21/01/2017
Vittoria D'Incecco
Lenzi, Beni, Paola Boldrini, Paola Bragantini, Capone, Carnevali, Casati, Patriarca, Murer, Sbrollini, Amoddio, Antezza.
1-01476

La Camera, 
premesso che: 
la resistenza agli antibiotici è un processo naturale di selezione causato dalle mutazioni genetiche a cui vanno incontro i batteri, ma è anche il risultato di alcuni comportamenti: l'uso eccessivo e improprio degli antibiotici permette alle popolazioni resistenti di proliferare e prendere il sopravvento. Compaiono quindi in questo modo i superbatteri resistenti agli antibiotici disponibili; 
secondo il rapporto della commissione indipendente britannica, guidata dall'economista Jim O'Neill, dal titolo «Review on Antimicrobial Resistance», a causa della crescente resistenza dei batteri agli antibiotici, per il 2050 si prevedono oltre 10 milioni di morti all'anno (attualmente sono 700mila), una persona ogni tre secondi, per infezione da microrganismi, un numero di decessi superiore a quello causato dal cancro; 
in Europa, si verificano annualmente 4 milioni di infezioni da germi antibiotico-resistenti che causano oltre 37.000 decessi e determinano un consistente assorbimento di risorse pari a circa 1,5 miliardi di Euro l'anno; 
a destare maggiore preoccupazione sono soprattutto la resistenza del Campylobacter verso la ciprofloxacina e quella delle Salmonelle nei confronti di diverse molecole e dell'Escherichia coli negli allevamenti degli Stati dell'Unione europea. In un report il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) hanno sottolineato che il fenomeno della resistenza antimicrobica rappresenta un grave rischio per la salute umana e animale; 
negli ultimi 10 anni il consumo (anche per l'uso massiccio che se ne fa negli allevamenti) è cresciuto in media nei Paesi Ocse del 4 per cento, arrivando fino alla media di 20,5 dosi ogni 1.000 abitanti. Il Paese che ne consuma di più è la Turchia (41 dosi ogni 1.000 abitanti), seguita dalla Grecia (34), Corea (31,7), Francia (29), Belgio (28,4) e Italia (27,8). Lo stato che ne consuma di meno è invece il Cile (9,4 dosi) e i Paesi Bassi (10,6). In Italia negli ultimi 10 anni l'uso degli antibiotici è cresciuto del 6 per cento; 
stando al rapporto annuale del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, redatto con i dati del sistema di sorveglianza Esac-Net dell'Unione europea, l'Italia è ai primi posti in Europa per consumo di antibiotici e, con il loro uso, anche la resistenza aumenta; 
l'Italia, stando ai dati Ocse aggiornato al 2014, è il terzo Paese con la più alta percentuale di antibiotico resistenza (33-34 per cento nel 2014, raddoppiata dal 2005 quando era al 16-17 per cento). Dopo l'Italia Grecia e Turchia; 
nel nostro Paese le infezioni correlate all'assistenza intra-ospedaliera colpiscono ogni anno circa 284.000 pazienti (dal 7 per cento al 10 per cento dei pazienti ricoverati) causando circa 4.500-7.000 decessi. Le più comuni infezioni sono polmonite (24 per cento) e infezioni del tratto urinario (21 per cento); 
negli Stati Uniti è stato individuato nelle urine di una donna della Pennsylvania un super-batterio, una specie di «escherichia coli», resistente a qualsiasi tipo di antibiotici. A lanciare l'allarme gli scienziati del dipartimento alla difesa Usa; 
l'agente patogeno – si legge nel rapporto pubblicato sulla rivista della Società americana di microbiologia «Antimicrobial Agents and Chemotherapy» – è resistente persino all'antibiotico colistin, farmaco che spesso viene usato come ultima risorsa; 
questo particolare agente patogeno è stato definito dagli esperti «il batterio degli incubi», che in alcuni casi può arrivare ad uccidere il 50 per cento delle persone che ne vengono contagiate; 
la minaccia per la salute è diventata reale e, infatti, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite, lo scorso settembre, si è occupata del problema. I 193 Stati membri hanno firmato un documento congiunto sulle linee guida mondiali per la lotta alla resistenza antimicrobica, definita «la più grande minaccia alla medicina moderna»; 
nel corso dell'ultima Assemblea generale delle Nazioni Unite, il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), Margaret Chan, ha detto che l'antibiotico-resistenza per la salute globale è paragonabile a un «lento tsunami»; 
l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), sul sito web, evidenzia che alcuni dati mostrano quanto siano gravi le ripercussioni dell'antibiotico-resistenza: un'epidemia di tifo multiresistente si sta diffondendo in diverse regioni dell'Africa, in 105 Paesi si registrano forme di tubercolosi resistenti ai farmaci, mentre sono circa 200.000 i neonati che ogni anno muoiono a causa dei cosiddetti super-batteri; 
tra le cause dell'aumento delle resistenze batteriche ha avuto un ruolo determinante l'uso improprio dei vecchi antibiotici. In Italia, per esempio, nonostante le numerose campagne di comunicazione del Ministero, vengono prescritti troppi antibiotici: oltre il 50 per cento dei pazienti ricoverati in ospedale viene sottoposto a questo tipo di terapia. L'eccessivo uso, spesso non corretto, di questi farmaci ha portato a un incremento rilevante delle resistenze batteriche; 
una recente indagine di Eurobarometro sull'uso degli antibiotici – pubblicata dalla Commissione europea nel giugno 2016 e condotta su 28 mila europei, tra cui 1000 italiani – «boccia» le abitudini degli italiani. Lo studio mostra che gli italiani sanno poco dell'efficacia e degli effetti degli antibiotici e, quindi, li usano in modo inappropriato. In termini di consumo, l'Italia si colloca tra i primi cinque a livello europeo con il 43 per cento. La media europea è del 34 per cento e l'Italia è molto distante dai primi della classe: i Paesi del nord come Svezia (con il 18 per cento), Olanda (20 per cento), e Germania (entrambi al 23 per cento); 
centrale, in tal senso, è il ruolo dell'informazione. In Italia, però, solo il 15 per cento dei cittadini ha ricevuto una qualche indicazione, quasi sempre da un medico, sul fatto di non usare antibiotici quando non sono necessari. La media europea è, invece, del 33 per cento; 
l'utilizzo dei vaccini ridurrebbe la necessità di utilizzare antibiotici e contribuirebbe a combattere l'aumento delle infezioni da batteri resistenti ai farmaci. I vaccini possono combattere la resistenza ai farmaci perché riducono i casi di infezione e la necessità di ricorrere ad antibiotici; 
il nostro Paese è il terzo maggiore utilizzatore di antibiotici negli animali da allevamento in Europa (dopo Spagna e Cipro), con un consumo più alto di quello effettuato da altri Paesi di simili dimensioni (il triplo della Francia e cinque volte il Regno Unito); 
l'uso eccessivo di antibiotici negli allevamenti intensivi è una delle principali cause della sempre maggiore resistenza degli organismi patogeni agli antibiotici; 
in Italia il 71 per cento degli antibiotici venduti è destinato agli animali e il 94 per cento di questi trattamenti è di massa. Questo determina una situazione di rischio elevato per la nascita di super batteri che dagli allevamenti possono raggiungere le persone e farle ammalare, contribuendo a far salire il numero di morti per antibiotico resistenza; 
l'Unione europea con una direttiva nel 2006 ha proibito l'utilizzo di antibiotici come «promotori della crescita». Nel 2011 l'Ema ha pubblicato un piano in 12 punti contro la resistenza agli antibiotici. Svezia, Danimarca, Germania e Francia già da diversi anni hanno imposto delle misure per monitorare il problema finalizzato a frenare l'utilizzo degli antibiotici negli allevamenti per contrastare le resistenze nella medicina umana e animale; 
il 2 marzo 2016 è stata approvata una risoluzione dalla IX Commissione (Agricoltura e produzione agroalimentare) e dalla XII Commissione (Igiene e sanità) riunite del Senato della Repubblica, sulla riduzione dell'impiego di antibiotici nell'allevamento animale,

impegna il Governo:

1) a promuovere iniziative destinate ad incentivare l'uso responsabile degli antibiotici in commercio, limitandone l'utilizzo; 
2) ad adottare iniziative per favorire un cambiamento culturale nella popolazione e nella comunità medica che determini un impiego appropriato degli antibiotici in modo da ridurne l'abuso e prolungarne il più possibile la vita; 
3) a promuovere incentivi finanziari per lo sviluppo di nuovi test diagnostici che possano evitare la somministrazione inutile di antibiotici e dotare gli ospedali di servizi di microbiologia permanente; 
4) a sostenere la formazione del personale sanitario e a rilanciare la ricerca e lo sviluppo di nuovi antimicrobici; 
5) ad intensificare le modalità di promozione delle vaccinazioni; 
6) a mettere in campo iniziative di monitoraggio per garantire il benessere degli animali allevati e per ridurre l'utilizzo di antimicrobici, tutelando la salute umana; 
7) ad accelerare le procedure per la redazione del piano nazionale contro l'antibiotico resistenza e per l'obbligatorietà della ricetta elettronica del farmaco veterinario per effettuare controlli e monitoraggi sul consumo di antibiotici. 

Seduta del 23 gennaio 2017