfare»; 
    su quest'ultimo aspetto, particolarmente sentito in Germania, le proposte legislative (che devono essere ancora approvate dal Bundestag), mirano solo a meglio definire specifiche ipotesi di abuso in tema di prestazioni sociali, con l'introduzione di maggiori verifiche circa i requisiti (in riferimento ad assegni familiari Kindergeld e al sussidio Hartz IV, che finanzia prestazioni di base per tutti i disoccupati o indigenti, ossia una sorta di reddito minimo), con l'obiettivo di colpire con misure più severe i casi irregolari, come per i cosiddetti matrimoni di comodo, l'attestazione di false residenze, il mantenimento di figli non residenti nel Paese ospitante o i casi di lavoro nero; 
    nonostante la strumentalizzazione da parte di alcune forze in Italia, tali previsioni non mirano a scardinare il sistema diwelfare minimo europeo esistente (che, peraltro, non trova alcuna analoga corrispondenza nell'ordinamento e nelle prestazioni assicurate nel nostro Paese) e non potranno in nessun caso risultare in contrasto con i principi stabiliti dai Trattati europei e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea. L'esclusione dal welfare di coloro che provengono da altri Paesi e in cerca di lavoro è considerata dalla Commissione europea una violazione del principio di uguaglianza di trattamento, sancito dai Trattati e ribadito dalla direttiva europea sulla libera circolazione; 
    occorre, inoltre, far chiarezza sulla portata dei fenomeni «migratori» all'interno dell'Europa e, in particolare, dai Paesi neocomunitari dell'Est europeo, ricordando che buona parte è dovuta alla contingenza economica ed è conseguenza del peggioramento delle condizioni economiche di alcuni Paesi membri (circa il 70 per cento del boom migratorio verso la Germania è attribuibile a questo fenomeno); 
    i dati e le ricerche disponibili non supportano la tesi, sostenuta da alcune forze di destra in Europa, secondo cui la crescita dei flussi migratori comporterebbe un elevato abuso dei «generosi sistemi sociali europei»; al contrario, risulta che la gran parte di immigrati nello spazio europeo lavori, paghi le tasse e versi i contributi sociali, senza ricevere maggiori trasferimenti rispetto a quelli dovuti in base alle regole del Paese di accoglienza, alle loro posizioni lavorative e al loro reddito; 
    la Commissione europea ha di recente calcolato che i migranti dell'Unione europea sono meno del 5 per cento del totale di beneficiari delle prestazioni di assistenza sociale, solo in alcuni casi (quelli che fanno più notizia) presentano frodi o abusi, esigui fenomeni che si possono contrastare con piccoli accorgimenti legislativi e controlli più efficaci; inoltre, in riferimento alla popolazione residente con più di 15 anni, sette migranti dell'Unione europea su dieci hanno un'occupazione e, qualora il migrante perda il lavoro, riceve il sussidio pubblico solo in quanto ha pagato tasse e contributi, esattamente come i nazionali; 
    è evidente che interventi restrittivi, attuati o paventati, in materia di libera circolazione, di mobilità dei lavoratori nello spazio europeo e di sicurezza sociale, risentono del clima antieuropeo e anti-immigrazione in tutta Europa; occorre affrontare con forza e respingere i tentativi di far saltare i principi fondanti dell'identità europea e, diversamente, promuovere un'azione costruita su diritti concreti che rimodellino e diano vita a una cittadinanza europea non retorica, ma che si assuma la responsabilità di una nuova generazione europea maggiormente «mobile» rispetto al passato,

 

impegna il Governo:

   a rilanciare nelle sedi europee una nuova programmazione e una nuova linea di politica economica, volta a superare l'esclusivo ricorso al contenimento dei bilanci nazionali, al rigore e all'austerità che rischiano di minare alla base i diritti, il welfare e gli stessi presupposti della costruzione europea, ostacolando la ripresa e la crescita nei Paesi del Sud Europa e, di conseguenza, in tutta l'Unione europea; 
   a farsi promotore di un nuovo patto sociale per un new deal europeo, inserendo tra le priorità del semestre italiano di presidenza dell'Unione europea azioni decisive in favore di una vera Europa sociale che attui concretamente i cosiddetti obiettivi faro del programma «Europa 2020», per garantire standard minimi comuni per i diritti dei lavoratori, uniformare le condizioni salariali, scongiurare il «dumping salariale» e la delocalizzazione industriale nei Paesi più poveri o con più debole legislazione sociale; 
   a sostenere le proposte legislative europee e le azioni politiche in favore di una migliore protezione e inclusione sociale, della «libera circolazione» dei diritti dei lavoratori, in particolare delle prestazioni previdenziali maturate, di forme di assicurazione contro la disoccupazione a carico del bilancio dell'Unione europea e di percorsi di ricollocamento per chi ha perso il lavoro durante la crisi, quale primo tassello verso l'armonizzazione dei sistemi di assistenza sociale nell'Unione europea.

Seduta del 17 maggio 2014

Illustrazione di Antonino Moscatt

Seduta del 18 maggio 2014

Dichiarazione di voto di Giuseppe Guerini