13/03/2015
Ileana Piazzoni
CHAOUKI, DI SALVO, MATTIELLO e QUARTAPELLE PROCOPIO.
3-01363

Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che: 
una recente inchiesta giornalistica pubblicata dal settimanale L'Espresso ha portato all'attenzione dell'opinione pubblica una gravissima e inquietante situazione di violenza e sfruttamento sulle donne straniere, per la maggior parte di nazionalità rumena, che da anni si protrae nelle campagne del ragusano; 
le campagne iblee rappresentano un distretto ortofrutticolo tra i più importanti d'Italia, dove le coltivazioni intensive si sostengono grazie al lavoro quotidiano di una manodopera principalmente di composizione straniera; 
su circa 3000 aziende agricole di piccola e media dimensione, nel 2011 risultavano regola ente registrati 11.845 migranti, ma una stima reale parrebbe oscillare tra le 15 mila e le 20 mila persone straniere impiegate nel lavoro dei campi e nelle serre; 
sono migliaia dunque le donne straniere, con netta prevalenza di donne provenienti dall'est Europa, che lavorano nelle campagne del ragusano, vivendo segregate in casali isolati, spesso con minori a carico; 
quello che emerge dall'inchiesta giornalistica è un quadro raccapricciante di abusi, violenze ed omertà. In un contesto di quasi totale isolamento infatti, queste donne si trovano costrette a subire ogni genere di violenza sessuale, una realtà fatta di segregazione, sfruttamento, aborti e veri e propri «festini» forzati nei casali sperduti della campagna, nell'omertà e nell'acquiescenza di tutti; 
questa vicenda tratteggia un quadro desolante delle campagne e del mondo rurale del nostro Paese. Condizioni di sfruttamento lavorativo che a volte rasentano vere e proprie nuove forme di «schiavismo» sono state più volte denunciate dalle organizzazioni sindacali e da associazioni e Organizzazioni non governative che si occupano della tutela dei diritti umani; 
sulla questione specifica occorre inoltre ricordare come da tempo la Flai-CGIL, ma anche Emergency e Medici Senza Frontiere siano impegnate a difesa della dignità e dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici nella campagne di Vittoria e del ragusano. È stato attivato da poco il progetto «Solidal Transfert», promosso da CGIL e Medici Senza Frontiere, un pulmino che permette ai braccianti di spostarsi senza dipendere dai datori di lavoro, proprio per evitare che la situazione di isolamento in cui questi ultimi e le loro famiglie vivono continui a sfociare in sfruttamento lavorativo e ricatti sessuali nei confronti delle donne, anche in cambio di beni di prima necessità; 
Vittoria è il primo comune in Italia per estensione delle coltivazioni plastificate e per numero di aborti in proporzione al numero di abitanti: spesso le donne straniere che abortiscono sono giovanissime e arrivano in ambulatorio accompagnate dai proprietari delle serre in cui lavorano; 
nelle campagne isolate della provincia ragusana sembra essere tutto lecito, come testimoniato da molte delle vittime: ad approfittare di loro pare siano un po’ tutti, senza distinzione, dai capi ai loro familiari fino ad arrivare ad amici e conoscenti, nella più totale omertà, anche della comunità d'origine: i mariti delle vittime, quando ci sono, spesso risultano acquiescenti alla situazione, per paura o per necessità; 
una ricerca condotta dall’«Associazione per i diritti umani» di Vittoria rivela che le abitazioni in cui vivono i lavoratori stranieri sono molte volte piccole, senza infissi, con letti che altro non sono che cartoni, buchi nel soffitto che fanno passare l'acqua piovana, mura erose dall'umidità in cui proliferano i miceti, che causano patologie come l'asma, soprattutto in soggetti di tenera età, prima perfettamente sani. Il tutto nel totale disinteresse dei locatari, che invece, in molti casi, chiedono cifre d'affitto fino a 300 euro; 
anche la Chiesa si è mossa fin dal principio per denunciare e contrastare questo vergognoso fenomeno. Don Beniamino Sacco, della parrocchia di Santo Spirito, da anni si batte denunciando come il fenomeno non sia isolato e, grazie al suo operato, a Vittoria anni fa è stato incarcerato uno degli sfruttatori. Lo stesso religioso in un successivo articolo pubblicato sempre da L'Espresso, confessa: «Qualcuno mi accusa di aver rovinato il paese per aver difeso gli immigrati. Sono orgoglioso di essere stato dalla loro parte. Non potevo tacere»; 
in questo secondo articolo emergono inoltre dettagli ulteriori sulla vicenda, che ribadiscono come lo sfruttamento lavorativo e le violenze sessuali ai danni delle donne straniere nelle campagne del ragusano siano noti da anni. Risalirebbe a ben 4 anni fa la prima denuncia al commissariato di Vittoria per un ricatto operato da un datore di lavoro che chiedeva prestazioni sessuali, in cambio del posto di lavoro e del pagamento degli arretrati, a una coppia di lavoratori rumeni. La testimonianza si trova anche nel video «Solidal», prodotto dalla Cgil, reperibile in rete. Nonostante ciò la denuncia cade nel vuoto, tant’è che la coppia perde il lavoro; 
secondo quanto raccolto da testimonianze di operatori della cooperativa Proxima, attiva nel contrasto della tratta e nella difesa dei diritti fondamentali, le violenze sessuali sarebbero solo la punta dell’iceberg. Troppi sarebbero i lavoratori non contrattualizzati, che per mesi ricevono solo acconti di salario e con ingenti crediti da riscuotere, mai evasi dai datori di lavoro. Carenti sarebbero inoltre le ispezioni per la sicurezza sui luoghi di lavoro; 
la terribile realtà scoperchiata dall'inchiesta giornalistica più volte citata necessita di un intervento rapido e deciso da parte delle istituzioni. Non appare infatti tollerabile che in alcune zone del Paese possano verificarsi lesioni della dignità umana e dei diritti fondamentali così numerose e di così grave portata –: 
quali iniziative urgenti i Ministri interrogati intendano adottare al fine di fare luce definitivamente su tale inquietante situazione e quali misure, immediate e di lungo periodo, ritengano di dover predisporre al fine di proteggere queste donne e i loro figli da tali indicibili violenze e dallo sfruttamento nonché al fine di ripristinare la legalità sui luoghi di lavoro descritti in premessa;

Seduta del 17 marzo 2015

Risposta del governo di Domenico Manzione sottosegratrio all'Interno, replica di Ileana Piazzoni

Risposta del governo

Signor Presidente, con l'interrogazione all'ordine del giorno l'onorevole Nicchi, unitamente ad altri deputati, si richiama l'attenzione del Governo sulle condizioni di sfruttamento delle lavoratrici, principalmente di nazionalità rumena, impiegate in attività agricole a Vittoria, in provincia di Ragusa, costrette, secondo alcune fonti giornalistiche, a subire anche abituali violenze sessuali dietro il ricatto del licenziamento o la minaccia di violenza nei confronti dei loro familiari. 
  L'argomento, come rilevava lei, Presidente, è analogo a quello delle interrogazioni degli onorevoli Iacono, Quartapelle Procopio, Piazzoni e Sorial e, quindi, la risposta è da considerare unitaria. 
  Premetto che i lavoratori stranieri occupati nel comparto agricolo della provincia di Ragusa sono circa 13 mila, di cui 4.350 di nazionalità rumena con una presenza di manodopera femminile di 1.800 unità; quest'ultima – il film, ovviamente, è già visto – è preferita a quella maschile per la maggiore disponibilità delle donne ad accettare livelli retributivi più bassi, oltre che turni di lavoro prolungati. In genere, i lavoratori vivono in abitazioni affollate e dalle condizioni igienico-sanitarie precarie, che sono talvolta messe a disposizione dagli stessi datori di lavoro. 
  Mi preme sottolineare immediatamente che le criticità legate all'impiego di manodopera straniera nel comparto agricolo ragusano sono da tempo all'attenzione delle forze di polizia e, più in generale, degli apparati pubblici preposti al controllo del lavoro agricolo. Da diversi anni, infatti, viene svolta una costante attività ispettiva e di indagine che ha evidenziato, in effetti, la presenza del «caporalato» in quella zona, risultato a volte contiguo alla criminalità organizzata, unitamente allo sfruttamento dell'immigrazione irregolare e a casi di tratta degli esseri umani. Sono stati accertati, altresì, degli episodi di violenza sessuale e situazioni di assoggettamento psicologico nei riguardi di cittadine straniere. L'attività di prevenzione e contrasto di tali fenomeni è risultata particolarmente incisiva nel 2014. In particolar modo, l'Arma dei carabinieri ha condotto varie operazioni conclusesi – a seconda dei casi – con il deferimento in stato di libertà di alcuni «caporali» ed imprenditori agricoli, con l'irrogazione nei loro confronti di sanzioni amministrative pecuniarie e il recupero dei contributi previdenziali non versati, con la sospensione dell'attività di aziende agricole. Nell'ottobre dello scorso anno, la problematica è stata approfondita presso la prefettura di Ragusa, prima in sede di riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia e successivamente in seno al Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, allargato alla partecipazione dei rappresentanti dell'autorità giudiziaria, dei comuni maggiormente interessati, della direzione territoriale del lavoro, dell'Azienda sanitaria provinciale, nonché degli esponenti delle organizzazioni sindacali provinciali e delle associazioni del terzo settore attive nell'assistenza degli stranieri. Nel corso della riunione del Comitato provinciale è emerso come i fenomeni in questione presentino profili di complessità tali da richiedere, accanto all'esercizio dell'azione penale e di quella sanzionatoria amministrativa, anche specifiche misure finalizzate alla socializzazione e integrazione dei lavoratori stranieri. Tuttavia, gli amministratori locali presenti all'incontro hanno inteso rilevare l'esigenza di evitare enfatizzazioni della questione che, nel diffondere una percezione non del tutto veritiera della realtà fattuale, potrebbero determinare ripercussioni negative su quella parte dell'economia locale che si fonda sul commercio dei prodotti coltivati nella fascia agricola trasformata del ragusano. 
  A seguito delle risultanze degli incontri di cui ho appena parlato, la prefettura ha ritenuto di assumere il ruolo di cabina di regia dell'azione di tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti nel settore, in modo da garantire una maggiore efficacia degli interventi di rispettiva competenza. Innanzitutto, essa ha disposto la costituzione di un Gruppo interforze che, nel primo incontro tenutosi lo scorso 19 dicembre, ha pianificato le fasi esecutive degli accertamenti ispettivi nelle realtà rurali della provincia iblea. 
  In tale ambito, il Comando provinciale dell'Arma dei carabinieri ha avviato con immediatezza periodici servizi di controllo di aziende agricole, magazzini e serre con maggiore presenza di lavoratori stranieri, in modo da garantirne i diritti, far emergere il lavoro sommerso e assicurare il rispetto della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. L'attività ispettiva dei carabinieri proseguirà con cadenza programmata in tutto il territorio della provincia.  Parallelamente, la prefettura ha attivato un tavolo di lavoro con la partecipazione dei rappresentanti delle amministrazioni comunali di Vittoria, Acate, Santa Croce Camerina e Comiso e delle organizzazioni del privato sociale, avente il compito di monitorare le situazioni di particolare vulnerabilità dei lavoratori stranieri e di sviluppare le necessarie iniziative di assistenza in loro favore, anche al fine di mitigare le criticità legate alle problematiche alloggiative cui ho fatto prima riferimento. 
  Rilevo, in proposito, che sul territorio sono già attive diverse iniziative di carattere sociale volte ad assicurare servizi di accoglienza e di sostegno alle lavoratrici e ai lavoratori stranieri. Per esempio, è presente il progetto denominato «Solidal Transfert» – menzionato in quasi tutti gli atti di sindacato ispettivo all'ordine del giorno –, portato avanti dalla cooperativa Sociale «Proxima» in partenariato con la CGIL e la Camera del lavoro di Vittoria, con cui vengono assicurati servizi di trasporto gratuito ai lavoratori verso e dai luoghi di lavoro, in modo da emanciparli dall'isolamento in cui vivono nelle campagne di Vittoria ed Acate. Tale progetto è operativo dal 2012 in forza dei finanziamenti erogati dal dipartimento delle pari opportunità e proseguirà fino al prossimo 31 dicembre. Anche la Caritas diocesana di Ragusa è impegnata sul tema, avendo avviato, in particolare a Marina di Acate, un'iniziativa nota come Progetto Presidio, con l'obiettivo di garantire una presenza costante di suoi operatori nel fornire ai lavoratori agricoli stranieri sostegno per i bisogni più immediati nonché assistenza legale e sanitaria. 
  Rispondendo alla specifica sollecitazione contenuta negli atti di sindacato ispettivo, relativa agli episodi di violenza sessuale nei confronti delle lavoratrici rumene, informo che, stando ai dati ufficiali del quadriennio 2011- 2014, il fenomeno sembrerebbe non significativamente esteso in ambito lavorativo e sostanzialmente stabile. In particolare, sono stati denunciati due casi di violenze negli anni 2012 e 2013, uno nel 2014. Comunque l'attenzione delle forze dell'ordine su tale fattispecie delittuosa è costante, tant’è che in ordine alla presenza di eventuali vittime di violenze sessuali sono in corso mirate indagini delegate dall'autorità giudiziaria, anche sulla scorta dei dati relativi agli aborti, volontari e non, di donne rumene, che sono stati forniti dall'Azienda sanitaria provinciale; dati che effettivamente registrano delle anomalie. 
  Voglio anche ricordare un'apprezzabile iniziativa di natura preventiva del commissariato di pubblica sicurezza di Vittoria che, al fine di instaurare una proficua collaborazione tra le Forze dell'ordine e le presunte vittime di ricatti sessuali, ha iniziato un'attività di informazione indirizzata alle lavoratrici, sia attraverso la diffusione di stampati informativi in lingua rumena distribuiti sui mezzi di trasporto utilizzati per i viaggi da e verso il paese d'origine, sia mediante mirate interviste effettuate ancor prima del loro insediamento sul territorio provinciale. 
  Quanto alla lamentata impossibilità di accesso delle cittadine straniere alla prestazione di interruzione volontaria della gravidanza, il direttore generale dell'Azienda sanitaria locale ha comunicato che il relativo servizio è erogato mediante tre sedute settimanali, una per ciascuno dei reparti di ostetricia operanti rispettivamente a Ragusa, Modica e Vittoria, con un'attività media di 4-6 interventi per seduta. Riprendendo il discorso sull'anomalia dei dati che citavo prima, nel triennio 2012-2014, le interruzioni di gravidanza praticate a cittadine straniere sono state complessivamente 309, di cui 132, cioè il 42,7 per cento, hanno riguardato cittadine rumene. 
  In conclusione, assicuro che i problemi del lavoro agricolo nel ragusano sono oggetto di vigile attenzione da parte delle istituzioni pubbliche che se ne stanno facendo carico responsabilmente, sia attraverso singole iniziative sia attraverso sinergie operative tra i vari attori del settore pubblico e del privato sociale, finalizzate all'obiettivo comune di garantire ai tanti lavoratori stranieri presenti nel ragusano un'esistenza dignitosa e il rispetto dei diritti fondamentali.

Replica

Signor Presidente, mi associo ovviamente alle considerazioni già fatte dalle altre colleghe, con un'aggiunta: sono soddisfatta della risposta del sottosegretario Manzione; ma ovviamente non sono affatto soddisfatta della situazione. Credo sia giusto disgiungere i due profili per una questione che cercherò di spiegare. 
  Io sono stata, insieme a una delegazione parlamentare, il 18 ottobre scorso in quei territori ad incontrare gli operatori e a provare anche a incontrare le donne vittime, come era stato denunciato in quel momento da un giornale. La CGIL ci ricordava però che il fenomeno andava avanti da tantissimo tempo e le denunce erano già state fatte altre varie volte e su questo ci sarebbe da riflettere per tutti noi e per quanto riguarda anche la stampa, in quanto a capacità di intervenire e di inquadrare le situazioni al di fuori del clamore mediatico. 
  Incontrammo tutti i soggetti che disperatamente si sono impegnati: parlo di don Beniamino Sacco con la sua parrocchia, la Flai-CGIL che fa veramente un lavoro incredibile che va particolarmente sottolineato perché a volte si rimprovera al sindacato di non essere abbastanza vicino ai lavoratori, ma in questo caso non lo possiamo proprio dire e lo sforzo che viene fatto, proprio con l'idea di andare a cercare le lavoratrici e i lavoratori dietro i muri che vengono innalzati, è assolutamente lodevole; tutti insieme, compresa la cooperativa che si occupa della tratta, ci avevano chiesto in particolare di poter avere questo tavolo, che lei ci ha riferito essere stato fatto e da cui io penso debba partire centralmente il lavoro in quella direzione perché passa soprattutto da questa capacità di integrazione – è stato ricordato prima – la possibilità di intervenire in maniera efficace. 
  Certo, credo che servano anche interventi legislativi sulla materia del caporalato; mi permetto però di dire che non si può sempre dire che il Governo fa tutto: in Parlamento ci sono varie proposte di legge sul caporalato – io sono firmataria di una di queste – e credo che spetti a noi parlamentari prenderci il compito di accelerare nella definizione almeno di alcuni punti, quei punti che ci hanno segnalato gli operatori che vivono più da vicino la situazione. 
   Da ultimo – ci tengo a dire determinate cose in questa sede – noi scegliemmo di andare a Ragusa, a Vittoria, in quelle campagne – e non voglio raccontarvi il muro che veniva innalzato nel nostro avvicinarci alle serre nel tentativo di poter parlare con alcuni lavoratori –, il 18 ottobre, lo stesso giorno in cui Salvini aveva convocato a Milano la peggiore, dal mio punto di vista, delle manifestazioni che abbiamo avuto negli ultimi tempi. Dico ciò perché, Presidente, credo che l'istigazione al razzismo sia una delle cose peggiori che un essere umano possa fare, ed è, oltretutto, anche assolutamente controproducente rispetto agli obiettivi, che coloro i quali dicono di voler tanto difendere i diritti dei cittadini italiani, dicono di voler raggiungere. Perché è il contrario, perché quella paura, quella spinta al nascondersi mette proprio nelle condizioni quelle persone sfruttate di essere alla mercé di chiunque possa effettivamente portare danno nell'ambito del lavoro nero e, quindi, chiaramente nel deprezzamento della quantità e del prezzo del lavoro o, penso banalmente, nella questione sanitaria. Come veniva ricordato prima, c’è un'attenzione fondamentale da porre, non solo per la tutela di quelle donne, di quelle persone, ma anche per il fatto che l'essere continuamente al di fuori del nostro sistema sanitario espone poi a rischio tutti. 
  È questo il paradosso di chi continua a pensare di potere affrontare un fenomeno così importante, come quello migratorio, ormai strutturale, ormai chiaramente fondamentale per quanto riguarda anche la tenuta economica del nostro Paese, semplicemente pensando di rendere queste persone totalmente invisibili.