Data: 
Martedì, 12 Febbraio, 2019
Nome: 
Piero Fassino

Signor Presidente, prima di svolgere le mie considerazioni, credo sia giusto che l'Assemblea saluti la delegazione dell'Assemblea parlamentare del Venezuela che sta seguendo i nostri lavori dalle tribune.

Signor Ministro, mi rivolgo a lei tramite il Presidente, il suo intervento si è sviluppato con il tratto garbato che lei ha sempre e, anche, con la consolidata esperienza diplomatica che caratterizza tutti i suoi interventi. Tuttavia, questo non può celare, e non ha celato, una sostanziale ambiguità della posizione del nostro Paese sulla crisi venezuelana. Intanto, io registro che se oggi c'è questo dibattito è perché le opposizioni hanno insistito perché ci fosse , perché sennò noi non avremmo avuto neanche ancora una sede per discutere di questo. E ieri e oggi tutti i giornali ne danno testimonianza: il Presidente Guaidò non ha mancato di manifestare lo sconcerto suo e di gran parte della popolo venezuelano che in lui si riconosce per l'ambiguità, la tiepidezza, diciamo pure, per usare un termine che appartiene al linguaggio politico italiano, il “cerchiobottismo” che sta caratterizzando la posizione italiano. Io credo che sia certamente una macchia per il nostro Paese essere stato l'unico Paese europeo ringraziato dal Presidente Maduro e quel ringraziamento suona davvero come la conferma di un'ambiguità della nostra posizione.

Ora, noi sappiamo tutti cosa succede in Venezuela, vent'anni di regime di Chávez e dei suoi successori hanno determinato una crisi drammatica, una condizione di iperinflazione per cui il reddito e la moneta non valgono più nulla, una condizione di povertà diffusa, il crollo economico che si traduce nella riduzione del 50 per cento della produzione petrolifera, un esodo di massa che ha visto tre milioni di persone già abbandonare il Paese e tutto questo con un regime politico brutale, autoritario che persiste nel voler rimanere al potere con elezioni che non sono riconosciute, non sono riconosciute dalla gran parte dei Paesi europei, non sono riconosciute dalla gran parte dei Paesi latinoamericani, dall'organizzazione degli Stati americani, dalla gran parte della comunità internazionale. E noi sappiamo, come sa lei, che quando un Presidente in Venezuela non è legittimo, non è legittimato, c'è un meccanismo costituzionale che prevede che il ruolo sia ricoperto dal Presidente dell'Assemblea, che è esattamente quello che è avvenuto. Ma se, allora, come lei ha detto, l'Italia non riconosce l'autorità di Maduro, al punto che il nostro ambasciatore, insieme agli altri ambasciatori europei, non ha partecipato alla cerimonia del suo insediamento, non si capisce perché da questo non traiamo la conseguenza di riconoscere l'autorità del Presidente Guaidò.

E così non possiamo ignorare, proprio perché abbiamo preoccupazione per la nostra comunità, che al Tiendita, cioè al confine tra la Colombia e il Venezuela, giacciono ingenti quantitativi di aiuti umanitari che sono finalizzati a sollevare la condizione di penuria e di disagio della popolazione, tra cui anche i nostri aiuti, e che sono bloccati dall'esercito venezuelano che ha ricevuto ordine da Maduro di non fare entrare quegli aiuti.

Ora, di fronte a questo, invocare la non ingerenza, come è stata invocata qui, è una ambiguità opportunistica. A parte il fatto che il diritto internazionale riconosce il principio di ingerenza umanitaria, come tutti sappiamo, ma io vorrei anche dire che invocare l'ingerenza può essere conseguenza di drammi inenarrabili. Siamo entrati in queste settimane nel nono anno della guerra in Siria e sono nove anni che noi assistiamo inerti a una mattanza e assistiamo inerti, tutti, a quella mattanza, esattamente perché il principio di non ingerenza impedisce di bloccare un dramma che sta producendo milioni di vittime, milioni di rifugiati e la distruzione di un Paese. Quando sono in gioco diritti fondamentali, quei diritti che sono nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, il principio di non ingerenza conosce un limite e, oggi, in Venezuela questo principio conosce e deve conoscere un limite.

In ogni caso, se si vogliono evitare le due soluzioni estreme, che nessuno si augura, e cioè che la situazione precipiti nella guerra civile, oppure che ci sia qualcuno che pretende, motu proprio, di intervenire e questa ipotesi è stata evocata, per esempio, dal consigliere del Presidente Trump, Bolton, ebbene, se noi vogliamo evitare queste due precipitazioni, l'unica cosa che dobbiamo fare è avere un'iniziativa attiva e non quella di stare a guardare, non quella di invocare un principio di non ingerenza.

Lei ha detto, appunto, nella sua relazione, al primo punto dei 4 che ci ha illustrato: soluzione non conflittuale. Giusto, ma soluzione non conflittuale, soluzione politica, che significa andare presto a elezioni libere, democratiche, sotto la tutela degli osservatori internazionali, significa mettere in campo tutte le iniziative necessarie e il riconoscimento del Presidente Guaidò; è un atto che spinge ulteriormente ad andare verso una soluzione che abbia come esito e come sbocco le elezioni politiche, mentre, se noi continuiamo in questo atteggiamento assolutamente ambiguo, non favoriamo quell'esito e, per questo, l'Unione europea ha assunto le posizioni che lei ha ricordato. E io considero molto grave, condivido quello che ha già detto il collega Vito, molto grave, che l'Italia abbiamo ritenuto di distinguersi in sede europea, frenando la posizione europea, riducendo la coesione dell'Unione e riducendo, quindi, anche l'autorevolezza con cui l'Unione può intervenire a concorrere a una soluzione politica. Io penso che, invece, noi abbiamo la necessità di far pesare fino in fondo l'Unione europea, esattamente per concorre a una soluzione politica. È vero, è stata una scelta molto giusta quella di costituire il gruppo di contatto che ha proposto la Vicepresidente Mogherini al Presidente dell'Uruguay e che è stato poi accolto da una serie di Paesi, noi facciamo parte di quel gruppo di contatto insieme ad altri Paesi europei, ma le segnalo che in quel gruppo di contatto noi andiamo con una posizione diversa dagli altri Paesi europei e questo, certo, non rafforza l'iniziativa dell'Unione europea in quel consesso, così come, in generale, l'iniziativa dell'Unione per spingere verso elezioni politiche.

Insomma, noi vi chiediamo di uscire dall'ambiguità. Ho letto la risoluzione che la maggioranza propone, è una risoluzione che, appunto, non scioglie il nodo politico, non scioglie il nodo politico di riconoscere l'autorità di Guaidò e di concorrere in questo modo con una politica attiva, insieme agli altri Paesi dell'Unione europea, a favorire quella soluzione politica che è l'unica che può escludere, appunto, il precipitare di soluzioni invece drammatiche. Occorre riconoscere l'autorità di Guaidò, sostenere l'iniziativa dell'Unione Europea, concorrendo a quell'iniziativa e non distinguendosi, sostenere ogni ipotesi di mediazione che possa essere messa in campo, c'è stata un'autorevole disponibilità in queste settimane da parte dello stesso Pontefice che ha dichiarato che la Chiesa è disposta a fare la propria parte, in quanto sia richiesta una sua mediazione, e naturalmente, qualora ci fosse, io credo che il nostro Paese la dovrebbe sostenere, e tutelare la nostra comunità. Qui, è stato richiamato il fatto che una grandissima comunità italiana vive in Venezuela, una delle più grandi comunità italiane nel mondo, appunto, ma non è con una posizione ambigua, non è con una posizione reticente, non è guardando da un'altra parte che noi tuteliamo gli interessi degli italiani che vivono in quel Paese, è esattamente facendo il contrario.

È esattamente avendo un ruolo attivo e facendo in modo che la voce dell'Italia sia una voce chiara, netta e liberata da ogni forma di ambiguità e di equivoco. Vede, e voglio terminare su questo, quello che a noi preoccupa, però, è che questa ambiguità sul Venezuela non è su una posizione, purtroppo, isolata, per quello che riguarda la politica estera italiana, e io naturalmente ho, come altri colleghi, credo tutti, molta comprensione del ruolo che lei deve svolgere, perché conosciamo quali sono i suoi sentimenti, il suo profilo politico, la sua esperienza e il suo europeismo, però lei è Ministro degli esteri di un Governo che ogni giorno smentisce i pilastri fondamentali della politica estera italiana .

Allora, sta per scadere tra qualche settimana il primo anno dalle elezioni, questo Governo governa da circa sette, otto mesi questo Paese, in sette, otto mesi siamo riusciti a litigare con l'Unione europea, siamo riusciti a litigare con i Paesi del bacino mediterraneo, a litigare con le organizzazioni internazionali e umanitarie, a metterci in conflitto con le istituzioni internazionali, per esempio non sottoscrivendo il Global migration compact, litighiamo con la Francia con gli esiti assolutamente devastanti di cui possiamo prendere atto e questa sarebbe una politica estera. Questa non è una politica estera, questa è soltanto l'espressione di una velleitaria presunzione di fare da soli, che condanna il Paese ad un isolamento internazionale e alla irrilevanza del nostro Paese.

La politica estera - lei ci insegna, per l'esperienza che ha - non si fa con l'esibizione di muscoli, non si fa con dichiarazioni provocatorie velleitarie, la politica estera si fa costruendo, con il dialogo, con il confronto, con la discussione e la ricerca di soluzioni comuni a problemi comuni, che non significa negare gli interessi nazionali, per carità, l'interesse nazionale è una categoria che esiste per ogni Paese e noi abbiamo i nostri, ma gli interessi nazionali si tutelano in quanto si sia capaci di farli valere nelle sedi multilaterali e nelle sedi nelle quali l'Italia può giocare un ruolo insieme agli altri Paesi, non aprendo conflitti e guerre dei bottoni come stiamo facendo con ogni interlocutore del nostro Paese. L'interesse nazionale non è una clava da giocare nella dialettica politica internazionale, l'interesse nazionale va riaffermato costruendo le soluzioni che lo tuteli insieme ai nostri interlocutori.

E questa è la ragione per cui noi abbiamo presentato la risoluzione, di cui chiediamo al Parlamento naturalmente il voto, e più che mai noi - e voglio concludere su questo - ribadiamo che, se questo Paese vuole avere voce in capitolo sulla scena internazionale, non può eludere le due scelte fondamentali in cui da settant'anni questo nostro Paese si colloca: il multilateralismo e l'Unione europea.

Fuori da questo quadro noi siamo irrilevanti e chi ci conduce fuori da questo quadro fa un gigantesco danno al nostro Paese.