Discussione generale
Data: 
Lunedì, 23 Ottobre, 2023
Nome: 
Paola De Micheli

A.C. 1406

La ringrazio, Presidente. Inizio questo mio intervento ringraziando il Sottosegretario Bitonci, che, soprattutto nel lavoro svolto presso il Senato, ha lavorato per accogliere alcune proposte emendative anche del mio gruppo parlamentare. Voglio ringraziare il relatore, l'onorevole Casasco, e tutto il personale della X Commissione per il lavoro svolto su questo disegno di legge, che è un disegno di legge molto importante anche se, come sta capitando ormai spesso per tutte quelle che sono le riforme abilitanti previste dal PNRR, corre il rischio di cadere in un silenzio assordante per la sottovalutazione che gli aspetti di riforma, le cosiddette milestone, del Piano nazionale di ripresa e resilienza stanno vivendo a causa, purtroppo, delle rimodulazioni dei target, ovvero degli obiettivi quantitativi previsti dal Piano stesso, che sono stati voluti dal Governo e che hanno determinato moltissimi tagli di natura finanziaria a quelli che erano gli obiettivi, appunto, delle amministrazioni locali e di alcune amministrazioni centrali. Quella discussione corre il rischio di far passare in secondo piano, invece, riforme importanti come queste, di cui, peraltro, si sentiva particolarmente bisogno, perché il sistema degli aiuti è particolarmente stratificato e inevitabilmente ha pagato il prezzo delle emergenze che si sono susseguite negli ultimi anni, dopo la crisi del 2008 e, quindi, tra il 2010 e il 2012 e, in particolar modo, con la crisi del 2020, sulla pandemia, e quella dell'energia, la crisi energetica a seguito - anche e non solo - dell'invasione dell'Ucraina.

Inoltre, il sistema degli aiuti ha alcuni problemi, che, peraltro, sono stati illustrati nella discussione anche in Commissione, legati al confronto continuo con l'applicazione della normativa europea degli aiuti di Stato. Credo che il problema dei problemi in questa fase, soltanto superficialmente affrontato da questa delega, sia legato al fatto che i tempi di erogazione degli aiuti, anche quando le imprese riescono ad ottenerli, sono molto lunghi. Non è un caso che proprio il dossier della Camera dei deputati ci ricorda che degli ultimi incentivi erogati solo il 23 per cento è già arrivato nelle tasche delle imprese e degli imprenditori.

Inoltre, rispetto a questa legge delega, a questa riforma, ci sono, secondo me, due convitati di pietra. Il primo è quello legato alle agevolazioni di natura fiscale che al Senato si è voluto introdurre come oggetto anche di questa riforma, ma io temo che questo complicherà molto il lavoro del Governo nella realizzazione dei decreti in attuazione di questa delega. L'altro grande convitato di pietra è tutto il mondo delle garanzie alle imprese. Questo è un mondo che ha sofferto e ha pagato un prezzo molto elevato negli anni della crisi pandemica e di quella energetica. Io credo che sia urgentissimo un intervento, anche a fronte di una nuova stagione inflattiva che vede tassi alti. Noi dobbiamo essere consapevoli che per le imprese la cassa è ciò che consente loro di vivere e troppo spesso, a fronte di tassi alti e di regole sul rating che continuano a modificarsi, il ruolo della garanzia, in particolar modo degli istituti di garanzia per le piccole e le medie imprese, può rappresentare, in questa fase molto critica per l'economia e per il mondo delle imprese, una risposta straordinariamente importante. Al Senato, come dicevamo, il disegno di legge è stato sicuramente migliorato.

Abbiamo avuto un dialogo fecondo con il Governo e con il resto della maggioranza e, quindi, io credo che sia corretto e giusto, anche nel nostro ruolo di opposizione, ricordare gli aspetti positivi che sono stati introdotti in questa normativa. Innanzitutto, il codice degli incentivi, che, peraltro, prevede per la sua attuazione anche un parere del Consiglio di Stato, perché è bene che poi chi probabilmente potrebbe, dovrà e certamente sarà chiamato a dare anche interpretazioni molto concrete del codice venga coinvolto immediatamente, già nella fase di costruzione dell'attuazione. Ma proprio in tema del codice degli incentivi mancano ancora alcune cose sulle quali ci siamo concentrati nell'attività emendativa sia in Commissione che in Aula.

In secondo luogo, è stato introdotto l'obiettivo della parità di genere, anche se ancora incompleto ma certamente molto importante per tutto quel mondo dell'impresa femminile che è in continua crescita ma che continua ad avere oggettive difficoltà, per esempio, proprio rispetto all'erogazione del credito, proprio rispetto alla possibilità di accesso ad alcuni strumenti di finanziamento per le caratteristiche tipiche dell'imprenditoria femminile. Inoltre, sono stati introdotti criteri di razionalizzazione e di trasparenza a nostro avviso non ancora risolutivi.

Poi, ci sono le verifiche sugli impatti e io su questo argomento mi soffermo un attimo, perché sono convinta che se il Parlamento, le forze politiche e i gruppi parlamentari, sia quando si è maggioranza sia quando si è all'opposizione, lavorassero più profondamente sulle verifiche degli impatti ex post - soprattutto ex post - delle norme che noi approviamo in Parlamento o quando - fase fin troppo frequente, devo dire - è il Governo a legiferare, probabilmente con i numeri e con una lettura oggettiva dei numeri su molti provvedimenti sarebbe più facile trovare delle convergenze, perché spesso e volentieri sono i risultati che parlano e non soltanto l'ideologia che aprioristicamente si mette nella valutazione di un provvedimento, soprattutto quando si tratta di effetti sulle imprese e sull'economia. Anche in questo caso alcuni criteri di verifica e di valutazione degli impatti, soprattutto ex post, mancano in questa delega.

Inoltre, è stato introdotto il coordinamento con le regioni, che risulta ancora generico, quando - al di là del fatto che, come sappiamo, il bilancio delle regioni è abbondantemente oltre il 90 per cento dedicato alla sanità - sappiamo perfettamente che molto spesso le regioni tendono a rafforzare alcuni filoni di incentivo per le imprese o magari a individuarne alcuni specifici, tipici delle proprie filiere, delle filiere presenti in quel territorio. Io credo che sotto questo punto di vista l'attività emendativa che abbiamo predisposto potrebbe portare chiarezza rispetto a cosa significa coordinare davvero gli incentivi alle imprese anche con le regioni.

Allora, alla luce di questo proficuo lavoro svolto al Senato, che cosa manca ancora sia sotto il profilo tecnico sia sotto il profilo politico? Noi crediamo che intanto nel codice degli incentivi manchi la certezza dei tempi di erogazione. Io l'ho già accennato, ma penso che questa sia una questione dirimente quando parliamo di imprese. Si tratta dei flussi economici, perché il tema della cassa è quello che determina o meno il successo reale, concreto e attuabile di un incentivo, anche in termini temporali, perché a volte vengono erogati degli incentivi quando magari in termini di innovazione l'oggetto di quell'incentivo è già stato superato. Ma qui si parla soprattutto in termini di cassa. Oggi noi non possiamo immaginare, senza la certezza dei tempi di erogazione, che le aziende si vadano a indebitare anticipando quelle erogazioni con le banche, perché i tassi non sono più i tassi di due anni fa e, quindi, questo implicherebbe un incremento dei costi per le aziende. Tutti sappiamo che, purtroppo, si fallisce di cassa e non si fallisce di competenza.

Poi, manca la misurabilità degli obiettivi di genere. C'è questa dichiarazione soprattutto nel primo articolo, ma manca la misurabilità degli obiettivi di genere, che, peraltro, è facilmente sovrapponibile anche a un grande lavoro che negli anni ha svolto la Ragioneria generale dello Stato proprio sul bilancio di genere e sulla modalità con cui misurare gli effetti delle nostre norme sul genere. Quindi, ci sarebbe già anche un lavoro abbastanza pronto per poter introdurre questi criteri.

Sulla trasparenza e sulla chiarezza noi chiediamo che ci sia un portale unico. Guardate, qui c'è un grande tema, quello dell'intermediazione per l'accesso agli incentivi alle imprese. C'è un'intermediazione positiva che, peraltro, viene valorizzata anche dalla norma che consente di dare pubblicità agli incentivi che i vari Governi e che il Parlamento decidono di approvare, ma è anche vero che c'è una intermediazione malsana nel nostro Paese, che costa moltissimo alle imprese e che non sempre garantisce loro di raggiungere l'obiettivo. Più è alto il livello di trasparenza con il quale ci approcciamo, diciamo così, nell'attuazione dei decreti delegati, meno incidente sarà, in maniera negativa, questa questione dell'intermediazione. Per questo motivo, abbiamo presentato degli emendamenti proprio per arrivare al portale unico.

Sulla misurabilità degli impatti degli incentivi credo che manchino, sostanzialmente, dei criteri legati alla capacità di questi incentivi di produrre ricchezza, prodotto interno lordo. E' vero che per la Ragioneria generale dello Stato il fatto che un incentivo produca ricchezza non dà automaticamente la copertura agli incentivi, come è giusto, in termini di leggi ragionieristiche, ma è anche vero che per il Parlamento - che poi magari li deve prorogare questi incentivi - avere la misurazione dell'impatto sulla ricchezza diventa fondamentale sul benessere dell'organizzazione delle imprese. Sono convinta che le imprese rappresentino la vera grande forza dello sviluppo economico di questo Paese e le condizioni di benessere organizzativo delle imprese - piccole, medie e grandi - diventa uno strumento fondamentale, anche per capire se i nostri incentivi davvero raggiungono gli obiettivi.

E poi il criterio fondamentale dell'occupazione di qualità. Se lo Stato, con risorse di tutti quelli che pagano le tasse, incentiva delle imprese, orientando anche le politiche economiche, deve avere la certezza, misurabile, che l'occupazione prodotta da quegli incentivi sia un'occupazione di qualità e, quindi, giustamente remunerata, che ricade dentro al rispetto di tutte le norme sulla sicurezza del lavoro. Inoltre, come dicevo prima, è necessario fare chiarezza sulla tipologia e la modalità di coordinamento degli incentivi delle imprese che saranno erogati anche dalle regioni. Sulla questione del rapporto con gli incentivi fiscali e sul ruolo delle amministrazioni centrali, signor Presidente, attraverso di lei, invito il Governo a fare una riflessione importante. Abbiamo avuto un'esperienza, recente nell'ultimo anno e mezzo, molto significativa dentro agli incentivi di industria 4.0 che sono stati un grande successo per l'impresa italiana. C'era un incentivo legato alla ricerca e sviluppo che aveva due metodi di certificazione. Un metodo, diciamo così, autonomo e un altro metodo che derivava da un lavoro che dovevano fare gli uffici dell'allora Ministero dello sviluppo economico e oggi Ministero delle imprese. Nel rapporto con l'Agenzia delle entrate, essendo state scelte due strade, c'è stato l'obbligo, anche se non voluto, da parte dell'Agenzia delle entrate di fare verifiche fiscali a strascico sulle imprese che avevano ricevuto questi contributi di ricerca e sviluppo, cosa che peraltro è accaduto nell'estate del 2022. Il legislatore, a cavallo tra i due Governi Draghi e Meloni, è dovuto intervenire per chiarire questo aspetto e manca l'ultimo tassello per evitare che ci sia una sovrapposizione di ruoli tra Agenzia delle entrate e Ministero dello sviluppo economico – scusate, non dello sviluppo economico: continuo ad essere una donna del Novecento, nonostante il tempo che passa -, dicevo, proprio l'elenco che deve elaborare il Ministero delle imprese dei professionisti abilitati alla certificazione di quell'incentivo. Ora è del tutto evidente che questo è il classico esempio dove c'è una sovrapposizione tra ruolo del ministero e ruolo dell'Agenzia delle entrate che ha determinato un problema non banale, che peraltro ha aperto questioni penali per alcune imprese, perché quando si superano certi tetti di accertamento, come sapete, scattano le questioni penali.

Il ruolo delle associazioni soprattutto delle piccole e medie imprese nel metodo di costruzione dei decreti attuativi. Qui mi appello ancora al Governo, al di là del fatto che approviate gli emendamenti nei prossimi giorni, quando voteremo il testo in Aula, io vi chiedo di aprire una fase grandemente concertativa sui decreti attuativi, anche perché ho imparato, nell'esperienza ormai lunga in queste aule, che ogni riforma più e condivisa e più raggiunge gli obiettivi che la riforma stessa si è prefissa e più viene fatta lontano da coloro che devono essere i beneficiari di questa riforma e più si fatica a rendere questa riforma davvero efficace ed efficiente.

Noi chiediamo il principio della non duplicazione dei documenti. Insomma, il mondo della digitalizzazione, dell'intelligenza artificiale, perfino il Comitato per la legislazione, onorevole Casasco, ci chiede di introdurre queste innovazioni e poi corriamo il rischio che le imprese debbano continuare a presentare i loro atti e documenti tutte le volte che fanno una richiesta di finanziamento e di erogazione di incentivi. Non ci sono criteri sufficienti per affrontare la drammatica sperequazione territoriale che negli ultimi anni ha aumentato il divario e la disuguaglianza tra Nord e Sud che è, appunto, quella della capacità di attrazione di incentivi da parte delle imprese del Sud. Ora noi crediamo che l'impianto formale di questa delega sia, sostanzialmente, apprezzabile anche se ancora, chiaramente ed evidentemente, incompleto, ma mi soffermerò in questi ultimi minuti sull'aspetto che a me e a chi ha operato nell'impresa prima di entrare in quest'Aula e a coloro che si occupano tuttora di imprese interessa di più. Io credo che questo disegno di legge delega manchi un po' dell'anima, manca della visione e del ruolo che questo Governo e questa maggioranza hanno intenzione di giocare nel mondo delle imprese attraverso l'utilizzo dello strumento degli incentivi. Manca un'idea di politica industriale e anche la migliore forma tecnica di legge delega o di decreto attuativo, se non ha chiaro qual è l'obiettivo finale e la modalità con la quale il Governo e il Parlamento vogliono avere un ruolo dentro all'economia, è evidente che anche la miglior soluzione formale può non risolvere la questione del rilancio industriale del Paese. Non vorrei che questo decreto avesse poi un approccio nel prosieguo assolutamente burocratico-formale senza affrontare il tema sostanziale, ossia che politica industriale volete fare per questo Paese? Che livello di interventismo dello Stato c'è in economia? Lo stiamo vedendo sui dossier più caldi dove si assiste all'assoluta assenza di un'idea di politica industriale: su Ilva, dove parli con due ministri diversi e hanno due idee diverse; su TIM, dove c'è questo annuncio prematuro fatto dal ministro Giorgetti ha determinato effetti non banali per gli azionisti e grandi preoccupazioni per i lavoratori; oppure su ITA, dove si è immaginato un percorso super semplice e super semplificato tanto per potersi liberare del ennesimo dossier scottante, quando invece il ruolo strategico di questa impresa e le norme europee chiamano il Governo ad una maggiore assunzione di responsabilità e di una visione strategica nel ruolo dei trasporti della compagnia aerea di Stato.

In questo provvedimento non rispondete alla domanda fondamentale che è cosa volete fare nell'economia e la risposta poteva anche non essere straordinariamente visionaria. Bastava anche un po' più di pragmatismo nella lettura della trasformazione del mondo delle imprese, perché manca totalmente l'approccio alla grandissima trasformazione necessaria, a prescindere da qualunque negazionismo, che è la trasformazione ambientale e noi chiediamo un punto dentro la delega sulla questione dei sussidi ambientalmente dannosi. Non c'è un approccio nei confronti della digitalizzazione e della stessa intelligenza artificiale e, non solo per capire come il Governo vuole incentivare l'utilizzo di questi strumenti o accompagnare la transizione ambientale, che senza incentivi pubblici è insostenibile per la più parte delle imprese italiane, che sono piccole e medie e che quindi hanno un livello di patrimonializzazione più basso, ma anche e soprattutto per la visione strategica di come queste grandi trasformazioni entrano nell'economia italiana. Manca un minimo di ragionamento sulle seconde generazioni. Attenzione lo shopping è in corso anche sulle imprese di medie dimensioni, perché ci sono condizioni di passaggio generazionale che sono insufficienti.

Manca, anche in termini di principi generali, insomma, un'idea di modernizzazione e di trasformazione del Paese. Bastavano le indicazioni di principi generali che avrebbero poi condizionato i Ministeri nella stesura dei decreti attuativi. Il rischio è che poi le decisioni di politica industriale, invece che dipendere da una visione complessiva delle imprese italiane e del ruolo delle imprese in Italia e in Europa, dipendano da scontri tra Ministri, dalla potenza o dalla debolezza delle lobby che, a turno, si confrontano con il Governo, con la maggioranza e anche con le opposizioni, ci mancherebbe altro, oppure da emergenze vecchie e nuove; il rischio è che siano queste le cose che condizionano per davvero, poi, le scelte, senza contare l'ansia di conservazione delle modalità incentivanti già esistenti che spesso è la scusa per tentare di non scontentare nessuno.

Insomma, come si risolve il dettato dell'articolo 41 della Costituzione che impone all'iniziativa economica privata e libera di non essere mai in contrasto con la salute, l'ambiente e la sicurezza? Come il Governo aiuta l'impresa libera e privata a non cadere progressivamente, a fronte delle esigenze di trasformazione, dentro a questo eventuale problema, in alcuni casi anche molto reale, penso, in particolare, ad alcune filiere? Oppure, rispetto alla libertà, parlare di digitalizzazione e di intelligenza artificiale ha a che fare con la libertà delle imprese di essere imprese e imprese private, ha a che fare con un principio di libertà dell'intrapresa e, qui, non c'è niente, niente, che affronti questo tema.

Risolvere questo vulnus è ancora possibile, Presidente, e lo dico al rappresentante del Governo, sapendo di trovare un'intelligenza favorevole alla soluzione dei problemi; è ancora possibile, non solo, approvando la gran parte degli emendamenti che abbiamo proposto, ma soprattutto, chiarendo in Parlamento, con il mondo dell'impresa, col mondo del lavoro, quali siano gli obiettivi veri della politica industriale, perché ogni decreto sia condiviso con l'opposizione e con la rappresentanza delle imprese e dei lavoratori. Con questi strumenti, quelli dell'ascolto dell'opposizione e della condivisione, noi possiamo usare lo strumento di questa delega come trampolino di lancio per una nuova politica industriale del Paese. Realizzando appieno la condivisione, noi garantiremo che tutti i contraenti siano equamente soddisfatti e, quindi, l'obiettivo sarà raggiunto, perché chi si occupa di impresa sa che quando tutti i contraenti sono equamente soddisfatti si è raggiunto il risultato migliore.

Il ruolo delle imprese per lo sviluppo sociale e umano garantirà davvero l'equilibrio tra solidarietà sociale e profitto? Questo Governo ce l'ha un'idea di qual è il punto di equilibrio e, quindi, come verranno usati le risorse e gli incentivi per garantire maggiormente la giustizia sociale e, quindi, questo equilibrio tra solidarietà sociale e profitto?

Ecco, questo provvedimento ha una stesura tecnicamente interessante, ma politicamente insufficiente. Olivetti, spesso, parlava del ruolo dell'impresa nel raggiungimento della felicità collettiva, perché il benessere dell'impresa e dei suoi lavoratori consente alle comunità di avvicinarsi a questo straordinario obiettivo che è la felicità collettiva. Questo provvedimento è molto, anzi, troppo, parziale rispetto ai nuovi bisogni dell'economia e della sua trasformazione, peraltro, velocissima; sappiamo che pur impegnandoci molto in queste Aule parlamentari, spesso non siamo sempre in tempo nell'accompagnare queste trasformazioni.

Per questo motivo, noi chiediamo di approvare le modifiche che vi abbiamo proposto, vi chiediamo di attuare un metodo di condivisione nella realizzazione dei decreti attuativi e sappiate che vigileremo in maniera molto attenta, affinché questo disegno di legge delega questa milestone, questa riforma abilitante per il PNRR, non sia l'ennesima occasione persa.