24/07/2014
Maria Antezza
Amoddio, Arlotti, Ascani, Amato, Albanella, Amendola, Basso, Baruffi, Bargero, Paola Bragantini, Capone, Iacono, Iori, Martelli, Mongiello, Oliverio, Piccione, Prina, Rubinato, Paolo Rossi, Sbrollini, Romanini, Taricco, Ventricelli, Zanin, Zappulla
1-00561

La Camera, 
premesso che: 
il tema dell’«apertura» dei reparti di Terapia Intensiva (TI) si inserisce nella più ampia e delicata questione del riconoscimento e del rispetto della dignità e dei diritti del malato; la letteratura scientifica ha posto inequivocabilmente in evidenza: 
a) che non vi è alcuna solida base scientifica per impedire o limitare l'accesso di familiari e visitatori in TI; 
b) che la presenza in TI dei familiari e delle persone care non comporta alcun rischio per il paziente (in particolare di tipo infettivo) ma rappresenta anzi uno dei principali bisogni della persona malata; 
studi scientifici hanno evidenziato come l’«apertura» delle TI sia una scelta utile e motivata, una risposta benefica ed efficace tanto ai bisogni del malato (producendo, ad esempio, una riduzione statisticamente significativa degli indici ormonali distress e delle complicanze cardio-vascolari) quanto a quelli dei familiari (con una riduzione dei livelli di ansia); 
le TI italiane, in base a recenti studi, presentano tuttora «politiche di visita» tra le più restrittive (ad esempio solo il 2 per cento dei reparti consente la presenza di familiari senza limitazioni nelle 24 ore contro una percentuale del 70 per cento della Svezia. Inoltre la media del tempo di visita è attualmente di solo due ore al giorno nelle TI per adulti e di cinque ore nelle TI pediatriche); 
l’«apertura» dei reparti di TI è stata a più riprese ed autorevolmente raccomandata dalla letteratura scientifica internazionale di settore; 
nel 2013 il Comitato nazionale per la bioetica in uno specifico documento (Terapia intensiva «aperta» alle visite dei familiari) ha affermato che: il modello organizzativo definito come TI «aperta» esprime con pienezza il «principio del rispetto della persona nei trattamenti sanitari» orientando l'organizzazione sanitaria in funzione del primato della dignità e dei diritti della persona anche nel tempo di particolare fragilità e dipendenza rappresentato dalla malattia grave che necessita di cure intensive; 
la TI «aperta» è una scelta non solo utile ed efficace per dare risposta ad alcuni importanti bisogni del paziente e della sua famiglia ma anche coerente con i principi di «autonomia, beneficialità e non maleficienza»; 
l'organizzazione delle TI deve essere orientata a promuovere il diritto dei pazienti ricoverati in TI alla presenza accanto a sé dei familiari o delle persone care da essi ritenute figure significative; 
i familiari – e in particolar modo i genitori dei bambini ricoverati e i parenti stretti degli anziani – e in generale le persone indicate dal paziente devono poter avere la possibilità di stare accanto al paziente in TI; 
i pazienti in grado di esprimere la loro volontà devono essere consultati in merito a quali persone essi desiderano accanto a sé; 
le TI devono adeguare la loro organizzazione e le loro visiting policies al modello della TI «aperta»; 
i piani nazionali e regionali di edilizia sanitaria devono prevedere spazi adeguatamente attrezzati per favorire la presenza delle famiglie dei pazienti e dei visitatori; 
l'amministrazione sanitaria, nelle sue diverse articolazioni, deve impegnarsi a favorire e sostenere la realizzazione del modello della TI «aperta»,

impegna il Governo:

ad approntare, in collaborazione con le regioni, linee guida nazionali volte ad adeguare i reparti di Terapia Intensiva al modello della Terapia Intensiva «aperta», coerentemente con quanto indicato anche dal Comitato nazionale per la bioetica; 
a predisporre, per quanto di competenza e in collaborazione con le regioni, un'adeguata e aggiornata formazione per il personale medico, infermieristico e sanitario in genere per quanto riguarda una specifica competenza professionale in tema di comunicazione, gestione dei conflitti, capacità di riconoscere e affrontare i bisogni dei familiari così come ansia o stress; 
ad attivare piani nazionali di edilizia sanitaria, promuovendo, in raccordo con le regioni, quelli regionali, che prevedano spazi adeguatamente attrezzati per favorire la presenza delle famiglie dei pazienti e dei visitatori.