14/04/2015
Daniela Sbrollini
D'Incecco, Lenzi, Albini, Amato, Argentin, Becattini, Beni, Paola Bragantini, Burtone, Capone, Carnevali,Casati, Fossati, Gelli, Grassi, Mariano, Miotto, Murer, Patriarca, Piazzoni, Piccione
1-00806

La Camera, 
premesso che: 
secondo dati Istat pubblicati a novembre 2014, nel 2013 sono stati iscritti in anagrafe per nascita 514.308 bambini, quasi 20 mila in meno rispetto al 2012, pari al 3,7 per cento in meno rispetto al 2012, mentre sono 509 mila le nascite nel 2014, cinquemila in meno rispetto al 2013, il livello minimo dall'Unità d'Italia; 
il dato conferma che è in atto una nuova fase di riduzione della natalità: oltre 62 mila nascite in meno a partire dal 2008;
prosegue, quindi, la diminuzione della fecondità avviatasi dal 2010: nel 2013, così come nel 2014, il numero medio di figli per donna è sceso a 1,39 (rispetto a 1,46 del 2010). Per le italiane l'indicatore nel 2014 è pari a 1,31 figli per donna, per le cittadine straniere è pari a 1,97; mentre l'età media al parto sale a 31,5 anni; 
nel 2013 sono stati registrati 600.744 decessi (12 mila in meno rispetto al 2012, -2 per cento), mentre nel 2014 sono stati 597 mila, circa quattromila in meno del 2013, facendo sì che il saldo naturale, dato dalla differenza tra nati e morti, è risultato negativo per 86.436 unità nel 2013 e di circa poco più di 90 mila unità nel 2014; 
il saldo naturale della popolazione complessiva è negativo ovunque, con le sole eccezioni delle province autonome di Trento e Bolzano e della Campania; 
un significativo calo della mortalità ha determinato un ulteriore aumento della speranza di vita alla nascita, giunta a 80,2 anni per gli uomini e a 84,9 anni per le donne. Per via del processo di convergenza della sopravvivenza maschile a quella femminile, la differenza di genere è scesa a 4,7 anni; 
l'aumento dell'invecchiamento della popolazione e della vita media, da un lato, e il regime di persistente bassa fecondità, dall'altro, fanno sì che l'Italia abbia conquistato, a più riprese, il primato di Paese con il più alto indice di vecchiaia del mondo: al 1o gennaio 2013 nella popolazione residente si contano 151,4 persone di 65 anni e oltre ogni 100 giovani con meno di 15 anni. Tra i Paesi europei supera l'Italia solo la Germania (158), mentre la media dell'Unione europea è pari 116,6; 
questa misura rappresenta il «debito demografico» contratto da un Paese nei confronti delle generazioni future, soprattutto in termini di previdenza, spesa sanitaria e assistenza. Trent'anni di tale evoluzione demografica consegnano un Paese profondamente trasformato nella sua struttura e nelle sue dinamiche sociali e demografiche. Alle sfide che la globalizzazione e le crisi finanziarie impongono ai sistemi Paese, l'Italia si presenta con una struttura per età fortemente squilibrata, in termini di rapporto tra popolazione; 
la concomitanza tra la fase di crisi economica e la diminuzione delle nascite, che colpisce particolarmente la componente giovane della popolazione (ravvisabile in quasi tutti i Paesi europei), fa presumere una relazione di causa-effetto tra i due fenomeni, anche se non è possibile stabilirne con certezza il legame causale. Lo stesso è avvenuto per la diminuzione dei matrimoni, registrata proprio negli ultimi quattro anni; 
in Francia il tasso di fertilità totale supera i 2 figli per donna (Eurostat, 2013). Questo fattore viene in parte spiegato da politiche sociali per la famiglia, che storicamente hanno avuto una connotazione pro-natalità molto evidente; 
nel nostro Paese gli effetti della sfavorevole congiuntura economica sulla natalità vanno a sommarsi a quelli strutturali dovuti alle importanti modificazioni della popolazione femminile in età feconda. Con l'uscita dall'età feconda delle generazioni più numerose, si registra una progressiva riduzione delle potenziali madri, dovuta al prolungato calo delle nascite iniziato all'incirca a metà anni ’70, con effetti che si attendono ancora più rilevanti in futuro; 
alla luce di questo quadro assumono un significato rilevante le iniziative intraprese da questo Governo per incentivare le nascite, per aiutare le giovani coppie al fine di contrastare il trend negativo della natalità, quali il cosiddetto bonus bebé, assegno annuo di 960 euro erogato per ogni nuova nascita o adozione fino al 31 dicembre 2018; lo stanziamento di 100 milioni di euro per il rilancio del piano per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi per la prima infanzia; lo stanziamento di 45 milioni di euro per l'anno 2015 a favore dei nuclei familiari con un numero di figli minori pari o superiore a quattro; ed ancora gli incrementi per il fondo delle politiche sociali o per quello delle famiglia; l'emanazione del decreto legislativo a sostegno della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro di cui alla legge 14 dicembre 2014, n.183,

impegna il Governo:

a sostenere ed incrementare politiche attive e misure efficaci di sostegno per favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, con particolare riguardo a chi ha redditi bassi e discontinui; 
a promuovere politiche sociali di sostegno alla maternità e paternità, anche attraverso l'incremento delle strutture e dei servizi socio-educativi per l'infanzia e, in particolare, per la fascia neo-natale e pre-scolastica, garantendone l'attuazione e l'uniformità delle prestazioni su tutto il territorio nazionale, confermando, altresì, il tempo pieno in ambito scolastico; 
ad assumere iniziative per dare continuità alla misura del «bonus bebé» di cui all'articolo 1, comma 125, della legge n. 190 del 2014; 
ad assumere iniziative per incrementare la quota del bilancio statale destinata alle politiche di sostegno alla famiglia; 
ad assumere iniziative volte all'introduzione di misure stabili che garantiscano il diritto alla genitorialità e, in particolare, alle madri di poter scegliere la maternità senza rinunciare al lavoro; 
a favorire e stabilizzare le politiche di conciliazione dei tempi di cura, di vita e di lavoro al fine di consentire alle lavoratrici ed ai lavoratori di conciliare le proprie responsabilità professionali con quelle familiari, di educazione e cura dei figli e a consolidare la sperimentazione di azioni positive per la conciliazione famiglia-lavoro. 
 

Seduta del 16 aprile 2014