Sviluppo

Un decreto senza crescita

21/06/2019

UN DECRETO SENZA CRESCITA

Un provvedimento vuoto, senza risorse e senza investimenti

 

La maggioranza naviga a vista, preoccupata di provare a contenere spaccature e divisioni quotidiane. Incapace di governare per il bene dell’Italia, costretta a mettere la dodicesima fiducia e a bloccare ogni discussione parlamentare per non andare in mille pezzi. Purtroppo non basta chiamare un decreto “crescita” per ottenere risultati positivi. Questo provvedimento è una scatola vuota.

Non c’è un piano per rilanciare gli investimenti pubblici e privati. Non ci sono novità in termini di politica industriale. Non c’è alcuna misura strutturale per incentivare i consumi, per la crescita dei salari e dell’occupazione.

Non c’è nulla per il Sud.

Le poche norme sensate sono quelle introdotte dai governi Pd che Lega e 5Stelle – dopo averle strumentalmente criticate – oggi le prorogano o reintegrano.

 

REINTRODOTTO IL “SUPER AMMORTAMENTO” VOLUTO DAI GOVERNI PD

L’articolo 1 del decreto reintroduce il “super ammortamento” per gli investimenti in beni materiali strumentali nuovi, diversi da veicoli e altri mezzi di trasporto per l’esercizio dell’attività d’impresa, effettuati a decorrere dal 1° aprile 2019 e fino al 31 dicembre 2019, ovvero entro il 30 giugno 2020, ma a condizione che entro il 31 dicembre 2019 sia stato accettato l’ordine di acquisto e sia stato versato il 20% del corrispettivo a titolo di acconto.

Anche facendo questa semplice operazione di reintroduzione di quanto era stato deciso dalla legge di stabilità per il 2016, la maggioranza “giallo-verde” riesce però a peggiorare la situazione, con l’inserimento di un tetto di 2,5 milioni di euro agli investimenti agevolabili e la riduzione dal 40 al 30 per cento della maggiorazione del costo di acquisizione dei beni.

 

MARCIA INDIETRO RISPETTO ALLA “MINI-IRES”

La disciplina relativa alla “mini-IRES” prevista dalla legge di Bilancio 2019 viene completamente rivista e questo pensando alle sue evidenti difficoltà applicative è positivo.

 

DEDUCIBILITÀ IMU DALLE IMPOSTE SUI REDDITI

L’articolo 3 incrementa progressivamente la percentuale deducibile dal reddito d’impresa e dal reddito professionale dell’IMU dovuta sui beni strumentali, portandola al 50 per cento per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 (con la previsione di raggiungere il 70 per cento a decorrere dal 2022 e il 100 per cento dal 2023).

 

ALTRI INCENTIVI ALLE IMPRESE, MA POCO CORAGGIOSI

Si tratta di una serie di semplificazioni e di incentivi fiscali prevalentemente già esistenti e solo rivisti. La stessa Confapi, la Confederazione italiana della piccola e media industria privata, ha sottolineato in sede di audizione presso le Commissioni riunite Bilancio e Finanze, che “ci vuole maggiore coraggio per consentire alle nostre industrie di crescere”.

 

DIVERSE CRITICITÀ PER QUANTO RIGUARDA IL “RIENTRO DEI CERVELLI”

L’articolo 5 modifica le agevolazioni in favore dei lavoratori rimpatriati e dei docenti e ricercatori che rientrano in Italia, con il dichiarato obiettivo di ampliarne l’ambito d’applicazione e di chiarire l’operatività dei requisiti richiesti per l’attribuzione dei relativi benefici fiscali. Si estendono, insomma, gli sgravi fiscali già previsti dai governi precedenti per il rientro degli italiani che lavorano all’estero.

È però riduttivo dipingere l’emigrazione italiana all’estero esclusivamente in termini di “cervelli”, perché essa è composta da tante distinte professionalità, che hanno pari dignità. Da sottolineare, poi, che sarebbe stato utile prevedere – come il Pd avrebbe voluto – che anche chi è già rientrato in Italia e ha già goduto dei precedenti sgravi fiscali potesse usufruire delle nuove misure, per non creare disparità tra “lavoratori rimpatriati” in diversi periodi.

 

SALVATAGGIO BANCA POPOLARE DI BARI: IL TRIONFO DELL’IPOCRISIA

Dopo aver avvelenato per anni i pozzi della politica sul tema delle banche, dopo aver proclamato che mai con i soldi pubblici si sarebbe dovuto salvare le banche e aver per questo attaccato ingiustamente il Pd e i nostri governi, ora – dopo il precedente del decreto Carige uguale al decreto MPS – il governo procede al salvataggio della Banca Popolare di Bari. Per noi, coerentemente alle decisioni passate, è giusto farlo. E l’approdo alla realtà da parte della maggioranza va salutato con favore. Meglio tardi che mai. Sarebbe stato anche meglio, però, chiamare le cose con il loro nome, senza nascondere questa misura dietro un ipocrita “Incentivo fiscale per promuovere la crescita dell’Italia meridionale”.

 

ANCORA TAGLI ALLA SICUREZZA SUL LAVORO

Sarà anche a partire dal 2023, ma dopo quanto già fatto nell’ultima legge di Bilancio – con misure che hanno effetto fino al 2021, così che tanto per complicare le cose si creerà un “buco” per il 2022 – il governo ha deciso di tagliare in modo strutturale, di 600 milioni di euro, le tariffe dei premi e contributi Inail. Questo si tradurrà in tagli su formazione, controlli, prevenzione degli infortuni e incentivi per la sicurezza sul lavoro.

 

GRAZIE ALLA BATTAGLIA DEL PD SALVA RADIO RADICALE

La battaglia del Pd, con un emendamento presentato nelle commissioni Finanze e Bilancio della Camera, è servita a stanziare un finanziamento di 3 milioni di euro per il 2019, per “salvare” Radio Radicale, in attesa di arrivare alla gara pubblica che dovrà essere indetta dal Ministero dello Sviluppo economico.

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