Discussione sulle linee generali
Data: 
Martedì, 25 Giugno, 2019
Nome: 
Antonella Incerti

A.C. 1549-A

Grazie, signora Presidente. Colleghi, signor sottosegretario, la proposta di legge n. 1549 Cenni, che portiamo oggi all'attenzione dell'Aula, su proposta, peraltro, del Partito Democratico, se pure si è avvalsa di un lavoro congiunto, all'interno appunto della Commissione agricoltura, rappresenta un altro, ulteriore passo, dopo altre recenti disposizioni normative - io ne cito solo alcune brevemente, elencandole, parlo del protocollo sottoscritto pochi anni fa dalla Federdistribuzione e dal Ministero dell'Agricoltura, proprio per promuovere pratiche commerciali leali lungo l'intera catena alimentare, così come la recentissima direttiva europea pubblicata, appunto, lo scorso aprile, contro le pratiche commerciali sleali e, ancora, aggiungo, la legge n. 199 del 2016 sul caporalato -, per garantire alla filiera agricola e agroalimentare maggiore trasparenza, certezza nella definizione dei prezzi, riduzione delle disuguaglianze che si verificano all'interno della filiera stessa. Una legge dall'articolato snello, ma chiaro, efficace negli obiettivi, che mette al centro la questione di un'equa remunerazione del prodotto agricolo, una qualità del prodotto offerto al consumatore e, da ultimo, ma non certo per importanza, il benessere dei lavoratori, più in generale di chi opera nell'intero settore.

Il fenomeno delle pratiche sleali commerciali nelle filiere in oggetto è stato più volte portato all'attenzione, lo ricordava poc'anzi anche il collega Manca, da casi negativi e clamorosi, perché meccanismi sempre più aggressivi di marketing, di offerte sensazionali che invadono l'attenzione dei consumatori, hanno finito, in più occasioni, per pressare la filiera alimentare, gravando su dinamiche di produzione con effetti diretti sugli anelli più deboli della catena produttiva che, spesso, come dicevo prima, sono poi i lavoratori agricoli, i braccianti, prima di tutto. Due esempi di queste pratiche che venivano ricordate sono le vendite sottocosto e le aste elettroniche a doppio ribasso. Il tema del sottocosto, che il dispositivo di legge affronta nell'articolo 1, non vietando, ma piuttosto regolamentando in particolare i prodotti alimentari freschi e deperibili, questo anche a seguito delle numerose audizioni che abbiamo avuto e dal confronto con più categorie e più attori della filiera, non è solo un problema di mercato che può indurre a concorrenza sleale, è, nel suo complesso, un elemento che favorisce una illegalità diffusa; è il settore, come dicevo prima, dove finiscono per soccombere sempre i più deboli e questo vale a maggior ragione per le vendite all'asta con doppio ribasso, affrontato, poi nell'articolo 2, di cui si chiede espressamente il divieto.

Abbiamo, dicevo prima, esempi emblematici; ne cito uno, il caso di un prodotto di largo consumo, come il pomodoro, che, di fatto, è diventato solo un prodotto merce, e di una catena che non molto tempo fa ha acquistato a 31,5 centesimi l'una venti milioni di bottiglie di passata di pomodoro con un'asta online a doppio ribasso; quindi, con un sistema di contrattazione non trasparente che penalizza la filiera produttiva. Le aste a doppio ribasso, lo ricordiamo, si affidano infatti a due gare e la base d'asta della seconda è il prezzo minore raggiunto durante la prima. Così, è tutta la filiera che si impoverisce e così si finirà per favorire un fenomeno che invece abbiamo cercato, anche a livello legislativo, di fermare, come il caporalato, costringendo i produttori a tenere il più basso possibile, soprattutto, il costo del lavoro. Sono gli stessi produttori che lo dicono, che commentarono immediatamente dopo quest'asta: se teniamo conto della materia prima, del confezionamento, si arriva a 32 centesimi, se aggiungiamo il costo dell'energia e il costo del lavoro, allora, ci si perde e anche di tanto. Eppure, molti sono disposti a lavorare in perdita, risparmiando sul costo della materia prima, quindi, diminuendo fortemente la qualità di prodotti, i nostri, che sono la nostra specificità in termini di qualità, e a cascata così via, ogni attore si rivale sull'anello più debole, le aziende sono strozzate dalle aste e cercano quindi di ottenere il prodotto agricolo a prezzi più bassi e così i produttori risparmiano sul costo del lavoro. Ho citato il pomodoro, ma è stato citato poc'anzi il tema del pecorino sardo, dove occorre ricordare che si è dovuta ritirare un'asta anche a seguito delle proteste che immediatamente si verificarono.

È pur vero che abbiamo disposizioni normative che, in qualche modo, salvaguardano il produttore nella definizione dei prezzi, così come ci sono, è vero, altri meccanismi di regolazione, ad esempio, ISMEA fornisce una tabella destinata agli addetti ai lavori, dove è possibile trovare prezzi di produzione, mese per mese, di prodotti destinati alla nostra tavola, ma, in realtà, questi meccanismi sono, troppe volte, solo teorici, perché nella realtà sono vari e più disparati gli elementi che concorrono alla definizione del prezzo, quindi, non solo il rapporto quantità offerta e domanda, ma, nel cammino dal produttore al trasformatore e, infine, al distributore, intervengono tanti altri elementi, non da ultimo, appunto, questi meccanismi non equi.

Tuttavia, pratiche come le aste elettroniche a doppio ribasso finiscono per aggirare tutti questi meccanismi, penso anche agli accordi quadro, di controllo e di formazione del prezzo. L'intento è, quindi, di inserire le aste tra le pratiche sleali e vietarle, per quei meccanismi che, quindi, tendono a far crollare in modo surrettizio il prezzo di acquisto dei prodotti agricoli. In questa direzione, quindi, di garantire una qualità del prodotto, vi è anche la proposta di modifica al codice dei contratti pubblici proposta nell'articolo 3, che vieta queste aste elettroniche anche negli appalti diretti all'acquisto di prodotti nei settori della ristorazione collettiva.

Ma, oltre a questi obiettivi, c'è un punto, a mio avviso, che diventa centrale, molto più ampio e che sottende proprio più complessivamente il senso di questa proposta di legge, cioè il sostegno alle filiere etiche. L'articolo 5, infatti, mette in campo un sistema di agevolazioni fiscali e di accesso ai fondi per quelle imprese che concorrono a realizzare quei progetti che creano filiere etiche di produzione, distribuzione e commercializzazione di prodotti agroalimentari, in primis, vorrei ricordarlo, quelli che sono in grado di certificare l'applicazione dei contratti nazionali collettivi, creando così, oltre a buoni prodotti, buona occupazione.

Vanno, quindi, sostenuti i contratti di filiera, incoraggiando in modo particolare l'integrazione verticale, perché fa crescere e fa specializzare i settori, con riflessi positivi anche per il contrasto al caporalato, perché richiede personale più qualificato e specializzato.

A questo proposito questa legge può, quindi, dare un decisivo impulso alla Rete del lavoro agricolo di qualità, la cui cabina di regia, istituita presso l'INPS nazionale e fortemente potenziata dalla legge n. 199 del 2016, però stenta a funzionare e, invece, potrebbe essere lo strumento che racchiude le imprese regolari e a cui riconoscere questi bonus fiscali e ciò aumenterebbe l'iscrizione di queste aziende appunto nella stessa Rete. Quindi, nel complesso una legge che va a incontrare oltremodo una sensibilità sempre più diffusa e attenta dello stesso consumatore verso l'acquisto di prodotti etici che siano rispettosi dell'ambiente, della legalità e dei diritti dei lavoratori