Data: 
Martedì, 25 Luglio, 2023
Nome: 
Bruno Tabacci

Grazie, Presidente. Il gruppo parlamentare Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista partecipa al lutto del Paese per la morte di Arnaldo Forlani ed esprime ai figli, Alessandro, Marco e Luigi e alle loro famiglie, le più sentite condoglianze.

Lei ha già avuto modo di ripercorrere le tappe della storia politica di Arnaldo Forlani: Presidente e Vice Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro degli Esteri, della Difesa, delle Partecipazioni statali, deputato per 9 legislature, dal giugno 1958 ad aprile 1994. La prima elezione a segretario coincide con il Patto di San Ginesio, località marchigiana, nel 1969, quando, insieme a Ciriaco De Mita, aveva tentato un'operazione di rinnovamento della DC che poi porta a Forlani la segreteria - aveva 44 anni - e l'avvento della cosiddetta terza generazione, dopo quella di Iniziativa Democratica di Fanfani che, a sua volta, aveva sostituito la generazione dei De Gasperi e dei Piccioni.

Arnaldo Forlani è stato un leader DC che meglio ha interpretato i cromosomi del suo partito, aderendovi anche nello stile e nella postura. Le tracce della grandezza di quel partito vanno ricercate, più che nella esibizione dei successi elettorali, che pure ci sono stati, nella pratica di uno stile silenzioso e discreto, incompresa ieri dagli storici della sinistra, che l'avevano avversata - la storia del nostro Paese, in quel caso, è stata scritta da quelli che politicamente avevano perso - e oggi dagli storici della destra, che hanno spesso considerato - mi scusi il collega Rotondi - i democratici cristiani un incidente della storia, con la tentazione di cancellarne le tracce, come se essi non fossero mai esistiti. Invece, nella storia vera di questa Repubblica nessuno ha rappresentato gli italiani con tanta profondità e aderenza, con i loro pregi e con i loro difetti come la storia democratico cristiana. Infatti, qua e là, comincia ad affiorare qualche rimpianto e la necessità di un giudizio più moderato.

Nessuno ha esercitato un'egemonia così incisiva nel Paese, pur non dichiarandola e vivendola con una certa riluttanza. Un rapporto felpato e non debordante nell'esercizio del potere. Questo è stato anche lo stile personale e politico di Arnaldo Forlani. La DC era un partito che difendeva il mercato ma nel contempo promuoveva lo Stato sociale, popolare ma non populista, un partito che realizzava un'incisiva riforma agraria senza indulgere nella retorica riformista, un partito europeista, da Paese fondatore con Alcide De Gasperi, atlantista, con la scelta lungimirante della NATO, ma capace di iniziative autonome e creative in politica estera.

E anche la politica dell'ENI di Enrico Mattei, che, talvolta, viene richiamato a sproposito, origina in quel contesto democratico cristiano. Con la sconfitta della DC del 1992 alle elezioni politiche esce di scena politicamente anche Arnaldo Forlani. La DC finisce la sua storia quasi cinquantennale più per la caduta del muro di Berlino che per la questione dell'inchiesta di Mani pulite, che fa emergere comunque le contraddizioni di un sistema partitico via via più lontano dalle aspirazioni della gente e di una resa dei conti del sistema di potere che, oltre allo squilibrio tra i poteri dello Stato, con un ruolo salvifico attribuito alla magistratura, evidenzia la strumentale condizione di vittima del Gotha finanziario e industriale del nostro Paese. Arnaldo Forlani paga il prezzo del suo ruolo, ma affronta la drammatica situazione con la dignità di un uomo che sceglie di difendersi nei processi e non dai processi. Nasce così la Seconda Repubblica. Forlani non vi prende parte in alcun modo, neppure ai numerosi dibattiti e confronti ai quali veniva invitato: “No grazie” - sono le parole di Rotondi – “sarà per un'altra volta”, gentile ma fermo. Tornava regolarmente a Pesaro, nel suo giardino, frequentato dai merli e dalle gazze, come quelli che da ragazzo aveva imparato ad ammaestrare. Con Arnaldo Forlani se ne va uno degli ultimi protagonisti di una nobile storia politica. Il romanzo democristiano però deve essere ancora compiutamente scritto. Intanto il Presidente Mattarella, avendone pieno titolo, ha ricordato il 21 luglio scorso, quattro giorni fa, gli 80 anni del Codice di Camaldoli, alla cui stesura lavorarono personalità come Paronetto, Saraceno e Vanoni e uomini come Giorgio La Pira, Paolo Emilio Taviani e Aldo Moro. Sarebbe stato contento di questo ricordo anche Arnaldo Forlani.