17/01/2024
Chiara Braga, Federico Gianassi, Debora Serracchini, Michela Di Biase, Marco Lacarra, Alessandro Zan

La Camera,

1) udite le comunicazioni e preso atto della relazione presentata dal Ministro della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 3 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150;

premesso che:

2) le comunicazioni odierne rappresentano un atto di assunzione di responsabilità in termini di definizione programmatica della politica in materia di amministrazione della giustizia, alla luce del ruolo cardine che la stessa ricopre per la qualità della democrazia e per la tutela dei diritti dei cittadini;

3) l'efficienza del sistema giudiziario rappresenta una condizione essenziale per la promozione dello sviluppo economico del Paese perché ne favorisce la competitività e l'attitudine ad attrarre investimenti internazionali, soprattutto in presenza di procedure giurisdizionali capaci di garantire adeguatamente l'attuazione delle obbligazioni contrattuali, ed, esattamente in questa direzione, sono andate, infatti, le riforme approvate dal Parlamento nella scorsa legislatura, necessarie al fine di rispettare gli impegni e i tempi previsti dal PNRR, il quale, per il settore giustizia, ha impegnato il Paese con l'Europa ad attuare riforme strategiche;

4) è assolutamente necessario mettere in sicurezza le risorse del PNRR, che si stimano in circa tre miliardi. Invece il Parlamento si trova ad esaminare l'ennesima riforma, quella della prescrizione, di un istituto che è stato già ampiamente riformato, l'ultima volta proprio in coerenza con gli impegni assunti dall'Italia con la Commissione europea nell'ambito dei fondi del PNRR; non va dimenticato, infatti, che la legge 134 del 27 settembre del 2021, cui si deve la riforma della prescrizione e l'introduzione dell'improcedibilità, al fine di raggiungere l'obiettivo PNRR della riduzione del 25 per cento dei tempi medi del processo, anche e proprio nella fase critica del giudizio di impugnazione;

5) a quanto detto si aggiunga il fatto che la scelta del Governo, sin dalla legge di bilancio 2023, è stata quella di procedere con una serie di tagli significativi di risorse in diversi settori, in particolare in quello della Giustizia, dove il taglio più preoccupante ha riguardato in particolare le risorse da destinare al Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, tagli mai ripristinati, neanche dalla legge di bilancio per il 2024; inoltre, nel bilancio di previsione triennale è individuabile una riduzione di risorse di addirittura un miliardo nel triennio, laddove, invece, per l'efficienza del sistema, appare assolutamente necessario effettuare investimenti per il reclutamento di personale: magistrati, personale amministrativo, nonché per investimenti per edilizia giudiziaria e penitenziaria;

6) il 16 marzo 2023 il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge per l'introduzione di un codice dei crimini internazionali, per dare attuazione agli obblighi assunti con lo Statuto di Roma istitutivo della Corte Penale internazionale, di cui, però, attualmente, si sono perse le tracce;

considerato che:

7) sin dal discorso di insediamento alle Camere la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha brevemente toccato i temi della giustizia, evidenziando la proposizione di un modello tradizionalista e anacronistico della giustizia, che tende a collegare sicurezza, certezza della pena e carcere;

8) diversamente, il Ministro della giustizia nel corso delle audizioni sulle linee programmatiche del suo dicastero presso le Commissioni giustizia del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, aveva affermato che la reclusione fosse necessaria solo per i reati di grave allarme sociale e per quanto riguarda i reati minori, sotto l'aspetto preventivo e sotto l'aspetto rieducativo, esistessero sanzioni assai più efficaci di una detenzione. Il Ministro ha, inoltre, più volte affermato la necessità di un modello di giustizia che superi la cultura panpenalistica e pancarceraria;

9) tuttavia, il Governo, sin dall'inizio del suo mandato ha improntato i propri interventi secondo un approccio puramente punitivo, animato da uno spirito «panpenalistico» che ha portato ad una produzione continua di nuove fattispecie di reato, peraltro anche con la palese forzatura istituzionale del continuo utilizzo della decretazione d'urgenza. Si è così assistito all'introduzione, tra gli altri, del cosiddetto reato di rave, il reato di stesa, il reato di rivolta in centri di permanenza o accoglienza dei migranti, il reato di rivolta negli istituti penitenziario, o ancora si è scelto di procedere con continui inasprimenti di pena per condotte già penalmente sanzionate sulla scorta di casi di cronaca, in una perenne campagna elettorale divisa tra giustizialismo da un lato e pericoloso smantellamento di presidi di legalità dall'altro;

10) in tal senso basti pensare al primo intervento del Governo in materia di reati corruttivi laddove sono stati eliminati i reati contro la pubblica amministrazione dal catalogo di quelli ostativi, senza accogliere la proposta di inserire i reati di associazione a delinquere per commettere corruzione. O ancora all'abrogazione del reato di abuso d'ufficio di cui all'articolo 323 del codice penale e alla modifica del delitto di traffico di influenze illecite di cui all'articolo 346-bis;

rilevato che:

11) come noto l'Italia figura da sempre, tra i Paesi con gli istituti penitenziari più affollati dell'Unione europea, la cui situazione gravemente compromessa è testimoniata e confermata, in termini assolutamente drammatici, dal numero allarmante di suicidi in carcere. Il sistema carcerario italiano, infatti, è ancora caratterizzato da una pesante situazione di sovraffollamento: su 51.272 posti regolamentari, i detenuti alla data del 30 novembre 2023 erano 60.116, con una percentuale di sovraffollamento del 117,2 per cento;

12) alla già critica situazione si aggiunga il pericoloso aumento del numero dei detenuti, con una media stimata di circa 400 persone a trimestre nel corso del 2023. Se la popolazione carceraria dovesse continuare a crescere in maniera così significativa l'Italia si troverebbe a raggiungere nel giro di poco più di un anno la cifra di 67.000 detenuti, cifra che come noto portò alla condanna del nostro Paese da parte della Corte Edu, Sez. II, Causa Torreggiarti e altri c. Italia, 8 gennaio 2013;

13) al vertiginoso aumento di presenze ha certamente contribuito l'approvazione del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, cosiddetto decreto Caivano, con il quale si è scelto di smantellare l'intero impianto della giustizia penale minorile, omologando pericolosamente il trattamento tra detenuti minorenni e detenuti maggiorenni. In soli due mesi dalla sua approvazione, infatti, nei 17 istituti penali minorili presenti sul territorio nazionale, i giovani detenuti sono aumentati del 16 per cento; per realizzare la funzione rieducativa della pena, così come delineata nella nostra Costituzione, occorrono investimenti sul personale e investimenti sulle strutture, come dimostrano tutti gli studi condotti sul tema anche a livello europeo e internazionale. Il ruolo che in questo percorso trattamentale assumono gli spazi detentivi è fondamentale: è necessario procedere alla riqualificazione dei luoghi dell'esecuzione penale, che devono essere progettati e definiti in funzione dell'organizzazione di efficaci percorsi trattamentali di reinserimento sociale di coloro che hanno commesso reati ma anche in funzione del personale che nelle carceri lavora e vive ogni giorno, e di tutti i cittadini: anche al fine di ridurre il rischio di recidiva;

14) si registra, inoltre, un forte disinvestimento nella figura Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale e del relativo collegio, che corre il rischio di diventare puramente simbolica, che desta particolare allarme;

15) inoltre, non si può non rilevare come si stia assistendo ad un pericoloso ritorno ad una stagione di scontri con la magistratura che sembrano alimentati più da settarismo ideologico e desiderio di divisione, che all'esigenza di adottare un sistema della giustizia che valorizzi i suoi pregi e limiti i suoi difetti;

16) sono utilizzate con approccio ideologico alcune questioni fondamentali per la tenuta dell'architrave costituzionale e per il funzionamento dell'ordinamento come simboli e strumenti di polemica politica, come la riproposizione di temi quali la separazione delle carriere dei magistrati, l'elezione dei membri del Consiglio superiore della magistratura mediante il sorteggio senza considerare le diverse riforme già approvate negli ultimi anni in tali materie e senza che ne siano stati verificati gli effetti e i risultati prodotti;

17) anche in relazione al tema delle intercettazioni gli interventi del Governo sono stati orientati soprattutto alla demolizione dello strumento piuttosto che al contrasto delle violazioni di legge. Il tema è stato finora utilizzato quale terreno di scontro ideologico, quando invece appare necessario verificare gli effetti dalle riforme già approvate in materia, a partire dal decreto legislativo 29 dicembre 2017, n. 216, noto anche come riforma Orlando e dal decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 161 convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2020, n. 7 provvedimenti che hanno sempre rispettato un punto di equilibrio tra tutela della riservatezza e diritto d'informazione;

18) basti pensare, da ultimo, alla delega al Governo per l'introduzione del divieto di pubblicazione integrale o per estratto del testo dell'ordinanza di custodia cautelare contenuta nell'articolo 4, della legge di delegazione europea in corso di esame al Senato della Repubblica per l'approvazione definitiva;

19) a quanto detto si aggiunga che sebbene vada certamente punito l'utilizzo delle intercettazioni in aperta violazione delle regole sulla privacy, al contempo occorre ribadire come tale strumento risulti essenziale nelle indagini in materia di reati di particolare allarme sociale, in particolar modo quelli relativi alla criminalità organizzata e mafiosa, rispetto ai quali occorre semmai la necessità di ottimizzare l'applicazione degli strumenti normativi di cui l'Italia si è da tempo dotata, basti pensare al Codice Antimafia di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, fondamentali per il contrasto della criminalità organizzata, aggiornandoli di volta in volta e, soprattutto, applicandoli nel modo migliore, per combattere le mafie sul loro terreno, sempre più sofisticato e sempre più legato a movimenti finanziari;

considerato che:

20) appare, invece, necessaria una riforma costituzionale che introduca un'Alta Corte per i ricorsi disciplinari e le nomine della magistratura, che eliminerebbe ulteriori elementi di condizionamento e frizione nello svolgimento delle attività giurisdizionali e degli organi di autogoverno;

21) si evidenzia l'urgenza di contribuire a tutelare il rapporto tra detenute madri e figli minori, e l'accoglienza di genitori detenuti con bambini al seguito in case-famiglia incrementando a tal fine il Fondo di cui all'articolo 1, comma 322, della legge 30 dicembre 2020, n. 178;

22) l'approvazione della norma prevista dall'Atto Senato 808, recante Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all'ordinamento giudiziario e al codice dell'ordinamento militare, che dispone l'abrogazione del delitto di abuso d'ufficio di cui all'articolo 323 del codice penale desta particolare allarme anche alla luce delle ricadute negative che tale abrogazione può comportare. Inoltre, vai la pena evidenziare come tale abrogazione sia ben lontana dal raggiungimento dello scopo di tutelare maggiormente gli amministratori locali dalla cosiddetta paura della firma;

23) infatti, il vuoto normativo lasciato a seguito dell'abrogazione del reato di abuso d'ufficio potrebbe, come segnalato da autorevole dottrina, portare alla contestazione di altri e perfino più gravi reati;

24) il Partito Democratico da sempre si è mosso con un'attenzione verso il tema con un approccio volto a tenere insieme le preoccupazioni degli amministratori locali e il merito delle condotte incriminatrici. Al riguardo occorre evidenziare preliminarmente come lo stesso reato sia stato già oggetto di intervento nel corso della scorsa legislatura riducendo la portata della fattispecie, e come ulteriori modifiche della fattispecie possano essere apportate, come fatto dai disegni di legge già presentati dal Partito Democratico, attraverso la modifica del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ridisegnando la responsabilità politica e amministrativa dei sindaci e dei presidenti delle province, nonché attraverso una modifica degli articoli 8 e 11 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 noto come legge Severino, prevedendo la sospensione dalla carica di amministratori regionali e locali a seguito di sentenze non definitive nei soli casi di condanne per reati più gravi legati alla criminalità organizzata e mafiosa e nei casi di reati di corruzione;

25) tuttavia il Governo si è sempre rifiutato di prendere in considerazione tali proposte aprendo un confronto serio e di merito destando preoccupazioni anche nelle sedi europee e ponendosi in aperto contrasto con la Convenzione ONU contro la corruzione (articolo 19), ratificata dall'Italia e da altre 188 nazioni;

considerato, inoltre, che:

26) l'Italia negli ultimi anni, grazie anche ad un lavoro parlamentare trasversale, si è dotata di un quadro normativo in materia di contrasto alla violenza domestica e di genere adeguato e solido. Tuttavia, nonostante quanto esposto e le diverse norme introdotte, l'Italia continua ad essere un Paese nel quale la violenza maschile contro le donne è un fenomeno profondamente radicato, tale da assumere un carattere strutturale. Occorre dunque che il Governo, in sinergia e nel rispetto delle prerogative del Parlamento, continui a svolgere un lavoro attento, in particolare finanziando in maniera strutturale corsi di formazione permanenti per tutti gli operatori del diritto che a vario titolo si trovano a trattare la violenza di genere e violenza domestica, forze di polizia, magistrati e avvocati. Un tema rispetto al quale, come noto, si sono impegnate le opposizioni nell'ultima legge di bilancio 2024 decidendo di destinare le risorse a disposizione proprio a tal fine,

impegna il Governo:

1) a ripristinare e incrementare le risorse finanziarie relative al Dipartimento della amministrazione penitenziaria e al Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità tagliate, nonché ad effettuare investimenti sul sistema penitenziario, stanziando risorse maggiori e adeguate, nonché a stanziare risorse per il reclutamento di personale giudiziario e per l'edilizia giudiziaria e penitenziaria;

2) a dare piena attuazione, e soprattutto nel rispetto della delega, investendo le necessarie risorse economiche ed organizzative, alle riforme del processo penale, civile e dell'ordinamento giudiziario, mentre ad oggi assistiamo a contro-riforme e decreti attuativi che non rispettano tale delega o la esercitano solo parzialmente;

3) a rinunciare a quello che appaia ai firmatari del presente atto un uso demagogico e strumentale del diritto penale che fino ad ora ha permeato l'azione di Governo, che mescola forme di irragionevole impunità, come l'abrogazione della rilevanza penale degli abusi dei pubblici ufficiali contro i cittadini, a forme di giustizialismo panpenalista, che produce continuamente nuovi reati a cui si agganciano più misure cautelari e più intercettazioni, esemplare il reato di rave, e, al contrario, promuovere legalità e garanzie;

4) a garantire la tutela del diritto costituzionalmente protetto dei cittadini ad una corretta e piena informazione, assicurando un giusto bilanciamento degli interessi e dei diritti coinvolti, nel rispetto della legalità;

5) a garantire ed implementare la funzionalità e l'organizzazione degli uffici e delle strutture di esecuzione penale esterna e per la messa alla prova, nonché a prorogare le misure adottate con il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 volte ad incrementare l'esecuzione della pena detentiva presso il domicilio;

6) a favorire un sempre migliore coordinamento tra processo penale e civile al fine di garantire un'efficace protezione delle donne e dei figli minori;

7) a completare la digitalizzazione del servizio giustizia e ad adeguare l'organizzazione e l'impostazione dell'intero comparto, attraverso l'organizzazione digitale degli uffici e la creazione di banche dati, anche sperimentando un unico modello telematico;

8) a continuare ad adottare tutte le misure necessarie al fine di rendere pienamente efficace e operativo il complesso sistema di strumenti e di tutele di cui il nostro Paese si è dotato, con l'obiettivo di raggiungere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul, nonché ad assumere iniziative al fine di investire risorse significative per adeguate campagne d'informazione e sensibilizzazione, per un maggiore e continuo sostegno a tutta la rete antiviolenza a partire dai centri antiviolenza e dalle case rifugio, nonché per la formazione specifica e obbligatoria e per il necessario aggiornamento del personale chiamato a contrastare e prevenire il fenomeno della violenza degli uomini contro le donne: forze dell'ordine, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario;

9) a presentare alle Camere per pervenire alla sua rapida approvazione il codice dei crimini internazionali, tra cui la tortura così come attualmente disciplinata nel codice penale vigente;

10) ad adottare con urgenza iniziative normative ridisegnando i poteri e le responsabilità degli amministratori locali, che ad oggi troppo spesso rispondono di ciò che succede nelle loro città e nei loro territori per il solo fatto di ricoprire quell'incarico, scegliendo la strada di separare più nettamente le responsabilità politiche da quelle amministrative all'interno di un quadro più ampio e sistemico, anziché procedere con l'abrogazione del delitto di abuso d'ufficio di all'articolo 323 del codice penale anche modificando a tal fine l'articolo 50 del Testo unico degli enti locali (TUEL), (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), occorrendo inoltre una modifica degli articoli 8 e 11 del decreto legislativo 31 dicembre 2012 n. 235 noto come legge Severino, per cancellare la sospensione degli amministratori locali dalla carica per le sentenze di condanna in primo grado di giudizio, ovviamente al di fuori dai gravi reati associativi connessi alla criminalità organizzata, inoltre prevedendo la responsabilità erariale del sindaco nel solo caso di dolo.