A.C. 3258-A ed abbinate
Grazie, Presidente. Questa situazione in cui viviamo – la situazione politica, anche un po’ convulsa, che si riflette anche in quest'Aula – forse ci fa sfuggire un dato, che, però, il dibattito di questo pomeriggio credo abbia puntualizzato di nuovo, cioè l'importanza dell'argomento che stiamo affrontando, al di là della specificità di settore del testo che abbiamo esaminato. È la prima volta in assoluto – credo – che quest'Aula tratta in maniera compiuta – è la prima volta, ma penso non sarà l'ultima – i temi dell'economia di condivisione. Lo facciamo, come è già stato detto, relativamente a una costola dell'economia di condivisione, che è la ristorazione in abitazione privata. Parto subito dicendo che l'economia di condivisione, che si sviluppa chiaramente attraverso Internet e attraverso i sistemi di piattaforme multimediali che permettono alle persone di interconnettersi, sta modificando in larga parte la struttura economica classica; sta sostituendo al duopolio classico «fornitore-impresa/consumatore-cliente» una multilateralità, una trilateralità, cioè la possibilità di triangolazioni tra quelli che sono i consumatori-clienti, che possono a loro volta, avendo beni o servizi da offrire, diventare fornitori di questa loro capacità, in un rapporto – è già stato detto – che si configura anche fra pari, non esattamente come attività di impresa, non come volontariato, ma come attività economiche accessorie, in un rapporto – lo ripeto – tra pari, che a volte prelude anche alla nascita di più strutturate attività di impresa.
È stato detto: ma perché ? Per quali motivi ? Che dimensione ha questo fenomeno ? Guardate, in Europa l'economia della condivisione si stima aver avuto, nel 2015, un fatturato di 28 miliardi ed è in rapido aumento, in aumento molto sensibile. L'Università del Sacro Cuore di Milano, in uno studio recente, ha detto che in Italia ci sono 250 piattaforme di condivisione attive in questi settori e il 13 per cento degli italiani usano beni e servizi attraverso queste strutture, soprattutto nei settori della mobilità, della residenza e dello scambio. Non voglio tornare a ripetere ciò che ho detto prima in dibattito, ma i nomi di Airbnb, di Booking, di Uber sono nomi che ormai sono nel nostro immaginario e nella nostra conoscenza. È per questo che la Commissione europea, pur essendo tanti aspetti di questo fenomeno materia degli Stati nazionali, l'anno scorso ha licenziato delle linee guida, un'agenda per l'economia di collaborazione sotto forma di comunicazione (la comunicazione n. 356 del 2016). Si tratta di una comunicazione importante, che è stata tenuta in molta considerazione anche nel lavoro approfondito e proficuo della X Commissione, a cui hanno contribuito tutti i gruppi parlamentari presenti nella Commissione.
Dicevo prima che questa è la prima occasione, ma non sarà l'ultima. Come è già stato indicato da alcuni oratori che mi hanno preceduto e come è stato chiarito nel dibattito, abbiamo un testo organico sull'economia di condivisione, che affronta in maniera omogenea i problemi della fiscalità specifica, della tutela del consumatore e della sicurezza. È chiaro che è un testo che ha un iter più lungo, più travagliato, più pesante di discussione.
Questa legge di settore, che, come diceva la collega che mi ha preceduto, deriva da una proposta dell'opposizione, ma che noi abbiamo ritenuto, assieme a loro, di portare in dibattito, definisce, invece, una costola specifica di questa economia, quella che è la ristorazione in abitazione privata. Lo fa tenendo conto del testo complessivo e coerente che è in discussione, quindi raccordandosi con esso, definendo sostanzialmente, per una prima fase, le attività di ristorazione in abitazione privata svolte in maniera non occasionale e non professionale, fra pari, come dicevo prima, quindi non a livello di attività commerciale o di impresa.
Proprio a questo segmento, al rapporto fra pari, a chi, come diceva la collega Ricciatti, dà un'interpretazione di questo tipo, forse anche un po’ romantica, a questo tipo di attività si applicano le misure e i requisiti che noi abbiamo messo in questa legge. Si tratta di misure e requisiti che sono necessari ma proporzionati, come anche la Commissione europea richiede, per due sostanziali obiettivi. Il primo è tutelare – sì, tutelare – la concorrenza e gli utenti che si avvalgono di questo servizio, metterli in condizione di fruire di un servizio di sicurezza. Il secondo è evitare – anche in questo caso dobbiamo essere chiari – comportamenti scorretti e attività di impresa mascherate per evitare gli obblighi di legge e la fiscalità connessa. Per questo sono state definite delle soglie – anche in questo caso è questionabile – entro cui questo fenomeno può essere considerato un'attività fra pari (i famosi 500 pasti annui e i 5 mila euro di proventi) e, in quel settore, sono stati definiti un minimo di requisiti che l'attività deve possedere per essere condotta in sicurezza e nel rispetto della salute e delle persone che vi aderiscono: i compensi per via elettronica, attraverso le piattaforme – sì, di sicuro –, perché questa è un'attività che si svolge attraverso Internet; la qualità dei locali nei quale si svolge l'attività (noi richiediamo che i locali abbiano, quanto meno, l'abitabilità e non siano delle realtà non accessibili); polizze per danni a coloro che possono partecipare, per coprire eventuali incidenti e quant'altro; la qualità dei prodotti; naturalmente la comunicazione alle autorità di questi accadimenti. Si prevede anche, con decreti ministeriali, la definizione della qualità delle procedure che si vanno a utilizzare per la preparazione del cibo e quant'altro, sapendo che non siamo nella fattispecie di pubblici esercizi, ma non siamo nemmeno nella cena fra amici, perché raccogliamo persone fra loro sconosciute.
In questo, signor Presidente, acquisisce un ruolo importante e fondamentale, come lo è per questo tipo di economia, la piattaforma tecnologica, la piattaforma su Internet. Si tratta di un ruolo di intermediazione, come veniva detto, ma anche di pubblicizzazione dell'offerta, di informazione sull'accadimento, sull'evento enogastronomico, di stoccaggio dei dati e di comunicazione dei servizi resi. Vorrei dire che questo ruolo non appesantisce l'attività della piattaforma – questo lo abbiamo visto e l'abbiamo sentito in colloqui diretti con le persone c che operano nel settore –, ma ne esalta la centralità e aiuta la crescita, nella sicurezza, di questo settore. Mi avvio, quindi, a conclusione, ritenendo che il lavoro fatto sia un punto di equilibrio accettabile rispetto alla contemperazione di queste due esigenze che prima richiamavo. Voglio solo rispondere a una domanda, che è la domanda che ci siamo posti sin dall'inizio: intervenire in questo settore ? Intervenire sì, intervenire no e intervenire perché ? Ho già detto che noi, come Commissione, abbiamo incardinato entrambi i provvedimenti, questo sugli home restaurant e quello sulla sharing economy. Lo abbiamo fatto perché riteniamo che non sia più eludibile il tema di una trattazione organica di questo settore. Lo facciamo e portiamo, in questa fattispecie, in Aula questo provvedimento perché riteniamo che sia importante definire i limiti, in questo caso, entro i quali un'attività fra pari si possa svolgere in sicurezza e non come attività commerciale, perché l'alternativa, concludo Presidente, non sarebbe stato non fare; sarebbe stato fare senza nessuna regola. Allora noi crediamo – e concludo veramente – che non ci sia nulla di peggio che combattere il progresso o ignorarlo, perché il progresso alla fine ti travolge. Provando a governare e ad accompagnare i processi forse otterremo un risultato utile per tutti i consumatori, le imprese e l'economia del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).