Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 24 Giugno, 2019
Nome: 
Sara Moretto

A.C. 1698-A

Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe, colleghi, rappresentante del Governo, mi spiace interrompere la poesia con la quale è stato descritto questo provvedimento, ma sento il dovere di fare emergere anche alcune fragilità che in questo provvedimento sono contenute e desidero partire anche da una considerazione di carattere generale. È passato ormai un anno dai roboanti annunci del Ministro Centinaio sull'istituzione di un Ministero ad hoc per il turismo e, a meno che io non l'abbia visto, rispetto alla collega che è intervenuta prima di me, non mi risulta sia stato istituito; un anno nel quale appunto non solo non si è istituito il Ministero, ma nel quale non si è nemmeno strutturato il dipartimento dedicato presso il suo Ministero dell'Agricoltura, un anno nel quale il Piano strategico di sviluppo del turismo è stato fermo, un anno nel quale l'ENIT non ha approvato il Piano Triennale 2019-2021, strumento di vera programmazione delle attività, un anno di nulla quindi, nel quale ovviamente un settore strategico come il turismo è stato abbandonato. Tutto - mi spiace dirlo - come previsto; l'avevamo anticipato in sede di voto del trasferimento del turismo all'agricoltura, i capricci della Lega all'interno della maggioranza sarebbero costati tempo prezioso ad un settore strategico per il Paese. Tutto questo mentre l'Italia ha crescita zero e, per la prima volta da cinque anni a questa parte, le previsioni di presenze per la stagione estiva hanno il segno meno, certificando un rallentamento del nostro turismo, calo che coinvolge sia i turisti italiani che internazionali. Un anno perso, quindi, per un settore che contribuisce, a seconda delle stime, per più del 10 per cento del PIL, per un valore di 180 miliardi, e dà lavoro ad oltre due milioni e mezzo di persone. Questo è il primo provvedimento che la X Commissione porta in Aula come Commissione referente e qual è, quindi, il primo provvedimento che il Ministro, che ha tanto voluto gestire il turismo, propone a questa Camera? Una delega in bianco a se stesso, che esclude il Parlamento e la Commissione competente da una discussione seria e responsabile sul futuro del comparto, una delega che, soprattutto nella stesura iniziale prima del lavoro emendativo in Commissione, guarda al passato e non coglie le sfide alle quali è chiamato il settore turistico italiano. Nei lavori in Commissione, soprattutto a seguito delle audizioni svolte, il testo è stato arricchito anche attraverso l'approvazione di alcuni emendamenti del gruppo del Partito Democratico. Resta, a mio parere, un testo insufficiente, non in grado di imprimere cambiamenti significativi o dare risposte rapide ed efficaci alle questioni aperte. Perché? Prima di entrare nel merito dei contenuti, mi permetta, Presidente, di sollevare tre questioni di fondo, che evidenziano la fragilità del provvedimento in esame. Prima di tutto, quella dei tempi: i 24 mesi previsti per l'attuazione della delega sono decisamente troppo lunghi; nel mondo delle imprese private e delle professioni due anni sono un'eternità e, se davvero il Governo propone questo provvedimento per dare risposte a questioni spinose che si protraggono da anni, non può chiedere al Parlamento di lasciarlo fare e prendersi così tanto tempo; lo abbiamo detto in Commissione, ma il nostro emendamento è stato bocciato.

Vengo alla seconda questione di metodo: la scelta dello strumento legislativo, che appunto la maggioranza rivendica come scelta opportuna. Nella stesura iniziale la delega si proponeva un coordinamento normativo più generale e, nello specifico, l'intervento su tre questioni: quella delle professioni turistiche, quella della classificazione delle strutture alberghiere ed extralberghiere, e quella relativa alla gestione dei dati. Teniamo conto che, in quest'ultimo punto, la delega è già stata di fatto depotenziata perché una parte di essa, quella relativa al codice identificativo sulle strutture, è stata introdotta nel decreto “crescita” in una discussione che ha di nuovo estromesso la Commissione attività produttive. Beh, su questi punti specifici, considerato anche il lavoro fatto negli anni scorsi, dobbiamo ammettere che, su questi fronti, non si inizia da zero e, anzi, il capo dipartimento del turismo attuale ci ha confermato che, proprio dai testi elaborati dal precedente Governo, si partirà per il lavoro di attuazione della delega. Alla luce di questo, il Ministro avrebbe potuto scegliere la strada maestra prevista dalla nostra Costituzione e affidare alla discussione parlamentare una o più leggi ordinarie, che avrebbero consegnato subito al Paese norme chiare, certe e definitive.

Si è scelto invece di chiudere il dibattito dentro le mura degli uffici del Ministero dell'agricoltura.

Nel corso dei lavori in Commissione si è poi commesso un altro errore nell'utilizzo della delega: una volta acquisito, anche da parte della maggioranza, il vuoto di contenuti e criteri, con emendamenti essa è stata corposamente integrata, inserendo, tra gli altri, obiettivi che a mio parere dovrebbero trovare spazio in un piano strategico più che in una norma. Si confondono strumenti normativi con strumenti di programmazione, in un evidente rincorsa al rimedio, da un lato, e alla risposta a sollecitazioni dall'altro.

Resta infine sullo sfondo la questione delle competenze legislative: la materia del turismo è competenza esclusiva delle regioni, su questo aspetto si sono fermati e stoppati diversi tentativi di intervento statale già avviati nel passato. Su ben due delle questioni oggetto proprio di questa delega, ad esempio, quindi sulle professioni e sulla classificazione delle strutture, le regioni in passato hanno sospeso il percorso normativo e preteso di esercitare il loro potere normativo, appunto. Chiedere oggi una delega per intervenire su questi fronti senza assicurare un lavoro di intesa forte e condivisa con gli enti costituzionalmente competenti significa esporre ancora una volta il settore a perdite di tempo e a dannosi stop. Le questioni sono mature, e i professionisti e gli operatori del turismo non possono più attendere; è tempo per quella sussidiarietà orizzontale richiesta per un'unitaria programmazione e promozione dell'offerta turistica italiana. Sussidiarietà che non si impone con una legge delega ma che si costruisce nei luoghi e nelle sedi adeguate, non con riunioni e tavoli un tanto al chilo, come sta facendo il Ministro in carica, ma con scelte e atti conseguenti. Per esempio, sappiamo di un tavolo in corso sul tema della direttiva Bolkestein, ma siamo ancora in attesa del DPCM, previsto nell'ultima legge di bilancio, relativo alla proroga delle concessioni demaniali. Quindi, piuttosto che tavoli, ci aspettiamo scelte e atti concreti.

Veniamo poi ai contenuti così come definiti nel testo uscito dalla Commissione. È nell'articolo 1, ovviamente, che si concentrano oggetto e principi della delega. Un articolo originalmente vuoto e striminzito, che, in una ricorsa al recupero, poi è stato gonfiato, direi fin troppo. Abbiamo iniziato la discussione su criteri banalmente generici e condivisibili, che dicevano tutto e niente, proprio per consegnare in mano al Governo un potere legislativo pieno, libero ed indefinito. Arriva ora in Aula un testo stravolto, che, come dicevo prima, sconfina nella programmazione e rischia di irrigidire un settore che per definizione deve essere flessibile. Mi riferisco in particolare all'emendamento della relatrice che ha introdotto la delega con riferimento alla previsione di nuove disposizioni, quindi nuove ed ulteriori leggi di settore per regolare i settori turistici emergenti. E questi settori sono rigidamente identificati e definiti: turismo sostenibile, turismo sanitario e termale, turismo rurale, ittiturismo, turismo esperienziale e turismo delle radici. Il Parlamento oggi, e il Governo poi, ingabbia e - permettetemi una definizione dialettale - mette le braghe ad un comparto economico, alla libera iniziativa di impresa, al futuro del turismo. Scegliere alcune tipologie, definirle e regolarle significa non comprendere che spesso le offerte turistiche sono il giusto mix di esperienze diverse e che, ad esempio, il turismo esperienziale o sostenibile sono tratti comuni anche all'ittiturismo o al turismo rurale, che nello stesso articolo si definiscono come cose diverse. Ma anche volendo ingabbiare il turismo e le imprese turistiche - non so se gli imprenditori ne siano così contenti -, perché scegliere questi ed escluderne altri? L'elenco della spesa introdotto in questo articolo è un limite, non è un'opportunità, è un approccio rigido che non ha né visione programmatoria né imprenditoriale. A voler pensar male - e ovviamente noi non lo facciamo -, potrebbe sembrare che la maggioranza e il Ministro abbiano svolto il compitino inserendo un contentino a chi hanno incontrato in questi mesi assicurando sostegno. Ma anche fosse così, cosa avrebbero dato a questi settori emergenti? Nuove regole e nuove leggi da rispettare, non un euro di sostegno, non una strada comune da percorrere. Come ho già avuto modo di dichiarare in Commissione, sono convinta che il Piano strategico per lo sviluppo del turismo, di cui si è dotato il nostro Paese per la prima volta nel 2017, sia lo strumento nel quale indicare una strada, cogliere settori emergenti e offrire opportunità. Un conto è regolare, un altro è programmare. Con la stessa approssimazione e parzialità sono state affrontate le modifiche successive, ad esempio dove si introduce il criterio di una semplificazione burocratica specifica per le nuove imprese del turismo.

Ben venga ovviamente qualsiasi semplificazione, ma perché solo per le nuove imprese? O perché diversa da una semplificazione di cui hanno vitale bisogno le imprese che da anni operano e che hanno resistito ad anni di crisi e di difficoltà? Anche tornando agli oggetti originari della delega, non si può non evidenziare come si sia persa l'occasione di porre criteri definiti e stringenti che dessero fin da subito un indirizzo chiaro anche ai professionisti e alle imprese che li attendono. Anche qui, parzialità di visione. Quasi volendo chiudere gli occhi di fronte all'evidenza, le modifiche introdotte sia sul fronte delle professioni del turismo che sul fronte della classificazione delle strutture, si limitano a cogliere il problema dell'abusivismo - serio e concreto, sul quale non c'è assolutamente dubbio sulla condivisione - ma evitano volutamente altre questioni altrettanto importanti. Mi soffermo sulla parte relativa alle professioni. La storia della regolamentazione delle guide turistiche, per esempio, è ormai nota: vi è la necessità di coordinare le nostre norme con le direttive europee - e non vi scelta diversa, fino a che esse sono in vigore -, vi è poi la necessità di garantire chiarezza di accesso alla professione, peraltro bloccata da troppo tempo proprio a causa della mancanza di norme definite che consentano alle regioni di aprire i bandi, e chiarezza in merito all'ambito di esercizio della stessa professione. L'abusivismo, colleghi, si combatte prima di tutto così. Perché allora non cogliere il nostro emendamento, che dava cornice al lavoro del Governo partendo dalla discussione, ormai più che matura, e sancendo princìpi assolutamente condivisibili? Proponevamo il criterio di un'abilitazione unica e valida su tutto il territorio, ulteriori specifici percorsi formativi e abilitazioni definiti dalle regioni, un periodo transitorio che tuteli coloro che già esercitano le professioni e che dovranno vivere il passaggio alla nuova normativa. Negare questi principi significa rinviare ancora la discussione e lasciare nel buio migliaia di professionisti e aspiranti tali. Con un nostro emendamento poi abbiamo chiesto di dedicare una particolare attenzione alla professione delle guide alpine, tenendo conto della specificità legata alla tutela della sicurezza delle persone accompagnate. Ecco negare l'approvazione di questi emendamenti ha il sapore di un “forse ce ne occuperemo, ma lo faremo come ci pare”. La Commissione vedrà i decreti attuativi a cose fatte e darà un parere non vincolante, il nostro compito, di fatto, quindi, si esaurisce con questa delega, che in relazione alle professioni turistiche, a nostro parere, rimane assolutamente una delega in bianco.

Veniamo poi alle strutture ricettive. Anche qui l'innovazione del testo introdotta in Commissione si limita ad introdurre il tema del contrasto all'abusivismo. Anche in questo caso, ribadisco, si coglie un aspetto delicato ed urgente, ma si chiudono gli occhi di fronte alle modalità pratiche con le quali queste condotte abusive si esplicitano, e di fronte anche alle molteplici conseguenze che queste producono, non solo nei confronti dei competitor onesti ma anche del sistema Paese.

Non una parola sul tema dell'evasione fiscale, non una parola sull'attività di intermediazione attraverso le piattaforme web, non una parola sulle locazioni brevi - nel testo iniziale - di immobili privati, che oggi rappresenta il diversivo utilizzato da chi intende svolgere attività ricettiva senza rispettarne le regole. Apprezzo l'approvazione del mio emendamento che mira a definire i criteri in base ai quali l'attività di locazione breve si presume svolta in forma imprenditoriale; non ho molto compreso perché sia stata tolta dal testo che proponevo anche l'indicazione di alcuni criteri per farlo, anche perché questi combaciano in molti casi, per esempio, con i criteri recentemente approvati in consiglio regionale del Veneto, che in molti casi è stato quindi anticipatore di norme nazionali. Mentre dieci città turistiche europee, compresa Venezia, si appellano al Parlamento e alla Commissione europea per far rispettare le norme fiscali ai grandi portali web - nel caso specifico Airbnb -, mentre si calcolano i milioni di euro che l'erario italiano perde dall'esercizio abusivo dell'attività ricettiva e mentre i nostri operatori subiscono concorrenza sleale e le città cambiano faccia svuotandosi di residenti per far posto ai turisti, in Commissione non è stato accolto un emendamento che richiede al Governo uno specifico impegno sul fronte dell'evasione fiscale, in particolare a quella legata alle piattaforme di intermediazione. Non credo che questi temi siano estranei alle materie della delega, e non credo che non possano essere introdotti perché di competenza di altri Ministeri; non si capirebbe altrimenti perché sia stato introdotto l'intervento - opportuno - a tutela dei lavoratori stagionali, di competenza evidente del Ministro del Lavoro. Dedico qualche parola ovviamente anche agli aspetti che condividiamo e che abbiamo apprezzato di questo testo e delle modifiche introdotte.

Abbiamo sostenuto e votato a favore dell'emendamento che introduce tutta la parte relativa al turismo accessibile: siamo convinti anche noi che questa sia una sfida che va colta e che può essere anche driver di ulteriore crescita del settore turistico.

Ci convincono poco l'idea di brand che possano rimanere dei marchi, ma ci interessa molto di più l'effettiva accessibilità delle strutture, fare in modo che questa non diventi qualcosa di scritto sulla carta, ma che sia un'accessibilità che i nostri turisti trovino effettivamente poi recandosi nelle nostre destinazioni turistiche.

Siamo convinti che sia utile il coordinamento tra le politiche regionali sul turismo, evitando quella frammentazione che è sicuramente una fragilità dell'offerta turistica nazionale. Ci convincono molte delle modifiche apportate sul fronte dei dati, della formazione; ed è assolutamente fondamentale che sia stata rafforzata l'intesa, necessaria, con le regioni, introducendo - cosa che prima non era prevista - che appunto i provvedimenti vadano condivisi in Conferenza Stato-regioni.

Al termine di questo lavoro, però, nel complesso, Presidente, rimane l'amaro in bocca: per la consapevolezza delle occasioni perse, per la mancanza di coraggio e determinazione nel risolvere i problemi aperti, per il confuso tentativo di delineare, con lo strumento sbagliato, un futuro per il comparto turistico che finirà invece, ahimè, per ingabbiarlo. Confidiamo che i giorni che mancano al voto del provvedimento ed il successivo lavoro qui in Aula consentano di migliorare il testo, di cogliere alcune sollecitazioni che anche oggi abbiamo messo sul tavolo della relatrice e del Governo. Rispettiamo questo Parlamento, il ruolo che gli è affidato, le competenze di cui dispone; rispettiamo la discussione che si aprirà nei prossimi giorni, e ci riserviamo di maturare la nostra posizione sul testo finale, anche alla luce del lavoro che - sono convinta - sapremo fare insieme all'interno di quest'Aula