Discussione sulle linee generali
Data: 
Giovedì, 6 Dicembre, 2018
Nome: 
Sara Moretto

A.C. 1334-A

Presidente, onorevoli colleghi, ovviamente ho un intervento complessivo, ma non posso non partire da una risposta anche all'intervento che mi ha appena preceduto, perché diverse stime hanno già anticipato - ma ci sono anche le audizioni dell'ufficio di bilancio tenute sulla manovra che lo confermano - che le imprese italiane, già nel 2019, e mi riferisco solo alle imprese non finanziarie e non bancarie, pagheranno 4,5 miliardi di euro di tasse in più. Affrontiamo questa discussione, intanto, con elementi di verità.

Oggi, stiamo affrontando una discussione paradossale, su una legge di bilancio che ancora non sappiamo se manterrà, già nelle prossime ore, gli stessi contenuti. Delle numerose promesse elettorali non sappiamo cosa ne sarà; quello che è certo è che, ad oggi, non appare evidente, in questa manovra, alcuna risposta di sistema alla fase di difficoltà che il nostro mondo produttivo sta affrontando, ora, dopo anni di lenta, ma costante ripresa da una crisi profondissima. È sufficiente questo per dimostrare la scarsa affidabilità di un Governo, il cosiddetto Governo del cambiamento, che, nonostante i numeri che lo sostengono, non riesce a individuare una direzione e a perseguirla con la giusta determinazione. Si tratta di un Governo che non è in grado nemmeno di cogliere i dati preoccupanti che il Paese reale gli sta restituendo e che richiedono, lo ripeto, risposte di sistema ragionate e chiare.

L'andamento del PIL è tornato ad avere segno meno dopo anni di crescita, la produzione industriale è in calo anche nel mese di settembre e la disoccupazione sale. Qui, non si tratta di individuare dei colpevoli, come troppe volte ha fatto questa maggioranza, ma di trovare soluzioni e se, comunque, dovessimo anche cercare delle responsabilità, non possiamo non tenere conto degli esiti delle prime scelte fatte da questo Governo. Una stima proprio di ieri quantifica, in via del tutto prudenziale, in circa 53 mila i posti di lavoro persi allo scattare del 1° gennaio 2019; 53 mila persone, allo scadere dei 24 mesi, non potranno vedersi rinnovato il contratto di lavoro, per effetto del decreto dignità. Sempre ieri è stato annunciato che è stimato che il 30 per cento delle imprese del settore metalmeccanico non rinnoverà i contratti alla scadenza. Aggiungiamo anche che questa maggioranza ha pensato di approvare un emendamento che penalizza anche l'industria automobilistica che in questo settore, sicuramente, è un'impresa strategica.

Quindi, è evidente che il Paese sta già pagando gli effetti delle prime scelte di questo Governo e, invece di cogliere i segnali che arrivano dal Paese e provare a dare una risposta, il Governo agisce guidato da evidente spirito di rivalsa. Molte delle misure che i governi Renzi e Gentiloni avevano posto in essere e che stavano contribuendo a portare aziende e lavoratori fuori da una crisi senza precedenti sono state cancellate o depotenziate. Pur riconoscendo a parole, in ogni sede, la bontà del Piano Impresa 4.0, poi, si è scelto di riconfermare, sì, alcuni aspetti, ma di interromperne altri e mi riferisco, per esempio, alla cancellazione del super ammortamento e alla trasformazione dell'iper ammortamento in una misura a scaglioni che finirà per penalizzare i grandi investimenti, sotto le mentite spoglie di una misura a favore delle piccole imprese. Con questo si interrompe un percorso di investimenti privati che aveva dato ossigeno al nostro sistema produttivo e aggiungo anche la parte della Formazione 4.0, perché nel piano Industria 4.0 avevamo pensato a due fasi: ad una fase di investimento in macchinari, nei sistemi produttivi, ma anche ad una fase importantissima di formazione del personale, adeguato ad affrontare questa fase di innovazione. Ebbene, nella prima versione, delle tante, di questa legge di bilancio, anche gli incentivi per la Formazione 4.0 erano stati azzerati. Il lavoro parlamentare ha consentito di reinserirli, ma anche questi con questo meccanismo a scaglioni che viene raccontato come una misura a favore dei piccoli, ma che, in realtà, anche qui, penalizzerà le imprese che intendono fare grandi investimenti in formazione, indipendentemente dalle loro dimensioni.

Aggiungo anche che in questa legge di bilancio vi sono delle grandi assenze, grandissime; ne cito un solo due. Il primo grande assente è il tema del commercio; abbiamo sentito da questa maggioranza sbandierare interventi a difesa del piccolo commercio. Ebbene, qui, in questa legge di bilancio non c'è nulla ed è stato bocciato l'emendamento con il quale proponevamo una misura di sistema a favore del piccolo commercio. L'altro grande assente è il turismo; siamo passati dall'annuncio di un Ministero ad hoc al nulla, anche all'eliminazione del credito d'imposta per la riqualificazione delle strutture alberghiere.

Contro le decisioni di questo Governo si è mobilitato anche il mondo imprenditoriale che ha più volte, invano, chiesto di ripensare il modello di Paese che si sta delineando, basato su assistenzialismo, per giunta per pochi, propaganda, ritorno al passato e assenza di regole chiare che impediscono ai nostri imprenditori di avere certezze sulle quali basare i propri piani di investimento. Siamo di fronte a una completa assenza di visione industriale, di una strategia per la crescita. Ed è proprio per questo che la manovra non sta realisticamente in piedi.

Il PIL, colleghi, non cresce da solo, le stime messe sulla carta sono grandezze virtuali – e concludo -, stabilite non su dati concreti, ma nella dimensione utile a dimostrare che le misure di propaganda promesse si possono realizzare. Salvini e Di Maio sono i primi a sapere che le cose stanno così, ma sono anche disponibili a far pagare al sistema Paese e ai singoli lavoratori il conto della loro campagna elettorale permanente.