Data: 
Mercoledì, 7 Novembre, 2018
Nome: 
Fausto Raciti

A.C. 1201-A e Doc. LXXXVII, n. 1

 

Grazie, Presidente. Vorrei partire provando a rovesciare i termini della discussione per come si è svolta fino a questo momento, perché l'occasione della legge di delegazione è anche l'occasione nella quale si misura, più che quanta sovranità il nostro Paese ha ceduto nel corso degli anni all'Unione europea dentro il processo di integrazione, quanta parte del nostro Paese è ancora fuori dal processo di integrazione. Infatti, questa legge ci porta in evidenza una distanza ancora troppo grande, ancora troppo forte, tra la qualità dei servizi pubblici - e mi riferisco, in particolare, a tutta quella parte di questo provvedimento che riguarda la materia ambientale, la materia legata alla strategia dei rifiuti zero, la materia legata anche a questioni che abbiamo affrontato di recente in questo Parlamento, penso al tema dei fanghi e alla loro gestione, alla chiusura del nostro ciclo dei rifiuti - quanta distanza c'è tra quello che queste direttive ci chiamano a recepire e quello che effettivamente è in moto nel nostro Paese, in particolare in alcune aree di questo Paese e mi riferisco specificatamente al Mezzogiorno, dove sacche di resistenza alimentata da meccanismi di rendita si contrappongono, con molta forza, in maniera parassitaria, al raggiungimento di un livello dignitoso di qualità dei servizi. Non è un caso, credo, che nella scorsa legislatura, in questo Parlamento, e anche in questa, è stata prevista e istituita una Commissione ad hoc per occuparsi dei reati legati alla gestione del ciclo dei rifiuti, ai limiti che la mancata europeizzazione del nostro Paese porta con sé, perché di questo, in buona sostanza, stiamo parlando.

Questo provvedimento mette in luce anche altri elementi, si occupa anche di altre materie, come la giustizia, con l'identificazione e l'emersione leggibile di un interesse dell'Unione europea come soggettività giuridica, con particolare riferimento all'interesse finanziario dell'Unione Europea da difendere, con tutto ciò che ne deriva in termini di strutture di implementazione della procura europea; si riferisce e tratta la materia della difesa dell'interesse dei consumatori, consentendo al nostro Parlamento e alla nostra discussione nazionale di riagganciarsi a un tema che è stato, oggettivamente, molto trascurato nel corso degli ultimi mesi che è quello di come si difendono i consumatori dalle storture dei mercati finanziari. C'è una norma che prevede una disciplina diversa dei prospetti da offrire agli acquirenti, agli investitori, perché questi possano essere più trasparenti, più comprensibili, possano esporre a un minore rischio coloro i quali decidono di investire i propri risparmi e, quindi, di partecipare, in qualche modo, a una scommessa sui mercati. È un tema dell'importanza del quale, sono sicuro, il Ministro Savona è consapevole.

Insomma, credo che questa discussione possa essere l'occasione, per un Parlamento che sta eccessivamente su un'altra agenda, di provare a ritrovare i termini e la sintonia con un dibattito europeo e mondiale che è estremamente distante dai termini del nostro dibattito nazionale e della nostra discussione nazionale.

Infatti, e questo mi sembra il punto politico che vale la pena di sottolineare, anche in sede di rendiconto, quello che il nostro Paese sconta, non è un eccesso di cessione di sovranità alla Commissione europea, al Parlamento europeo, alle autorità europee, alle organizzazioni che sono state generate da questo straordinario processo, probabilmente unico al mondo, ma il problema principale del nostro Paese è quanto sia rimasto indietro, quanto non sia riuscito a recuperare un gap che aveva il compito di recuperare in questi anni, approfittando di questo processo e che, oggi, la parte del Paese più povera sta scontando, perché questo è il dato di fatto. È chiaro che ci troviamo di fronte a un processo di integrazione che ha avuto due grandi limiti; su uno io credo che molti di noi potrebbero essere d'accordo, anche trasversalmente rispetto ai gruppi politici parlamentari che rappresentano; mi riferisco ai limiti di mandato della Banca centrale europea. Sull'altro penso, invece, che non saremo assolutamente d'accordo, perché probabilmente uno dei problemi principali dell'Unione europea nel corso di questi anni è stato un eccessivo ricorso, un eccessivo affidamento al metodo intergovernativo.

Cioè, quando gli Stati si sono illusi, attraverso il metodo intergovernativo, di ritagliarsi spazi di sovranità più ampi, ha prevalso la sovranità dei più forti, contro la sovranità dei più deboli. Allora, io credo che se questo è vero, e io credo che sia vero, sia necessario provare a svolgere una riflessione in senso inverso rispetto a quella che ho sentito svilupparsi nel corso di questo dibattito, cioè quanto sia necessario, da parte dei Parlamenti e dei Governi nazionali, investire su un'idea di sovranità europea diversa, fondata non sul livello intergovernativo, ma su un'effettiva condivisione parlamentare delle responsabilità, perché questa è probabilmente l'unica strada attraverso cui si può individuare un interesse comune europeo che consenta alle aree più deboli di questo continente, più deboli economicamente e più deboli, a volte, anche politicamente, di poter ritrovare un proprio spazio di sviluppo, un proprio spazio commerciale, persino un proprio spazio di capacità di affrontare il problema principale del nostro Paese che è il problema della crescita. Un problema, quest'ultimo, che non si risolve promettendo deficit, promettendo spesa, ma è un problema che si risolve e si affronta investendo, sapendo a quale parte del Paese ci si rivolge e provando a rimettere in moto le energie e l'economia del nostro Paese che è cosa ben diversa dalle misure assistenziali che vediamo in moto e che rischiano di costare al nostro Paese la sessantacinquesima infrazione.

Infatti, l'altro dato che non vorremmo dover riscontrare, a fine di questo anno, è che il nostro Paese inverte la tendenza, cioè passa da una fase nella quale ha ridotto il proprio numero di infrazioni, rafforzando la propria credibilità in Europa e, come dire, accelerando la propria capacità di integrazione nel continente; a una fase di inversione di tendenza e scoprire che, alla fine, di quest'anno, da 64 passeremo a 65 e che la sessantacinquesima è il precedente storico che non è mai avvenuto e cioè un'infrazione legata alla bocciatura della nostra manovra finanziaria.

Quindi, noi crediamo che l'occasione di questo dibattito, di questa discussione tra di noi, possa essere davvero l'occasione in cui proviamo seriamente a invertire lo schema della nostra discussione, tra forze politiche che, peraltro, sono chiamate a pronunciarsi su temi che probabilmente non attirano l'attenzione dei media, ma che sono di rilevanza strategica, strutturale per il nostro Paese e che hanno a che fare molto anche con i limiti e i ritardi della nostra legislazione nazionale e dell'implementazione reale di quella legislazione, perché un conto è scrivere le leggi, un conto è fare in modo che quelle leggi si trasformino in scelte delle autonomie locali, in comportamenti diffusi. Crediamo che questa possa essere l'occasione per provare a invertire lo schema della nostra discussione e riflettere non su quanta sovranità l'Italia ha ceduto all'Europa, ma su quanta Europa manca al nostro Paese