Data: 
Lunedì, 17 Ottobre, 2016
Nome: 
Paolo Gandolfi

A.C. 2305-A

 

Relatore. Grazie, Presidente, ringrazio i colleghi presenti e il rappresentante del Governo, anche se di un altro Ministero, ma sempre utile.
  Si parla di mobilità sostenibile e non è frequente che in quest'Aula e che il Parlamento si tratti questo argomento. In particolare, questo specifico argomento è stato trattato per l'ultima volta diciotto anni fa, a dimostrazione di quanto il Parlamento italiano non ponga moltissima attenzione all'argomento. Per questo, con convinzione, la Commissione a cui appartengo, la Commissione trasporti, con il contributo di tutti i gruppi, ha voluto portare a compimento questa proposta di legge, che speriamo venga approvata rapidamente, sia da questa che dall'altra Camera, per poter diventare legge dello Stato.
  Ci rivolgiamo nello specifico, come già cita il titolo, alla mobilità ciclistica, ma in questo senso vorrei marcare una prima novità su questo argomento, nel senso che, nel parlare di mobilità ciclistica, non si vuole parlare semplicemente di un  argomento legato a un'attività secondaria possibile ed eventuale, all'interno dello svolgimento della quotidiana attività umana, di esistenza e sopravvivenza a volte all'interno delle nostre città. Si vuole, con questa legge, fare un salto concettuale. Provo a spiegarlo rapidamente.
  La mobilità urbana, che è uno specifico settore del più generale contesto dei trasporti, è la parte che a livello nazionale ha meno attenzione e anche, per certi versi, meno competenze – gran parte di questo deriva da una scelta che, appunto, oggi cercheremo anche in parte di invertire –, ma che in realtà interessa la quasi totalità dei cittadini italiani. Sono intorno al 90 per cento gli spostamenti che ogni giorno avvengono all'interno delle città rispetto a quelli complessivi. Quindi, se volessimo anche valutare per quanto tempo e quanto interesse e attenzione tra noi abbiamo dedicato, per esempio, al tema della grande infrastrutturazione del Paese, basti ricordare che la quantità di persone, di cittadini italiani, che ogni giorno utilizzano tutti i treni a lunga percorrenza, Frecciarossa, Frecciabianca, Frecciargento che sia, tutte queste persone sono meno della quantità di persone che lo stesso giorno usano la linea della metropolitana B di Roma, a dimostrazione del fatto che la quantità di tempo che gli italiani dedicano a spostarsi nelle città è francamente esorbitante. Si calcola che siano più o meno cinque anni della propria esistenza, che ogni cittadino italiano, compresi quelli presenti in quest'Aula, dedica alla mobilità, dedica a spostarsi dentro le città. E in alcuni casi significa sostanzialmente passare questo tempo in coda o passare questo tempo in una condizione comunque di malessere. Tra parentesi, nella vita di ogni cittadino italiano il tempo che viene dedicato alla mobilità è uno di quelli su cui il legislatore, il Governo e le amministrazioni locali hanno la possibilità di incidere più efficacemente. È uno di quelli su cui si può fare molto, basta volerlo. Noi tendenzialmente non lo vogliamo fare, però, almeno oggi, dimostriamo un minimo di attenzione e di interesse a questo argomento e cerchiamo di dare riparo a quella che è una situazione che vede l'Italia nelle peggiori condizioni rispetto ai grandi Paesi europei, in termini appunto di qualità, efficienza e valore economico. C’è una stima che dice che sono più o meno 4 miliardi di euro buttati via in inefficienza della  mobilità urbana, ovvero per come si muovono le nostre città, come si muovono i nostri cittadini dentro le città. Non è una stima che hanno fatto dei pericolosi rivoluzionari, è una stima fatta dall'ACI e, quindi, diciamo che tende a guardare il tema con una certa concretezza.
Ebbene, si tratta di riuscire a intervenire sulla mobilità urbana, di fare in maniera che questa sia riconvertita in una versione più moderna e sia in grado di essere più efficiente. Si tratta, quindi, di garantire che gli spostamenti avvengano meglio e più rapidamente, che questi spostamenti siano anche più sostenibili – e quindi garantiscano la qualità complessiva dell'aria e di altri fattori di impatto ambientale, come il consumo del territorio o il rumore, migliori di quelli che hanno oggi –, e che siano soprattutto molto più sicuri, visto che ogni anno aumentano il numero di incidenti morti e feriti nelle nostre città – anche questo è un argomento- , con una quantità di persone che noi tendiamo a dimenticare, ma che è sicuramente il dato peggiore, in termini di morte che non sia per malattia, in cui possa incorrere un cittadino italiano. Anche includendo la malattia, al di sotto dei cinquant'anni, la principale causa di morte per i cittadini italiani rimangono gli incidenti stradali e, siccome quelli nelle aree urbane sono in aumento, occuparsi di questo argomento credo che sia rilevante. Questo è un po'il contesto entro cui si introduce una proposta di legge che, appunto, dal titolo può anche apparire una cosa frivola, che parli di cose piacevoli che servono a rinfrescarsi, per cos’ dire, l'animo nei tempi di libertà, ma che in realtà si vuole rivolgere ad un tema rilevante, che è appunto quello di come funzionano le nostra città durante lo spostamento delle persone. È un argomento su cui ci sarebbe molto altro da dire, ma su cui termino questa prima parte di premessa.
Nel farlo la prima cosa che fa questo progetto di legge è attribuire delle competenze allo Stato italiano, competenze che già esistevano, ma in maniera molto, molto, disarticolata. Con questa legge diventano competenze del Ministero che appunto si occupa dei trasporti, cioè il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a cui la proposta di legge assegna il ruolo di pianificare la mobilità ciclistica, che è una delle componenti della mobilità sostenibile e, più complessivamente, una delle componenti della mobilità urbana, e che è quella che ha maggiori potenziali, cioè che può crescere di più, con minori costi collettivi, personali e sociali.
Per questo, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, all'interno di questa proposta di legge viene attribuita la competenza di sviluppare la pianificazione e di occuparsi stabilmente di questa materia, come si occupa di grandi infrastrutture, di porti, interporti, di alta velocità, di autostrade e di altre cose sempre interessanti, ma – devo dirlo senza fare accesso a nessun atto retorico – che hanno una rilevanza per la vita di noi tutti e degli italiani, tutti i giorni, decisamente inferiore a quella degli argomenti di cui ci si vuole occupare con questa proposta di legge.
Per questo, oltre all'attribuzione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di questa competenza, la proposta di legge stabilisce anche le competenze degli altri pezzi del sistema istituzionale italiano, a partire dalle regioni, alle province, le città metropolitane e i comuni, ognuno dei quali  deve fare la propria parte all'interno di quelle che sono direttive e in un contesto disciplinare che l'Europa ha già perfettamente definito, sia nella prassi applicata in molti Paesi europei, sia nelle direttive europee. Quindi, da questo punto di vista, non dobbiamo fare altro che adeguarci a ciò che avviene nei contesti più avanzati del nostro continente.
  Oltre a questo la proposta di legge definisce i due principali settori di applicazione della mobilità ciclistica. Uno l'ho già descritto molto e riguarda la mobilità in ambito urbano, quindi la mobilità quotidiana, quella degli users, quella dei cittadini che ogni giorno si muovono. Possono farlo anche con altri mezzi, perché questa proposta di legge va anche a beneficio – lo dico perché so che il Presidente è sempre molto attento a questi temi – anche degli automobilisti. Infatti, è ovvio che, se alcuni degli automobilisti in futuro scelgono un mezzo diverso, quelli che rimarranno in automobile per necessità ne trarranno molto giovamento, più che stare lì ad aspettare che qualcuno abbia mai i soldi, il tempo, la forza e forse il mancato senso di costruire un'autostrada in un ambito urbano, dove questo non potrà mai avvenire. In tal senso questa soluzione, cioè quella di cambiare la mobilità e renderla sostenibile, è l'unica soluzione praticabile e questa proposta di legge la persegue.
  L'altro filone della legge è quello, invece, di intervenire sul territorio italiano definendo per la prima volta una rete, che copra tutto il territorio italiano, di più o meno 16 mila chilometri di «ciclovie», parola nuova, che interviene per la prima volta nel vocabolario italiano e che, quindi, in una qualche misura dovrà essere aggiornato, che rappresenta appunto un itinerario cicloviario, ma non necessariamente una pista ciclabile, che invece ha una definizione più precisa nel codice, ma un itinerario per le biciclette che percorre tutto il Paese, in questo caso prevalentemente con finalità turistiche. Si tratta cioè di garantire che la qualità e la straordinaria bellezza del nostro territorio, anche al di là dei centri di interesse principale, soprattutto quelli turistici, possa essere sviluppata all'interno di un settore turistico, che sta avendo un boom enorme anche in termini di valore economico. Per questo allo Stato viene dato il compito di realizzare la rete cicloviaria italiana, che si definisce, con questa legge, Bicitalia e che non è altro che l'estensione nel nostro Paese della rete cicloviaria Eurovelo, che, per nostra fortuna e per fortuna dei  Paesi in cui ci sono, è già stata sviluppata ampiamente e che, quindi, aspetta solo che il pezzo forse più pregiato del continente dal punto di vista della bellezza e della qualità si adegui.
Queste sono le due parti principali in cui si articola questa legge: la mobilità urbana, da un lato, e le competenze in termini di realizzazione diretta della rete ciclo viaria italiana. Per questo la legge stabilisce, a carico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, anche un capitolo di spesa o, meglio, all'interno di un capitolo di spesa, già presente, relativo a quel Ministero e riguardante l'infrastrutturazione – quindi è la materia di cui stiamo parlando –, una quota percentuale che deve essere destinata a questo tipo d'interventi, che sono le ciclo vie per quanto riguarda la rete di Bicitalia, ma che possono anche essere interventi all'interno la nostra città. Basti pensare che la più grande stazione italiana in termini di traffico passeggeri, ovvero la stazione Termini di Roma, sta per essere dotata di un grande parcheggio per automobili (circa 6 mila automobili, mi risulta), anche se mi risulta essere molto difficile arrivare alla stazione Termini in automobile in tempi accettabili, mentre non vi è possibilità di parcheggiare una bicicletta. Io capisco che in questa città la bicicletta possa avere qualche difficoltà in più che altrove, però credo che ci siano molti pendolari che potrebbero giovare di questa possibilità. Per esempio, questa legge aiuta a far sì che le grandi stazioni ferroviarie italiane cominciano a somigliare di più alle grandi stazioni europee e diano ai pendolari un servizio che si aggiunge a quello che magari stiamo sviluppando con altre proposte, con altri disegni di legge e con altri decreti, relativamente alla mobilità, al trasporto pubblico locale e al trasporto pubblico regionale su ferro. Questo è il quadro complessivo. Quindi, queste risorse sono individuate in capo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dandogli il compito di realizzare queste cose in collaborazione con le amministrazioni locali.
C’è poi una responsabilità precisa nell'introdurre questo argomento all'interno di tutti i livelli di pianificazione: quello che viene individuato per il Governo nazionale come «piano nazionale mobilità ciclistica», ma anche quelli che stanno all'interno dei piani regionali per i trasporti (PRIT) o all'interno dei piani urbani della mobilità sostenibile, che, invece, i comuni devono fare. Siccome è una novità ed è importante  costruire un'attività a regime, si individua anche il fatto che, all'interno del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ci sia un ufficio appositamente dedicato a questo tema. La cosa ha assunto, generalmente fuori da quest'Aula e sui territori, in particolare nelle zone dove questi argomenti sono già stati affrontati da tempo, un interesse tale per cui nella legge di stabilità votata nel dicembre scorso (la legge di stabilità 2016) sono già stati stanziati 91 milioni di euro in anticipazione rispetto ai contenuti questa legge. Infatti, l'articolo introdotto nella legge stabilità ricalca perfettamente quelle che sono le finalità di questa legge, quindi possiamo considerare questo stanziamento una sorta di anticipazione per il primo triennio delle risorse necessarie. Questo lo dico perché è opportuno che nel dibattito e in sede di approvazione si tenga conto che effettivamente l'intenzione del Governo era talmente forte e sostenuta da aver addirittura anticipato l'azione legislativa del Parlamento; questo lo vogliamo riconoscere e crediamo che sia anche importante a seguito della discussione che si potrà sviluppare all'interno dell'Aula.
Per questa ragione, quindi, se riuscissimo ad arrivare all'approvazione definitiva di questo provvedimento, come io auspico, dovremmo offrire per la prima volta al nostro Paese rispetto a questa materia un quadro legislativo di riferimento di standard e di qualità tale da poterci permettere di affrontare in maniera più risoluta il gravissimo problema della mobilità in ambito urbano, garantire maggiore sicurezza ai nostri cittadini nel momento in cui decidono di muoversi anche con un mezzo differente dall'automobile (cosa che dovremmo già riconosce), garantire complessivamente maggiore qualità alle nostre aree urbane, riducendo la presenza del traffico e riducendo l'inquinamento atmosferico, che sappiamo essere, almeno nelle zone della Pianura Padana e nelle grandi aree urbane, a livelli tra i peggiori nel mondo, con eguali solo in alcune zone della Cina e in altre zone industriali del centro Europa, e dovremmo soprattutto far sì che la mobilità urbana diventi qualcosa di efficiente, qualcosa che dia maggiore produttività, forza e capacità di funzionamento alle nostre città, prima che esse siano ridotte semplicemente a degli enormi e dannosi ingorghi. Per questa ragione, Presidente, ritengo che sia utile sviluppare il dibattito, conscio che su questo tema c’è stato l'assenso di tutte le forze politiche presenti in Commissione. Quindi, mi aspetto che anche in Aula si ripercorra quel tipo di dibattito e di consenso e credo che sia fondamentale arrivare il prima possibile al voto in Aula per approvare questo provvedimento.