Dichiarazione di voto finale
Data: 
Giovedì, 13 Giugno, 2019
Nome: 
Chiara Braga

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, recante disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici 

A.C. 1898

Signora Presidente, siamo all'atto finale di una messa in scena che dura ormai da più di due mesi. In questa vicenda, però, c'è un grande assente, manca il principale protagonista o quantomeno la comparsa di questa rappresentazione, il Ministro delle Infrastrutture che, mai, neanche una volta, nei cinquanta giorni in cui questo decreto è stato ostaggio della maggioranza al Senato e, nemmeno qui alla Camera, nei tempi compressi della Commissione e dell'Aula, si è degnato di confrontarsi con il Parlamento sui contenuti di un pessimo provvedimento, che investe direttamente le sue competenze (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Uno sfregio al normale confronto democratico, ma anche l'attestazione della sua inconsistenza e irrilevanza in questo Governo; chissà se nell'immancabile tweet che siamo certi arriverà da qui a pochi minuti il Ministro Toninelli si renderà almeno conto che il suo nome verrà associato per sempre a uno dei più disastrosi interventi normativi nella materia degli appalti pubblici.

Un provvedimento che ci riporterà all'epoca del suo illustre predecessore, il Ministro Lunardi: dal Governo del cambiamento al revival della stagione dei commissari straordinari dell'era Berlusconi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), del subappalto senza regole e controlli, del trionfo del massimo ribasso e della cattiva qualità delle opere pubbliche. Avete chiamato questo decreto “sblocca cantieri” ma altro non è che l'ennesima pagina della vostra inarrestabile propaganda, perché lo sapete anche voi che questo provvedimento non sbloccherà nessuna delle oltre 200 grandi opere ferme, non rimetterà in moto e in circolo nemmeno uno di quei 49 miliardi di investimenti bloccati per colpa delle vostre divisioni, della vostra incapacità di decidere e di governare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico): dalla TAV al Terzo valico, dalla Pedemontana lombarda alla statale ionica, centinaia di infrastrutture dal Nord al Sud del Paese.

Questo decreto stravolge il codice degli appalti nonostante ci sia una delega sospesa al Senato che dovrebbe, secondo le vostre intenzioni, operare una riforma organica. Questo decreto ha un solo intento: quello di togliere di mezzo le norme che avevano consentito in questi anni di mettere mano ad alcune degenerazioni del sistema degli appalti pubblici, vicende che fino a qualche anno fa avevano generato scandalo e prodotto una reazione collettiva nel Paese. Su quella spinta nel 2016 ci si era dati un obiettivo ambizioso e si era costruito un percorso di confronto e condivisione ampio dentro e fuori il Parlamento, una scommessa che nasceva dal desiderio di dotare l'Italia di un codice che favorisse la qualità: qualità del progetto, per porre fine alla vergogna delle varianti in corso d'opera e della lievitazione di tempi e costi, e qualità delle stazioni appaltanti e delle imprese del settore. Un percorso di riforma ambizioso, non perfetto, certo, ma che, come ci dicono i dati del CRESME o della stessa ANAC, ha prodotto in questi anni un'evoluzione positiva del sistema. I numeri ci raccontano di un boom negli affidamenti e nella progettazione di opere pubbliche, di una crescita nel primo semestre di quest'anno del 38 per cento rispetto al 2016 del mercato degli appalti.

Questo, però, continua a essere il Paese che vive in un'oscillazione continua tra moti di indignazione e di reazione agli scandali, alle ruberie e alle storture del sistema per passare, un minuto dopo, all'invocazione di ricette miracolose che in nome di parole evocative, come semplificazione e sburocratizzazione, spianano la strada alla peggiore deregolamentazione da cui faticosamente con l'attuale codice si era cercati di uscire solo due anni fa.

Sembra passato un secolo, colleghi, da quando in quest'Aula nella scorsa legislatura il MoVimento 5 Stelle ci faceva la lezione sulla trasparenza e la lotta alla corruzione. Usava parole di fuoco sui commissari straordinari, sul massimo ribasso, sulle procedure in deroga (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) quando, ricordo, all'indomani del crollo di un viadotto in Sicilia realizzato con il sistema del general contractor, denunciavano lo scandalo di imprese che operavano in assenza di qualsiasi controllo pubblico, di opere incompiute, di inchieste giudiziarie che svelavano malaffare e presenza delle mafie nel settore degli appalti. E oggi, invece, possiamo dirlo: a trionfare è il “Siri pensiero”. Certo, potete anche continuare a illudervi di aver incassato un grande risultato politico buttandolo fuori dal Governo, ma votando questo decreto state realizzando esattamente quanto teorizzava il sottosegretario leghista Siri, amico di quel Paolo Arata (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) arrestato l'altro ieri con l'accusa di intestazione fittizia, corruzione e autoriciclaggio e collegato dagli inquirenti a finanziatore della latitanza del boss Matteo Messina Denaro. Ecco cosa diceva qualche settimana fa il sottosegretario Siri: “Per combattere la corruzione non serve il codice né l'ANAC. Via tutto! Basta il buon senso”.

Già, il buonsenso. Si vede che adesso voi lo chiamate così, ma dietro questo provvedimento c'è tutt'altro: c'è un'idea criminogena che vi accomuna e che è il vero collante di questa maggioranza, cioè la convinzione che l'unico modo per realizzare gli investimenti in Italia sia quello di non rispettare le regole, cancellare le norme che garantiscano legalità e contrasto alla corruzione, consentire di fare affari sull'abbassamento della qualità e pazienza se poi, come è successo nel passato, questo comporta aumento dei costi e dei tempi. Infatti, quello che conta e che è importante da dire è che bisogna fare, fare in fretta e che non conta fare bene. La colpa dei ritardi è delle regole, quelle di cui bisogna liberarsi.

Ma se anche volessimo accettare e provare a velocizzare e semplificare la realizzazione dei lavori pubblici, sapete anche voi - e lo avete riconosciuto - che dentro questo decreto non c'è traccia di nessuna misura utile ad aprire i cantieri. Al contrario, si interrompe il percorso di centralizzazione e qualificazione delle stazioni appaltanti, si torna a subappaltare fino al 40 per cento delle opere senza nessun controllo sui requisiti dei subappaltatori anche nei settori più a rischio di infiltrazione della criminalità organizzata, quali il movimento terra e il ciclo del calcestruzzo, come dimostrano molte inchieste della Direzione distrettuale antimafia.

Si ritorna alla regola del massimo ribasso, si innalza la soglia delle opere che potranno essere affidate senza gara fino a 150 mila euro, che sono una larga parte dei lavori pubblici nel nostro Paese e, quindi, senza nessuna trasparenza e concorrenza. Inoltre, si cancella l'obbligo di scegliere i commissari di gara esterni e qualificati attingendo dall'albo ANAC che sopprimete, si reintroduce lo strumento dell'appalto integrato e mettete in piedi l'ennesima scatola vuota, Infrastrutture Italia S.p.A., solo per fare un po' di assunzioni al di fuori delle regole trasparenti di selezione di personale.

Eppure, lo sapete anche voi che il combinato disposto tra il subappalto selvaggio e il massimo ribasso spingerà la competizione verso il basso e questo si scaricherà sui lavoratori, soprattutto su quelli meno qualificati, sui giovani professionisti, sulle imprese che fanno della qualità un valore, e si aprirà di nuovo la strada alla criminalità organizzata e alle mafie, come ci hanno spiegato in tutti i modi i sindacati e le associazioni impegnate sul fronte della legalità.

È un intervento scomposto e disorganico quello che state facendo. È un delirio di onnipotenza farvi dire che renderete operativo il nuovo regolamento in 180 giorni. Ci sono voluti quattro anni per fare l'ultimo regolamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) e, complice anche la pessima qualità normativa del testo che state approvando, condannate il sistema a una lunga fase di incertezza e di instabilità, un ibrido rispetto alle finalità e agli obiettivi di logica unitaria e coerente che una modifica del settore avrebbe richiesto come rilevato anche dall'ufficio parlamentare di bilancio.

E poi affossate l'ANAC senza nemmeno avere il coraggio e la dignità di farlo apertamente. Ignorate colpevolmente i segnali di allarme che sono venuti anche in questi giorni dal presidente Cantone. A fronte di oltre 2 mila aziende che operano negli appalti pubblici colpite da interdittive antimafia, indebolite non solo la lotta alla corruzione ma la vigilanza, che significa prevenzione delle strutture del sistema (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). E mentre approvate queste norme voi stessi riconoscete che sono inutili, che non sbloccheranno niente, tant'è che prevedete di nominare un numero indefinito di opere prioritarie e per queste opere commissari straordinari che potranno agire in deroga a tutto. Siete spregiudicati - e lo dico ai colleghi della Lega - perché riuscite anche a farvi difendere su questo. I danni di questo provvedimento li vedremo presto nei prossimi mesi ma quelli della vostra incoerenza li stanno già pagando i territori colpiti dal sisma, a cui non state dando nessuna risposta nonostante le promesse che lei, sottosegretario, e il Presidente Conte avete fatto in quei territori.

Tra pochi minuti approverete questo decreto che non sbloccherà l'Italia ma sbloccherà l'illegalità (quella sì!). Da domani non ci saranno più cantieri aperti in Italia: ci saranno cantieri meno sicuri, lavoratori meno tutelati, più imprese che riusciranno a farsi strada aggirando le regole, facendo accordi sottobanco, fuori dalla trasparenza e dalla libera concorrenza, con quei funzionari e politici disonesti, una minoranza certo, una minoranza che voi, però, non volete debellare e che si sentiranno liberi di agire fuori da ogni controllo. State ripristinando nel settore delicatissimo degli appalti pubblici la logica del “caro amico”: “Scelgo chi mi pare poi tanto un modo per metterci d'accordo lo troviamo” (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) sistema che ha consegnato questo Paese per decenni a scandali, ritardi e ruberie. Vi ostinate a proclamarvi Governo del cambiamento ma siete il Governo della peggiore restaurazione. Non sbloccherete né i cantieri né questo Paese ma vi assumete una pesante responsabilità nel riportare indietro la lancetta del tempo di vent'anni e a pagare il prezzo della vostra incompetenza e spregiudicatezza saranno, ancora una volta, i lavoratori e le imprese sane e oneste di questo Paese. Per tutte queste ragioni noi voteremo “no” e continueremo in ogni modo, anche fuori di qui, a denunciare i pericoli e i danni di questo provvedimento e a combattere un Governo che fa male all'Italia