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Tutela del risparmio, rilancio del credito e stabilità finanziaria
Famiglie che risparmiano e imprese che investono
Integrazione del sistema bancario nello scenario europeo
LA STRATEGIA DEL GOVERNO
Le abbiamo trovate in un cassetto impolverate, le
riforme di cui il sistema bancario da anni aveva
bisogno e non le faceva nessuno. Certo, abbiamo fatto
arrabbiare tanti, coloro che da anni, in alcuni casi da
decenni, gestivano senza ricambio piccole o grandi
banche popolari o cooperative, con criteri non sempre
trasparenti e a volte come abbiamo visto, fallimentari.
Abbiamo operato per salvaguardare i risparmiatori,
i correntisti. Quelli che hanno sbagliato e chi era
chiamato a vigilare e non lo ha fatto, la magistratura ha
gli strumenti per perseguirli e punirli.
LE RIFORME APPROVATE
La riforma delle banche popolari e loro trasformazione
in Società per Azioni ha portato alla fusione di due
di esse e alla nascita del terzo gruppo bancario
italiano, e nel complesso ha migliorato la trasparenza
nella governance, consolidando l’intero sistema. La
successiva riforma delle banche di credito cooperativo
ha comportato a sua volta l’aggregazione di centinaia di
piccoli istituti in due-tre gruppi di maggiori dimensioni.
Anche in questo caso l’obiettivo è stato quello di rafforzare il sistema, di renderlo più resistente di fronte ad ogni possibile shock, di mettere gli istituti nelle condizioni di finanziare adeguatamente l’economia reale e di favorire così la crescita e l’occupazione.
Altre misure hanno ridotto i tempi di recupero dei crediti, allineato agli standard europei le regole fiscali e introdotto un sistema di garanzie pubbliche per la dismissione delle sofferenze. Tutti questi interventi stanno producendo gli effetti sperati: le banche aumentano efficienza e redditività, la governance è più funzionale e trasparente e i crediti deteriorati diminuiscono. A beneficiarne è l’economia reale che può contare su un migliore accesso al credito.
LE CRISI BANCARIE RISOLTE
Nel complesso, il settore bancario italiano ha attraversato
la crisi finanziaria scoppiata nel 2008 dimostrando
una straordinaria resilienza. A differenza di quanto
accaduto in altri Paesi, le banche italiane non hanno
avuto bisogno di ingenti risorse pubbliche per essere
messe in sicurezza (se da noi fossero stati effettuati
salvataggi proporzionati a quelli della Germania il costo
per i contribuenti sarebbe stato superiore a 180 miliardi
di euro), né si è dovuti ricorrere ad aiuti internazionali
come accaduto in Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna,
Cipro. Ciò non toglie che l’eccezionale durata della crisi
e la cattiva gestione da parte dei loro amministratori
ha lasciato una pesante eredità sui bilanci di alcune
banche e ha costretto il Governo a varare interventi
straordinari: in nemmeno due anni è stata avviata
la procedura di risoluzione di Banca Marche, Banca
Etruria, Carichieti, Carife; è stata ricapitalizzata in via
precauzionale Banca Monte dei Paschi di Siena; sono
state sottoposte a liquidazione coatta amministrativa
Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza.
Crisi bancarie diverse che hanno richiesto modalità di intervento diverse, ma che hanno comunque assicurato la protezione di obbligazionisti senior e depositanti, la conservazione del valore degli istituti e la salvaguardia dei posti di lavoro. Nell’ultimo caso relativo alle due banche venete, in particolare, il Governo è intervenuto con risorse che verranno recuperate negli anni, ha assicurato una gestione ordinata della crisi e reso possibile l’acquisto da parte di Banca Intesa di un complesso aziendale che salva migliaia di posti di lavoro, evita l’interruzione immediata dei servizi alla clientela, garantisce continuità al credito per le imprese e previene disagi alle famiglie e ai risparmiatori. In sintesi, non sono state salvate due banche che non stavano in piedi, ma sono state chiuse due banche inefficienti e contestualmente salvati lavoratori, risparmiatori e imprese, ossia l’economia di un territorio che sta trainando l’Italia nella ripresa economica.