Dichiarazione di voto finale
Data: 
Giovedì, 9 Marzo, 2017
Nome: 
Rosy Bindi

A.C. 3500-A

 

Sì, ho accettato volentieri la richiesta di dichiarazione di voto favorevole a questa proposta di legge a nome del mio gruppo, il Partito Democratico, non solo perché sono la prima firmataria della proposta, ma soprattutto perché la proposta è il frutto di un lavoro corale e unanime di tutte le forze politiche in Commissione antimafia, coordinate dall'onorevole Mattiello, che è stato anche relatore, insieme al Questore Dambruoso, di questa proposta di legge, un lavoro corale anche con il Governo, che ci ha consentito anche di coinvolgere, nel risultato che oggi otteniamo, la magistratura e i vari attori del sistema.
 Credo anch'io che oggi segniamo un punto molto importante nella civiltà giuridica del nostro Paese. Non era possibile continuare a normare con la stessa legge, ispirandoci tutto sommato agli stessi principi e alle stesse modalità, persone che, per quanto siano entrambe preziose per la lotta alla criminalità organizzata, sono profondamente diverse. I collaboratori di giustizia sono persone che si sono macchiate anche di delitti efferati, che hanno fatto parte integrante delle organizzazioni mafiose; i testimoni di giustizia sono cittadini normali, che hanno subìto la violenza delle mafie o che hanno assistito alle estorsioni, ai ricatti, ai patti corruttivi delle mafie, li hanno denunciati e si sono recati nelle aule giudiziarie ad indicare i colpevoli di quei reati.
  La Commissione parlamentare antimafia è stata la sede nella quale è nata la prima legislazione che ha normato i collaboratori, e ha voluto poi integrare con la figura dei testimoni di giustizia quella legislazione, ma in questa legislatura, da subito, dall'inizio, dal 2013, ha deciso che bisognava voltare pagina. Penso che anche solo i numeri siano indicativi: non era possibile che nella stessa legge e con gli stessi sistemi di protezione noi garantissimo i collaboratori di giustizia, che sono 1.277, con 4.915 familiari, e i testimoni, che sono 78, e 255 i loro familiari. Questa legge dà loro uno statuto autonomo e una dignità nel nostro sistema che loro meritavano, che meritano, e che attendono da troppo tempo. Credo che dobbiamo sottolineare questo aspetto con molta forza.
  Il secondo aspetto di questa proposta di legge che io ritengo debba essere valorizzato parte da un presupposto molto semplice, che è nato dopo aver ascoltato tutti i testimoni di giustizia e dopo esserci profondamente confrontati, soprattutto con il Viceministro Bubbico, con la Commissione centrale: ciascun testimone di giustizia e la sua famiglia sono persone con la loro peculiarità, la loro originalità, la loro storia, non si può pretendere che per ciascuno di loro vengano applicate misure standardizzate. Questa proposta di legge contiene il principio della personalizzazione, e legato a questo principio ce n’è un altro che è altrettanto prezioso: il testimone di giustizia non può subire e continuare a subire quello che ha subito in questi anni, come lo sradicamento dal proprio territorio, il cambiamento del nome per sé e per la propria famiglia, l'abbandono del proprio lavoro, del proprio territorio, della propria impresa. Non sono loro che devono abbandonare i loro territori, ma sono le mafie che, dalla loro testimonianza nel loro territorio, devono essere cacciate, laddove hanno fatto da padroni, hanno ucciso, hanno corrotto, hanno ricattato. La normalità d'ora in poi sarà questa: un testimone di giustizia dovrà essere assicurato, lui e la sua famiglia, da un sistema di sicurezze a casa propria, dove potrà continuare il proprio lavoro e, se è un imprenditore, la propria impresa. Ritengo che abbiamo fatto bene anche a considerare residuale l'assunzione nella pubblica amministrazione, per ciascun testimone di giustizia o referente che lo accompagna, anche nell'autorizzazione delle risorse, che non sono state poche in questi anni, ma che spesso non hanno fruttato proprio perché lo stesso testimone di giustizia ha dovuto fare i conti con turbamenti profondi della sua vita, del suo equilibrio e della sua famiglia.
  Penso che anche questo sia un grande passo avanti del quale dobbiamo andare insieme orgogliosi. Abbiamo affinato tutto questo con lunghi lavori tra di noi. Voglio qui ricordare però un altro aspetto: i testimoni di giustizia, come i collaboratori, anche se molto diversi tra loro, sono fondamentali per assicurare i mafiosi alla giustizia, ma ciascuno di noi deve imparare da loro che loro hanno denunciato e hanno accettato uno sconvolgimento della loro vita non perché si ritengano degli eroi. Voglio citare qui l'ultimo testimone di giustizia che abbiamo ascoltato, che in realtà è stato il primo, Piero Nava, rappresentante di commercio lombardo, che la mattina del 21 settembre 1990, mentre stava percorrendo la statale tra Caltanissetta ed Agrigento, assiste in diretta all'omicidio del giudice Rosario Livatino, e immediatamente denuncia il fatto e successivamente riconoscerà i killer. Quando raccontò quello che aveva visto non c'era ancora neppure la legge sui collaboratori di giustizia, varata nel 1991, men che meno quella sui testimoni, che è del 2001. Nava ci ha confermato quanto siano state pesanti sul piano personale e professionale le conseguenze di quella scelta, ma ci ha anche detto che lo rifarebbe, e che per questo non si sente un eroe ma solamente un cittadino che ha fatto il suo dovere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Lo Stato sono anch'io, siamo tutti noi.
 Dedichiamo questa legge a ciascun testimone di giustizia, speriamo che sia un po’ riparatrice di tutte le sofferenze di questi anni, per ciascuno di loro e per le proprie famiglie. Ma non sentiamoci sollevati nella nostra coscienza di cittadini, perché di testimoni di giustizia potremo fare a meno il giorno nel quale ciascuno di noi sarà un testimone di giustizia e ciascuno di noi si sentirà un presidio di legalità e di cittadinanza contro ogni forma di criminalità.