16/10/2015
Vanna Iori
Martelli, Albanella, Amato, Amoddio, Antezza, Argentin, Arlotti, Bazoli, Bergonzi, Blazina, Paola Boldrini, Bonomo, Borghi, Capone, Capozzolo, Carloni, Carnevali, Carocci, Carra, Cimbro, Coppola, Marco Di Maio, Di Salvo, D'Incecco, Donati, Famiglietti, Cinzia Maria Fontana, Fregolent, Gadda, Carlo Galli, Giacobbe, Giuliani, Gnecchi, Iacono, Laforgia, Lacquaniti, Lodolini, Patrizia Maestri, Malisani, Malpezzi, Marchi, Marzano, Mongiello, Morani, Moretto, Narduolo, Nicoletti, Paris, Patriarca, Pes, Piazzoni, Preziosi, Prina, Quartapelle Procopio, Rampi, Romanini, Rossi, Rossomando, Rubinato, Sbrollini, Senaldi, Sgambato, Tidei, Valeria Valente, Verini, Villecco Calipari, Zampa, Zan, Zanin
1-01021

La Camera, 
premesso che: 
ogni anno, nel mondo, milioni di bambine e adolescenti sono sottoposte a mutilazioni genitali femminili (MGF), procedure intenzionali, non eseguite per ragioni terapeutiche ma culturali, che compromettono irreversibilmente la qualità della loro vita ledendo il diritto all'integrità psicofisica, alla dignità, alla libertà; tali pratiche di escissione e infibulazione rappresentano inoltre un gravissimo rischio per la salute, essendo causa di traumi psicologici, infezioni, infertilità e morti prenatali; 
sebbene tali interventi, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, siano maggiormente diffusi nei Paesi dell'Africa e del Medio Oriente, dove si contano oltre 125 milioni di casi, pratiche di escissione e infibulazione avvengono anche nel nostro continente. Secondo le stime dell'Organizzazione mondiale della sanità (eseguite al ribasso e non considerando che si tratta di un fenomeno nascosto, che viene diversamente praticato da immigrati di seconda generazione o irregolari), in Europa oltre 500.000 donne avrebbero subito mutilazioni genitali e 180.000 ragazze sarebbero a rischio; 
secondo gli ultimi dati forniti dal dipartimento per le pari opportunità sono circa 35.000 le donne immigrate presenti in Italia che potrebbero aver subito mutilazioni genitali, tra cui 4.600 di età inferiore a 17 anni, provenienti da Paesi di tradizione escissoria (pertanto, le vittime potenziali di questa pratica sarebbero circa il 22 per cento); 
la fondazione «L'albero della vita» ha redatto nel 2011 la stima ad oggi più aggiornata della diffusione del fenomeno in Italia, rilevando ben 7.727 bambine a rischio, di cui quasi il 70 per cento di età compresa fra i 3 e i 10 anni e iscritte alle scuole dell'infanzia o primarie; 
il 18 dicembre 2014 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato, per consenso di tutti i membri dell'ONU, la risoluzione A/C3/69/L.22 che afferma la richiesta di messa al bando universale delle mutilazioni genitali femminili, confermando la posizione già assunta dalla medesima Assemblea con la risoluzione A/RES/67/146 del 20 dicembre 2012. L'adozione di tali risoluzioni riflette l'intesa di tutti gli stati di definire le MGF una violazione dei diritti umani, la quale deve essere combattuta attraverso tutte le misure necessarie, al fine di proteggere donne e bambine da questa forma di violenza; 
in Italia sono stati compiuti determinanti progressi normativi per il contrasto alle MGF, tramite la legge 9 gennaio 2006, n. 7 («Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazioni genitali femminili») che prevede espressamente che il Ministero della salute «emani le Linee guida destinate alle figure professionali sanitarie nonché ad altre figure professionali che operano con le comunità di immigrati provenienti da Paesi dove sono effettuate le pratiche di mutilazione genitale femminile (MGF), per realizzare una attività di prevenzione, assistenza e riabilitazione delle donne e delle bambine già sottoposte a tali pratiche»; 
sono importanti strumenti di contrasto al fenomeno MGF anche altri atti normativi quali la legge 1o ottobre 2012, n. 172, di ratifica della Convenzione di Lanzarote per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, la legge 27 giugno 2013, n. 77, di ratifica della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica e, da ultimo, il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito dalla legge n. 119 del 15 ottobre 2013 contro il femminicidio; 
dal novembre 2009 il Ministero dell'interno ha istituito un servizio di prevenzione e contrasto delle pratiche di mutilazione genitale femminile, gestito da operatori della polizia di Stato in collaborazione con il dipartimento per le pari opportunità della presidenza del Consiglio, per accogliere segnalazioni e notizie di reato avvenute sul territorio italiano dando informazioni sulle strutture sanitarie e sulle organizzazioni di volontariato a cui rivolgersi; 
a livello di azione sul territorio è poi determinante l'intesa Stato-regioni del dicembre 2012 per lo sviluppo di un sistema di prevenzione e contrasto delle MGF, la cui efficacia non è ancora monitorata; 
la stessa legge n. 7 del 2006, prevede il divieto di praticare le mutilazioni genitali femminili considerandole un grave reato, punito severamente e ravvisa la necessità di sorveglianza e prevenzione soprattutto nei confronti delle figlie delle donne che le hanno già subite nel loro Paese d'origine; 
infine, trattandosi di un fenomeno culturale, volontariamente occultato all'interno di ristretti gruppi sociali e familiari, il più efficace contrasto alle MGF si attua tramite politiche di integrazione, alfabetizzazione, inserimento scolastico, sensibilizzazione ed educazione delle famiglie e delle comunità di appartenenza,

impegna il Governo:

a verificare l'applicazione della legge 9 gennaio 2006 n. 7, e delle linee guida della risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite ONU A/C.3/69/L.22, n. 18, del dicembre 2014, nonché l'efficacia delle norme che ne regolano l'applicazione nel nostro Paese; 
a procedere, nel più breve tempo possibile, alla realizzazione di un sistema istituzionalizzato di raccolta dati sull'incidenza del fenomeno in Italia, al fine di predisporre politiche di prevenzione e contrasto adeguate; 
a monitorare, poiché l'ultima ricognizione risale al 2007, quali siano le regioni che hanno promosso una formazione specifica agli operatori sanitari che hanno il compito di accogliere e curare le bambine che fanno ricorso al Servizio sanitario nazionale a causa delle conseguenze fisiche e psicologiche delle MGF; 
a sostenere, anche economicamente, le regioni che hanno sviluppato attività progettuali sul proprio territorio finalizzate alla realizzazione di percorsi virtuosi di prevenzione e contrasto alle mutilazioni genitali femminili; 
a predisporre, in collaborazione con l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ed avvalendosi dei principali media e degli organi di comunicazione e di stampa, periodiche campagne informative di prevenzione e di sensibilizzazione.