Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 23 Maggio, 2016
Nome: 
Salvatore Capone

A.C. 2617-B

 

Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghe e colleghi, la legge che discutiamo oggi e che il Paese attende da anni segna uno spartiacque fondamentale per il mondo delle imprese sociali, del terzo settore, delle economie solidali e dal basso, tra un prima e un dopo. Il prima è stato connotato nella dinamica vitalissima con cui il terzo settore e l'economia sociale si sono attestati e sviluppati, conquistando uno spazio importante di autonomia e di progettualità sul tema del benessere della comunità. Tra gli anni Ottanta e il 2010 questa dinamica si è imposta all'attenzione del legislatore e ha prodotto provvedimenti soprattutto per normare le singole tipologie di organizzazione, i singoli aspetti specifici, sia che si trattasse di organizzazioni di volontariato, di ONLUS, di cooperative sociali, di impresa sociale e di servizio civile. Un elenco questo sufficiente a dimostrare, in assenza di un disegno e di una cornice generale e complessiva, il crescente disordine negli anni della normativa per regolare singoli, parziali, rilevanti aspetti di un organismo ogni giorno più importante e determinante nella qualità delle nostre città e del sistema Paese, al passo con le trasformazioni sociali e con una discussione pubblica sempre più puntuale. Il dopo lo inauguriamo definitivamente oggi, con un'azione legislativa che ricompone, riordina e definisce questa materia così vasta e viva. È un passaggio non di poco conto, che riconosce piena legittimità e rilevanza a questo settore specifico e contestualmente ne afferma e ne rileva l'interesse pubblico. 
Il testo di legge che approveremo in via definitiva nei prossimi giorni non è però solo un riconoscimento dovuto, è un atto che parla al futuro, perché fa suo lo straordinario patrimonio di esperienze maturato negli anni e lo rilancia con una strategia che guarda soprattutto agli elementi che possono e devono essere sviluppati ulteriormente. È un atto di rafforzamento e incubazione della nuova economia sociale e come tale di enorme responsabilità politica. La nuova economia sociale è, e non potrebbe essere diversamente, innovativa, solidale, collaborativa, trasparente. Grazie a questa norma, e con i successivi decreti attuativi, il terzo settore diviene soggetto giuridico. Le associazioni di volontariato, le cooperative sociali, le fondazioni, quelle di promozione sociale, di mutuo soccorso, diventano un'unica famiglia con caratteristiche comuni pur rimanendo soggetti con una loro specifica e con diversi modelli organizzativi, anche essi considerati una ricchezza e un'occasione.
La distanza di metodo e di merito dagli anni che abbiamo alle spalle è enorme, il volontariato, le imprese sociali, l'associazionismo, si attestano quale segmenti strategici, nevralgici, non residuali. Il principio che la legge fissa in premessa: «Terzo settore si intende il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che (...) promuovono e realizzano attività di interesse generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi», viene così rafforzato e puntualizzato nel passaggio tra le due Camere. La definizione segna la presa d'atto di quel che è avvenuto nel nostro Paese in circa tre decenni, quando a tutti è stato chiaro come quei volontari, quegli enti, quelle imprese, non potessero essere considerate figlie di un Dio minore, perché la loro azione era frutto non solo di un grande afflato civico, ma di saperi e competenze maturati sul campo, non ultima la grande capacità di fare ed essere rete. Quel lavoro è stato fondamentale per le nostre comunità, per la coesione sociale, per l'infanzia, gli adolescenti spesso ai margini, per anziani, altrimenti soli, per strappare alla desolazione periferie dormitorio, progettando insieme agli abitanti una quotidiana vivibilità, per restituire bellezza e per salvare il paesaggio. Un lavoro capillare, paziente e profondo, capace di trasformare luoghi e relazioni, portatore di qualità, di conoscenze e di consapevolezza. C’è una parte importante di questo Paese che senza il terzo settore in questi anni non ce l'avrebbe fatta, una parte importante che deve all'azione del terzo settore il riconoscimento della propria rilevanza e bellezza, di salvaguardia e tutela ambientale, di promozione sociale e culturale, di welfare dal basso. Di questo parliamo, di qualcosa di indispensabile, se veramente abbiamo a cuore la dignità delle persone, il diritto alla salute, la promozione culturale, la tenuta sociale delle nostre comunità, il loro sviluppo. 
I numeri sono importanti e nel corso di questi due anni li abbiamo sviscerati adeguatamente. Qui voglio solo ricordare come persino la Corte costituzionale abbia avvertito l'esigenza di definire il ventaglio di attività che si riconoscono nel terzo settore quale paradigma dell'azione sociale. È una definizione da tenere in mente, ci dice di un settore che crea impiego, reddito, ricchezza, possibilità di crescita sociale ed economica, ma che genera soprattutto impatto sociale. Di tutta questa enormi ricchezze e potenzialità, il terzo settore, l'impresa sociale, sono il laboratorio per l'eccellenza, il luogo in cui sperimentare e innovare modelli e progetti, un luogo per sua natura costantemente in movimento, in allerta, permeabile alle domande dei sistemi sociali. Un laboratorio che in questi anni ha elaborato categorie di sguardo e di valutazione da cui oggi è difficile prescindere e che ha imposto il tema della qualità delle relazioni come centrale nella conoscenza e valutazione della vita delle comunità. Non comprendiamo questa dinamica se ci ostiniamo a valutarla solo in termini di profitto e di PIL. In realtà, il valore di un territorio è ben altro e se il benessere della comunità si determina oggi anche e soprattutto attraverso lo sviluppo di beni, fattori e materiali, acquistano il giusto ruolo le realtà che negli anni hanno perseguito questi obiettivi nel sociale e nella cura dei beni comuni, nella tutela dell'ambiente e della fruizione dei beni culturali, nella sostenibilità solidale, nelle ecocompatibilità, nell'assistenza, nel contrasto alle piccole e grandi forme di esclusione sociale e di marginalità, che significa contrasto anche alle molteplici e subdole forme di accaparramento di manovalanza della criminalità. 
Già nel corso dell'approvazione in prima lettura alla Camera, avevamo affermato come questo questa fosse una delle più grandi riforme del nostro Paese. Da quel momento il testo si è arricchito, ampliato e puntualizzato, rispondendo pienamente alle esigenze del legislatore e a quelle proprie del settore, alla sua capacità di produrre incessantemente innovazione per rispondere pienamente ai segmenti di utenza a cui si rivolge. Le modifiche introdotte al Senato sono numerose e sostanziali, ricordo quelle relative alla pubblicità dei bilanci, agli atti fondamentali dell'ente, alla valorizzazione delle reti associative di secondo livello, alla revisione dei centri servizi di volontariato, all'istituzione del Consiglio nazionale del terzo settore, alle modifiche relative alla definizione di impresa sociale, fino all'istituzione della Fondazione Italia sociale con il compito delicato di sostenere, attrarre e organizzare iniziative filantropiche e strumenti innovativi di finanza sociale. Un accenno particolare, infine, alla riforma del servizio civile nazionale, che, assumendo la denominazione di servizio civile universale, merita anche una riflessione autonoma. Chiunque di noi abbia amministrato anche realtà territoriali è perfettamente consapevole del ruolo svolto dalle ragazze e dai ragazzi del servizio civile in ambiti strategici come la tutela ambientale, la promozione culturale e i servizi alla persona. Chi di noi ha potuto vivere in prima persona l'esperienza del servizio civile in tempi diversi rispetto a quelli attuali è testimone di un'esperienza di crescita e di relazioni fondamentali di enorme valore anche per la scelte di vita poi assunte. 
Per questo è un segnale importante ciò che è stato fatto, l'impegno a rilanciare il servizio civile, aumentandone, come abbiamo visto, la dotazione finanziaria, per raggiungere obiettivi importanti come quello dei 100 mila giovani. Insomma, nella norma un obiettivo ambizioso che attesta l'enorme rilevanza del servizio civile, il suo essere uno straordinario laboratorio per la formazione di una coscienza sociale e democratica, per un'educazione alla cittadinanza che è, a me pare, una scuola ineludibile di formazione democratica. E, dunque, non può che essere salutata come un segnale di grande rilevanza l'apertura al servizio civile universale anche agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia. 
Concludo: questa legge parla ai milioni di cittadini e cittadine impegnati ogni giorno, alle migliaia di realtà del volontariato e dell'associazionismo laico e cattolico che in questi anni sono cresciute, sono diventate impresa sociale, hanno tessuto reti esemplari al loro interno e nelle comunità di riferimento, diventando un modello per tutti, per la pubblica amministrazione e per il privato.
Ma questa legge parla soprattutto del Paese e al Paese, racconta un pezzo importante della storia di questi anni, ci dice come autonomamente la società civile ha saputo organizzare la propria presenza in modo solidale – concludo veramente – e come si siano determinate soggettività fondamentali, coprendo spazi altrimenti ignorati e aprendone di nuovi, affermando come categoria fondamentale e essenziale dell'agire economico quella dell'economia solidale. Senza questa realtà così feconda e capillare, civile, noi saremmo tutti più poveri. Ecco perché questa riforma apre al futuro.