Discussione generale
Data: 
Mercoledì, 17 Gennaio, 2018
Nome: 
Michele Nicoletti

 

Doc. XVI, n. 5

Grazie, Presidente. Il relatore ha già illustrato in modo assai efficace le ragioni che stanno alla base del provvedimento in oggetto che, come si è detto, tocca aspetti relativi alla pace e alla sicurezza ma anche aspetti relativi alla tutela dei diritti umani e della dignità delle persone, e vorrei, in particolare, soffermarmi su questo secondo aspetto. Ho ascoltato l'intervento che mi ha preceduto e confesso che ho avuto l'impressione di aver vissuto un'altra legislatura. Si è detto che non abbiamo una politica estera e che questo ultimo provvedimento è la dimostrazione di questa assenza, di questa confusione. Al contrario, a me pare che il nostro Paese ha dovuto fronteggiare, in questi cinque anni, sfide incredibili: la grande tragedia delle migrazioni al centro del Mediterraneo, il terrorismo, i conflitti, e si è mosso con una incredibile coerenza e determinazione. La prima cosa che abbiamo fatto è stato rispondere immediatamente a quello che stava avvenendo nel Mediterraneo con l'operazione Mare Nostrum in drammatica solitudine. Non ci siamo tirati indietro e, a detta di tutti gli osservatori internazionali, abbiamo salvato non solo migliaia di persone ma abbiamo salvato anche l'onore non solo del nostro Paese ma anche dell'Europa. Accanto a questa azione abbiamo impegnato tutte le nostre forze per richiamare l'attenzione e l'impegno delle organizzazioni internazionali e dell'Unione europea su quanto stava avvenendo perché venisse assunto un impegno collettivo.

Ora, se guardo a quello che è successo in questi cinque anni, all'azione del nostro Governo in sede di Nazioni Unite, di Unione europea, di Consiglio d'Europa, di NATO - e qui dobbiamo dare atto all'impegno straordinario del presidente Manciulli -, il Mediterraneo e l'Africa sono al centro dell'attenzione internazionale ed europea. Abbiamo parlato per primi della necessità di un Piano Marshall per l'Africa ed oggi ne parlano in molti altri; questo è un orgoglio. Per primi abbiamo detto di pensare a come sono state ricostruite le democrazie in Europa dopo la tragedia della Seconda guerra mondiale, quando sono crollati i regimi autoritari, non solo ripristinando dei meccanismi di formazione di istituzioni rappresentative ma con forti politiche di sviluppo e di cooperazione. Era impensabile assistere alle primavere arabe e pensare che la democrazia nascesse da sola per il semplice crollo delle dittature senza avere delle strategie di cooperazione e di sviluppo. Certo, l'Italia da sola non può farlo, ma questa era la direzione e oggi in molti Paesi - e anche a livello internazionale e europeo - c'è questa consapevolezza. Addirittura, in questa legislatura abbiamo cambiato la denominazione del nostro Ministero degli affari esteri inserendo la cooperazione internazionale, per dire che il nostro modo di stare nel mondo è quello di cooperare, è quello di aiutare lo sviluppo degli altri Paesi. Da questo punto di vista c'è una forte politica estera del nostro Paese, coerente e che ha raccolto dei risultati importanti. Penso al tema della difesa comune europea, una parola che era addirittura impronunciabile fino a qualche anno fa perché racchiudeva in sé il nocciolo duro della sovranità nazionale, cioè il tema della difesa.

Tuttavia, oggi questo tema, anche grazie all'impegno del nostro Paese, lo possiamo affrontare, lo possiamo discutere e lo possiamo cercare di attuare, e anche queste missioni, che noi oggi andiamo ad approvare, si inseriscono non nel quadro di un'iniziativa individuale del nostro Paese ma dentro un quadro di un'iniziativa europea. C'è stata, quindi, una continuità, ci sono stati dei successi in un quadro difficilissimo e c'è stato, appunto, un riorientamento anche della nostra iniziativa verso questo grande scenario dell'Africa e del Mediterraneo.

Ho addirittura sentito parlare che non avremmo saputo prendere sul serio e individuare con coerenza le questioni della sicurezza e della difesa del nostro Paese. Vorrei che rileggessimo la stampa di questi cinque anni, con la drammatica sfida del terrorismo in tutte le maggiori capitali europee. Non possiamo dire che noi abbiamo sottovalutato la questione della sicurezza e non siamo stati capaci di garantirla quando - grazie al cielo, per carità, e non solo agli sforzi - anche grazie agli sforzi di questo Governo e delle nostre forze dell'ordine il nostro Paese non ha conosciuto, nelle forme drammatiche che altri Paesi hanno conosciuto, la sfida del terrorismo dentro i propri confini.

Voglio infine ricordare, per quanto riguarda la questione della legittimità di quanto stiamo facendo, che proprio chi rivendica la necessità di una politica estera dovrebbe essere preoccupato di sottrarre la politica estera all'alternarsi dei Governi. Politiche estere efficaci possono funzionare solo se non appartengono a un Governo di destra o di sinistra ma appartengono a un Paese e noi stiamo compiendo esattamente questo e stiamo dando continuità ad una linea e lo stiamo facendo non in qualche anticamera ma nella Camera, così come abbiamo voluto noi parlamentarizzando ogni singolo momento del nostro impegno internazionale, ogni singolo momento che impegna la vita e le risorse del nostro Paese al di fuori dei confini nazionali.

Una seconda riflessione che vorrei fare riguarda le modalità di intervento di fronte a queste grandi sfide e tragedie. Abbiamo detto che non è solo sicurezza e assistenza di cui noi dobbiamo preoccuparci - e l'abbiamo fatto - ma dobbiamo anche cercare di rimuovere le cause di quello che sta avvenendo, soprattutto della tragedia delle migrazioni, e dobbiamo, in quei Paesi, sostenere non solo politiche di sviluppo ma anche politiche di costruzione di istituzioni. Questo è quello che abbiamo fatto e anche queste missioni si iscrivono in questa prospettiva; non ci preoccupiamo solo di tamponare quello che sta avvenendo, ma ci preoccupiamo di costruire un futuro per noi e per gli altri Paesi. Questo vale, anche e soprattutto, per il contrasto al traffico di esseri umani. Nel 2011 è entrata in vigore, anche per il nostro Paese, la Convenzione del Consiglio d'Europa sul contrasto al traffico degli esseri umani, che è una delle vere piaghe del nostro tempo, che impegna tutti i Paesi, dentro e fuori i loro confini, ad azioni di prevenzione (articolo 5) e di controllo dei confini (articolo 7). Questo è esattamente quello che stiamo cercando di fare anche attraverso queste missioni, in particolare con gli interventi in Libia e in Niger.

Il gruppo di Stati che è nato da questa Convenzione ci ha richiamato più volte a considerare che gli esseri umani che vengono trafficati nel Mediterraneo sono il frutto di traffici che provengono dalla Nigeria, attraverso il Niger e attraverso la Libia, e le vittime più tipiche di questi traffici - pensiamo alle donne - subiscono queste violenze esattamente in questi territori, attraversando questi chilometri di regioni desertiche, e questo è qualche cosa che non ci può lasciare indifferenti. Per questo dobbiamo associare all'accoglienza, all'assistenza, all'aiuto sul nostro territorio nazionale, che già stiamo facendo, ogni sforzo per evitare che la violenza si compia alla radice nei Paesi di origine e nei Paesi di transito. Questo tema è stato richiamato non solo dalle organizzazioni internazionali, ma anche da tante nostre associazioni non governative. Penso al rapporto di Be Free, per citare un'associazione italiana, del 2016, che ha richiamato con forza questo tema della violenza sulle donne nell'esperienza del traffico di esseri umani e delle migrazioni del Mediterraneo.

In questo quadro a me pare che noi possiamo rivendicare con orgoglio questo impegno del nostro Paese, che da ogni parte ci viene riconosciuto come un contributo fondamentale, non a una politica espansionistica o a una politica coloniale. È giusto, è serio, è legittimo anche preoccuparsi di questo, quando si vedono dei soldati di una potenza europea entrare su un territorio, come il continente africano, che è stato oggetto per tanti secoli di violenze coloniali, ma non di questo stiamo parlando. Noi stiamo intervenendo perché un Governo africano amico ci ha chiesto un aiuto per tutelare i confini, per addestrare le forze dell'ordine, per garantire possibilità di vita migliore per gli esseri umani. E, dunque, non è una strategia di colonialismo: se c'è un Paese che oggi, nell'orizzonte internazionale, non è sospetto di operazioni di questo genere, è il nostro. Caso mai, si caratterizza per un forte accento umanitario, per una sottolineatura della importanza delle organizzazioni internazionali rivolte a una più forte tutela della vita umana.

E questo è il modo di stare nel mondo che noi abbiamo scelto, questo è il modo di costruire la pace che noi abbiamo scelto, attraverso il diritto, attraverso il rafforzamento delle organizzazioni internazionali, con uno sguardo fondamentale, sempre, non ai diritti umani concepiti come dei principi astratti, ma alla realtà in carne e ossa delle persone che soffrono ogni giorno e che guardano a noi, come all'Europa, come a una speranza per una vita migliore.