Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 14 Marzo, 2016
Nome: 
Filippo Fossati

A.C. 3057-A ed abbinate

Presidente, colleghi, penso che con questa discussione ci prendiamo una responsabilità e mandiamo un messaggio al Paese, un messaggio positivo e importante per il Parlamento. Inizio con qualche parola non mia. Qualcuno ha detto: almeno un terzo del cibo prodotto nel mondo e destinato al consumo umano viene sprecato ogni anno sono 1,3 miliardi di tonnellate; il miliardo di persone affamate nel mondo potrebbero essere sfamate con meno di un quarto del cibo che viene buttato via negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Europa; il 10 per cento delle emissioni da effetto serra da Paesi ricchi vengono dalla produzione di cibo che non verrà mai mangiato; l'acqua usata nel mondo per irrigare le coltivazioni di piante – che poi saranno sprecate – sarebbe abbastanza per coprire il fabbisogno domestico di nove miliardi di cittadini; le Nazioni Unite stimano che l'uso di sprechi alimentari per nutrire animali potrebbe far risparmiare la quantità di grano necessaria per sfamare 3 miliardi di persone. Questi sono i dati che commenta Carlo Petrini, presidente internazionale di Slow Food, una delle associazioni che ha fatto di più per porre al dibattito pubblico i temi della sostenibilità, della produzione degli alimenti e del contrasto agli sprechi alimentari. Il commento di Carlo Petrini a questo spreco e fame sono due facce della stessa medaglia: a fronte di una produzione alimentare che sarebbe sufficiente per sfamare 12 miliardi di esseri umani (in un momento in cui gli abitanti del pianeta sono 7 miliardi) quasi 800 milioni di persone soffrono di fame o di malnutrizione. Ciò significa che quasi il 40 per cento del nostro cibo è sprecato. Sul sottostante a questi dati e a questa denuncia vibrante non ci sono migliori parole di quelle utilizzate da Papa Francesco, quando ha visitato la sede mondiale della FAO. Dice Francesco: è doloroso constatare come la lotta contro la fame e la denutrizione sia ostacolata dalla priorità del mercato e dalla preminenza del guadagno, che hanno ridotto il cibo a una merce qualsiasi soggetta a speculazione, anche finanziaria. 
Infatti, il Papa con la consueta chiarezza ci riporta agli anni terribili che abbiamo passato, gli anni della crisi finanziaria in cui le bolle speculative non sono state agitate e non si sono gonfiate soltanto sugli immobili o sulle tecnologie ma purtroppo si sono spesso montate e costruite e poi sono esplose sui prezzi delle materie prime, producendo in un batter d'occhio, in un clic di borsa la messa in miseria di milioni e milioni soprattutto di agricoltori o comunque di persone appartenente alla popolazione della parte più povera del mondo. Il provvedimento in esame interviene, contribuisce a mettere una luce su queste grandi contraddizioni del nostro mondo, in cui si è scatenata una caccia al terreno coltivabile nei Paesi del sud del mondo, i protagonisti della quale sono le grandi multinazionali della produzione di alimenti e spesso anche Stati sovrani che – penso alla Cina – hanno il problema, vedono di fronte a sé, anche per politiche dissennate che hanno fatto, il problema dell'esaurimento delle risorse alimentari del loro territorio. E il grande tema su cui stiamo discutendo – ci sono anche molte proposte di legge in discussione adesso qui in Parlamento – di un modo nuovo di affrontare il tema dello sviluppo economico è il tema della circolarità dell'economia. Con esso siamo proprio nel pieno del provvedimento che stiamo discutendo oggi: il tema cioè di tutto ciò che può allungare la vita del prodotto per ottenere un effetto economico e ambientale più forte, più utile alla nostra generazione e a quelle che verranno rispetto a un meccanismo basato sul consumo e sullo spreco. L'altro punto è la circolarità nella distribuzione, lasharing economy, vale a dire scommettere sullo sviluppo del valore d'uso del prodotto, quindi della produttività all'interno della sua vita più lunga e come, dove, se non nel campo degli alimenti, nel campo dei prodotti della terra noi dovremmo anticipare una discussione che poi vedrà un cambiamento, che vedrà impegnato tutto il mondo della produzione. Questo è il contesto su cui caliamo questa nostra proposta al Parlamento. 
Potevamo fare altro: la Francia nel 2015 ha approvato una legge che prevede fino a due anni di reclusione per quegli attori e operatori della media e grande distribuzione alimentare che non distribuiscono materiale in eccedenza e lo mandano allo smaltimento. L'approccio è quello della repressione penale. Noi scegliamo – l'abbiamo già scelta nel 2003 e la confermiamo – una strada diversa, abbiamo un atteggiamento diverso. Se si dovesse sintetizzare – il testo unificato in esame non lo merita – con poche parole il senso della legge è il seguente: noi proviamo a rendere la vita più semplice sia agli operatori che possono e devono donare sia a coloro che si prendono la responsabilità, l'onere e l'orgoglio, spesso attraverso il lavoro volontario, di distribuire alimenti o altri prodotti necessari agli indigenti, a chi non è in grado di pagarli. Si tratta quindi di un provvedimento che vuole incentivare i comportamenti virtuosi soprattutto nella filiera della produzione e del consumo degli alimenti. La relatrice, che ha lavorato moltissimo a costruire questa proposta, diceva che è necessario intervenire su tutta la filiera, nei punti caldi possibili dove l'intervento ha già mostrato che si può fare e si può fare bene: il campo della trasformazione degli alimenti e il campo della distribuzione, dove già troviamo percentuali di eccedenze distribuite di un qualche rilievo, anche se si può ancora fare tantissimo. Ma il provvedimento non si distrae, non esclude l'intervento anche nei punti più difficili: ad esempio, la produzione agricola, riguardo alla quale prevediamo anche qualche facilitazione in più per l'intervento sul campo, e anche il tema, complicato ma affascinante, del comportamento del consumatore finale.
C’è stata discussione in Commissione su questo, su quali potevano essere gli interventi che facessero fare qualche passo avanti: è difficile arrivare nel frigorifero di ognuno di noi. Ma c’è una possibilità: l'educazione alimentare a partire dalle scuole, dall'educazione ambientale e di cittadinanza che molti comuni hanno avviato da tempo e di incentivi alle famiglie per la riduzione dei rifiuti, soprattutto i rifiuti alimentari. Noi abbiamo degli alleati anche per arrivare a questo punto critico della filiera: il mondo straordinario del volontariato, che la legge giustamente amplia a tutto il Terzo settore, che ormai da tempo, da anni sta lavorando su questo tema e ed è una delle ricchezze del nostro Paese. Esso può essere un utile alleato – la relatrice diceva molto bene anche questo – per passare, per allargare, come in parte già fa, dal tema e dall'attività di distribuzione degli alimenti al tema di più complessive campagne e buone pratiche sull'educazione all'ambiente e al cibo da parte dei cittadini. Inoltre ci sono i cittadini non organizzati che vanno comunque toccati e vanno incentivati. Sembra un punto eccentrico o sopravvalutato ma a me sembra che anche questa proposta, come ormai tutti la conosciamo, del doggy bag, un modo per incentivare sia verso il ristoratore o il pubblico esercizio sia verso il consumatore finale la pratica del non-spreco cioè del riutilizzo del cibo che consumiamo al ristorante, al pub o comunque fuori di casa, stia esattamente dentro questo approccio largo molto interessante e molto utile. 
Concludo sottolineando un utile paradosso che ci siamo trovati di fronte perché, come tutti possiamo capire, la prevenzione dello spreco alimentare dopo un certo punto, se funziona e deve funzionare, produrrà meno massa per la domanda degli indigenti e dei poveri. Ma ci piace pensare – non avremmo fatto questo provvedimento se non pensassimo questo – che la scommessa che il testo unificato in esame pone al centro della sostenibilità della produzione alimentare e della distribuzione degli altri prodotti utili alla dignità della vita delle persone, l'intervento sulla terra e sui suoi prodotti come bene comune da tutelare sia in realtà un pezzo di nuove politiche di contrasto alla povertà. Insomma il nostro obiettivo è anche che ci siano meno indigenti da sfamare.