Relatrice
Presidente, colleghi deputati, la relazione che stiamo discutendo, approvata in Commissione all'unanimità, ha caratteristiche un po' diverse dalle altre che sono giunte in quest'Aula. Infatti, non analizziamo oggi alcuni comparti produttivi, non esaminiamo distretti o le dinamiche che il fenomeno della contraffazione ha generato, ma consegniamo all'attenzione della Camera dei deputati e di tutti coloro che osservano, studiano, combattono la contraffazione una lettura trasversale ed una evidenza, sulla quale - ci auguriamo - si possa accrescere consapevolezza, attenzione, azione di contrasto. La relazione analizza, infatti, il rapporto esistente fra questo fenomeno - quello della contraffazione -, la sua filiera e la criminalità organizzata.
In questi anni di attività della Commissione d'inchiesta abbiamo prodotto un quadro di informazioni piuttosto chiaro circa le tendenze in atto, le previsioni confezionate da istituti ed esperti. Alcune di queste tendenze oramai sono evidenti, in particolare: la sua crescita esponenziale; un quadro normativo internazionale non omogeneo; una grande capacità dell'impresa contraffazione - la definisco, forse impropriamente, così - di riorganizzarsi con straordinaria flessibilità, a seconda anche dell'innovazione delle norme e delle attività di contrasto; e, ancora, l'intreccio diffuso con lavoro nero, inquinamento ambientale. Tutti questi aspetti rappresentano un humus straordinario, in cui l'intreccio fra la contraffazione e le varie forme di criminalità organizzata si è alimentato, come emerso da importanti indagini svolte nel nostro Paese e in contesti internazionale.
Abbiamo svolto molte audizioni, ascoltato testimonianze di autorevoli esponenti delle forze dell'ordine più impegnate nell'attività di contrasto, abbiamo audito figure istituzionali, osservatori internazionali, locali, nazionali - voglio ricordare la Fondazione Caponnetto, l'Osservatorio Placido Rizzotto, il Rapporto sulle agro-mafie - e tutti questi soggetti ci hanno informato circa episodi di intreccio con camorra, 'ndrangheta, Cosa Nostra e anche, purtroppo, con dinamiche di finanziamento di forme di terrorismo internazionale. Singoli episodi e riferimenti erano già emersi dalle precedenti relazioni della Commissione ed è anche per queste ragioni che il presidente, che ringrazio, e l'ufficio di presidenza della Commissione hanno valutato di intraprendere questo approfondimento.
Come vi dicevo, sono stati molti i soggetti che abbiamo ascoltato e non mi soffermo, perché troverete poi nel testo della relazione, con dovizia di dettaglio, molte informazioni; voglio però ricordare che uno dei metodi che sempre la Commissione si è data nell'esame del fenomeno è stato la volontà di provare ad analizzare e comprendere tutta la filiera della contraffazione. Fare questo, soprattutto ascoltando procure, addetti ai lavori, ci ha consentito di comprendere che esiste una capillare organizzazione nei vari livelli, dalla produzione al controllo degli arrivi nei porti - penso al nord Europa, ma penso anche a Gioia Tauro, Napoli - ai controlli dei mercati rionali o alla imposizione di prodotti contraffatti ai commercianti, fino a giungere alla rete e alla circolazione della contraffazione on line, come abbiamo già avuto modo di discutere con la relazione del collega Baruffi.
Troverete moltissimo materiale nella relazione. Si tratta dei materiali frutto delle indagini di Guardia di finanza, Carabinieri, che ancora una volta voglio ringraziare per lo straordinario lavoro che stanno facendo; molte informazioni le abbiamo ottenute durante la missione che abbiamo svolto a Napoli, nel maggio di quest'anno; le audizioni delle procure, la relazione della Direzione nazionale antimafia, lo stesso Ministro Orlando.
Più volte abbiamo ripetuto in quest'Aula i numeri che indicano la dimensione del fenomeno, ne riprendo però alcuni che ci aiutano a comprendere perché la criminalità organizzata sceglie di investire nella contraffazione. Secondo OCSE e WIPO, l'Ufficio per la proprietà intellettuale dell'Unione europea, il 2,5 degli scambi mondiali è costituito da beni contraffatti, per un valore corrispondente a 338 miliardi di euro, una cifra che più o meno si avvicina al PIL dell'Austria. Le importazioni di merci contraffatte in Europa riguardano il 5 per cento del totale delle importazioni, per un valore pari a 85 miliardi di Euro, l'Italia dopo gli Stati Uniti è il Paese più interessato al fenomeno. Solo questi dati, presi senza il contesto che li accompagna, ci rappresentano una delle ragioni per cui c'è questa connessione così forte: le merci contraffatte provengono per lo più dalla Cina, Hong Kong e poi altri Paesi asiatici, ma non soltanto; importanti porti, come il Pireo, che oggi è controllato da società cinesi, diventano una delle porte di accesso per i prodotti contraffatti in Europa.
Nella relazione troverete tabelle e statistiche che consentiranno ai colleghi di approfondire, di farsi la propria idea sulla movimentazione delle merci, sulla dimensione affaristica di questo fenomeno. Sappiamo che oramai quasi tutta la sfera delle produzioni commerciali è interessata dalla contraffazione e che le stime globali ci parlano di una tendenza all'aumento della gamma delle produzioni contraffatte: non c'è quasi più niente che non si può manipolare.
Abbiamo dedicato, in questa relazione, un po' di spazio anche agli effetti dannosi della contraffazione, che vanno oltre quelli, già noti, all'economia, alle imprese che lavorano correttamente. Mi riferisco ai danni sulla salute - i prodotti contraffatti spesso utilizzano materiali di scarsa qualità, coloranti e altri materiali nocivi -, al lavoro - numerosissime le casistiche di sfruttamento e condizioni di assoluta mancanza di sicurezza e salute -, all'ambiente, come emerso da gravi fenomeni di inquinamento ambientale, spesso legati allo smaltimento illegale di rifiuti, allo smaltimento e spesso al rogo di scarti di lavorazione. Poi c'è il tema del danno allo Stato, non solo per il vasto fenomeno di evasione fiscale, ma anche per il contributo al degrado di intere aree urbane, e un incremento dei profitti delle organizzazioni criminali, cui si connettono spesso il riciclaggio e il reimpiego di proventi illeciti.
Sempre approfondendo sulle ragioni di questo investimento della criminalità organizzata nell'affare contraffazione, va ricordato che tutte le indagini svolte ci confermano una crescita delle reti strutturate del commercio internazionale, una crescente difficoltà nello svolgimento di controlli nelle sedi doganali, un quadro di norme penali in sede internazionale non sufficientemente coordinato e non sempre considerato una priorità rispetto ad altre emergenze criminali. Guardia di finanza, Carabinieri, Europol, la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo ci hanno confermato che è possibile affermare che nell'ultimo decennio si è assistito ad un aumento dell'interesse della criminalità organizzata nazionale e straniera nel traffico di prodotti contraffatti, che il fenomeno della contraffazione ha assunto nel tempo le sembianze e le peculiarità di un'impresa altamente organizzata, con un mercato di riferimento internazionale e con una rete produttiva e distributiva transnazionale, ed ancora che le organizzazioni criminali applicano alla contraffazione collaudate tecniche adoperate negli altri settori delle attività criminali e hanno realizzato una rete di vendita organizzata secondo un vero e proprio modello di marketing aziendale, volto a garantire la diffusione e il successo del commercio illegale, parallelo e sommerso, con una grande capacità di dispersione geografica nelle fasi della filiera. Queste sono le parole della Direzioni antimafia.
Ed ancora, come opera questa attività: spesso con la sovrapproduzione all'interno delle stesse aziende in cui si producono gli originali o in altri laboratori, utilizzando gli stessi lavoratori, o assemblando componenti contraffatte, diversificando la fase di lavorazione fra diversi Paesi, al fine di trasportare merci, pezzi di merci, prive di riscontri formali di illegalità, oppure infilandosi nel contoterzismo.
Le merci contraffatte provenienti dall'area europeo arrivano via terra, quelle di provenienza asiatica attraverso porti e aeroporti, ma c'è una grande capacità di cambiare gli itinerari gestiti a seconda dell'intensità dei controlli esercitati. Anche i canali di distribuzione sono diversificati: negozi al dettaglio, vendita ambulante, i mercati o le fiere campionarie, il circuito del commercio elettronico, e, ancora, la DNA evidenzia come in aree sotto il controllo di compagini mafiose sia stata imposta la vendita di merce contraffatta ad esercizi commerciali regolari al posto del pizzo. Come ha confermato il Ministro Orlando durante la sua audizione, la scelta di alcune associazioni criminali di tipo mafioso, soprattutto appartenenti ad alcune storiche famiglie criminali di camorra, di investire nel settore della contraffazione costituisce un dato accertato, accertato in numerosi processi celebrati in Italia e anche in contesti internazionali ed è sostanzialmente dovuta al basso rischio penale a cui vanno incontro gli associati; quindi, alti introiti e bassi rischi.
Così incontriamo importanti famiglie camorristiche, mafiose, cosche, la criminalità cinese, ma troviamo purtroppo anche riscontri pesanti sul finanziamento al terrorismo internazionale: l'operazione “Tuareg”, nel 2006, Guardia di finanza, Milano; Rapporto Europol 2015 e dossier redatti nel 2016 unitamente a Interpol, Europol e forze di polizia francesi, che parlano di un filo molto chiaro che tiene assieme l'attività illecita svolta da ambienti dell'estremismo islamico in traffici di scarpe contraffatte e il finanziamento agli attentati del 2015 a Parigi.
Allora, prima di giungere alle considerazioni conclusive, che la Commissione ha ritenuto di consegnare a Parlamento e Governo alla luce del lavoro svolto e illustrato, consentitemi di fermarmi un attimo su quei dati, prodotti dall'indagine del Censis di alcuni anni fa, quei dati che fotografavano un consumatore italiano, soprattutto se giovane, indifferente al fenomeno della contraffazione. Quel consumatore, consapevole di acquistare una griffe falsa: che sia griffe, anche se è falsa! Ecco io spero che questo lavoro, oltre a farci riflettere tutti sulle azioni utili da compiere per migliorare l'attività di contrasto, possa contribuire a fare capire meglio cosa c'è dietro una cintura, una borsa, una maglietta o un orologio, perché c'è tutto questo che abbiamo cercato di raccontare nella relazione. C'è sfruttamento, c'è inquinamento, c'è illegalità, c'è violenza e, purtroppo, c'è anche terrorismo, come abbiamo potuto vedere.
La relazione si conclude con alcune valutazioni e indicazioni di lavoro. Io non ve le leggo e le richiamo soltanto per sommi capi. La penetrazione c'è della criminalità organizzata in queste attività ed è forte. Questo significa che serve un forte impegno comune per contrastarla. Alti profili, bassi rischi: questa è la ragione prima per cui c'è questa penetrazione. È possibile che questa grande organizzazione porti a un'ulteriore crescita del fenomeno di contraffazione.
Ci sono effetti negativi trasversali, come abbiamo cercato di raccontare, sulla salute sull'ambiente e sul lavoro. Occorre un salto di qualità nelle politiche di contrasto a livello europeo traslazionale. Non basta la sola azione del nostro Paese. Occorre un più forte coordinamento interministeriale. Occorre un linguaggio comune delle forze di polizia e delle magistrature di tutta Europa. Occorre una più forte politica europea nelle aree doganali, perché più di una volta noi ci siamo confrontati con una sorta di dicotomia, tra le politiche del sostegno alla crescita dei traffici commerciali e le politiche necessarie dei controlli doganali. E occorre sicuramente un'ulteriore specializzazione delle forze già attive, che già ci consentono buoni risultati nell'azione di contrasto.
Queste le considerazioni che consegniamo oggi al Parlamento. Ringrazio ancora una volta gli uffici per il contributo che hanno dato alla Commissione nello svolgimento del lavoro di questi mesi.