Dichiarazione di voto finale
Data: 
Martedì, 12 Aprile, 2016
Nome: 
Ettore Rosato

A.C. 2613-D

Grazie, signora Presidente. Cari colleghi, care colleghe, con il voto di oggi si premia l'ambizione di quanti hanno creduto che si potesse cambiare davvero il Paese e lo si può fare partendo da quest'Aula, la stessa che 70 anni fa votò una Costituzione forte e giusta. Dire che quello che stiamo facendo sia un momento storico non è un abuso letterario. Questa è la conclusione di un percorso iniziato molti anni fa. «Il Senato dovrà essere trasformato in una Camera delle regioni», recitava la tesi n. 4 del programma dell'Ulivo del 1996; «i senatori dovranno essere e restare esponenti delle istituzioni regionali». Se quelle tesi per qualcuno sono valse allora, non si capisce perché oggi non valgano. Eppure, si è trattato solo di passare dalle parole ai fatti. Insomma, trasformare il Senato, mettere mano alla seconda parte della Costituzione, così come oggi facciamo – lo dico ai colleghi di Sinistra Italiana – era ed è un progetto di sinistra. Mai a sinistra qualcuno lo contestò veramente e oggi chi lo fa usa un pretesto per attaccare la maggioranza. Sì, un pretesto, perché abbiamo fatto una buona riforma, più condivisa di quanto abbiamo ascoltato ora. 
I punti cardine, infatti, sono stati fissati nella «commissione dei saggi» insieme alle altre forze politiche del centrodestra, come il dibattito che si è sviluppato e il voto finale che ne è seguito in prima lettura hanno potuto testimoniare. 
Lo aveva bene sottolineato, anzi rivendicato, Paolo Romani, nella sua dichiarazione di voto dell'8 agosto 2014, quando rivendicava il valore di una riforma scritta insieme; una collaborazione che, come sappiamo, poi svanisce non sul merito della riforma ma quando la destra non accetta più di votare il Presidente della Repubblica, un uomo delle istituzioni come Sergio Mattarella. Che sia una riforma condivisa lo testimoniano anche le tante modifiche apportate al testo, perché tra i milioni di emendamenti presentati abbiamo lavorato insieme per trovare le cose coerenti e condivisibili, a prescindere da chi le aveva presentate; non è certo questa la sede, ormai, per articolare il contenuto della riforma. Lo ha fatto molto bene il nostro relatore, Fiano, che ringrazio per la competenza e l'impegno che ha messo nel provvedimento, così come gli altri colleghi che sono intervenuti nella discussione sulle linee generali. Però, alcuni aspetti mi preme ribadirli: è una riforma che cambia profondamente le nostre istituzioni senza toccare i principi fondamentali e la forma di Governo; nessun potere in più al Presidente del Consiglio, nessuno, in nessuna formula, però via il bicameralismo, fiducia solo alla Camera, taglio di un terzo dei parlamentari – quello che si è sempre promesso e non si è mai fatto –, via il CNEL, le province, un nuovo rapporto tra Stato e regioni; nasce il Senato delle autonomie, vero luogo di rappresentanza territoriale, con eletti scelti direttamente dai cittadini, come scrivevamo nel 1996: consiglieri regionali che restano tali e fanno anche i senatori. È una riforma che, come PD, sentiamo veramente nostra. Non è solo nostra, certamente, ma è molto nostra. Consentitemi su questo di dare merito anche alle voci dissonanti interne al gruppo del Partito Democratico, che ci sono state, anche forti; queste voci e le modifiche che ne sono derivate hanno consentito di arrivare ad una sintesi più alta, che oggi tutti possiamo sostenere con più forza. 
Ciò premesso, so bene che non è una riforma perfetta; le riforme perfette non esistono, le riforme perfette restano nei cassetti, non arrivano mai all'approvazione. Ognuno di noi, dal proprio punto di vista, potrebbe scorgerne limiti e difetti, qui però ognuno di noi ci ha messo la passione e la competenza per costruire la migliore mediazione possibile. Per questo, fatemi anche ringraziare i presidenti delle Commissioni che si sono succeduti, il presidente Sisto e il presidente Mazziotti Di Celso, e con loro naturalmente tutti gli uffici del Parlamento che hanno lavorato, tutti gli uffici della Camera. Nel dibattito abbiamo sentito interventi e osservazioni appassionate, interventi di merito, alcuni condivisibili, altri meno; soprattutto in Commissione, abbiamo sentito molti interventi di merito appassionati, ognuno ci ha messo del suo. Ne porto e ne portiamo grande rispetto, anche per chi oggi è uscito dall'Aula. È il modo più bello di vivere la nostra Costituzione, lì proprio dove in essa si legge la difesa del pluralismo, della diversità, del dissenso, delle minoranze, prerogative e diritti che escono rafforzati dal nostro lavoro. 
Siamo un grande Paese che ha delle solide basi democratiche proprio nella Carta costituzionale, che oggi siamo qui a difendere, ad adeguare, in quello spirito che i costituenti hanno previsto. Anche per questo, ho un grande rammarico nel vedere i banchi vuoti di un pezzo delle opposizioni. È una scelta incoerente, proprio incoerente, rispetto al loro dovere di rappresentanza. Oggi, invece, c’è un riscatto della buona politica. Andiamo al voto dopo tante promesse mancate, sono state ricordate qui in tanti interventi. Andiamo al voto nella legislatura che è iniziata nell'incapacità di eleggere un Presidente della Repubblica e costretti a richiamare il Presidente Napolitano a questo incarico. Siamo qui anche per mantenere quell'impegno preso in quest'Aula, preso all'indomani della sua rielezione. Ci siamo arrivati con tanta determinazione e tenacia, in questi due anni di lavoro del Parlamento, dei nostri gruppi, come ha ricordato il Presidente Renzi nel suo intervento di ieri, ma anche del Governo, in particolare del Ministro Boschi; chi ha lavorato in Parlamento lo sa. Classe 1981, giovane e donna: in questi luoghi bisogna essere doppiamente bravi. Senza la sua competenza, la sua capacità di ascolto e determinazione oggi non saremmo a questo punto delle riforme. 
Adesso ci aspetta il responso dei cittadini. Lo avevamo detto dall'inizio del nostro percorso: ci vuole comunque il referendum. È il giudizio dei cittadini quello che conterà davvero; un giudizio sul merito, non sulla politica del Governo o sul Presidente del Consiglio; un giudizio su quello che noi oggi approviamo. 
Siamo certi che comprenderanno la posta in gioco: tenere fermo il Paese nel passato o permettergli di voltare pagina. Noi vogliamo voltare pagina e, nel voltare pagina, vogliamo stare a testa alta in Europa, guidando anche lì il cambiamento. Per questo, annuncio il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico.