Data: 
Lunedì, 16 Ottobre, 2017
Nome: 
Federico Massa

 

A.C. 4302-A e abbinate

Discussione generale

 

Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, la relazione ha dato conto, in maniera ampia e coerente, non solo delle ragioni che hanno portato alla definizione del testo, che andrà all'esame del Parlamento, ma anche dell'oggettiva complessità di una materia, che non riveste solo una rilevanza significativa rispetto al contesto economico del nostro Paese, per quello che oggi già è e per il contributo che è già oggi quest'attività, che è un segmento non secondario dell'impresa turistica italiana, del turismo italiano, che rappresenta, a dire di tutti, per opinione comune, non discussa e non contestata, una delle direzioni che è possibile intraprendere, per ridare slancio e consolidare la ripresa economica, di cui in generale danno atto gli indici dello sviluppo economico.

È una materia complessa, anche perché l'occasione dell'utilizzazione di una risorsa naturale implica che qualsiasi decisione tenga conto del contesto naturale e si muova nella direzione di un effettivo contemperamento dei diversi profili di interesse, quello legato allo sviluppo economico e alla crescita virtuosa, piuttosto che alla decrescita felice del Paese, e quello legato alla tutela e alla valorizzazione delle risorse naturali.

Ecco perché, riportandomi a quello che ha detto il relatore, - mi sia consentito dire come forma di confronto dialettico - ritengo particolarmente ingeneroso il giudizio dato dal Comitato per la legislazione. Infatti, qui siamo, effettivamente, in presenza di una serie di interessi pubblici rilevanti, che meritano una disciplina organica, che non sia la scelta di uno dei profili a scapito dell'altro, ma che piuttosto, invece, realizzi l'equilibrato contemperamento degli interessi pubblici in gioco.

Questa materia, pur così complessa e delicata, ha sofferto di una tendenza all'inseguimento delle reiterate emergenze. Siamo partiti da un quadro normativo, quello che veniva definito dall'originaria stesura del codice della navigazione, che si fermava, per così dire, a una scelta assolutamente drastica: chi prima arrivava - articolo 37 del codice della navigazione, diritto di insistenza, sostanzialmente, a questo conduceva - acquisiva un indefinito diritto di prelazione sul bene oggetto della concessione.

E, quando questo elemento è venuto meno, doverosamente è venuto meno, perché in contrasto con il quadro ordinamentale europeo, piuttosto che affrontare la questione in maniera organica, come in maniera organica viene affrontata con questo disegno di legge delega, spesso sotto la spinta di urgenze che non potevano essere diversamente contrastate, si è pensato a una serie di interventi emergenziali, che sostanzialmente rinviavano il problema, ma non lo affrontavano; non davano, cioè, ad una attività economica così importante un quadro normativo di riferimento certo, chiaro, definito, in cui non potesse sorgere equivoco sui diritti, ma anche sui doveri che erano legati all'esercizio di quell'attività e all'utilizzazione di un bene pubblico.

Quando si affrontano le questioni in maniera disorganica, emergenziale, spesso, si rischia di ingenerare equivoci anche nel rapporto con l'ordinamento comunitario. Qui vengo ad uno dei problemi che, secondo me, questo disegno di legge delega risolve, ovviamente, restando affidato ad un esercizio equilibrato della delega nell'ambito dei principi generali che vengono definiti. La Comunità europea, l'ordinamento comunitario, non impone, non definisce criteri rigidi, per esempio, rispetto alla durata delle concessioni o, per contro, rispetto alle caratteristiche che deve avere il rapporto sotto il profilo economico-finanziario con il concessionario, ma afferma principi di carattere generale, che, per quello che attiene lo specifico di questa materia, involgono il rispetto dei principi della concorrenza, della parità di condizioni, dell'obiettività e legalità dell'azione amministrativa.

L'intervento della Corte di giustizia europea, al quale si è fatto fronte con il meccanismo che ricordava il relatore e, cioè, prevedendo un periodo transitorio di proroga legato all'approvazione della legge di riordino, nasce da situazioni particolari specifiche, rispetto alle quali si è determinata una situazione di contenzioso e, probabilmente, anzi sicuramente, rispetto a quelle situazioni, l'intervento della Corte di giustizia non poteva che essere quello che è stato.

Nel momento in cui, però, sul piano normativo e legislativo si va ad una nuova disciplina della materia, che nel suo complesso tenga conto della realtà sulla quale si interviene, io credo che nulla possa impedire, anzi, è doveroso un intervento che tenga conto della realtà sulla quale noi interveniamo. Questo significa l'affermazione del principio del legittimo affidamento, che io credo debba essere legato ad un altro principio immanente all'ordinamento comunitario, che è quello della certezza del diritto.

È del tutto evidente che tutte le situazioni di concessione dei beni demaniali marittimi nate nel contesto di un ordinamento giuridico che non solo consentiva, ma prevedeva e definiva in questa direzione, una durata sostanzialmente indefinita del regime concessorio, salva la rinuncia del titolare di quel diritto medesimo, non può essere un intervento di tipo draconiano, per il quale oggi quel regime cessa e quelle situazioni, che costituiscono l'ossatura di quel settore turistico, vengono, in qualche maniera, indiscriminatamente colpite.

Riconoscimento del principio di affidamento significa riconoscere in capo ai soggetti che rispetto all'ordinamento nazionale hanno acquisito un'aspettativa legittima, consentire a quei soggetti e ragionare con quei soggetti del percorso attraverso il quale progressivamente anche quelle realtà vengano ricondotte alla logica della contendibilità sul piano economico-finanziario; ricondotte progressivamente a un criterio di contendibilità che tenga conto dell'altro parametro che è nelle direttive comunitarie e al quale si richiamano quelle sentenze, che è quello della scarsità della risorsa: cioè, non è possibile intervenire in questa materia se non tenendo conto della realtà esistente, di quanto e di come quella risorsa può essere utilizzata. E, non a caso, nel disegno di legge delega, da un lato, si riconosce il diritto all'affidamento e, dall'altro, si offre il parametro della verifica in concreto e della programmazione territoriale, ambientale e paesaggistica della risorsa, al fine di dare punti di riferimento certi e di costruire - vorrei dire - una gerarchia degli affidamenti che tenga conto dell'oggettività dei dati di partenza.

Affermare questi princìpi nell'ambito di un provvedimento legislativo significa mettere l'Italia nelle condizioni di affrontare, nella sede europea, le questioni problematicamente aperte, non sulla base del rispetto formale e burocratico di parametri che, nella loro astrattezza, non sono coerenti con la realtà oggettiva che si deve andare a disciplinare, ma in modo tale da non esporsi a censure che, sostanzialmente, si fondano proprio sulla episodicità, sulla frammentarietà e sulla generalità degli interventi che sono stati effettuati.

Perché si è fatto riferimento espressamente alla necessità di una disciplina particolare, con riguardo al periodo transitorio, delle concessioni consolidate prima del 31 dicembre 2009? Perché, fino a quella data, noi eravamo in quel contesto normativo che ho innanzi ricordato, cioè in un contesto normativo nel quale le concessioni già assentite avevano in sé l'assenza di un limite predefinito quanto alla durata, e si è fatto riferimento, io credo correttamente - il relatore non lo ha espressamente ricordato nel suo intervento -, alla data di entrata in vigore della disciplina comunitaria di riferimento.

La direttiva Bolkestein aveva come termine per il recepimento nel nostro Paese la data del 28 dicembre 2009: fino a quella data, il contesto normativo nazionale, sostanzialmente, non era in contrasto con specifiche disposizioni dell'ordinamento comunitario europeo.

Poteva ritenersi, ma solo per le situazioni, per le concessioni di particolare rilevanza economica, una situazione di generale contrasto con il principio della libera concorrenza e con l'articolo 49 del Trattato, ma si tratta di principi generali che non avendo un'efficacia diretta negli ordinamenti nazionali, ma dovendo necessariamente passare attraverso la mediazione del legislatore nazionale, non sono direttamente riferibili agli operatori economici che su quel contesto normativo avevano fatto legittimamente affidamento. Per dirla in soldoni, non poteva scaricarsi sul concessionario, o non può valutarsi secondo il criterio dell'affidamento la posizione del singolo concessionario con riguardo all'articolo 49 del Trattato, ma quell'affidamento dev'essere e può essere legittimamente misurato con riguardo alle specifiche disposizioni del diritto comunitario nel momento in cui quelle specifiche, dettagliate, e quindi conoscibili disposizioni vengono recepite nell'ambito dell'ordinamento nazionale. Vengono recepite esplicitamente, come è stato fatto con il decreto di recepimento della direttiva cosiddetta Bolkestein, o vengono recepite automaticamente per lo scadere del termine di recepimento. Quindi, non è stata fatta una scelta capotica, non è stata fatta una scelta casuale: è stata fatta una scelta che sta dentro i princìpi immanenti all'ordinamento comunitario.

È chiaro che passare dall'affermazione dei principi alla definizione della disciplina transitoria implica un'attività che giustifica, anzi direi meglio, che ha obbligato alla scelta dello strumento della legge delega, perché è evidente che la traduzione in norme cogenti, definite, puntuali dei principi che la legge delega afferma… E ricordo a me stesso che per definizione una legge delega definisce i principi dentro i quali si deve muovere l'attività legislativa del Governo, con la riserva naturale della successiva verifica in sede di Commissione della corretta applicazione di quei criteri. Se si ragiona per principi, si ragiona per criteri, si ragiona sulla base di una delega, è del tutto evidente che c'è uno spazio per la valutazione discrezionale di quale dovrà e potrà essere la definizione della disciplina transitoria; ma io credo che in questo schema di legge delega i principi affermati sono tali, per cui non può ritenersi libera l'attività del Governo. Coerentemente con la previsione costituzionale, il Governo ha dal Parlamento alcune indicazioni che definiscono l'ambito della discrezionalità nella definizione puntuale delle norme.

Penso che gli operatori probabilmente in gran parte, o in parte notevole suggestionati e condizionati dalla situazione di incertezza insita nelle proroghe, insita nel contenzioso che quelle proroghe hanno generato, e insita nella reiterata attivazione da parte dell'Unione europea di censure e procedimenti di infrazione, oggi guardino con preoccupazione alle scelte che il Parlamento sta compiendo. Capisco che le parole spesso non sono sufficienti a tranquillizzare; penso però che sia giusto richiamare l'attenzione degli operatori, delle associazioni di categoria, gran parte delle quali io credo sono entrate in questo ragionamento sui passi decisivi in avanti che si compiono con questa normativa.

E soprattutto di quegli operatori, proprio in ragione della rilevanza dell'attività, e della loro attività per il Paese, ma di quell'attività per la loro sussistenza, per la sussistenza delle loro famiglie, per il mantenimento dei livelli occupazionali che oggi quella attività garantisce, e per le implementazioni di quelle componenti occupazionali che sono possibili in un quadro di riferimento più compiuto.

Se questa legge non venisse approvata… Ma io credo che questo Parlamento abbia il dovere di applicarla e di approvarla, non solo per la procedura di infrazione europea, che sostanzialmente è stata chiusa perché l'Italia si è impegnata a compierlo, questo percorso legislativo, ma anche per la normativa attualmente esistente. Io ricordo a me stesso che noi abbiamo affermato, nella disciplina normativa che richiamava il relatore, cioè nella disciplina normativa con la quale a valle di quella pronunzia della Corte di giustizia europea abbiamo deciso di prorogare le concessioni in essere sempre con riferimento alle concessioni anteriori al 31 dicembre 2009, fino alla definizione della normativa quadro; ecco, io penso che la serietà imponga a questo Paese di rispondere di quell'impegno, e quindi di definirlo un quadro certo e di affermare principi che io credo che possano essere validamente sostenuti e difesi nella sede comunitaria. Diceva il relatore quando mi ha preceduto che forse nel momento in cui quella direttiva fu approvata, e nel momento in cui si è definito il quadro dell'ordinamento nazionale di recepimento di quella procedura, poteva in quel frangente, in quel contesto utilmente farsi quello che stiamo facendo oggi. E lo stiamo facendo nei limiti in cui possiamo farlo, perché anche questo è un parametro di cui un Parlamento responsabile e forze politiche responsabili debbono tenere conto: stiamo facendo il massimo che è possibile nella sede della legge delega, per dare a quel settore le certezze che quel settore chiede, stando dentro l'ambito comunitario, e quindi superando il rischio di ulteriori momenti di infrazione comunitaria, che determinerebbero, porterebbero a cascata ulteriori elementi di incertezza.

Quindi, se noi affrontiamo questa impostazione legislativa tenendo conto di tale contesto, penso che il Parlamento con una larga maggioranza, con una larga condivisione, possa per un verso rispondere alle legittime esigenze degli operatori del settore, e per altro verso evitare che polemiche strumentali determinino in quel settore situazioni di tensione che non servirebbero a nessuno: non servirebbero agli operatori del settore, e non aiuterebbero il Paese, l'Italia, il Governo a reggere nella sede europea un confronto autorevole, perché si rischierebbe di avere e di portarsi appresso il vizio originario di scelte che, se apparentemente soddisfano ambizioni o esigenze comprensibili, ma non strutturabili rispetto al quadro nazionale ed europeo nel quale ci muoviamo, rischiano di avere l'effetto boomerang, l'effetto esattamente opposto.

Del resto non a caso questa materia ha attraversato Governi di varia ispirazione, ha attraversato maggioranze diverse, ha visto impegnati partiti politici su sponde opposte; e non si era mai arrivati, non si è mai riusciti ad arrivare (non a caso una delega è inutilmente scaduta) ad affrontare la questione. L'unico modo per affrontare questa questione è di tenersi ancorati ai principi e di valorizzare le novità importanti. Ne segnalo solo due che in questa legge sono presenti.

Accennavo al rapporto esplicito fra l'utilizzazione del bene, la concessione del bene e gli strumenti della programmazione, anche della programmazione negoziata, perché questo significa legare ab origine lo sfruttamento economico del bene naturale, nella misura in cui quello sfruttamento economico è compatibile con la gestione ambientale e naturalistica di quel bene, con il momento della concessione; e valorizzare l'elemento della tutela ambientale come criterio selettivo nelle procedure per la scelta del concessionario significa, in qualche misura, valorizzare l'elemento della partecipazione del soggetto privato alla tutela ambientale come esemplificazione della possibilità che lo sfruttamento economico del bene naturale non sia in contrasto, non sia incompatibile, non determini un danno per la risorsa naturale. Ed anche la previsione, per altro verso, della differenziazione del canone con riferimento alla diversa consistenza economica delle attività, sottraendosi a un criterio di pura automaticità, inserisce un elemento di equità e inserisce un elemento che consente, per espressa previsione di questa legge delega, di dotare i comuni e le regioni delle risorse necessarie per la gestione e l'infrastrutturazione pubblica di quel bene.

Credo che questo vada valorizzato anche perché si comprenda come questa legge in nessun caso possa essere letta come penalizzante per quelle attività, per quelle che ci saranno, ma anche per quelle in essere. Cioè, se noi abbiamo così ampiamente contestualizzato l'intervento normativo, diciamo, ci siamo mossi tenendo conto di tutti i profili che investono e convergono su quella materia, è evidente che questo rappresenta di per sé il riconoscimento del valore, e concludo, di quelle attività. Quindi, un passo avanti; ma non un passo avanti qualsiasi, un passo avanti che consente all'Italia di presentarsi nella sede europea rivendicando la correttezza del proprio operato, rivendicando la necessità del rispetto del tessuto economico-sociale di questo Paese, e quindi riuscendo a dare finalmente, dopo tanti anni, a questa materia una disciplina che non costringe le impresse a sopravvivere pensando con angoscia alla prossima scadenza, ma che consenta agli operatori economici che ci sono e a quelli che in questo settore hanno il diritto di entrare di programmare l'attività aziendale e di avere - e su questo concludo veramente -, come ha detto il relatore, la certezza del riconoscimento del valore economico dell'impresa. Il riconoscimento del valore economico dell'impresa tutto può essere, ma mai può essere contrasto con i principi della concorrenza e del libero mercato.

 

 

Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, la relazione ha dato conto, in maniera ampia e coerente, non solo delle ragioni che hanno portato alla definizione del testo, che andrà all'esame del Parlamento, ma anche dell'oggettiva complessità di una materia, che non riveste solo una rilevanza significativa rispetto al contesto economico del nostro Paese, per quello che oggi già è e per il contributo che è già oggi quest'attività, che è un segmento non secondario dell'impresa turistica italiana, del turismo italiano, che rappresenta, a dire di tutti, per opinione comune, non discussa e non contestata, una delle direzioni che è possibile intraprendere, per ridare slancio e consolidare la ripresa economica, di cui in generale danno atto gli indici dello sviluppo economico.

È una materia complessa, anche perché l'occasione dell'utilizzazione di una risorsa naturale implica che qualsiasi decisione tenga conto del contesto naturale e si muova nella direzione di un effettivo contemperamento dei diversi profili di interesse, quello legato allo sviluppo economico e alla crescita virtuosa, piuttosto che alla decrescita felice del Paese, e quello legato alla tutela e alla valorizzazione delle risorse naturali.

Ecco perché, riportandomi a quello che ha detto il relatore, - mi sia consentito dire come forma di confronto dialettico - ritengo particolarmente ingeneroso il giudizio dato dal Comitato per la legislazione. Infatti, qui siamo, effettivamente, in presenza di una serie di interessi pubblici rilevanti, che meritano una disciplina organica, che non sia la scelta di uno dei profili a scapito dell'altro, ma che piuttosto, invece, realizzi l'equilibrato contemperamento degli interessi pubblici in gioco.

Questa materia, pur così complessa e delicata, ha sofferto di una tendenza all'inseguimento delle reiterate emergenze. Siamo partiti da un quadro normativo, quello che veniva definito dall'originaria stesura del codice della navigazione, che si fermava, per così dire, a una scelta assolutamente drastica: chi prima arrivava - articolo 37 del codice della navigazione, diritto di insistenza, sostanzialmente, a questo conduceva - acquisiva un indefinito diritto di prelazione sul bene oggetto della concessione.

E, quando questo elemento è venuto meno, doverosamente è venuto meno, perché in contrasto con il quadro ordinamentale europeo, piuttosto che affrontare la questione in maniera organica, come in maniera organica viene affrontata con questo disegno di legge delega, spesso sotto la spinta di urgenze che non potevano essere diversamente contrastate, si è pensato a una serie di interventi emergenziali, che sostanzialmente rinviavano il problema, ma non lo affrontavano; non davano, cioè, ad una attività economica così importante un quadro normativo di riferimento certo, chiaro, definito, in cui non potesse sorgere equivoco sui diritti, ma anche sui doveri che erano legati all'esercizio di quell'attività e all'utilizzazione di un bene pubblico.

Quando si affrontano le questioni in maniera disorganica, emergenziale, spesso, si rischia di ingenerare equivoci anche nel rapporto con l'ordinamento comunitario. Qui vengo ad uno dei problemi che, secondo me, questo disegno di legge delega risolve, ovviamente, restando affidato ad un esercizio equilibrato della delega nell'ambito dei principi generali che vengono definiti. La Comunità europea, l'ordinamento comunitario, non impone, non definisce criteri rigidi, per esempio, rispetto alla durata delle concessioni o, per contro, rispetto alle caratteristiche che deve avere il rapporto sotto il profilo economico-finanziario con il concessionario, ma afferma principi di carattere generale, che, per quello che attiene lo specifico di questa materia, involgono il rispetto dei principi della concorrenza, della parità di condizioni, dell'obiettività e legalità dell'azione amministrativa.

L'intervento della Corte di giustizia europea, al quale si è fatto fronte con il meccanismo che ricordava il relatore e, cioè, prevedendo un periodo transitorio di proroga legato all'approvazione della legge di riordino, nasce da situazioni particolari specifiche, rispetto alle quali si è determinata una situazione di contenzioso e, probabilmente, anzi sicuramente, rispetto a quelle situazioni, l'intervento della Corte di giustizia non poteva che essere quello che è stato.

Nel momento in cui, però, sul piano normativo e legislativo si va ad una nuova disciplina della materia, che nel suo complesso tenga conto della realtà sulla quale si interviene, io credo che nulla possa impedire, anzi, è doveroso un intervento che tenga conto della realtà sulla quale noi interveniamo. Questo significa l'affermazione del principio del legittimo affidamento, che io credo debba essere legato ad un altro principio immanente all'ordinamento comunitario, che è quello della certezza del diritto.

È del tutto evidente che tutte le situazioni di concessione dei beni demaniali marittimi nate nel contesto di un ordinamento giuridico che non solo consentiva, ma prevedeva e definiva in questa direzione, una durata sostanzialmente indefinita del regime concessorio, salva la rinuncia del titolare di quel diritto medesimo, non può essere un intervento di tipo draconiano, per il quale oggi quel regime cessa e quelle situazioni, che costituiscono l'ossatura di quel settore turistico, vengono, in qualche maniera, indiscriminatamente colpite.

Riconoscimento del principio di affidamento significa riconoscere in capo ai soggetti che rispetto all'ordinamento nazionale hanno acquisito un'aspettativa legittima, consentire a quei soggetti e ragionare con quei soggetti del percorso attraverso il quale progressivamente anche quelle realtà vengano ricondotte alla logica della contendibilità sul piano economico-finanziario; ricondotte progressivamente a un criterio di contendibilità che tenga conto dell'altro parametro che è nelle direttive comunitarie e al quale si richiamano quelle sentenze, che è quello della scarsità della risorsa: cioè, non è possibile intervenire in questa materia se non tenendo conto della realtà esistente, di quanto e di come quella risorsa può essere utilizzata. E, non a caso, nel disegno di legge delega, da un lato, si riconosce il diritto all'affidamento e, dall'altro, si offre il parametro della verifica in concreto e della programmazione territoriale, ambientale e paesaggistica della risorsa, al fine di dare punti di riferimento certi e di costruire - vorrei dire - una gerarchia degli affidamenti che tenga conto dell'oggettività dei dati di partenza.

Affermare questi princìpi nell'ambito di un provvedimento legislativo significa mettere l'Italia nelle condizioni di affrontare, nella sede europea, le questioni problematicamente aperte, non sulla base del rispetto formale e burocratico di parametri che, nella loro astrattezza, non sono coerenti con la realtà oggettiva che si deve andare a disciplinare, ma in modo tale da non esporsi a censure che, sostanzialmente, si fondano proprio sulla episodicità, sulla frammentarietà e sulla generalità degli interventi che sono stati effettuati.

Perché si è fatto riferimento espressamente alla necessità di una disciplina particolare, con riguardo al periodo transitorio, delle concessioni consolidate prima del 31 dicembre 2009? Perché, fino a quella data, noi eravamo in quel contesto normativo che ho innanzi ricordato, cioè in un contesto normativo nel quale le concessioni già assentite avevano in sé l'assenza di un limite predefinito quanto alla durata, e si è fatto riferimento, io credo correttamente - il relatore non lo ha espressamente ricordato nel suo intervento -, alla data di entrata in vigore della disciplina comunitaria di riferimento.

La direttiva Bolkestein aveva come termine per il recepimento nel nostro Paese la data del 28 dicembre 2009: fino a quella data, il contesto normativo nazionale, sostanzialmente, non era in contrasto con specifiche disposizioni dell'ordinamento comunitario europeo.

Poteva ritenersi, ma solo per le situazioni, per le concessioni di particolare rilevanza economica, una situazione di generale contrasto con il principio della libera concorrenza e con l'articolo 49 del Trattato, ma si tratta di principi generali che non avendo un'efficacia diretta negli ordinamenti nazionali, ma dovendo necessariamente passare attraverso la mediazione del legislatore nazionale, non sono direttamente riferibili agli operatori economici che su quel contesto normativo avevano fatto legittimamente affidamento. Per dirla in soldoni, non poteva scaricarsi sul concessionario, o non può valutarsi secondo il criterio dell'affidamento la posizione del singolo concessionario con riguardo all'articolo 49 del Trattato, ma quell'affidamento dev'essere e può essere legittimamente misurato con riguardo alle specifiche disposizioni del diritto comunitario nel momento in cui quelle specifiche, dettagliate, e quindi conoscibili disposizioni vengono recepite nell'ambito dell'ordinamento nazionale. Vengono recepite esplicitamente, come è stato fatto con il decreto di recepimento della direttiva cosiddetta Bolkestein, o vengono recepite automaticamente per lo scadere del termine di recepimento. Quindi, non è stata fatta una scelta capotica, non è stata fatta una scelta casuale: è stata fatta una scelta che sta dentro i princìpi immanenti all'ordinamento comunitario.

È chiaro che passare dall'affermazione dei principi alla definizione della disciplina transitoria implica un'attività che giustifica, anzi direi meglio, che ha obbligato alla scelta dello strumento della legge delega, perché è evidente che la traduzione in norme cogenti, definite, puntuali dei principi che la legge delega afferma… E ricordo a me stesso che per definizione una legge delega definisce i principi dentro i quali si deve muovere l'attività legislativa del Governo, con la riserva naturale della successiva verifica in sede di Commissione della corretta applicazione di quei criteri. Se si ragiona per principi, si ragiona per criteri, si ragiona sulla base di una delega, è del tutto evidente che c'è uno spazio per la valutazione discrezionale di quale dovrà e potrà essere la definizione della disciplina transitoria; ma io credo che in questo schema di legge delega i principi affermati sono tali, per cui non può ritenersi libera l'attività del Governo. Coerentemente con la previsione costituzionale, il Governo ha dal Parlamento alcune indicazioni che definiscono l'ambito della discrezionalità nella definizione puntuale delle norme.

Penso che gli operatori probabilmente in gran parte, o in parte notevole suggestionati e condizionati dalla situazione di incertezza insita nelle proroghe, insita nel contenzioso che quelle proroghe hanno generato, e insita nella reiterata attivazione da parte dell'Unione europea di censure e procedimenti di infrazione, oggi guardino con preoccupazione alle scelte che il Parlamento sta compiendo. Capisco che le parole spesso non sono sufficienti a tranquillizzare; penso però che sia giusto richiamare l'attenzione degli operatori, delle associazioni di categoria, gran parte delle quali io credo sono entrate in questo ragionamento sui passi decisivi in avanti che si compiono con questa normativa.

E soprattutto di quegli operatori, proprio in ragione della rilevanza dell'attività, e della loro attività per il Paese, ma di quell'attività per la loro sussistenza, per la sussistenza delle loro famiglie, per il mantenimento dei livelli occupazionali che oggi quella attività garantisce, e per le implementazioni di quelle componenti occupazionali che sono possibili in un quadro di riferimento più compiuto.

Se questa legge non venisse approvata… Ma io credo che questo Parlamento abbia il dovere di applicarla e di approvarla, non solo per la procedura di infrazione europea, che sostanzialmente è stata chiusa perché l'Italia si è impegnata a compierlo, questo percorso legislativo, ma anche per la normativa attualmente esistente. Io ricordo a me stesso che noi abbiamo affermato, nella disciplina normativa che richiamava il relatore, cioè nella disciplina normativa con la quale a valle di quella pronunzia della Corte di giustizia europea abbiamo deciso di prorogare le concessioni in essere sempre con riferimento alle concessioni anteriori al 31 dicembre 2009, fino alla definizione della normativa quadro; ecco, io penso che la serietà imponga a questo Paese di rispondere di quell'impegno, e quindi di definirlo un quadro certo e di affermare principi che io credo che possano essere validamente sostenuti e difesi nella sede comunitaria. Diceva il relatore quando mi ha preceduto che forse nel momento in cui quella direttiva fu approvata, e nel momento in cui si è definito il quadro dell'ordinamento nazionale di recepimento di quella procedura, poteva in quel frangente, in quel contesto utilmente farsi quello che stiamo facendo oggi. E lo stiamo facendo nei limiti in cui possiamo farlo, perché anche questo è un parametro di cui un Parlamento responsabile e forze politiche responsabili debbono tenere conto: stiamo facendo il massimo che è possibile nella sede della legge delega, per dare a quel settore le certezze che quel settore chiede, stando dentro l'ambito comunitario, e quindi superando il rischio di ulteriori momenti di infrazione comunitaria, che determinerebbero, porterebbero a cascata ulteriori elementi di incertezza.

Quindi, se noi affrontiamo questa impostazione legislativa tenendo conto di tale contesto, penso che il Parlamento con una larga maggioranza, con una larga condivisione, possa per un verso rispondere alle legittime esigenze degli operatori del settore, e per altro verso evitare che polemiche strumentali determinino in quel settore situazioni di tensione che non servirebbero a nessuno: non servirebbero agli operatori del settore, e non aiuterebbero il Paese, l'Italia, il Governo a reggere nella sede europea un confronto autorevole, perché si rischierebbe di avere e di portarsi appresso il vizio originario di scelte che, se apparentemente soddisfano ambizioni o esigenze comprensibili, ma non strutturabili rispetto al quadro nazionale ed europeo nel quale ci muoviamo, rischiano di avere l'effetto boomerang, l'effetto esattamente opposto.

Del resto non a caso questa materia ha attraversato Governi di varia ispirazione, ha attraversato maggioranze diverse, ha visto impegnati partiti politici su sponde opposte; e non si era mai arrivati, non si è mai riusciti ad arrivare (non a caso una delega è inutilmente scaduta) ad affrontare la questione. L'unico modo per affrontare questa questione è di tenersi ancorati ai principi e di valorizzare le novità importanti. Ne segnalo solo due che in questa legge sono presenti.

Accennavo al rapporto esplicito fra l'utilizzazione del bene, la concessione del bene e gli strumenti della programmazione, anche della programmazione negoziata, perché questo significa legare ab origine lo sfruttamento economico del bene naturale, nella misura in cui quello sfruttamento economico è compatibile con la gestione ambientale e naturalistica di quel bene, con il momento della concessione; e valorizzare l'elemento della tutela ambientale come criterio selettivo nelle procedure per la scelta del concessionario significa, in qualche misura, valorizzare l'elemento della partecipazione del soggetto privato alla tutela ambientale come esemplificazione della possibilità che lo sfruttamento economico del bene naturale non sia in contrasto, non sia incompatibile, non determini un danno per la risorsa naturale. Ed anche la previsione, per altro verso, della differenziazione del canone con riferimento alla diversa consistenza economica delle attività, sottraendosi a un criterio di pura automaticità, inserisce un elemento di equità e inserisce un elemento che consente, per espressa previsione di questa legge delega, di dotare i comuni e le regioni delle risorse necessarie per la gestione e l'infrastrutturazione pubblica di quel bene.

Credo che questo vada valorizzato anche perché si comprenda come questa legge in nessun caso possa essere letta come penalizzante per quelle attività, per quelle che ci saranno, ma anche per quelle in essere. Cioè, se noi abbiamo così ampiamente contestualizzato l'intervento normativo, diciamo, ci siamo mossi tenendo conto di tutti i profili che investono e convergono su quella materia, è evidente che questo rappresenta di per sé il riconoscimento del valore, e concludo, di quelle attività. Quindi, un passo avanti; ma non un passo avanti qualsiasi, un passo avanti che consente all'Italia di presentarsi nella sede europea rivendicando la correttezza del proprio operato, rivendicando la necessità del rispetto del tessuto economico-sociale di questo Paese, e quindi riuscendo a dare finalmente, dopo tanti anni, a questa materia una disciplina che non costringe le impresse a sopravvivere pensando con angoscia alla prossima scadenza, ma che consenta agli operatori economici che ci sono e a quelli che in questo settore hanno il diritto di entrare di programmare l'attività aziendale e di avere - e su questo concludo veramente -, come ha detto il relatore, la certezza del riconoscimento del valore economico dell'impresa. Il riconoscimento del valore economico dell'impresa tutto può essere, ma mai può essere contrasto con i principi della concorrenza e del libero mercato.