Discussione generale
Data: 
Mercoledì, 17 Gennaio, 2018
Nome: 
Andrea Manciulli

Doc. XVI, n. 5

Relatore per la III Commissione

Illustre Presidente, onorevoli colleghi e illustre rappresentanti del Governo, l'Aula della Camera si appresta a deliberare per la terza volta in tema di missioni internazionali da quando è entrata in vigore la legge n. 145 del 2016, nota come legge quadro sulle missioni internazionali.

Rivendico con orgoglio il risultato conseguito grazie a questo nuovo strumento di riordino normativo che permette di contemperare il doveroso carattere democratico della dinamica decisionale su una materia tanto delicata anche sul piano dell'impatto finanziario, alla necessaria celerità del relativo processo decisionale, nel superiore interesse alla tutela della pace, nonché della vita e dell'integrità degli uomini e delle donne, militari e civili, impegnati sul terreno nei numerosi teatri operativi.

Sul piano del metodo sono orgoglioso anche della decisione assunta dalla Conferenza dei capigruppo lo scorso 9 gennaio che ha deciso di affidare al plenum dell'Aula una deliberazione dovuta, necessaria e urgente (in passato costituiva infatti materia di decreti legge) e assai delicata per la sicurezza dei connazionali impegnati all'estero, tanto più in regime di prorogatio.

L'anno appena trascorso è stato particolarmente intenso per l'Italia e la sua azione nelle missioni internazionali, negli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e stabilizzazione.

Pur rimanendo tale impegno in linea di continuità con gli anni precedenti, il 2017 è stato un anno denso di appuntamenti importanti, come la Presidenza italiana del G7, il mandato in Consiglio di Sicurezza, il nostro ruolo per la sicurezza del Mediterraneo, che hanno posto il nostro Paese al centro di un'agenda globale e ne hanno valorizzato la vocazione multilaterale.

Abbiamo operato in una situazione internazionale scossa da cambiamenti di portata epocale che stanno riscrivendo gli assetti economici, sociali e demografici in prossimità dei confini nazionali, i cui effetti ricadono direttamente sul nostro Paese.

L'impegno internazionale che il nostro Paese profonde ricorrendo allo strumento delle missioni militari e degli interventi di natura civile negli scenari di crisi costituisce la necessaria risposta a persistenti minacce di carattere transnazionale ed asimmetrico - il terrorismo, la radicalizzazione, l'insicurezza cibernetica, i traffici illeciti - e a fenomeni di instabilità potenzialmente pericolosi per la pace e la sicurezza della regione euro-mediterranea.

Tale impegno si fonda su un approccio onnicomprensivo alle crisi, proprio dell'Unione europea e pienamente condiviso dall'Italia, che correla l'intervento di carattere militare ad iniziative civili tese alla protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, all'investimento nell'istruzione e nella cultura, alla protezione e attenzione alle donne, ai giovani e alle minoranze.

Anche alla luce delle missioni e degli interventi autorizzati e in corso di svolgimento nel 2017, la presidenza italiana del G7, il mandato in Consiglio di Sicurezza dell'ONU e l'impegno per la stabilità del Mediterraneo hanno confermato la vocazione multilaterale della politica estera e di difesa dell'Italia, il convinto sostegno al processo di integrazione europea e al legame transatlantico, l'impegno per la difesa dei diritti umani, nel solco di quella vocazione mediterranea che guida tradizionalmente l'azione internazionale del nostro Paese.

Il Mediterraneo è stato parte essenziale della nostra Presidenza del G7 e del mandato in Consiglio di Sicurezza, oltre che della nostra azione nell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e nella NATO, facendo sì che tali organizzazioni perseguissero l'impegno comune nella lotta contro il terrorismo e per una condivisione più equa e responsabile delle conseguenze del fenomeno migratorio, come pure di tutte quelle altre sfide (come tragedie umanitarie e odio settario) che contribuiscono a rendere l'area del Mediterraneo allargato uno degli epicentri del disordine globale.

Il collasso della Libia, i flussi migratori dall'Africa, i massicci arrivi di rifugiati dalla Siria, la diffusione di Daesh dalla Tunisia all'Iraq, sono stati shock di cui pochi, in Europa, hanno immediatamente compreso le dimensioni. Si è nutrita a lungo l'illusione che il destino dell'Europa fosse separato da queste sfide e dal futuro del Mediterraneo.

L'Italia prosegue, quindi, anche nel 2018 la propria convinta e solida collaborazione in sede UE e NATO ed in piena conformità con il diritto internazionale per proiettare stabilità al di là dei propri confini grazie agli strumenti del dialogo politico, dell'assistenza alle istituzioni militari e civili di Stati fragili e della prevenzione delle crisi, rafforzando partenariati ed attività di sicurezza cooperativa nel segno della difesa europea e dell'Alleanza Atlantica quali dimensioni complementari nella tutela della pace e della sicurezza internazionali e regionali.

L'Unione europea ha lanciato un programma ambizioso sul rafforzamento della difesa e sicurezza europea. In tale contesto, sono state avviate iniziative con l'obiettivo di creare uno stimolo politico e un'architettura istituzionale volte al raggiungimento di tale scopo. Il lavoro si è concentrato lungo tre direttrici: potenziare lo sviluppo e le sinergie di capacità militari e civili, creare degli incentivi a forme di cooperazione intensificata mettendo a fattor comune le risorse degli Stati membri, rafforzare ed incentivare la base industriale e tecnologica de11a difesa europea.

Negli ultimi mesi del 2017 abbiamo raggiunto risultati incoraggianti, gettando le basi della futura difesa europea attraverso la notifica e l'imminente lancio della cooperazione strutturata permanente (PESCO) e istituendo il primo centro di comando unico per le missioni militari di formazione e consultive dell'Unione europea (Military Planning and Conduct Capability).

Si tratta di progressi importanti ma che consideriamo solo punti di partenza verso obiettivi più ambiziosi. In corrispondenza di tale avanzamento, occorre richiamare anche l'impegno del nostro Paese al consolidamento alla dimensione della PSDC civile.

Nelle 10 missioni operative in tale dimensione, l'Italia partecipa con circa una quarantina di esperti (variabili nel corso dell'anno) e intende mantenere tale livello di partecipazione anche per il 2018, con eventuali aggiustamenti nella distribuzione geografica degli esperti. Questo profilo non implica un ridimensionamento del ruolo della NATO o della posizione dell'Italia all'interno dell'Alleanza atlantica.

Al contrario, la NATO rimane il caposaldo del nostro sistema di sicurezza che - dalla fine della seconda Guerra Mondiale - ha contribuito a sessant'anni di pace in Europa e a un periodo di pace e prosperità senza precedenti. La centralità del legame transatlantico e il nostro sostegno all'Alleanza sono, oggi come ieri, fuori discussione. Riteniamo però necessario che l'Alleanza abbandoni le logiche da Guerra Fredda, ricalibrando le proprie priorità e risorse, adattandosi alla nuova realtà dei rapporti internazionali e alle nuove sfide, la maggior parte delle quali legata a minacce non più solo convenzionali, ma soprattutto asimmetriche, con attori non statuali e complessi traffici illeciti.

Riteniamo che solo ‘‘proiettando stabilità" oltre i propri confini attraverso dialogo politico e assistenza alle istituzioni (militari e civili) di stati fragili, solo rafforzando i partenariati e le attività di sicurezza cooperativa - in complementarietà con l'azione dell'Unione europea - la NATO potrà assolvere alla sua funzione storica di stabilizzazione. Le missioni da prorogare e le nuove missioni che il Governo intende avviare nel 2018 trovano, peraltro, fondamento nell'attuale quadro politico-militare, che si conferma complesso, in rapida e costante evoluzione, instabile e caratterizzato da un deterioramento complessivo delle condizioni di sicurezza.

Per quanto attiene alle nuove missioni, esse si concentrano in un'area geografica – l'Africa e nello specifico il Sahel – che riveste interesse strategico prioritario per la sicurezza dell'Italia, che, oltre a dover gestire i flussi migratori provenienti da tale continente, deve affrontare il rischio che un rallentamento del processo di pacificazione e di consolidamento delle istituzioni politiche della Libia sfoci in un nuovo fattore di minaccia per i propri interessi nazionali e per la sicurezza del bacino del Mar Mediterraneo.

Nella regione del Sahel molti Paesi continuano ad incontrare difficoltà nel controllo dei rispettivi territori e frontiere e si trovano a far fronte con una minaccia terroristica che si salda con traffici criminali e disagio sociale ed economico di ampie fasce di popolazione.

Persiste la minaccia di Boko Haram nella regione del lago Ciad, malgrado il maggior coordinamento tra i Paesi impegnati nel suo contrasto. La situazione nel Mali resta precaria, nel nord e nel sud del Paese e nella stessa capitale, oggetto di attentati. L'instabilità del Mali si riverbera anche sui Paesi confinanti.

Nel Corno d'Africa la minaccia di al Shabab rimane sempre molto alta e impedisce un avvio più deciso di una ripresa in Somalia. La situazione in Sud Sudan resta drammatica e preoccupano le tensioni esistenti tra l'Eritrea e i Paesi confinanti, come la diatriba tra Egitto ed Etiopia a causa della diga che quest'ultima sta costruendo sul Nilo In tale contesto, l'operato delle missioni civili UE in ambito PSDC ha rivestito un ruolo di rilievo.

Il rafforzamento della nostra presenza nelle operazioni già attive in tale teatro - EUCAP Niger, EUCAP Mali, EUTM Mali - cui va aggiunto anche il comando della Cellula di Coordinamento Regionale delle tre missioni stesse, testimoniano la rilevanza che il nostro Paese attribuisce alla pace e la stabilità in questo quadrante.

Il 2017 e il 2018 si connotano come gli anni del rilancio dell'impegno dell'Italia per l'Africa, inaugurato con l'istituzione del Fondo Africa. I dati sui risultati del nostro impegno in Africa sono stati efficacemente riferiti dal Ministro Alfano alle Commissioni riunite esteri e difesa nelle comunicazioni rese lunedì 15 gennaio: abbiamo aumentato la nostra presenza diplomatica nel continente africano, riattivando le ambasciate in Libia e aprendo nuove ambasciate in Niger, Guinea e Burkina Faso; abbiamo incrementato gli aiuti di cooperazione all'Africa, dai 140 milioni di euro del 2016 ai 180 milioni nel 2017.

Al Niger sono stati destinati 50 milioni di euro per il rafforzamento del controllo delle frontiere con la Libia - ottenendo un abbattimento dei flussi migratori dai 70.000 del maggio 2016 ai 4.000 del luglio 2017 -,15 milioni per contribuire ai programmi dell'Oim (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) di rimpatrio volontario e 31 milioni di euro per migliorare le condizioni delle popolazioni locali.

Nel valutare questo impegno teniamo conto che da qui al 2050 in Africa la popolazione giovanile raddoppierà, da circa 230 milioni ad oltre 450 milioni. Per tanti Paesi africani è essenziale che alla crescita demografica corrispondano adeguati sbocchi occupazionali. E l'istruzione e la cultura restano i nostri migliori alleati per sostenere lo sviluppo e contenere i flussi migratori. Essenziale è dunque la presenza e il nostro impegno sul terreno civile, che non inizia certo oggi ma è risalente. L'Africa è la nostra profondità strategica. Non in molti sanno che nel 2016 siamo stati il terzo Paese nella quota di investimenti privati, dopo Cina ed Emirati.

Per quanto riguarda la Cooperazione italiana, essa è ormai sempre più strumento indispensabile della politica estera italiana. Terrorismo globale, conflitti etnico-religiosi, flussi migratori spesso disordinati e massicci sono le problematiche con le quali il nostro Paese deve confrontarsi, anche per i profili di sicurezza - interna ed internazionale - che esse rivestono.

L'azione della cooperazione allo sviluppo si inquadra nel mutato contesto internazionale, imperniato sull'attuazione dell'Agenda 2030 e sul raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, e in un contesto nazionale rinnovato dalla Legge 125/2014 di riforma della cooperazione allo sviluppo.

Gli interventi previsti in Africa si concentrano su attività utili a incrementare la sicurezza e la stabilità internazionali (costruzione di capacità, capacity building) a favore di Paesi impegnati nella lotta al terrorismo e ai traffici illegali internazionali. A parte questo, viene confermato il contributo nazionale all'attività di polizia aerea (air policing) della NATO sullo spazio aereo europeo dell'Alleanza.

La riorganizzazione degli impieghi italiani nella nuova missione militare su base bilaterale in Libia ha l'obiettivo di rendere l'azione italiana di assistenza e supporto del Governo nazionale libico più incisiva ed efficace.

L'ulteriore nuova linea di impegno militare dell'Italia, rivolta al Niger, avviene nel contesto di un complessivo innalzamento di livello delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi, legati tra loro da una solida alleanza di tipo strategico corroborata da un impegno di lungo corso nella regione saheliana e nello stesso Niger attraverso gli strumenti della cooperazione allo sviluppo, anche grazie alle risorse stanziate con il cosiddetto Fondo Africa, nell'obiettivo di promuovere il controllo del territorio ed il contrasto dei traffici illeciti, a partire da quello di essere umani.

L'impegno italiano in Libia e Niger è intimamente connesso sul piano strategico alla fondamentale azione a tutela dei diritti umani della popolazione civile, di migranti e di profughi esercitata dalle organizzazioni internazionali presenti, nello specifico l'OIM e l'UNHCR, che l'Italia sostiene convintamente.

Non occorre ricordare ai colleghi delle Commissioni Affari esteri e Difesa che da tempo in quell'area operano gruppi terroristici jihadisti come Al-Quaeda nel Maghreb arabo (AQIM) e Al-Morabitun che traggono nuovi fondamentali canali di finanziamento grazie al traffico di migranti: le missioni in Libia ed in Niger sono quindi strategicamente rivolto a recidere questo tipo di legame tra cellule terroristiche ed economia criminale.

L'Italia può inoltre vantare un bagaglio interessante in termini di politica africana anche grazie all'azione di prestigiosi attori della società civile, particolarmente impegnati per lo sviluppo e la stabilizzazione dell'Africa

L'interesse italiano per l'Africa deriva da ragioni prima di tutto di prossimità geografica e si è col tempo accresciuto nella consapevolezza che le principali sfide attuali e future tendano a cristallizzarsi lungo la parte settentrionale e centrale del continente.

In un quadro regionale estremamente complesso, gli accordi bilaterali e i consessi internazionali nei quali il Governo Gentiloni ha recentemente consolidato le relazioni con i paesi del Nord Africa e del Sahel evidenziano la consapevolezza italiana del nesso tra sviluppo e sicurezza, che funge da matrice nelle attività di contrasto dei traffici illeciti e dei flussi migratori irregolari che transitano dal Sahel, e dal Niger in particolare, per raggiungere la Libia e quindi le coste italiane. È in questo scenario di fragilità, depressione dell'economia legale e di precarie condizioni di sicurezza che l'Italia non cessa di apportare il proprio contributo di pace e sicurezza.

La deliberazione del Consiglio dei ministri del 28 dicembre 2017 contribuisce altresì a valorizzare le linee programmatiche della Presidenza di turno dell'Italia per il 2018 dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), secondo il motto “Dialogue, Ownership, Responsability” e nel segno del rilancio dello spirito di Helsinki per la promozione del dialogo con la Russia;

In questo quadro il nostro Paese affronta come principale banco di prova la ricerca di una soluzione alla crisi ucraina, che non può che essere basata sulla ricostruzione di condizioni di fiducia tra le Parti, sugli sforzi negoziali nel quadro del Formato Normandia e del Gruppo Trilaterale di Contatto nell'obiettivo della piena attuazione degli Accordi di Minsk. In tale ottica è essenziale garantire la sicurezza degli osservatori e degli operatori umanitari – anche grazie a risorse adeguate, certe e prevedibili - i quali devono essere messi in condizione di svolgere il proprio mandato e le proprie funzioni con il minor rischio possibile;

Anche in tale prospettiva si colloca l'impegno dell'Italia nel quadro delle missioni NATO finalizzate a rafforzare le condizioni di sicurezza sui versanti orientale e meridionale dell'Alleanza in chiave difensiva, preventiva e in modo coordinato con l'impegno politico-diplomatico, profuso soprattutto in sede UE ed OSCE, per la soluzione delle ulteriori crisi in Transnistria, in Georgia, in Nagorno-Karabakh, in Medioriente e nel Mediterraneo allargato.

Mi preme soprattutto ribadire il concetto dell'indivisibilità della sicurezza euro-mediterranea e della natura globale e non regionale delle questioni che insistono su tale area: buona parte della sicurezza e della prosperità mondiali dipendono dalle dinamiche mediterranee.

Da ciò deriva l'esigenza di costruire un nuovo partenariato euro-mediterraneo basato su più dialogo politico, responsabilità condivisa e solidarietà diffusa, su più concrete collaborazioni a livello di sicurezza, per il controllo delle rotte migratorie, anche alla luce del rischio del possibile rientro in Europa dei Foreign Fighters dall'area siro-irachena, nonché su più investimenti in cultura, per prevenire fanatismo, estremismo violento e terrorismo;

Alla luce di tali riflessioni, rilevo che la deliberazione del 28 dicembre scorso, che in attuazione della legge n. 145 del 2016 realizza l'obiettivo di distinguere tra missioni in corso, da prorogare e da deliberare ex novo, permette di registrare un considerevole progresso sul terreno dello sforzo informativo da parte delle Amministrazioni coinvolte nella stesura delle schede concernenti le missioni, insieme al quadro degli interventi di cooperazione allo sviluppo per il sostegno ai processi di pace e di stabilizzazione.

Appaiono innovativi e di particolare interesse i contenuti che emergono sull'andamento delle missioni, corredati da valutazioni sui risultati allo stato conseguiti e da importanti aggiornamenti, anche assai dettagliati, sul terreno delle operazioni svolte o dell'ampliamento in taluni casi delle basi giuridiche, come pure sulle percentuali di coinvolgimento delle donne nei teatri operativi, in adempimento del dettato della legge n. 145 del 2016 e in attuazione della risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU n. 1325 del 2000 e delle successive risoluzioni, nonché dei piani d'azione nazionale su donne pace e sicurezza.

Emerge, d'altra parte, l'esigenza che un ulteriore sforzo di approfondimento informativo possa in futuro caratterizzare in termini di maggiore leggibilità le schede concernenti gli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, ad oggi aggregati per tipologie e per estese aree geografiche, al fine di consentire, laddove possibile, una trattazione integrata, scenario per scenario, del contestuale impegno di natura militare e di natura civile rivolto alla soluzione o prevenzione delle crisi.

Come emerso durante i lavori in Commissione appare doveroso incrementare i dati concernenti la presenza di donne nei contingenti impegnati nelle missioni, in linea con i richiami della legge n. 145 del 2016 alla risoluzione dell'Onu n. 1325 del 2000 su donne pace e sicurezza e i nostri piani d'azione nazionale sul tema.

Tutto ciò premesso, auspico un ampio consenso sugli atti di indirizzo che saranno oggetto di deliberazione nella consapevolezza dell'importanza, anche in termini di sicurezza, di un sostegno coeso da parte delle forze politiche all'impegno dei nostri connazionali militari e civili impegnati nei teatri operativi.