Per sapere – premesso che:
il 23 giugno 2016 gli elettori britannici sono chiamati ad esprimersi sulla cruciale possibilità che il loro Paese possa o meno continuare a far parte dell'Unione europea; al termine di una campagna elettorale intensa e tesa, caratterizzata perfino da drammatici risvolti, l'esito della consultazione popolare pare assai incerto;
all'esterno della Gran Bretagna la campagna referendaria è stata seguita con altrettanta partecipazione e l'andamento dei mercati finanziari dell'intera Europa è stato caratterizzato da una significativa volatilità dei titoli, con perdite fortemente correlate al rischio di una crisi politica dovuta alla vittoria del voto favorevole all'uscita;
una eventuale Brexit richiederà la messa in atto di un complesso processo di negoziazione che sia funzionale alla continuità dei rapporti economici, nonché delle alleanze politiche e militari di comune interesse; tale scenario avrebbe sicuramente conseguenze finanziarie, anche se è difficile prevederne la durata e la gravità;
se invece vincesse il remain, lo scenario risulterebbe meno critico, ma le scelte dei leadereuropei ancor più delicate per quanto concerne le prospettive future dell'Unione europea, che si trova nella fase più delicata dalla sua fondazione;
in ogni caso, i vertici della Banca centrale europea dichiarano con fermezza di essere preparati a fronteggiare, con efficaci misure, le turbolenze finanziarie cui saranno sottoposti i Paesi dell'Unione europea;
oltre agli strumenti di politica monetaria e indipendentemente dall'esito del referendum, appare più che mai ad oggi necessario rilanciare con forza il processo di integrazione, attraverso meccanismi concreti per un coordinamento, una convergenza e una solidarietà più solidi tra le politiche economiche di tutti Paesi membri, anche al fine di promuovere una dimensione maggiormente democratica dell'Unione europea che contrasti la diffusa disaffezione verso il progetto europeo –:
nell'auspicata ipotesi che prevalga la volontà britannica di continuare a far parte dell'Unione europea, quali iniziative intenda promuovere il Governo per rafforzare gli obiettivi di rilancio della crescita e dell'occupazione a livello comunitario, anche in relazione alle proposte italiane contenute nell'ampia agenda strategica presentata nel mese di febbraio 2016, così da far recuperare lo spirito di progresso sociale ed economico per l'intero continente proprio dell'originario progetto europeo.
Seduta del 22 giugno 2016
Illustra Silvia Fregolent, risponde Pier Carlo Padoan, Ministro dell'economia e delle finanze, replica Giampaolo Galli
Illustrazione
Presidente, illustre Ministro, domani gli elettori britannici sono chiamati ad esprimersi sulla possibilità che il loro Paese continui a far parte dell'Unione europea. A 24 ore dalla consultazione popolare, l'esito è ancora incerto: un'incertezza su cui sarebbe opportuno riflettere, che testimonia gli errori commessi in questi anni dalla stessa Unione europea, dove il rigore dei conti l'inflessibilità di politiche basate esclusivamente sui numeri hanno fatto dimenticare i principi fondanti dell'Europa unita, come la solidarietà fra i popoli, il rispetto della dignità umana, della libertà e della democrazia, e il suo obiettivo comune, di integrazione e di sviluppo economico, sociale ed occupazionale.
È quindi fondamentale che il Governo, in relazione all'esito del referendum, che noi chiaramente auspichiamo confermi la presenza della Gran Bretagna nell'Unione europea, sia pronto a mettere in campo strumenti ed iniziative incisive per rafforzare gli obiettivi di rilancio della crescita e dell'occupazione a livello comunitario; come, al tempo stesso, le chiediamo se il Governo abbia già pensato ad azioni per contrastare possibili effetti negativi causati dall'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea.
Risposta del governo
Signor Presidente, concordo sulla gravità della possibile uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea. Ci sono numerose analisi dell'impatto: alcune danno situazioni nelle quali sarebbe la Gran Bretagna a subire, soprattutto nel medio periodo, i danni più rilevanti.
Detto questo, concordo assolutamente con la necessità che in Europa ci sia il rilancio di una strategia complessiva a favore della crescita e dell'occupazione. Il Governo italiano è da tempo impegnato su questo fronte e in varie istanze formali ed informali dell'Unione europea e a livello bilaterale ha rilanciato la necessità di una strategia in questo senso, che è stata sintetizzata in un documento del Ministero dell'economia e delle finanze distribuito qualche mese fa.
Approfitto di questa opportunità per ricordare alcuni aspetti che sono particolarmente rilevanti quali cardini di una strategia per il rilancio della crescita e dell'occupazione: il Piano Junker, che è indirizzato a stimolare gli investimenti privati con un sostegno della mano pubblica volta a riempire un gap di rischio che gli investimenti privati altrimenti non vorrebbero prendere in considerazione. Gli investimenti costituiscono la priorità assoluta: sostengono, come è noto, la domanda nel breve termine e l'offerta nel medio termine. Devono essere potenziati: il Piano Junker ha delle potenzialità che vanno sfruttate meglio ed è da considerare la possibilità di estendere nel tempo, ma anche geograficamente, tale strumento.
Un secondo elemento riguarda il rafforzamento del mercato interno, che è naturalmente una strategia che da tempo l'Unione europea ha inserito, ma che va sfruttato al meglio e che, a nostro avviso, rimane una potenzialità di crescita, tramite l'integrazione, estremamente importante. In particolare, ritengo che si debba lavorare per un mercato interno dell'innovazione, in cui i vari elementi e segmenti di una politica in questo senso possono essere portati ad operare insieme.
Infine, l'Italia ha posto sul tappeto la proposta di uno schema di assicurazione contro la disoccupazione ciclica, che potrebbe consolidare sia la crescita nel medio termine sia mitigare le necessità di aggiustamento nel caso soprattutto di un'unione monetaria dove, a causa dell'assenza di un tasso di cambio, i costi di aggiustamento, come l'esperienza ci dimostra, sono particolarmente pesanti sul mercato del lavoro.
L'insieme di queste misure, ma anche molte altre, dovrebbe essere preso insieme come strategia complessiva, a maggior ragione nell'eventualità, che io certamente non mi auguro, di un'uscita dalla Gran Bretagna dall'Unione europea.
Replica
Apprezziamo e condividiamo le sue considerazioni e cogliamo l'occasione per sottolineare due punti in particolare. Uno, la vicenda recente del referendum britannico dimostra che la retorica nazionalista che si incentra sulla distinzione fra ciò che sta dentro e ciò che sta fuori i confini può portare, come è successo nei giorni scorsi, ad un imbarbarimento della vita civile, oltre che a difficoltà nei rapporti internazionali.
Nella storia della costruzione europea vi è l'idea opposta, cioè l'idea che la sovranità possa essere condivisa e credo che sia importante ribadire questo concetto. Il gruppo del Partito Democratico è sempre stato a favore di una maggiore integrazione europea. Questa è necessaria di per sé e per dare solidità all'euro, in particolare in questa circostanza. Questa è la scelta, peraltro, che è stata fatta dal Governo italiano nel documento che lei ha or ora citato. L'agenda, contenuta in quel documento, rimane a nostro avviso del tutto valida e assolutamente attuale.
Il secondo punto è che anche nell'ipotesi migliore che vinca il «no» alla Brexit dovremo fare i conti con un Regno Unito che rimane nell'Unione, ma che ha negoziato eccezioni e limiti alla cessione di sovranità, che, invece, è il risvolto necessario del rafforzamento dell'integrazione. Una maggiore integrazione potrà dunque riguardare essenzialmente i Paesi che fanno parte dell'euro, come già prefigurato nel cosiddetto rapporto dei cinque Presidenti, ma ciò è possibile, come già lei ha ricordato in parte, se prevarranno comportamenti più cooperativi da parte di tutti e se verranno tolte dal tavolo in tutti i Paesi, almeno da parte delle principali forze politiche, proposte di uscire non solo dall'Unione europea, ma dall'euro, o di fare referendum per l'uscita dall'euro.
Per quello che ci riguarda, quale che sia l'esito del referendum britannico, noi lavoreremo a sostegno del Governo per un nuovo corso in Europa.