A.C. 784-A ed abbinate
Grazie, Presidente. Intervenire in dichiarazione di voto per il gruppo del Partito Democratico su questo tema mi carica di una particolare responsabilità, poiché il gruppo del Partito Democratico è composto da 309 deputate e deputati che hanno partecipato attivamente alla stesura, alla elaborazione e alle modifiche di questo provvedimento di legge, rappresentando sensibilità diverse all'interno di un gruppo che, per la sua grandezza e anche per la qualità degli interventi, credo abbia contribuito fortemente al raggiungimento di un risultato, che io giudico, molto positivo. Dico ciò considerato che stiamo trattando un tema molto complesso, molto delicato, che chiama ognuno di noi a riflettere con la propria coscienza rispetto ad un tema che mette al centro le proprie convinzioni etiche, le proprie convinzioni religiose, ma che ci richiama – dicevo – ad una responsabilità, che è quella di garantire un punto di equilibrio a due diritti che hanno pari dignità.
Si tratta cioè del diritto alla riservatezza della donna che decide di partorire anonimamente e del diritto all'identità del bambino o della bambina nati a conoscere le proprie origini. Questo è un diritto costituzionalmente sancito nei più begli articoli – credo – della nostra Carta costituzionale, cioè gli articoli 2 e 3, in cui si esplicita il principio di uguaglianza formale e sostanziale. Il diritto che viene chiamato in causa, da parte del bambino o della bambina nati, è quello del diritto al pieno sviluppo della propria personalità, che è richiamato appunto all'articolo 3 della Costituzione.
Io partirei da un dato giuridico, che è quello della vigenza dell'articolo 28 della legge n. 184 del 1983, che ad oggi prevede che l'adottato, al compimento del venticinquesimo anno di età, possa accedere alle informazioni relative ai suoi genitori biologici. Questa possibilità è, invece, negata ai bambini e alle bambine nati da madre che ha scelto di partorire attraverso il parto anonimo.
Su questo tema, come già hanno detto i colleghi che mi hanno preceduto nelle dichiarazioni di voto, ci sono Convenzioni internazionali che ci aiutano a dipanare questo problema giuridico. Sono la Convenzione dell'ONU sui diritti del fanciullo o la Convenzione dell'Aja. Ma su questo punto è intervenuta nel 2012 la Corte europea dei diritti dell'uomo con la sentenza Godelli del 25 settembre 2012, che ha stabilito nei confronti del nostro Stato, dell'Italia, che la normativa italiana non tenta di mantenere in equilibrio i due diritti di cui ho parlato, cioè il diritto alla riservatezza e all'anonimato della madre e il diritto del bambino o della bambina a conoscere la propria identità.
Dicevo che la Corte europea dei diritti dell'uomo è intervenuta con questa sentenza Godelli, ma l'anno successivo, nel 2013, è intervenuta anche la Corte costituzionale con la sentenza 22 novembre 2013, n. 278, che ha dichiarato l'incostituzionalità parziale del comma 7 dell'articolo che ho già citato, ossia l'articolo 28 della legge n. 184 del 1983, per contrasto proprio con gli articoli 2 e 3 della nostra Costituzione.
Di fatto cosa ci dice la Corte costituzionale attraverso una sentenza che è una sentenza additiva ? Che noi dobbiamo predisporre uno strumento legislativo attraverso il quale contemperare e tenere in equilibrio questi due diritti. Io credo che la necessità di questa legge nasca da queste sentenze, da queste pronunce; credo che nasca da una prassi giurisprudenziale che è già in atto e rispetto alla quale noi non possiamo rimanere indifferenti. Infatti, ci sono tribunali in Italia che già praticano gli interpelli, con una prassi che è disomogenea a livello nazionale. E noi abbiamo il dovere, invece, come legislatori, di garantire che su tutto il territorio nazionale ci sia una disciplina omogenea rispetto ad un tema così grande, così complicato e così delicato. Infatti, non possiamo permettere che, a seconda del tribunale, si decida se interpellare o meno la madre.
Dicevo che abbiamo raggiunto un punto di equilibrio con questa legge attraverso una quantità considerevole di audizioni, che ci hanno consentito di ascoltare punti di vista differenti. Abbiamo ascoltato autorevoli magistrati, abbiamo ascoltato il mondo accademico, abbiamo ascoltato il mondo dell'associazionismo. Ed abbiamo deciso alcuni punti fermi di questa legge, che mi inducono proprio ad affermare che si tratta di una legge con cui si è riusciti ad ottenere, grazie anche ad una discussione che è avvenuta in questi giorni, ma anche in queste ore, la fissazione alcuni punti fermi. Abbiamo individuato nel tribunale dei minori l'autorità giudiziaria che è deputata all'interpello. Il tribunale dei minori si avvarrà preferibilmente dei servizi sociali, poiché a livello nazionale conosciamo la condizione dei nostri servizi sociali.
Ci sono anche i servizi psicologici che possono essere d'ausilio ai servizi sociali. Ma garantendo, attraverso una norma che abbiamo inserito in questo provvedimento, la segretezza per tutti i soggetti interpellati. Segretezza che è un presupposto affinché l'istanza di interpello possa essere esercitata. Il punto di maggiore raccordo che è stato ottenuto attraverso la discussione in Commissione è quello del cosiddetto regime transitorio. Regime transitorio che varrà per un anno dal momento dell'entrata in vigore di questa legge e che prevede, intanto, a tutela di quelle donne che avevano contratto un patto con lo Stato e, quindi, a tutela dell'affidamento di queste donne che hanno fatto il parto in forma anonima, una campagna informativa che dica al Paese che è possibile, entro un anno dal momento dell'entrata in vigore della nostra legge, confermare o revocare la propria volontà di rimanere anonime. E questo regime transitorio vuole proprio tutelate il parto anonimo poiché anche noi ci siamo interrogati profondamente se con questa modifica legislativa si potesse creare una condizione per la quale il diritto alla salute delle donne potesse essere messo in discussione. Il regime transitorio, invece, consente di rassicurare queste donne, ma quello che rassicurerà di più le donne sarà il fatto che, con la disciplina che abbiamo introdotto nelle ultime modifiche che sono state fatte, al diciottesimo anno successivo al parto, sia la donna, sia il bambino o la bambina, che saranno necessariamente adulti, potranno, la donna confermare o revocare o rimanere in silenzio rispetto alla propria volontà riguardo all'anonimato, e il figlio o la figlia, invece, proporre l'interpello. Naturalmente, abbiamo inserito anche una norma credo di buonsenso, che è quella della facoltà di interpello che vale sempre e che riguarda le cosiddette informazioni sanitarie, che abbiamo ritenuto essere preminenti rispetto ad una materia così delicata, e che riguardano quelle informazioni sanitarie sulle malattie cosiddette geneticamente trasmissibili. Questa facoltà di conoscere le informazioni che riguardano queste malattie abbiamo deciso che possa essere sempre esercitata.
Mi avvio a concludere, Presidente, ringraziando la Commissione a cui appartengo per l'ampio dibattito che è stato fatto e per la sensibilità che è stata capace di rappresentare. Ringrazio anche i membri della I Commissione e della Commissione affari sociali per il grande contributo che ci hanno dato. Ma ringrazio soprattutto i gruppi parlamentari che assieme hanno dato vita ad una normativa che, come ribadisco, è una normativa che tocca un tema complesso, che richiama le coscienze, ma che ci richiama ad una responsabilità nei confronti delle donne e dei bambini nati. I gruppi hanno finalmente messo assieme un provvedimento legislativo che è un provvedimento di grande equilibrio e rispettoso dei diritti delle donne, ma anche dei bambini.