21
Pil da -2,8% a +1,8%
Disoccupazione dal 13% a 11% (livello più basso dal 2012)
23,18 milioni di occupati, mai così tanti dal 1977
Dopo anni in cui tutti gli indicatori economici avevano davanti, inesorabilmente, il segno “meno”, dal 2014 le cose sono iniziate a cambiare, l’Italia ha cominciato ad uscire dalla crisi e ha ripreso un cammino di crescita. E il segno “più” accompagna ora stabilmente tutte le statistiche. Il primo e più evidente esempio è il nostro Prodotto Interno Lordo: se nel 2012 il PIL diminuiva del 2,8 % e nel 2013 dell’1,7%, l’anno seguente ha fatto la sua comparsa il segno “più”. E quindi +0,1% nel 2014, +0,8% nel 2015 e +0,9% nel 2016, con una inversione di tendenza che non solo si è mantenuta costante ma si è rafforzata negli anni e con un incremento complessivo dell’1,8% nel triennio.
In economia si chiama “tendenza strutturale”, ma la cosa importante è che non si tratta solo di numeri, perché sono risultati concreti, sono effetti positivi per la vita delle famiglie e l‘attività delle imprese.
EFFETTI CHE SI POSSONO MISURARE
I consumi delle famiglie sono aumentati del
2,9% nel periodo 2014-2016;
l’indice della produzione industriale è salito da 92 nel febbraio 2014 a 95,4 nel maggio 2017
e gli investimenti in capitale fisso sono aumentati
del 4,6% nel periodo 2014-2016;
il clima di fiducia dei consumatori è cresciuto, tra febbraio 2014 e giugno 2017, da 94,6 a 106,9 mentre quello delle imprese da 95,2 a 107. Nel 2017 questa tendenza si consolida e rafforza ulteriormente: per l'ISTAT la crescita sarà pari all’1,8% (novembre 2017), una previsione sensibilmente più elevata di quanto il Governo stimava ad aprile (1,1%). Anche il mercato del lavoro segna grandi risultati. Il Jobs Act e la decontribuzione per nuove assunzioni hanno dato una spinta decisiva all’occupazione: più di un milione di posti di lavoro, per l'esattezza 1.029.000 contratti di lavoro aggiuntivi dal 2014, di cui il 53% a tempo indeterminato; già ad agosto 2017 l'Italia aveva recuperato più posti di lavoro rispetto ai paesi dell’Eurozona maggiormente colpiti dalla crisi; il 63% degli occupati contro il 56% dell’Irlanda, il 46% dell’Olanda, il 36% della Spagna, il 26% del Portogallo e il 15% della Grecia; diminuzione di 2 punti percentuali del tasso di disoccupazione totale, passato dal 13% del febbraio 2014 all’11% del novembre 2017; diminuzione, nello stesso periodo, del tasso di disoccupazione giovanile, sceso di 9,1 punti percentuali e attestatosi al 32,7%; un dato ovviamente non ancora soddisfacente, ma significativo.