Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 19 Ottobre, 2015
Nome: 
Gianna Malisani

A.C. 3315-A

 

Grazie, Presidente. Io tenterò di dire perché la mia criticità rispetto al decreto di cui stiamo discutendo si è un po’ attenuata, anzi si è attenuata in questi giorni. Si è attenuata perché, alla luce degli annunci e anche dei contenuti della legge di stabilità, ho notato – bisogna riconoscerlo – un'inversione di tendenza importantissima per il settore culturale. In particolare, voglio sottolineare – è già stato annunciato da chi mi ha preceduto, però credo che sia importantissimo sottolinearlo proprio in questo contesto – il fatto che ci sarà un concorso straordinario per l'assunzione a tempo indeterminato di 500 funzionari, selezionati tra architetti, archeologi, antropologi, archivisti, bibliotecari, demoantropologi, restauratori e storici dell'arte. 
Questo cosa significa ? Significa che finalmente c’è un'inversione rispetto al blocco del turn over nel Ministero dei beni culturali, che si cominciano a svecchiare quelli che sono i lavoratori del Ministero attualmente in organico, che superano in gran parte i 50 anni, che si inseriscono forze nuove dove, in effetti, ci sono persone che lavorano – lo voglio sottolineare – in questo Ministero per passione. Dico per passione perché anche gli stipendi non sono alti e le difficoltà, anche rispetto all'organico, sono molte. Ci sono, come sottolinea qualcuno, dei vuoti drammatici. 
Però, questa previsione delle assunzioni ci dà veramente una speranza. E voglio elencare anche le altre note che ci sono nella legge di stabilità perché, in effetti, contrastano con quello che andremo poi a discutere rispetto a questo decreto. C’è una conferma dell’art bonus, dello sgravio fiscale per i contributi dei privati. C’è un investimento di risorse vere, dopo anni, forse vent'anni, di tagli sulla cultura. Ci sono 150 milioni di euro in più per il Ministero per il 2016, 170 milioni di euro per il 2017 e 165 milioni di euro per il 2018, che andranno a incrementare i lavori di restauro e recupero del nostro patrimonio.
C’è, com’è stato ricordato, un aumento del bilancio del Mibac dell'8 per cento quest'anno, cioè per il 2016, e poi anche del 10 per cento per il 2017. Ci sono 45 milioni di euro in più per gli archivi, le biblioteche e gli istituti culturali, cioè quelli che vengono considerati un po’ la Cenerentola in un senso, ma che sono poi il pilastro del nostro Ministero. Inoltre, ci sono 115 milioni di euro per il 2015 e 140 milioni di euro per il 2016 per le produzioni cinematografiche. 
Questo cosa significa ? Significa che il Governo comincia a riconoscere che il sistema produttivo culturale è un pilastro per l'economia di questo Paese. Voglio dire «comincia» perché, è chiaro, che, secondo me, possiamo fare anche di più, però vorrei ricordare che il sistema produttivo culturale restituisce un valore aggiunto di 80 miliardi di euro l'anno, pari al 5,7 per cento dell'economia nazionale, con un milione e 400 mila occupati. Ma c’è chi ricorda anche che questo sistema vanta un moltiplicatore pari all'1,67, cioè per ogni euro che questo sistema produce, viene attivato un euro e 67 centesimi. Diciamo, quindi, che dagli 80 miliardi di euro prodotti dal sistema culturale – questi sono i dati del 2013-2014 – si riescono ad attivare complessivamente 134 miliardi di euro, per arrivare a 214 miliardi di euro nell'intera filiera. Ecco, questi sono i dati che ci devono far riflettere rispetto all'importanza del settore culturale e del patrimonio culturale. Quindi, questo è il primo passo per valorizzare appunto il nostro patrimonio e cambiare tendenza rispetto ai Governi che ci hanno preceduto. 
Questo che relazione ha con il decreto-legge che stiamo per discutere ? In questo senso, io credo delle relazioni importanti. In altre parole, lo scopo di inserire tra i servizi pubblici essenziali, ai quali si applica la regolamentazione dello sciopero, lo so, della legge n. 146 del 1990, l'apertura al pubblico del patrimonio storico-artistico è praticamente un riconoscimento dell'importanza della fruizione di questo patrimonio. E dobbiamo ricordare anche che nella legge n. 146 del 1990 era già presente la vigilanza dei beni, che alcuni leggono come tutela. Voglio ricordare che nel decreto legislativo n. 42 del 2004 la tutela è finalizzata alla protezione e conservazione ai fini della pubblica fruizione. Quindi, c’è questo automatismo tra tutela e fruizione, anche se io credo che sia una lettura un pò forzata, quella di leggere la vigilanza con la tutela. Voglio anche ricordare, però, che in effetti è un riconoscimento dell'importanza della fruizione del patrimonio. Quindi, per forza dovevamo inserire un altro concetto. È un concetto culturale, che va proprio nel senso che ho detto prima, cioè riconoscimento dell'importanza del settore culturale, non solo dal punto di vista economico, ma proprio come fine, come scopo, come riconoscimento proprio del valore della cultura in questo Paese. In questo senso, dobbiamo anche inserire il nostro lavoro svolto nelle Commissioni lavoro e cultura perché abbiamo ristretto in un certo senso quello che il decreto-legge non precisava con attenzione. Anzi, voglio sottolineare che c'era un'incongruenza rispetto alla relazione e anche alle parole che il Ministro aveva usato per presentare il decreto-legge tra fruizione dei beni pubblici e quelli privati. È già stato ricordato che con un emendamento noi abbiamo ristretto il famoso articolo 101 del Codice dei beni culturali al comma 3 e, quindi, abbiamo previsto che l'apertura, di cui appunto stiamo discutendo, si preveda soltanto per gli istituti e i luoghi di cultura pubblici, cioè quelli che sono destinati per legge alla pubblica fruizione ed espletano un servizio pubblico. Quindi, vengono esclusi quelli privati che hanno un altro tipo di regolamentazione. 
Credo che questo vada anche in un certo senso a favore della tutela dei lavoratori del nostro settore che, ricordo, non sono solo quelli del Mnistero ma sono anche quelli degli enti pubblici. In questo caso il decreto-legge va ad interessare, come è stato ricordato, anche tutte le strutture di proprietà degli enti locali. Quindi una grande quantità di istituti e luoghi di cultura. Restringere al pubblico vuol dire fare anche una certa selezione. Io ero anche per una interpretazione forse un po’ diversa del decreto-legge perché ho capito ciò che è stato alla base del decreto-legge. Non c’è niente da nascondere se il Ministro dice che in effetti c'era già stato un dibattito su tale questione e non dico che il decreto-legge fosse pronto ma le linee guida erano già state ampiamente discusse. Vorrei dire che forse c'era un ragionamento da fare rispetto ai luoghi di maggior fruibilità oppure di quelli che sono maggiormente fruibili o fruiti. C’è un ragionamento da fare in questo senso però ne discende l'altro emendamento che, come è stato ricordato dalla mia collega, abbiamo inserito vale a dire abbiamo inserito dopo la parola «apertura» la parola «regolamentata». Quindi c’è un aggettivo che delimita il senso del decreto-legge. Credo che questa parola aiuti volutamente le parti sociali. Noi sappiamo che dopo il decreto-legge, ai sensi della legge n. 146, le parti sociali dovranno arrivare ad un accordo e quindi bene io la interpreto in questo modo. Il fatto che sia stata aggiunta la parola «regolamentata» alla parola «apertura» diciamo che aiuta in qualche modo le parti sociali a trovare un accordo. Non so se lo interpreto in modo giusto ma io l'ho visto così. Sappiamo poi che la commissione di garanzia valuterà questo tipo di accordo ma pensiamo a tutti gli accordi che dovranno essere fatti. C’è un accordo ma c’è anche da vedere le varie regolamentazioni per quanto riguarda lo Stato e gli enti locali e via discorrendo. Ritengo, dunque, che vi sia uno strumento in più per i lavoratori di entrare nel merito. Discutiamo cosa vuol dire a questo punto «apertura al pubblico regolamentata». Quindi nel nostro lavoro di Commissione, secondo me, abbiamo valutato questi due aspetti. Quello che ho annunciato, quello che ho detto rispetto al disegno di legge di stabilità, lo trovo strettamente legato con questo provvedimento. Da una parte l'inserimento di nuovi lavoratori nel settore e, quindi, si riconosce che il settore è in grave difficoltà e pertanto, anche per reagire a questo tipo di decreto-legge, dobbiamo dare gli strumenti ai lavoratori per poterlo attuare. A questo proposito è stato presentato il nostro emendamento. Dall'altro lato c’è il riconoscimento dell'importanza del valore culturale. Quindi credo che valgano i due aspetti, soprattutto delegando adesso le parti sociali per regolamentare esattamente cosa significa aprire in tutti questi siti, come è stato ricordato, numerosissimi però diversamente fruiti. Quindi ritengo che diamo la possibilità di articolare questo accordo che si andrà a fare. Credo che, rispetto al testo iniziale del decreto-legge, abbiamo fatto un buon lavoro nelle due Commissioni. Adesso naturalmente si tratta anche di discutere il provvedimento in Aula tuttavia, tenuto conto di questa nuova situazione venutasi a creare con il disegno di legge di stabilità.