A.C. 3340-A
Signora Presidente, intervengo in particolare sulle disposizioni di cui agli articoli 1 e 3 del presente decreto, un decreto che effettivamente si è concentrato su pochissime per tematiche e conseguentemente questo ha anche limitato, per i Regolamenti che abbiamo come Camera, la possibilità di trovare soluzioni – che pure sarebbero auspicabili e urgenti – a una serie di problematiche evidenziate anche dall'ANCI affinché gli enti locali possano avere una chiusura finanziariamente ordinata e sostenibile dell'esercizio in corso. È anche vero che veniamo da anni in cui sulla finanza locale sono stati fatti provvedimenti emergenziali straordinari e, a quanto già sappiamo dalla presentazione della Legge di stabilità, è anche vero che si sta cominciando a mettere ordine e a dare sistematicità, anche se con alcuni rilievi critici sicuramente il Parlamento potrà entrare nel merito della Legge di stabilità e provare anche a migliorarla da questo punto di vista. Resta il fatto che con questo decreto si interviene con provvedimenti puntuali su due materie che, anche per quanto hanno detto in modo critico i colleghi che sono intervenuti, sono straordinariamente strategiche e importanti per il nostro Paese, che sono appunto quella dell'edilizia scolastica e quella degli interventi in materia di calamità naturali. Con riferimento all'edilizia scolastica, vorrei ricordare che il 4 luglio 2014 il Governo si è impegnato nella realizzazione di un piano di edilizia scolastica articolato in tre linee di intervento, con investimenti molto importanti che non si vedevano da tempo nel nostro Paese. Sostanzialmente le linee di intervento sono tre: le «scuole nuove», che prevedono la costruzione di nuovi edifici scolastici o di rilevanti manutenzioni, che hanno avuto il via libera grazie alla liberazione di risorse dei comuni dai vincoli del Patto di stabilità per un valore di 244 milioni e al finanziamento per 510 milioni per interventi di messa in sicurezza – e qui abbiamo la seconda linea di intervento «scuole sicure»; infine, «scuole belle», terza linea, per il decoro e la piccola manutenzione. Questo era il piano annunciato il 4 luglio 2014, in precedenza il Governo aveva siglato un accordo il 28 marzo 2014 con il quale si era trovata soluzione alla problematica occupazionale dei lavoratori ex-LSU, impegnati fino all'anno precedente nelle attività di pulizia di scuole e formati per l'occasione a prestare servizio come manutentori; il 30 giugno 2014 una delibera CIPE liberava risorse per 400 milioni per le scuole sicure, per 110 milioni per il piano straordinario per il ripristino del decoro e della funzionalità degli edifici scolastici, quindi le «scuole belle», per le quali il piano indica un investimento complessivo che dovrà essere, all'esito di tutti gli stanziamenti, di 450 milioni. In particolare questo provvedimento si occupa del piano «scuole belle» e quindi dell'accordo siglato il 28 marzo 2014 e va ad aggiungere un ulteriore stanziamento, cercando di liberare risorse immediatamente disponibili e utilizzabili, per 110 milioni che si aggiungono ai 150 milioni per il 2014 e 130 milioni per il 2015 già stanziati, ricordo i 130 milioni per il 2015 nella Legge di stabilità 2015.
Il 30 luglio del 2015 di quest'anno quindi un ulteriore accordo, sottoscritto presso la Presidenza del Consiglio, conferma l'impegno del Governo a garantire le risorse finanziare necessarie per completare il programma «scuole belle», con lo stanziamento di ulteriori 170 milioni necessari alla copertura del periodo dal 1o luglio 2015 al 31 marzo 2016.
Con l'articolo 1 del decreto in esame si va ad attuare parzialmente questo impegno garantendo l'immediata disponibilità di 110 milioni di euro per la prosecuzione del programma «scuole belle», che costituiscono una quota parte dei 170 milioni di euro ancora necessari al completamento del programma che evidentemente richiederà il reperimento di altri 60 milioni di euro per il suo completamento. La ratio sta nel fatto che, prima della chiusura dell'anno, in questo modo, si va, con questi 110 milioni di euro, 100 per il 2015 e 10 per il 2016, ad accelerare l'utilizzo delle risorse per l'attuazione del piano. Quindi, mi pare che, ad impegni presi e a provvedimenti che stanno via via completandosi, si stia dando attuazione a un impegno importante del Governo. Rimane, rispetto all'accordo del 30 luglio 2015, un ulteriore impegno della Presidenza del Consiglio dei ministri a convocare entro quest'anno un tavolo di verifica per esaminare le problematiche sociali e occupazionali più generali concernenti i lavoratori ex LSU e appalti storici.
Quindi, su questo punto è importante che l'impegno vada a buon fine. Sono stata contattata da sindaci e da amministratori che hanno rilevato come il problema in alcune parti del Paese dei lavoratori socialmente utili – scusatemi, sto reperendo un documento di cui volevo portare a conoscenza l'Assemblea, se lo trovo – ha in qualche modo aspetti diversi. Mi occuperò dopo di un secondo aspetto che riguarda alcune realtà, ma non dobbiamo dimenticare che in molti comuni d'Italia sono stati occupati per tantissimo tempo lavori socialmente utili nell'attesa di trovare una definitiva sistemazione lavorativa per le attività espletate per anni e anni all'interno di enti.
Mi ha scritto da questo punto di vista una lettera, che mi pare significativa e sintomatica, il sindaco di Fontechiari, il quale avendo visto che ci siamo occupati di questo tema in questo decreto, ha rappresentato la situazione del suo comune – e quindi quella di otto lavoratori socialmente utili – occupati da circa 15 anni, dal 21 ottobre del 1996 al 31 dicembre del 2011, nei vari uffici del comune, ricoprendo funzioni ben superiori alle proprie mansioni, a cui è stata negata la stabilizzazione e i voucher formativi, nonostante le richieste documentabili alla precedente amministrazione alla regione Lazio determinando l'ingiusta e definitiva cessazione delle attività espletate. Ecco, ci sono situazioni come questa, nelle quali c’è il problema del reinserimento dei lavoratori socialmente utili negli elenchi regionali, a quanto pare da loro asserito in modo ingiusto e illegittimo, tanto che c’è un ricorso in corso il quale potrebbe comportare esborsi e risarcimento economico da parte dell'ente. Dall'altro lato, c’è la difficoltà per l'ente di disporre di risorse umane sufficienti a garantire i servizi – in questo caso per esempio il comune dispone di un solo operaio – per cui c’è questa problematica che, come da impegni della Presidenza del Consiglio dei ministri, dovrà essere affrontata e per la quale dovrà in qualche modo essere trovata una soluzione che sia giusta ed equilibrata.
Poi c’è un secondo aspetto invece problematico per i lavori socialmente utili, che deriva dal fatto che la normativa, il nuovo decreto legislativo attuativo del Jobs Act, entrato in vigore il 24 settembre scorso, il decreto n. 150 del 2015, entrato in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione, ha creato una serie di problematiche.
Tali problematiche sono state ammesse, peraltro, dallo stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali, atteso che, in qualche modo, ha collaborato sia alla costruzione di un emendamento, che è stato inserito nel lavoro in Commissione, sia per il fatto che ci ha dato notizia della volontà di addivenire a un provvedimento correttivo del predetto decreto legislativo n. 150 del 2015.
Le problematiche, sostanzialmente, con l'entrata in vigore il giorno successivo alla pubblicazione, hanno riguardato, sostanzialmente, la disciplina transitoria. Infatti, l'articolo 26 della nuova disciplina, recata dal decreto legislativo n. 150 del 2015, ha previsto la possibilità di utilizzare i lavoratori titolari di strumenti di tutela del reddito in costanza di rapporto di lavoro per lo svolgimento di attività a fini di pubblica utilità sotto la direzione e il coordinamento di amministrazioni pubbliche nel territorio del comune di residenza, ma a partire dalla stipula, con queste amministrazioni, di specifiche convenzioni, sulla base di una convenzione quadro che dovrà essere predisposta dall'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, per la quale non c’è ancora il decreto ministeriale d'istituzione, previsto per il 1o gennaio 2016 (quindi, tanto più manca la convenzione quadro). Quindi, sostanzialmente dal 24 settembre, sulla base dell'articolo 26 del decreto legislativo n. 150 del 2015, avrebbero potuto essere portati a conclusione semplicemente i progetti di lavori socialmente utili in corso alla data del 24 settembre.
Stiamo parlando, ovviamente, di un problema molto rilevante, che ci è stato sottolineato da moltissimi enti locali, da moltissime scuole, da direzioni didattiche e anche da case di riposo, che hanno, per esempio, la forma di gestione dell'IPAB, per cui improvvisamente si sono trovati senza la possibilità di rinnovare i progetti di attività socialmente utili, attendendo probabilmente mesi per avere la possibilità della convenzione quadro, che sarà predisposta dall'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, senza considerare anche la problematica dovuta a questa improvvisa entrata in vigore del decreto legislativo e di quello che significa ciò come impatto sui sistemi informatici, per esempio, delle regioni che si occupano di autorizzare l'impiego di lavori socialmente utili, di progetti di lavori socialmente utili.
Riconosciuto il problema, va detto che questo ha una sua entità rilevante perché, sebbene io non abbia il dato a disposizione, Presidente, per tutte le regioni – però la regione da cui provengo, il Veneto, me lo ha fornito – i progetti di lavori socialmente utili chiesti dalle amministrazioni pubbliche a ciò autorizzate hanno avuto un notevole crescendo negli anni, passando dagli 860 progetti di lavori socialmente utili in tutto il Veneto, nel 2008, ai 7.470 del 2014.
Quindi c’è stato uno stop improvviso, disciplinato con le norme transitorie relative a questo avvicendamento normativo, che ha comportato, improvvisamente, che tutta una serie di servizi, che oggi i comuni riescono ad erogare grazie a progetti di pubblica utilità, sarebbero stati stoppati improvvisamente. Stiamo parlando di personale che viene impiegato non solo negli uffici tecnici, ad esempio con funzioni di operaio, ma stiamo parlando anche di persone che danno un contributo negli uffici protocollo, negli uffici tributi, alle ragionerie, all'apertura delle biblioteche, alla pulizia di palestre e di scuole.
Quindi, è stata importante la collaborazione che abbiamo trovato con il relatore per la maggioranza e con il Governo per introdurre una correzione all'articolo 26 del decreto legislativo n. 150 del 2015, laddove sostanzialmente ci sarà la possibilità nell'articolo 1-bis, introdotto nel corso dell'esame presso la V Commissione bilancio, anche con la collaborazione, tra l'altro, di una correzione e di un'integrazione dovuta al lavoro della XI Commissione, per cui si potranno continuare ad applicare gli articoli 7 e 8 della normativa previgente a tutte le attività socialmente utili iniziate prima della data di adozione di quella che sarà la convenzione quadro con cui si disporrà l'utilizzo dei suddetti lavoratori per le menzionate attività. Questo consentirà, quindi, anche rinnovi e nuovi progetti, fino a quando non sarà attivabile il nuovo schema di convenzione previsto dalla legge.
Ciò detto, un'ultima battuta sull'edilizia scolastica: da una ricerca veloce che ho chiesto emerge che, dal 1996 al 2012 (si tratta di 15, 16 anni), sono state stanziate risorse, sul fronte dell'edilizia scolastica, per 5, 6 miliardi. Le risorse che sono state attivate sull'edilizia scolastica, negli ultimi due anni, superano i tre miliardi, quindi stiamo parlando di una cifra che, in proporzione e considerata anche la crisi in atto, è davvero rilevante. Si può fare sempre di più, certo, però credo che stiamo misurando dei passi in avanti che da anni non vedevamo.
Infine due parole sull'articolo 3: si tratta di un provvedimento che può apparire minimale, non lo è ovviamente, e anche limitante, ma noi dobbiamo considerare che questo decreto, con la sua conversione, entrerà in vigore entro questo mese, fra qualche settimana, quindi anche la possibilità di approntare oggi risorse disponibili che possano essere spese dai comuni è francamente inconsistente. La scelta del Governo è stata dunque quella di approntare degli spazi di utilizzo di risorse. Da questo punto di vista dispiace che non ci sia più la possibilità di riconoscere delle premialità agli enti virtuosi, ma sostanzialmente si è fatta una scelta nel senso di dare una mano a chi ha avuto importanti difficoltà e di darla con modalità e tempi tali da consentire l'utilizzo di queste risorse entro la fine dell'anno, mentre poi nella legge di stabilità sono state approntate ben altre risorse e data attuazione a quello che è il piano pluriennale di interventi che ha descritto il Ministro Galletti, che va dal 2014 al 2020.
È stato già individuato uno stralcio con 127 interventi nelle aree metropolitane urbane che presentano un alto livello di popolazione esposta a rischio di alluvione e con un costo di oltre 1,3 miliardi di euro, di cui 1 miliardo 100 milioni vengono da risorse statali. Il piano stralcio prevede 33 interventi importanti e immediatamente cantierabili il cui costo è di 654 milioni di euro di risorse statali già finanziati con delibera CIPE. C’è poi una sezione programmatica del piano che deve essere ancora finanziata entro pochi mesi e le regioni interessate hanno già ricevuto gli schemi degli accordi di programma che saranno firmati nei prossimi giorni appena acquisita la documentazione. Questo piano vede nella legge di stabilità un finanziamento aggiuntivo di 100 milioni nel fondo per le emergenze nazionali, che sale a 250 milioni, e uno stanziamento di 1,5 miliardi per gli indennizzi a cittadini ed imprese colpiti da eventi calamitosi importanti.
Quindi mi pare che, anche da questo punto di vista, certo il decreto non risolve tutti i problemi, interviene quasi con modalità chirurgica semplicemente ad allargare qualche milione di euro a fronte di alcuni comuni colpiti, utilizzando le risorse destinate alla premialità di comuni virtuosi, però è anche vero che, anche qui, il Governo sta facendo e sta investendo risorse che non si erano viste negli ultimi anni su questo fronte. Tra l'altro, sottolineo che sia tutte le risorse che ho ricordato in materia di investimenti di edilizia scolastica – nella legge di stabilità vi sono ulteriori 500 milioni di utilizzo di avanzo da parte degli enti locali per l'edilizia scolastica, salva la conferma della clausola migranti da parte dell'Unione europea, ma credo che il Parlamento lavorerà per confermare comunque questa possibilità per gli enti locali – quindi sia gli investimenti in conto capitale per l'edilizia scolastica, stiamo parlando di miliardi, e sia gli interventi che ho appena ricordato in materia di dissesto idrogeologico e calamità naturali, sono tutti provvedimenti estremamente importanti non solo per le finalità dirette che hanno, ma perché sono un volano di crescita della nostra economia poiché costituiscono apertura di cantieri, possibilità di occupazione, e costituiscono quindi anche fonte di maggiori entrate per lo Stato oltre che di sicurezza per i nostri cittadini.
Credo, quindi, che questo decreto, pur nei limiti di un decreto che interviene puntualmente su pochissime questioni, sia un elemento, un ulteriore tassello, di quel percorso che il Governo Letta, prima, per la parte dell'edilizia scolastica, e Renzi, oggi, stanno cercando di attuare via, via, con le risorse possibili, sfruttando anche la fase positiva, sia pur tenue, di ripresa della nostra economia, per fare quanto è possibile per sostenere la crescita e l'occupazione.
Un'ultima battuta: non siamo riusciti, è vero, lo ha riconosciuto anche il relatore, a trovare soluzioni a tante altre problematiche che gli enti locali avrebbero messo in campo, problematiche vere, serie, importanti. Mi auguro che ci sia la possibilità per il Parlamento di intervenire in collaborazione con il Governo anche per la soluzione delle principali criticità rilevate dall'ANCI nella nostra Commissione bilancio.
Infine, esprimo l'auspicio che il lavoro, in materia di finanza locale, che si è avviato con le audizioni ieri al Senato, da parte di Camera e Senato, per questo prossimo 2016, determini finalmente l'avvio di una forma di stabilità, di certezza, da parte del sistema della finanza locale che in questi anni ha pagato un prezzo importante, non solo sul piano dei tagli e dei vincoli, ma anche, e soprattutto, dell'incertezza normativa e, quindi, dell'incapacità di programmare. Quando c’è incapacità di programmare per gli enti locali significa, oltre che tagli, pochi investimenti, poca crescita dell'economia. Credo, da questo punto di vista, che sarà importante che il Parlamento intervenga sia per supportare le scelte già fatte in questa direzione dal Governo, sia per provare – e non è un'operazione facile, ma ne rendo conto – a supportare la possibilità di una qualche forma di autonomia finanziaria vera. Questo significa manovrabilità anche delle imposte locali, perché non possiamo far vivere i nostri enti locali solo di finanza derivata, e in questa direzione va anche, ovviamente, l'abolizione della Tasi. Non possiamo farli vivere solo di finanza derivata, ma dobbiamo farli vivere di autonomia e di responsabilità. Autonomia finanziaria significa responsabilità, significa rispondere ai cittadini della manovrabilità delle imposte locali, perché non tutti gli anni i comuni hanno le stesse esigenze e, quindi, avere imposte locali manovrabili significa eleggere amministratori che vengono misurati sulle loro scelte, sulla loro capacità di ben amministrare i propri territori e soprattutto di rispondere ai bisogni di quei territori. Non tutti gli anni si deve costruire una scuola nuova, non tutti gli anni è necessario fare opere straordinarie di manutenzione stradale o di altro. Dunque, è necessario che gli enti locali non siano mai gli enti decentrati di spesa dello Stato, ma abbiano anche un'autonomia finanziaria veramente manovrabile. Da questo punto di vista, credo che il Parlamento si impegnerà e speriamo, che in collaborazione con il Governo, pur nel rispetto degli obiettivi di saldo che ci si è dati, si possa migliorare la legge di stabilità che è arrivata in Parlamento per la prima volta, dopo tanti anni, con una manovra espansiva che punta sugli investimenti anche degli enti locali.