18/05/2016
Luigi Dallai
Monchiero, Coscia, Piccoli Nardelli, Ghizzoni, Ascani, Blazina, Bonaccorsi,Carocci, Coccia, Crimì, D'Ottavio, Iori, Malisani, Malpezzi, Manzi, Narduolo, Pes, Rampi, Rocchi,Sgambato, Ventricelli, Capua, Benamati, Coppola, Vezzali
1-01279

La Camera, 
premesso che: 
nella società della conoscenza sapere e scienza sono fondamentali e altrettanto lo sono (per lo sviluppo economico, sociale e culturale del Paese) università e istituti di ricerca e, più in generale, coloro che, svolgono un ruolo di produzione e di consolidamento della conoscenza tecnico-scientifica; 
il progresso e lo sviluppo economico del Paese sono legati alla capacità delle politiche pubbliche di incoraggiare l'attività dei ricercatori, indipendentemente dall'ente o dall'istituzione d'appartenenza, attraverso strumenti regolativi, con l'aumento e la riforma del sistema di allocazione delle risorse destinate alla ricerca; 
i dati elaborati da diverse organizzazioni internazionali evidenziano l'alta qualità della ricerca condotta da cittadini italiani, sia in Italia, sia all'estero; allo stesso tempo, l'elevato tasso di disoccupazione complessiva e l'altissimo tasso di disoccupazione giovanile mostrano la difficoltà di tradurre in benessere di tutta la società il lavoro svolto nella ricerca e nell'innovazione; 
investire sull'istruzione e sulla ricerca è fondamentale in un Paese moderno, soprattutto per tornare alla crescita. Il sistema universitario e degli enti di ricerca è il punto centrale di queste politiche ed è necessario puntare sulla valutazione e sulla premialità, legando l'erogazione dei finanziamenti all'esito della valutazione; 
negli ultimi venti anni il sistema universitario italiano ha attraversato molte riforme, alcune rimaste incompiute. Leggi e decreti si sono susseguiti intervenendo sui meccanismi di finanziamento pubblico e sull'autonomia universitaria; 
occorre incoraggiare il nesso complementare tra gli atenei, e tra gli enti di ricerca premiandone la vocazione e potenziandone le aree di ricerca più rappresentative; 
è auspicabile una revisione del sistema di allocazione delle risorse e un ripensamento del ruolo dei singoli atenei nei settori della formazione e della ricerca; il presupposto per un'efficace realizzazione di questi obiettivi non può prescindere dall'incremento significativo delle risorse per il comparto, ivi compresi gli enti di ricerca; 
in Italia, il finanziamento pubblico degli atenei rappresenta circa il 77,5 per cento del totale complessivo delle risorse disponibili; si tratta di un dato simile a quello dell'Europa continentale ed al di sopra dei Paesi anglosassoni, mentre negli Usa la parte pubblica è inferiore al 50 per cento. Gli atenei italiani dipendono — dunque — in modo preponderante da finanziamenti pubblici diretti. La maggior parte proviene dal Ministero dell'istruzione, dell'università e a della ricerca tramite il Fondo di Fondo di finanziamento ordinario (Ffo); 
il Ffo è stato istituito per concedere maggiore autonomia finanziaria e gestionale agli atenei; per riequilibrare il finanziamento fra istituzioni universitarie in relazione alla performance e per legare l'allocazione dei fondi pubblici alla valutazione della ricerca e della didattica; 
nel corso degli anni, tuttavia, sono state poste a carico del fondo spese di natura vincolata e indipendenti dall'effettiva dinamica della ricerca; 
è stata inoltre introdotta la riforma del sistema nazionale della ricerca (con il decreto legislativo n. 204 del 1998) con la quale sono state individuate le attività e le iniziative di ricerca considerate strategiche per lo sviluppo del Paese. Il Programma nazionale della ricerca definisce gli obiettivi e le modalità, di attuazione degli interventi specificati per aree tematiche prioritarie, settori disciplinari, soggetti coinvolti, progetti finanziabili; 
tuttavia, i finanziamenti hanno subito un decremento negli ultimi anni, nel corso dei quali la ricerca di base (Prin) ha visto progressivamente diminuire i propri stanziamenti; 
negli anni della crisi, a partire dal 2008, vi è stato un calo significativo dell'allocazione di risorse all'università e alla ricerca: il Ffo è passato dallo 0,4 per cento del Pil del 1994 al livello massimo dello 0,49 del 2011 (7513 milioni di euro), per poi stabilizzarsi negli anni successivi allo 0,42 per cento del Pil nel 2105 (6904 milioni di euro), con l'arresto della curva discendente; 
la riduzione del finanziamento all'università, ha portato a criticità, di bilancio per gli atenei, a una riduzione del turn over e a un invecchiamento del personale docente, al mancato inserimento di giovani ricercatori nel sistema formativo; 
per invertire questa tendenza, nella legge di stabilità per il 2016 sono state previste diverse misure, quali per esempio lo sblocco del turn over, la previsione dell'assunzione di 500 docenti d'eccellenza e il reclutamento di circa 1000 nuovi ricercatori; 
le misure richiamate consentiranno di assumere nuovi ricercatori e di stabilizzare una parte di quelli che lavoravano a tempo determinato; 
al fine di contrastare il calo delle immatricolazioni e delle iscrizioni, sono stati elevati il livello ISEE e gli stanziamenti per le borse di studio (questi ultimi, per la seconda volta in 10 anni, superano i 200 milioni di euro); 
il nostro Paese deve attivare il contributo delle imprese e del settore privato anche in questo ambito. Guardando i dati europei, appare evidente come i Paesi con elevati coefficienti di spesa in ricerca da parte delle imprese (Finlandia, Svezia, Danimarca, Slovenia, Austria e Germania) abbiano un alto livello di spesa, complessiva in ricerca; 
il 1o maggio 2016 il Cipe ha approvato il PNR 2015-2020 che si muove nella medesima direzione; 
tale programma prevede circa 2 miliardi e mezzo di euro per investimenti complessivi nel triennio 2015-2017, di cui 1 miliardo e 900 milioni a carico del bilancio del Ministero dell'istruzione e della ricerca e 500 milioni a carico del PON ricerca, a valere sul Fondo sviluppo e coesione (FsC) 2014-2020; 
il PNR si struttura su sei pilastri: internazionalizzazione, capitale umano, programma nazionale infrastrutture, cooperazione pubblico privato e ricerca industriale, efficacia e qualità della spesa, per il Mezzogiorno; 
esso affronta alcune emergenze del sistema universitario per quel che riguarda il capitale umano, cui è destinata una cospicua parte della somma citata (1 miliardo e 200 milioni di euro) al fine di formare, potenziare, incrementare il numero di ricercatori e favorire il trasferimento di conoscenza alla società nel suo complesso; 
il piano compie inoltre un passo avanti nel porre finalmente la ricerca al centro delle strategie di sviluppo del Paese, attraverso politiche pubbliche in grado di portare il Paese verso un modello di crescita fondato sull'innovazione ed il progresso tecnologico e quindi capace di meglio assorbire il capitale umano; 
esso punta anche sul valore della formazione, quale strumento di affermazione professionale per le giovani generazioni e, in definitiva, come strada principale per stimolare e incentivare lo studio post-diploma, cui deve essere accompagnata un'offerta formativa capace di ridurre il gap tra lo studio ed il lavoro; 
peraltro, nel PNR si fa riferimento anche alle risorse destinate al cofinanziamento di programmi transnazionali ed internazionali, indirizzate ai vincitori di progetti banditi dallo European Research Council (246 milioni di euro nel triennio 2015-2017). In questa chiave l'Italia è chiamata a confrontarsi anche con la metodologia competitiva dell'assegnazione dei fondi, tale per cui la ricerca è finanziata per specifici obiettivi e iniziative,

impegna il Governo

a verificare le modalità più efficaci per attuare il coordinamento delle diverse forme di assegnazione dei fondi di ricerca negli enti vigilati dai diversi ministeri; 
ad approfondire, per il conseguimento di una premialità competitiva su un arco temporale prolungato, quali possibili vantaggi e quali difficoltà operative possano ravvisarsi nell'individuazione di un soggetto unico competente per la funzione del finanziamento della ricerca, ovvero a verificare se tale ultimo obiettivo debba essere perseguito mediante l'istituzione di un nuovo soggetto o mediante l'attività di soggetti esistenti nel settore; 
ad esplorare, in modo concreto, le ipotesi di sinergia tra società pubbliche e o partecipate da enti pubblici, da un lato, e gli atenei, dall'altro, al fine di attivare nuove forme di finanziamento alla ricerca; 
a promuovere la crescita e la competitività dei ricercatori italiani nello spazio europeo della ricerca, anche attraverso il sostegno e la semplificazione delle attività del ricercatore vincitore di bandi internazionali. 
 

Seduta del 18 maggio 2016

Dichiarazione di voto di Luigi Dallai