Esame e votazione delle questioni pregiudiziali
Data: 
Martedì, 10 Febbraio, 2015
Nome: 
Ernesto Carbone

A.C. 2844

Signor Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, le questioni pregiudiziali su cui si apre il dibattito denunciano anzitutto l'assenza dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza cui l'articolo 77, comma 2, della Costituzione subordina l'esercizio, da parte del Governo, del potere di normazione primaria mediante lo strumento del decreto-legge. Le questioni pregiudiziali lamentano poi l'eterogeneità del contenuto del decreto-legge in oggetto. Tuttavia, dietro queste segnalazioni, che appaiono strumentali e carenti da un punto di vista sostanziale, si cela in realtà un'opposizione relativa al merito del provvedimento oggetto di discussione. Per quanto riguarda la straordinaria necessità ed urgenza, appare opportuno inquadrare preliminarmente il contesto in cui il provvedimento si inserisce. Il sistema bancario in Europa è interessato da forti cambiamenti di notevole rilevanza. Ciò rende ormai urgente ed indifferibile avviare, anche nel nostro Paese, un immediato ed importante processo di riordino. In particolar modo tale riordino dovrà fare riferimento a tutti quegli istituti che possono avere perduto o non avere mai acquisito caratteristiche mutualistiche. Uno degli effetti della lunga crisi mondiale è stato sicuramente il credit crunch. La prospettiva, quindi, di rafforzare giuridicamente, di capitalizzare e di ripensare il modello organizzativo delle banche popolari, costituisce un tassello essenziale per l'ammodernamento del sistema. In materia di diritto bancario una dottrina costante e prevalente ha da sempre sottolineato che le banche popolari hanno solo la forma della cooperativa, ma che non hanno la sostanza della mutualità. Si può tranquillamente sostenere che esse vivono ai margini o all'esterno della cooperazione, con la conseguenza che esse, dunque, non sono tutelate dall'articolo 45 della Costituzione, non potendo tale norma riferirsi a organizzazioni nella quale la forma cooperativa è una mero schermo della natura lucrativa dell'impresa stessa. 
La strada verso l'unione bancaria europea richiede una razionalizzazione delle forme organizzative delle imprese bancarie. A tale proposito va ricordato che le banche dell'area euro saranno vigilate dal SSM (Single Supervisory Mechanism), che include tanto la Banca centrale europea quanto le autorità di vigilanza nazionali, e che l'Europa si doterà di una nuova disciplina di gestione delle crisi bancarie al fine di superare le situazioni di difficoltà attraverso strumenti di mercato e senza interventi pubblici a carico dei contribuenti. 
Nella mutato quadro dovremmo rispondere con rinnovati modelli in grado di promuovere immediatamente una efficace riforma organizzativa e una elevata capacità di finanziamento delle banche. L'attuale disciplina delle banche popolari non risponde a queste esigenze. Il modello delle banche popolari, sostanzialmente privo delle fine mutualistico, rende non contendibile il controllo azionario, crea una forte differenza fra controllo della ricchezza e proprietà, paralizza la forma di governo societaria, pure in presenza di una natura capitalistica e in mancanza del fine mutualistico, che si desume dall'assenza (a differenza delle banche di credito cooperativo) del vincolo della mutualità prevalente. 
Tali osservazioni sono anche contenute nella segnalazione del 4 luglio 2014 dell'Antitrust al Parlamento e al Governo. La forma di governo di tali imprese va quindi subito riportata a una logica di mercato. L'importanza di intervenire con urgenza si desume dai reiterati interventi su questa materia svolti dal Fondo monetario internazionale, dalla Banca d'Italia e dalla Commissione europea, i quali hanno più volte segnalato come i rischi del mantenimento della forma cooperativa determinano per le banche popolari una scarsa partecipazione dei soci in assemblea, scarsi incentivi al controllo sugli amministratori e difficoltà di reperire sul mercato nuovo capitale necessario per esigenze di rafforzamento del patrimonio. Il processo di rinnovamento è quindi indifferibile. 
A tale riguardo si sottolinea come il tempo di 18 mesi non sia il termine di efficacia della disciplina, ma quello del completamento del processo di trasformazione. La trasformazione delle banche popolari in società per azioni costituisce un tassello fondamentale della ristrutturazione del sistema bancario italiano, necessaria per permettere al settore di tornare a finanziare l'economia. Tali circostanze spiegano l'esigenza di intervenire tempestivamente: non si verifica alcun vulnus dell'articolo 70 della Costituzione, stante l'esercizio da parte del Governo di un potere che rientra perfettamente nei suoi limiti, e che trova riconoscimento nella stessa Costituzione al citato articolo 47. 
Le questioni pregiudiziali, inoltre, segnalano che il decreto-legge in oggetto non rispetterebbe l'eterogeneità dei contenuti mancando il contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al titolo. Si richiamano a tal fine le previsioni della legge n. 400 del 1988, in particolare l'articolo 15, comma 3, e la recente giurisprudenza della Corte costituzionale, che ha affermato la necessaria omogeneità – si sottolinea – delle leggi di conversione al decreto-legge (n. 22 del 2012 e n. 32 del 2014). Con riferimento alla natura ordinamentale – ho finito Presidente – si tratta di interventi che non superano i limiti di norme meramente organizzative dei confini tracciati dalla stessa sentenza della Corte costituzionale, n. 220 del 2013. Laddove inoltre non appaia ad un occhio superficiale il rispetto dei vincoli posti dall'articolo 81, si ricorda che il testo è adeguatamente corredato dalla relazione tecnica e dalla bollinatura della Ragioneria generale dello Stato.