16/09/2014
Maria Luisa Gnecchi
Albanella, Baruffi, Boccuzzi, Casellato, Dell'Aringa, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gregori, Gribaudo, Incerti, Maestri, Martelli, Miccoli, paris, Giorgio Piccolo, Rotta, Simoni, Zappulla, Martella, Rosato e De Maria.
3-01029

Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   come noto, il comma 10 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 («decreto salva-Italia»), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha disposto nuovi requisiti per l'accesso alla pensione anticipata, prevedendo, tra l'altro, l'introduzione di un sistema di penalizzazioni che si attiva qualora gli aventi diritto – gli uomini con un'anzianità contributiva di almeno 42 anni e 1 mese e le donne di almeno 41 anni e 1 mese – anticipino l'accesso al pensionamento rispetto all'età di 62 anni, pari a una riduzione di 1 punto percentuale del trattamento pensionistico per ogni anno di anticipo nell'accesso al pensionamento rispetto alla predetta soglia anagrafica e di 2 punti per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a due anni;
   l'articolo 6, comma 2-quater, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, ha successivamente stabilito la non applicabilità delle predette penalizzazioni ai soggetti che maturano il requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017, qualora questa derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro, prevedendo solo alcune deroghe quali quelle per i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per L'assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e di cassa integrazione guadagni ordinaria;
   tale quadro normativo finisce per determinare la paradossale conseguenza di penalizzare diverse categorie di soggetti che maggiormente rischiano di subire gli effetti più pesanti di tale meccanismo di decurtazione dell'assegno pensionistico, quali i cosiddetti «precoci» o alcune categorie di lavoratori che in virtù delle particolari condizioni di esecuzione della loro attività lavorativa sono stati riconosciuti meritevoli di apposite disposizioni di tutela, quali i lavoratori che svolgono lavori usuranti o i lavoratori che sono stati esposti per periodi prolungati all'amianto;
   sembrerebbe paradossale che proprio i lavoratori che si trovano a vivere condizioni di maggior fatica e pericolo per la loro salute debbano essere maggiormente penalizzati economicamente per l'effetto dell'applicazione di divergenti disposizioni di legge, ovvero quelle che, da una parte, prevedono delle specifiche anticipazioni dei requisiti anagrafici e, dall'altra, quelle dell'articolo 24, comma 10, del richiamato decreto-legge n. 201 del 2011, che prevedono una decurtazione dell'assegno pensionistico qualora si vada in pensione prima del compimento dei 62 anni;
   per porre rimedio a tale evidente incongruenza delle richiamate disposizioni, in occasione dell'esame del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, si era provveduto a riformulare il disposto del citato articolo 6, comma 2-quater, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, escludendo, in via generale e senza illogiche distinzioni, l'applicazione delle penali a tutti i soggetti che avrebbero maturato il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017;
   tale intervento correttivo è stato ipotizzato, tenendo conto dei calcoli elaborati dall'Inps relativi ai potenziali beneficiari e ai relativi oneri finanziari. Tuttavia, su tali dati si è registrata una diversa valutazione da parte della Ragioneria generale dello Stato che ha determinato il Governo a espungere tale disposizione, insieme ad altre, nel corso dell'esame da parte dell'altro ramo del Parlamento;
   a prescindere dal ripetersi di situazioni in cui si sono registrate diverse valutazioni tra i diversi enti e organi dello Stato circa gli effetti delle misure in materia previdenziale, si deve rimarcare la mancata soluzione di un problema che, pur essendo stato segnalato sin dalle prime fasi di esame del decreto-legge «salva-Italia», determina una palese ingiustizia a fronte di risparmi piuttosto esigui e aleatori, soprattutto se valutati alla luce della portata finanziaria della manovra operata sul sistema previdenziale del nostro Paese –:
   se non ritenga opportuno, nel quadro di un intervento più organico che ponga rimedio ai problemi più evidenti scaturiti a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, già in occasione del prossimo disegno di legge di stabilità, trovare una specifica soluzione al tema delle penalizzazioni previste dal comma 10 dell'articolo 24 del medesimo decreto, sulla falsa riga di quanto proposto alla Camera dei deputati, in occasione dell'esame del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114.

Seduta del 17 settembre 2014

Illustra Maria Luisa Gnecchi, risponde il Ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti, replica Antonio Boccuzzi

Illustrazione

Signor Presidente, la scorsa legislatura si è caratterizzata contro le donne per l'innalzamento dell'età della pensione di vecchiaia, nel 2009 nel pubblico impiego, nel 2011 anche per il settore privato. La manovra Fornero, oltre che contro le donne, è stata contro le pensioni di anzianità. Ha abrogato le quote per tutti, pubblici, privati e autonomi, e per chi ha la fortuna – sottolineo fortuna – di poter avere quarantuno anni e sei mesi se donna, quarantadue anni e sei mesi se uomo, ma non sessantadue anni di età anagrafica, ha previsto le penalizzazioni. Noi ci teniamo a dire che i lavoratori e le lavoratrici vorrebbero lavorare fino a sessantadue anni, ma dov’è il lavoro ? Si ritengono prestazioni effettive di lavoro l'astensione obbligatoria per maternità, il servizio militare, l'infortunio, la malattia, la cassa integrazione ordinaria, solo l'ordinaria. A ottobre 2013 si sono aggiunte le assenze per donazione di sangue e di emocomponenti e la maternità e paternità facoltative. A dicembre 2013 si sono aggiunti i congedi per assistenza all'handicap. Vogliamo aggiungere un pezzetto alla volta con continui interventi legislativi ? Noi ringraziamo il Ministro Poletti e la Ministra Madia che hanno sostenuto un nostro emendamento nel decreto sulla pubblica amministrazione per tornare a giustizia ed eliminare queste odiose penalizzazioni.Purtroppo, però nel passaggio tra la Camera e il Senato la Ragioneria generale dello Stato ha ritenuto di quintuplicare le risorse necessarie e, quindi, il Senato ha espunto questa norma.Contiamo sul Ministro Poletti, per riuscire almeno nella legge di stabilità a tornare a giustizia.

Risposta

Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, onorevole Gnecchi, l'atto parlamentare ci chiede uno specifico intervento del Governo finalizzato ad una riformulazione della normativa vigente in materia di pensione anticipata, tale da escludere talune categorie di lavoratori dall'applicazione delle penali introdotte dal comma 10 dell'articolo 24 del decreto «salva Italia».
  Segnatamente gli onorevoli interroganti sollecitano il Governo a valutare l'adozione di iniziative volte a prevedere che i cosiddetti lavoratori precoci, nonché i lavoratori esposti all'amianto e quelli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, possano rientrare fra le fattispecie previste dal comma 2-quater dell'articolo 6 del decreto-legge n. 216 del 2011, utili al raggiungimento dell'anzianità contributiva necessaria per poter accedere al pensionamento anticipato senza penalizzazioni.
  Da questo punto di vista credo sia necessario, per quanto riguarda i lavoratori addetti alle lavorazioni particolarmente faticose, uno specifico approfondimento per capire se a questi soggetti sia applicabile o meno quanto qui richiesto. Con riferimento invece ai lavoratori precoci e a quelli esposti all'amianto, occorre precisare che gli stessi sono già oggi oggetto di apposite tutele, seppure in un contesto diverso da quello messo in evidenza in questa sede. Tuttavia, rilevo che il legislatore, al fine di garantire nel futuro la sostenibilità del nostro sistema pensionistico, ha inteso comunque circoscrivere le fattispecie che consentono di accedere al pensionamento anticipato prima dei sessantadue anni senza l'applicazione della riduzione.
  È chiaro, quindi, che un ulteriore ampliamento di queste fattispecie, indicate dal citato comma 2-quater dell'articolo 6, richiederebbe un ulteriore e specifico intervento normativo, per il quale occorrerebbe reperire la necessaria copertura finanziaria. È già stato citato dagli interroganti il lavoro fatto nell'arco del tempo per aggiungere, diciamo, fattispecie a questo tipo di situazione.
  Questo a sostegno della dimostrazione di un'attenzione a questa tipologia di problemi; solo che, appunto, sono stati affrontati per quote o per parti o per situazioni specifiche. Fatta questa premessa, rappresento che è intenzione del Governo, nel contesto della legge di stabilità, fare un esame di tutte le specifiche situazioni meritevoli di tutela previdenziale e pensionistica via via emerse nel corso del tempo e verificare se e come sia possibile pervenire ad una loro soluzione organica, nel quadro delle scelte che dovranno essere compiute nella sede della stessa legge di stabilità.

Replica

Signor Presidente, ringrazio il Ministro ed esprimo parziale soddisfazione rispetto ad una parziale soluzione prospettata. Come ricordava la collega Gnecchi, pensavamo che, con il nostro emendamento e il voto di questa Assemblea nella prima lettura del decreto che riguarda la riforma della pubblica amministrazione, fosse finalmente cassata una delle tante norme odiose della legge dell'ex Ministro Fornero. Un emendamento al «decreto Madia» che, come dicevo, avrebbe cancellato l'iniquo balzello per coloro che conseguiranno, entro il 31 dicembre 2017, i contributi richiesti per il trattamento pensionistico anticipato.
  Le penalizzazioni e il loro funzionamento sono stati ricordati dalla collega Gnecchi. Tra i tanti anfratti di una riforma spesso sciatta, non si è tenuto conto dei lavoratori cosiddetti «precoci». La sola matematica, e quindi oltre rispetto alla politica, avrebbe dovuto richiamare considerazioni che avrebbero reso evidente che la somma di età anagrafica e contributiva portava i lavoratori in pensione ben prima dei 62 anni di età. Accanto a questi, non possiamo dimenticare, e non lo faremo, i lavoratori che hanno prestato servizio in condizioni insalubri, coloro che hanno lavorato in ambienti in cui era presente l'amianto. Abbiamo loro riconosciuto, con un provvedimento di civiltà, la possibilità di accedere in anticipo alla pensione in relazione agli anni in cui hanno prestato la loro opera in luoghi di lavoro in cui era presente la fibra killer.
  Con il cosiddetto «salva Italia», vengono previste per loro penalizzazioni molto pesanti, che spesso spingono gli stessi a rinunciare al loro diritto ad accedere anzitempo al giusto riposo; penalizzazioni, insomma, a lavoratori penalizzati da una qualità di vita spesso compromessa da gravi malattie, cui viene negato il diritto ad una giusta pensione, dopo una vita di lavoro in cui la tutela della salute era spesso considerata un optional.
  Infine, la grave, gravissima discriminazione che, ancora una volta, colpisce le donne: il mancato riconoscimento del periodo di maternità, la lettura che l'INPS dà rispetto alla norma, e quindi le relative penalizzazioni, che sono una grave ingiustizia, la prevaricazione di un diritto riconosciuto nel «milleproroghe» del 2012. Dal 1970 in poi, anno dello Statuto dei lavoratori, molti sono stati i provvedimenti che hanno riguardato i diritti delle donne al lavoro: alcuni positivi, alcuni opportuni, ma mai attuati, altri pessimi, ingiusti, discriminatori. È nostro dovere un recupero delle disparità, delle differenze, delle ingiustizie. Shakespeare diceva che: «La donna uscì dalla costola dell'uomo, non dai piedi per essere calpestata, non dalla testa per essere superiore, ma dal lato, per essere uguale».