Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
la crisi siriana continua ormai da otto anni ed ha causato oltre 300 mila vittime secondo le stime delle Nazioni Unite, circa 500 mila secondo i conteggi di altre organizzazioni umanitarie;
dall'inizio del conflitto 11,5 milioni di persone, quasi metà della popolazione prima dell'inizio della guerra, sono state costrette ad abbandonare le proprie case: 5,6 milioni di persone hanno trovato rifugio fuori dalla Siria, mentre 6,5 milioni di persone sono sfollati interni e le persone che in totale necessitano di assistenza sanitaria e protezione risultano essere più di 13 milioni;
dall'inizio del conflitto la perdita economica in Siria è stimata in 255 miliardi di dollari e oggi 4 siriani su 5 vivono in condizioni di estrema povertà;
secondo Save the children sono 5,8 milioni i bambini che vivono sotto i bombardamenti e necessitano di aiuti immediati e almeno 3 milioni i bambini che hanno fino a sei anni e non hanno mai conosciuto altro che la guerra;
ciononostante, la Siria sta entrando in una nuova fase: il Presidente Bashar al Assad ha vinto la guerra civile, assicurandosi il controllo del centro delle città e poi attaccando militarmente le periferie controllate dai ribelli, e, sebbene, gran parte del Paese rimanga al di fuori del controllo del Governo di Damasco e la violenza continui a imperversare, l'attenzione nazionale e internazionale è sempre più rivolta alla fase post bellica;
gli Stati Uniti hanno dato il via al ritiro delle proprie truppe dalla Siria. Lo ha annunciato un portavoce della Casa Bianca, senza specificare, per motivi di sicurezza, i dettagli dell'operazione;
nonostante il determinante contributo che le forze curdo-siriane (Ypg) hanno dato sul campo alla battaglia contro il califfato, con il ritiro degli Usa la questione curda in Siria si complica ulteriormente, con la Turchia che continuerà a combattere le forze curde in Siria;
il Ministro interrogato ha dichiarato recentemente che «stiamo lavorando per valutare se e in che tempi sia necessario» riaprire l'ambasciata in Siria, anche se l'ambasciata non è mai stata tecnicamente chiusa, ma nel 2012 era stato richiamato l'ambasciatore in seguito ai primi rapporti sui massacri di civili. Un passo compiuto insieme ai principali partner dell'Unione europea –:
quale sia la valutazione del Governo in merito alla situazione in Siria, anche alla luce del ritiro delle truppe americane e della ripresa delle attività di diplomazia in loco con la riapertura dell'ambasciata italiana a Damasco.
Seduta del 16 gennaio 2019
Illustrazione di Lia Quartapelle Procopio, risposta del Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Enzo Moavero Milanesi, replica di Piero Fassino
LIA QUARTAPELLE PROCOPIO Grazie Presidente, Ministro, bastano due numeri a descrivere la situazione della guerra civile in Siria scatenata da Assad: 12 milioni di siriani che non vivono più nelle loro case, mezzo milione di morti. Dobbiamo avere presente questi numeri perché la situazione sul terreno sta cambiando, si sta aprendo una nuova fase dal punto di vista militare, Assad sta vincendo, gli americani si stanno ritirando, la situazione curda sta complicandosi ulteriormente. In questo contesto ci sono notizie di una possibile riapertura della nostra ambasciata, da dove è stato ritirato il nostro ambasciatore nel 2012, di concerto con i partner europei, alle prime notizie dei morti civili.
E quindi le chiediamo, da un lato, qual è la sua valutazione sulla situazione in Siria, che cosa pensiamo noi di fare per aiutare ricostruzione pace e, in secondo luogo, che tipo di atteggiamento intendiamo tenere di accordo con i partner europei nei confronti del regime siriano, che resta un regime che si è macchiato di crimini contro l'umanità orrendi.
ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Grazie, Presidente. Sappiamo tutti che la soluzione del conflitto in Siria e la conseguente ricostruzione del Paese possono essere assicurate soltanto attraverso un processo che sia in linea con la Risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU, la 2254.
Dunque, sul versante diplomatico l'Italia ha l'obiettivo di facilitare la ripresa dei negoziati a Ginevra, fare in modo che sia assicurata la massima collaborazione al nuovo inviato speciale delle Nazioni Unite.
Le tensioni dei giorni scorsi, la perdurante instabilità in Siria e gli altri sviluppi in atto nell'area impongono di aumentare il livello di attenzione.
Noi auspichiamo che il Comitato costituzionale incaricato di riformare la Costituzione siriana in un'ottica democratica possa iniziare presto i propri lavori, così come più volte auspicato dalla comunità internazionale.
In riferimento all'annuncio americano di ritirare le truppe in Siria, il Segretario di Stato Pompeo il Consigliere per la Sicurezza nazionale Bolton mi hanno ribadito la volontà di proseguire la lotta contro Daesh e l'intenzione di procedere in modo graduale e in consultazione con i Paesi amici.
Per quanto riguarda la nostra presenza diplomatica a Damasco, considerato l'insieme dei più recenti sviluppi in Siria, stiamo valutando ogni ipotesi, incluso l'eventuale innalzamento del livello del nostro rappresentante diplomatico presso l'ambasciata stessa. Come chiarisce la parola valutare, si tratta di un'iniziativa di analisi, diretta a metterci in condizione di poter disporre di ogni elemento al fine di essere pronti, se necessario, a discutere i modi dovuti e adottare le decisioni migliori.
Il recente avvicendamento dell'incaricato d'affari non incide su questi intenti, bensì è dovuto al fatto che il suo predecessore era rimasto in servizio oltre il termine consentito. Il nuovo incaricato continuerà, analogamente al predecessore, ad essere basato a Beirut, ad attenersi strettamente alle posizioni convenute in sede di Unione europea.
Segnalo anche che siamo estremamente attenti agli aspetti umanitari, abbiamo stanziato importanti cifre per iniziative di assistenza, in particolare nel 2018 27,1 milioni.
È stato ed è dovere del Governo permettere al Paese di essere pronto ad ogni ulteriore possibile sviluppo nell'area.
PIERO FASSINO Signor Presidente, grazie signor Ministro, entriamo nel nono anno della guerra civile in Siria, basterebbe ricordare che la guerra mondiale è durata sei, e sappiamo bene che è una tragedia senza fine, che ha prodotto sofferenze inenarrabili, migrazioni di massa, distruzioni del Paese, la collega Quartapelle ha già ricordato le cifre.
Ora, noi vediamo con grande preoccupazione il rischio di un aggravamento ulteriore, perché il disimpegno americano, la tentazione della Turchia di invadere un pezzo del nord della Siria, la solitudine dei curdi, la ripresa dell'Isis, sono tutti i fattori che possono non solo aggravare ulteriormente la situazione, ma allontanare ancora di più la ricerca di una soluzione dopo nove anni di tragedia.
E quindi, certo, io convengo con quanto lei ha detto, bisogna alzare il livello di attenzione; livello di attenzione significa anche, però, assumere una serie di iniziative. Risulta evidente, a questo punto, che sempre di più dobbiamo lavorare per una soluzione negoziata perché non c'è soluzione militare a questa crisi. E credo che la prossima conferenza dell'Unione europea di aprile sulla crisi siriana debba essere l'occasione per una assertiva presenza dell'Italia a concorrere a una soluzione negoziata.
Chiediamo nel contempo che il Governo italiano renda evidente la contrarietà a qualsiasi iniziativa della Turchia che possa invadere il territorio siriano, così come credo che dobbiamo assicurare, anche da parte del nostro Paese, una continua attenzione a che i curdi, che sono stati il principale argine nei confronti di Daesh ISIS, non vengano a trovarsi in una condizione di isolamento e di indebolimento.
E infine, sull'ambasciata, lei ha detto che si tratta di un'analisi, di una verifica, io credo che ci siano due elementi, che le sottopongo e prego di considerare. Primo: non sia una decisione unilaterale, ma sia una decisione convenuta con gli altri partner europei, quanto meno i partner europei più presenti sul terreno. Secondo: che non sia una decisione incondizionata; lei ha fatto riferimento al Comitato costituzionale, di cui auspichiamo la ripresa, una condizione per tornare sul terreno è che ci sia questo. E poi ci sono, secondo Amnesty International, 82 mila prigionieri politici: non si può riaprire un'ambasciata se non c'è qualche segno significativo in questa direzione.