Relatore di minoranza
Data: 
Mercoledì, 5 Dicembre, 2018
Nome: 
Luigi Marattin

A.C. 1334-A

Grazie, Presidente. Al di là delle legittime scelte politiche, tanto più legittime se supportate da un ampio consenso popolare, quale quello che questa maggioranza ha avuto il 4 marzo scorso, una manovra economica è utile al Paese se si basa su due caratteristiche principali: certezza ed efficacia. In pochi minuti proverò ad argomentare perché questa legge di bilancio fa di tutto, invece, per aumentare l'incertezza ed è totalmente inefficace per la nostra economia. Il collega Raduzzi mi perdonerà se eviterò di soffermarmi sulla riduzione delle accise sulla birra o sulla tassa al 15 per cento per le ripetizioni degli insegnanti, lo vorrei tanto fare, fra l'altro, ma non ne ho il tempo e penso che non ne avrà il tempo neanche questo Parlamento, visto che la discussione generale, l'unica possibile su questa manovra, avrà addirittura i tempi ancor più contingentati.

Comincio dalla certezza; questa manovra, questa impostazione di politica economica è iniziata il 27 settembre scorso, poco più di due mesi fa, con l'approvazione della NaDEF che il collega ricordava. Quella sera, con un gesto penoso, che faceva somigliare la nostra Repubblica più a una dittatura sudamericana che non a una democrazia europea, mezzo Governo, affacciato al balcone di Palazzo Chigi, con in piazza Colonna alcuni colleghi 5 Stelle ai quali era stato ordinato di andare lì sotto ad applaudire, annunciava di aver abolito la povertà e che il rapporto deficit-PIL sarebbe stato al 2,4 per cento per ciascuno dei prossimi tre anni.

Il 15 ottobre, poi, al momento di presentare il documento programmatico di bilancio, cioè un dettaglio ulteriore della manovra, già si era cambiata idea e il sentiero di deficit diventava 2,4, 2,1 e 1,8. Poi, all'avvio della procedura di infrazione il documento programmatico di bilancio è stato cambiato e mandato nuovamente a Bruxelles. Stavolta la modifica è stata più che raddoppiare, cioè incrementare fino a 18 miliardi di euro, gli introiti da privatizzazioni da parte di un Governo che da sei mesi non dice altro che voler rinazionalizzare tutto.

E, ora, siamo alla vigilia di un nuovo terzo radicale cambio di manovra e del quadro macroeconomico di finanza pubblica, come ci ha confermato ieri sera - non è stato semplicissimo decodificarlo - il Ministro Tria in audizione dopo che ha gentilmente acconsentito a rispondere anche alle nostre domande, con un nuovo cambiamento dell'obiettivo di deficit. Il sottosegretario Bitonci poche ore fa in televisione ha annunciato che sarà più o meno il 2,2 per cento; se poi ce lo venite a dire anche in Parlamento ci fate un favore.

Quindi, in conclusione di questa prima parte, in nove settimane e mezza, la manovra è cambiata tre volte: e io che ero abituato a pensare che in nove settimane e mezza si potessero fare tante altre cose! Invece, la manovra è cambiata tre volte e il tutto è stato gestito con ritardi, con Ministri ed esponenti della maggioranza che annunciavano su Facebook provvedimenti che o non erano stati ancora presentati in Commissione o che non sono mai stati presentati in Commissione. Al collega Raduzzi e al collega Paragone del Senato vorrei ricordare - il collega Paragone ha fatto un annuncio roboante su Facebook, dicendo che era cambiata la modalità di rimborso agli investitori delle sei banche in liquidazione o in risoluzione fra il 2015 e il 2017 - che non è stato presentato nessun emendamento del genere; a momenti questa Camera approverà l'articolo 38; al di là dell'ammontare di soldi messi, ce ne potete mettere pure 50 di miliardi sopra, ma all'articolo 38 avete scritto che il risarcimento ai risparmiatori delle banche è distribuito con esattamente le stesse modalità della scorsa legislatura, vale a dire soltanto ai risparmiatori in possesso di una sentenza o di una pronuncia favorevole dell'arbitro per le controversie finanziarie, per il cosiddetto mis-selling.

Questo è quello che sta scritto lì, se lo cambierete al Senato vedremo, ma la dovete finire di raccontare cose che non trovano riscontro nei documenti di finanza pubblica che presentate e che chiamate questo Parlamento a votare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Questa approssimazione, questa superficialità, questo basarsi più su ciò che viene comunicato rispetto a ciò che è, questo non avere una più pallida idea di dove si sta andando non è il modo con cui si governa un grande Paese e una grande economia come l'Italia. E questo aumento dell'incertezza non è gratis: ci è già costato un miliardo e mezzo di maggiori interessi nel 2018 e se non cambierete rotta e non la smetterete di zigzagare a questo modo ci costerà 5 miliardi di maggiori interessi nel 2019 e nove miliardi nel 2020. Sono soldi dei cittadini e non vostri o, per lo meno, non solo nostri. Io capisco che il lascito più grande che volete lasciare quando ve ne andrete è sdoganare l'idea che per governare si possa anche fondamentalmente non sapere un accidenti di niente. Ma sappiate che non vi sarà consentito di far passare questo messaggio nella società italiana; questo elogio dell'incompetenza e dell'ignoranza, che state portando avanti da mesi se non da anni, non vi sarà consentito farlo passare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Questa idea che se sai qualcosa sei membro dell'élite e se non sai niente rappresenti il popolo è il pericolo più grande che potete lasciare in eredità quando ve ne andrete da qui.

Oltre che foriera di incertezza e di costosa incertezza vengo ora brevemente a spiegare perché, a nostro modo di vedere, questa manovra è totalmente inefficace per risolvere i problemi della nostra economia. Ripeto: il collega ha parlato di accise sulla birra eccetera. Io vi dico solo tre cose, perché questo è ciò che mi permette il tempo che ho. Il Paese ha tre esigenze fondamentali: la prima è ridurre le tasse, anzi continuare a ridurre le tasse. Nei vostri documenti di finanza pubblica, che a volte dimostrate di non aver neanche letto, avete scritto che la pressione fiscale in questo Paese dal 2014 al 2018 è scesa, anche se poi su Facebook e in quest'Aula dite il contrario. Avete scritto nei documenti che presentate in questo Parlamento - voi l'avete scritto! - che la pressione fiscale in questo Paese è scesa dal 43,4 per cento nel 2014 al 41,8 per cento nel 2018, se non contiamo gli 80 euro che formalmente sono un trasferimento e non una riduzione di tasse ma se li volessimo considerare sarebbero circa 2 punti percentuali in meno di pressione fiscale in quattro anni.

E nella vostra stessa legge di bilancio, dopo che avete fatto l'elenco delle accise sulla birra, scrivete che la pressione fiscale in questo Paese dopo quattro anni smette di scendere perché con la vostra manovra rimane esattamente allo stesso livello del 2018, cioè il 41,8 per cento. Nella vostra stessa manovra scrivete che la pressione fiscale, che è scesa di un paio di punti percentuali, in questo Paese dopo cinque anni rimane costante e, anzi, se consideriamo lo sblocco delle aliquote dei comuni, che è una decisione su cui possiamo pensarla in qualsiasi modo, nei fatti la pressione fiscale in questo Paese nel 2019 sale. Dunque, a me l'elenco delle singole misure di tassazione sulle imprese fa effetto fino a un certo punto, perché voglio sapere alla fine, fra le tasse aumentate alle imprese e quelle diminuite, qual è il saldo netto.

Poi, specialmente non mi piace concentrarmi soltanto su una delle due, sulle tasse che diminuite o su quelle che aumentate. Voglio sapere nel 2019 le imprese italiane quanto pagheranno in meno di tasse o in più e questa risposta viene fornita dall'Ufficio parlamentare di bilancio, l'autorità di politica fiscale indipendente che, quando vi ha bocciato la manovra, avete additato come nemica del popolo. L'Ufficio parlamentare di bilancio vi ha calcolato esattamente le tasse che scendono, cioè l'IRES al 15 per chi investe e assume e la flat tax - cosiddetta tale - per il regime dei minimi, e tutte quelle che invece vengono aumentate, dovute all'eliminazione di alcune agevolazioni come l'ACE, il credito d'imposta e il super ammortamento. Allora, lì c'è scritto qual è il conto netto e lì c'è scritto che nel 2019 le imprese italiane pagheranno 6 miliardi 143 milioni di tasse in più rispetto al 2018. Questo è l'effetto di questa manovra: una pressione fiscale aggregata che nella migliore delle ipotesi rimane costante e un aumento di carico fiscale sulle imprese se consideriamo tutte le misure che avete scritto qui dentro.

Noi vi abbiamo proposto un'altra cosa in Commissione. Invece di buttare via 13,8 miliardi in quello che consideriamo il più grande programma di assistenzialismo che questa Repubblica abbia mai visto, cioè il reddito di cittadinanza e “quota 100”, vi abbiamo proposto cose alternative: aboliamo l'IRAP, che costa esattamente 13,8 miliardi, e facciamo uno shock fiscale alle imprese su una delle tasse più strane che esistono, oppure abbattiamo di quattro punti il cuneo fiscale per i neoassunti. Questo vuol dire che un metalmeccanico con 1.200 euro di stipendio al mese può avere 60 euro al mese in più in busta paga, ci avete detto di no.  L'altra esigenza è un welfare moderno e di accompagnamento. Il nostro welfare è vecchio, passivo e ingiusto. A tutto questo voi rispondete con il solito ritornello: reddito di cittadinanza che, fra l'altro, non compare in questa manovra e verrà demandato a un disegno di legge dopo Capodanno. Noi vi abbiamo proposto di raddoppiare il reddito di inclusione, che è una misura che già c'è. Dunque, perché buttare via una misura che già c'è e sta iniziando a funzionare per inseguire una propaganda elettorale? Vi abbiamo proposto l'assegno universale per i figli, vi abbiamo proposto di investire sulla formazione, di recuperare il credito di imposta 4.0 che voi avete recuperato in Commissione ma soltanto per i piccoli, perché essere grandi sembra essere un problema.

Terza e ultima esigenza: competitività e riforme strutturali. Voi su questo rispondete - su questa esigenza - con due cose: regalare un pezzo di terra alle famiglie che fanno il terzo figlio e mandare in pensione la gente a 62 anni e noi abbiamo detto - e lo dico a tanti - che non è giusto in un Paese del genere, che ha consentito per tanti decenni alle persone di andare in pensione a volte a 38 anni e non a 62 anni, trattare allo stesso modo chi fa un lavoro usurante e chi fa il poeta, perché mandare in pensione la gente a 62 anni, indipendentemente dal lavoro che fa, significa non avere riguardo per l'ingiustizia fatta a livello intergenerazionale in questo Paese.  Il nostro servizio al Paese in questa fase lo facciamo facendovi una promessa: in noi troverete avversari leali ma sempre più intransigenti, che non vi permetteranno di continuare a giocare col futuro dell'Italia come avete fatto in questi primi sei mesi. Questa promessa che vi fa questa sera il Partito Democratico è l'unica certezza.